LA DAMA NELLA LETTERATURA CAVALLERESCA di Vito Foschi

La figura della Dama

La Dama è una delle figure centrali nella letteratura cavalleresca, in quella trobadorica e ovviamente nel dolce Stil Novo. Molti letterati, fermandosi alla lettera, hanno ricondotto la figura della donna a semplice personaggio romantico, e quei generi letterari all’unico tema dell’amor cortese, ma anche ad un esame superficiale sorgono delle contraddizioni e si è costretti ad ammettere che la figura della Dama non la si può ricondurre a semplice figura amorosa.
I pensieri del cavaliere, nei poemi, sono guidati dall’amore per una Dama e dalla volontà di conquistarne l’amore superando prove le più svariate, tra cui spesso di natura fantastica. Il pensiero rivolto alla donna amata è una sorta di guida che dirige il cavaliere nella Cerca e gli ricorda l’obiettivo, la meta da raggiungere e i voti da mantenere. Spesso i cavalieri che partano alla ricerca di avventure lo fanno per assolvere un voto che può essere religioso, d’onore o semplicemente di conquistare onori e fortuna per ottenere l’amore di una Dama. Concentrarsi sulla Dama serve a non perdere la strada a non sviarsi per le vie del mondo, a rimanere concentrato sull’obiettivo.

La simbologia maschile si associa all’idee di forza, coraggio ed è sinonimo di azione mentre quella femminile si associa alla riflessione, alla passività e in certo qual modo alle attività contemplative. Se consideriamo la letteratura gnostica vedremo che la Sapienza è sempre stata considerata femmina e la parola Sapienza in greco si traduce in Sofia, che è tuttora un nome di donna. Nel cattolicesimo lo Spirito Santo a volte viene considerato la componente femminile della Trinità. Il cavaliere incarna le virtù virili guidata dall’Amore della Donna e quindi non più indirizzate a scopi terreni ma a fini ultraterreni trasformandosi in cavaliere spirituale.

Nell’immagine a lato,
“The Accolade” di Edmund Blair Leighton (1853-1922)
Olio su tela, collezione privata

Nel Mistero del Graal di Julius Evola, la figura della Donna viene ricondotta a quella forza che dominata permette al cavaliere di trascendere i suoi limiti umani e pervenire allo stato eroico. Possiamo dire che la Dama nella letteratura cavalleresca sta a rappresentare lo spirito, la sapienza che eleva il cavaliere ad uno stato spirituale più elevato, portandolo allo stato dell’uomo primordiale, quando Dio passeggiava con gli uomini nel giardino dell’Eden. Per ottenere l’elevazione è necessario che i due principi tornino a congiungersi.

Nel linguaggio comune si parla di “intuito femminile” riferendosi alla capacità quasi inspiegabile delle donne di capire alcune cose prima degli uomini, basandosi su indizi labili o addirittura inesistenti e soprattutto alla presunta capacità di leggere le intenzioni degli uomini anche se questi cercano di nasconderle. In senso lato se l’intuito femminile non ha spiegazione non può che essere una qualità “metafisica” e può essere un pallido ricordo di una simbologia più complessa. L’intuito femminile come ricordo di un’intelligenza non razionale, ma diretta non mediata dal ragionamento, quella che Guénon chiama intuizione metafisica. Chiaramente ciò non significa che la donna in quanto tale possegga una tale qualità, ma più semplicemente che il linguaggio comune conserva il retaggio di un’epoca più spirituale in cui l’intuizione metafisica era una qualità presente agli uomini e non ottenebrata come oggi. Queste concetti combaciano perfettamente con la funzione metafisica che abbiamo individuato nella figura della Dama nei romanzi cavallereschi.

