RACCONTO: IL CAVALIERE di Giuseppe Bufalo

Il paese era buio, la notte aveva da poco calato le sue ombre sui ciottoli della strada sterrata; qua e là qualche finestra illuminata da fiammelle fioche di tiepide candele riscaldava l’atmosfera rendendola più famigliare.
Solo ed adirato, con gli occhi bassi a guardare i suoi passi, il Cavaliere, venuto da lontano, percorreva una stradina fredda e malinconica del XIII° secolo.
Cattiva compagna l’ira, specie quando accompagna un Cavaliere nel suo lento incedere nostalgico e malinconico…
Cattiva compagna l’ira, che rende l’uomo arrogante e scostante, antitesi dell’Essere Luminoso al quale la sua Anima aspira da sempre ardentemente.
L’insegna della locanda sembrava ora più vicina ed un pasto caldo era l’unico pensiero che rendeva più mite il suo sguardo.
La Locanda dei Desideri accoglieva ad ogni ora tutti i Viandanti in cerca di un porto che ricordasse, in maniera illusoria e dolorosa come un miraggio, ciò che da tempo avevano riposto nei recessi della propria Anima, il Ritorno alla Casa.
Lo sguardo dell’oste opulento si fermò su quell’uomo che varcò, con incedere arrogante, la soglia della sua locanda; privo di tatto, il Cavaliere, disse all’oste:
“Cosa hai da guardarmi con tale insistenza? Invece di importunarmi con quello sguardo dall’apparenza suina, faresti meglio a darti da fare per prepararmi un buon pasto caldo ed un comodo giaciglio per trascorrere la notte”.
Senza fiatare e con un sorriso forzato dalla paura, l’uomo assentì e si prodigò per esaudire gli ordini del Cavaliere.
In fondo alla stanza, un uomo dalla barba incolta ed un cappuccio calato sul capo, seduto da solo in penombra, sorseggiava un boccale di vino.
Dopo aver ascoltato la discussione, sollevò il cappuccio e rivolto verso il Cavaliere disse:
“Chi sei tu che disprezzi e maltratti l’Anima altrui? Le parole son più taglienti della tua spada. Gli stolti le usano e le scagliano come saette.”
Il Cavaliere sentì raggelarsi il cuore quando ascoltò quella voce dolce ed imperiosa nello stesso tempo, e provò terrore quando incrociò quello sguardo che penetrò nella sua Anima come una lama rovente in un pane di burro.
Dopo tanti anni di battaglie vinte contro tanti nemici, si sentì umile ed indifeso al cospetto della Forza Interiore emanata da quell’uomo.
Senza attendere la cena, con il capo chino, il Cavaliere si diresse verso le scale che conducevano alle camere, per trascorrere la notte al riparo dal vento gelido che tagliava la pelle come la lama di una spada forgiata ed affilata sapientemente nelle fucine sotterranee dei Nani.
Disteso sul giaciglio, in una stanza che odorava di vecchie suppellettili, l’uomo era solo con le ombre dei suoi pensieri che danzavano nella mente come irrispettosi Satiri. Lo sguardo di quell’uomo era ancora impresso nella sua Anima e quella voce forte e melodiosa riecheggiava insistentemente nelle sue orecchie.
Ripercorse a ritroso le fasi più significative della sua vita, tutte le imprese che non aveva mai portato a termine anche a causa della sua tendenza ad essere poco cooperativo.
Alla fine, la stanchezza lo vinse e, stremato, cadde voluttuosamente tra le braccia di Morfeo che lo avvolse tra i suoi veli in quella magica notte di plenilunio.
Alle prime luci dell’alba, vide il globo arancione sorgere ad est sulla campagna coperta di brina ed il suo cuore palpitò quando “sentì il rumore” del sole che nasce… un esplosione cosmica interiore… attimi eterni che lo condussero oltre le soglie del tempo…
La sua predisposizione agli incidenti interruppe l’attimo magico; la sua mano sanguinava mentre stringeva in una morsa d’acciaio la lama lucente della sua spada. Ma dentro di sé ogni cosa era diversa… una nuova Luce risplendeva nei suoi occhi…
Avvolgendosi uno straccio intorno alla mano ferita, scese lentamente le scale.
Il solito sguardo dell’oste opulento non lo infastidiva più come la sera prima…
Pagò il conto senza profferir parola, mentre il suo sguardo era fisso nell’Eternità…
Era sempre stato un egoista, aveva sempre preso senza dar nulla in cambio, ma quella volta, nella Locanda dei Desideri, insieme ai suoi ricordi, lasciò la sua arroganza, aprendo il Cuore all’Amore infinito della sua Anima.
Ed in fondo alla stanza, un Uomo dalla barba incolta, seduto da solo, sorrideva sotto il cappuccio…

 

Autore: Giuseppe Bufalo
Messo on line in data: Maggio 2005