Guénon parlava delle tradizioni popolari come possibile serbatoio di dottrine esoteriche utilizzabile dagli ultimi membri di una catena iniziatica che sta per esaurirsi. Queste dottrine ai più rimarrebbero inintelligibili, mentre a quei pochi in grado di farlo sarebbero intelligibili anche nel futuro. Le persone comuni le trasmetterebbero come semplici tradizioni, usi e costumi alla generazioni successive non capendo che dietro la superficie si nasconde altro, e questo permetterebbe alle dottrine esoteriche di sopravvivere al tempo e di giungere più o meno integre nelle mani degli iniziati del futuro che grazie alle loro qualificazioni sarebbero in grado di riscoprire dietro il velo delle tradizioni popolari verità più profonde.
Nella prefazione di un libro sull’iniziazione cavalleresca di De Sorval, era interessante la nota sul fatto che la Vergine ha contenuto nel suo ventre Gesù, ovvero di come la Madonna contenga la Sapienza, la chiave per la redenzione e l’elevazione spirituale. È chiaro l’assonanza tra Vergine e Dama e non a casa gli ordini monastico-cavallereschi medievali erano devoti alla Vergine che rappresentava la loro Dama. La dottrina esoterica è segreta per definizione e il ventre della Vergine è sicuramente un luogo nascosto e non solo: c’è anche il mistero del Sacro Concepimento che avviene dall’alto. E lo Spirito non discende dall’alto? Lo stesso San Bernardo che scrive la regola dell’ordine del Tempio è devoto alla Vergine. Guénon dedica attenzioni alla figura di S. Bernardo che considera un cavaliere anche se non imbraccia una spada ed affermando che la devozione del Santo per la Madonna è equivalente a quella del cavaliere per la Dama.

Se si esamina il Perceval di Chrétien de troyes si osserva che molte delle tappe del suo cammino iniziatico sono costellate da figure femminili. La partenza del viaggio è la Guasta Foresta dove il giovinetto è recluso per volere della madre. Una volta partito la prima tappa è l’incontro con la Damigella dell’Orgoglioso della Landa. Poi si scontra con il Cavaliere Vermiglio prendendogli l’armatura e lavando così l’offesa fatta alla regina Ginevra. Più in là c’è l’incontro con Biancofiore di cui sconfiggerà i nemici e che diverrà la sua Dama. Dopo il fallimento della prova nel castello del Graal incontra sua cugina cha piange un cavaliere. La giovane donna rivela a Perceval alcuni segreti del Castello del Graal e l’errore che ha commesso non chiedendo a chi si serva il Graal. Subito dopo rincontra la damigella dell’Orgoglioso e l’Orgoglioso stesso che sconfigge riparando all’errore commesso la prima volta con la donna.
L’ultima tappa dell’avventura del giovane gallese in cui è presente una donna è quella alla corte di Artù. Mentre è festeggiato con tutti gli onori, la festa è interrotta dall’irruzione di una vecchia megera, Cundrie, laida e deforme che maledice Perceval per non aver domandato a chi si serva il Graal impedendo così al Re Pescatore di guarire dal suo male e di sanarne il regno dalla devastazione. La donna invita i cavalieri della corte di Re Artù che volessero conquistare onore e fama a sfidare i cavalieri del Castello Orgoglioso, mentre a chi cercasse onore più grande gli consiglia di liberare la damigella che è tenuta prigioniera a Montesclaire.

I cavalieri decidono di accettare la sfida, chi al Castello Orgoglioso e chi al Montesclaire, ma il giovane gallese fa voto che non avrebbe dormito due notti nello stesso posto se non avesse saputo a chi si serve il Graal. È evidente che Cundrie rappresenta la coscienza fallace del giovane che lo accusa dei propri errori. La mostruosità e la sporcizia della megera sono dell’anima e non del fisico. Chrétien de Troyes interrompe il racconto delle avventure di Perceval introducendo le avventure di Galvano e riprendendo le avventure del giovane gallese solo per raccontarne l’episodio dello Zio Eremita e non completando il romanzo lasciando in sospeso le avventure dei due cavalieri dando lo spunto ad altri autori di continuare l’opera. Questa breve sintesi mette in evidenza come il viaggio di Perceval sia costellato da figure femminili a segnare le tappe del suo percorso iniziatico.
In conclusione possiamo ben dire che la Dama nei romanzi cavallereschi non è semplicemente la donna, ma la chiave per l’ascesa spirituale del cavaliere.

Autore: Vito Foschi
Messo on line in data: Febbraio 2008