RACCONTO: IL SOGNO di Gaetano Dini

Sogno sulla battaglia tra le famiglie Minamoto e Taira (rami cadetti imperiali)

Cammino lentamente lungo la spiaggia dove so che si è svolta la battaglia navale di “Dan no ura”, che pose fine alla “Guerra Genpei” (1180-1185) tra le due famiglie imperiali Minamoto e Taira.
La famiglia Taira venne sconfitta dalla famiglia Minamoto. I Taira, rendendosi conto della sconfitta, hanno preferito morire gettandosi in acqua e affogare sotto il peso delle proprie armature. 
Quando si è sconfitti, meglio morire di propria mano che essere uccisi dall’avversario.
La leggenda racconta che le anime dei Taira morti si sono incarnate in quelle dei granchi Heike che popolano il fondale di questo tratto di mare. Il viso o meglio la maschera di ogni samurai si è impressa indelebilmente sul carapace di ogni granchio che vive nei fondali di quella baia..

A distanza di tanti secoli da quei fatti epici, un occidentale giovane ma fondamentalmente senza età come me, cammina su quella spiaggia con i piedi che vengono lambiti dalle onde che arrivano lente a riva. Mi aggiro quasi come un rabdomante, sperando di vedere uno di quei granchi per potergli chiedere di raccontarmi di quel mondo antico, di quelle antiche voci. La giornata è ormai al termine, sulla linea di incontro di mare e cielo si sta inabissando un sole di colore arancione intenso. 
Cammino lentamente sulla riva quando un’onda dolce e lieve deposita un granchio sulla battigia.

Il granchio rimane immobile nel punto dove è stato trasportato. Non si muove né fugge di fronte a me. Lo interpreto come un invito da parte sua ad essere raccolto. Così faccio. Delicatamente allungo la mano di fronte a lui e con il pollice ed il medio lo sollevo prendendolo ai lati della corazza. Il granchio non muove le chele per difendersi. 
A quel punto capisco che la magia è in quel luogo intorno a noi e quindi sistemo il granchio sul palmo della mia mano destra. Lui quieto, mi lascia fare. Allora cerco un posto dove sedermi. Vedo qualche metro dietro me un piccolo tronco d’albero che precedenti mareggiate hanno fatto arenare a riva a poca distanza dalla battigia. Mi avvicino e mi ci siedo sopra. 

Adesso sono comodo e posso concentrarmi sul granchio che tengo in mano. Sul carapace è in effetti presente un disegno che ricorda un viso umano dai lineamenti contratti. Non parlo, ma penso al granchio Heike, se potesse capirmi e rispondere alle tante domande che avrei da porgli. 
“Tu parlami nella tua lingua e io ti risponderò nel silenzio della tua mente”. Questo sentivo dentro di me e sapevo che era il granchio che mi inviava questo messaggio
La paura per la situazione strana era esorcizzata, una grande calma si allargava dentro di me.
Ho pensato allora che niente nel mondo è veramente reale come niente è veramente irreale.

Dopo una lunga pausa, interrotta solo dal rumore della risacca delle onde in un tramonto che gradatamente portava via luce al cielo, ho dolcemente parlato al granchio nella mia lingua. Il tono della voce era calmo e amichevole. Tutto da me veniva fuori in maniera spontanea e naturale, senza nessuno sforzo.
“Voglio sapere da te se esisteva quel mondo, il tuo mondo del quale ho letto nei libri. E’ un mondo, quello, che io sento reale. Avrei voluto nascere in quell’epoca od in epoche ancora più antiche, perché avverto ormai da tempo che sarei stato adatto come persona a quelle dimensioni, a quei valori che non sono più quelli di oggi. 
Nulla si crea e nulla si distrugge nel mondo, questo lo so, è anche un principio della Fisica moderna. Se nulla si crea e distrugge, sono però diverse le composizioni delle cose, dei sentimenti, dei valori nelle varie epoche. Quelli di allora, io desidero e rimpiango. 

La vita come la viviamo oggi nei suoi componenti, obiettivi, valori, idee si è solidificata, ha acquistato un peso specifico diverso, più pesante rispetto ai tempi passati. Di queste cose ho una consapevolezza tale che in certi momenti questa mi crea un groppo in gola. Io sono quello che sono e voglio ricongiungermi a quell’esercito antico ormai allontanatosi nel tempo e del quale intravedo ancora oggi il riverbero delle corazze, degli elmi e degli schinieri. E’ quello l’esercito vero, quello reale. 
Che io fossi stato un soldato dell’antica Grecia, un legionario dell’Impero Romano, un soldato che militava sotto gli stendardi di Carlo Magno oppure un samurai del Giappone medievale, questo non avrebbe importato più di tanto. Avrei infatti partecipato in ogni caso ad una dimensione di purezza alla quale oggi non posso partecipare. Avrei allora assaporato o il vero significato dell’Aretè greca od il senso di appartenenza sacra a un Impero, romano o romano-germanico che fosse oppure avrei assaporato nel profondo il significato del silenzioso senso di servizio e di fedeltà, propri dei samurai. In ognuna di quelle diverse situazioni avrei realizzato me stesso, la mia equazione personale in maniera completa, totalizzante rispetto alla vita ed ai valori che oggi sono costretto a vivere. Capisci, granchio Heike, quello che voglio dire, quello che sento? Ti prego di rispondimi”.

Dolcemente il granchio Heike mi trasmette questi pensieri: “Non ti meravigliare, ti comprendo. Io parlo naturalmente per quello che rappresento, cioè per la mia parte di mondo geografico e per la mia specifica epoca storica. Ma tu, come del resto io, appartieni fondamentalmente a uno spazio e a un tempo senza confini. Il nostro spazio ha compreso da sempre l’intero pianeta, il nostro tempo è stato da sempre il tempo ciclico, quello che è veramente reale e non il tempo lineare, quello che gli altri vogliono farci credere che esista. Noi siamo diversi dalla maggioranza. Non dico che siamo migliori, dico solo che siamo diversi. Portiamo dentro di noi un meccanismo delicato di pensieri, sentimenti, sensazioni che solo un sapiente e prudente esercizio interiore può salvaguardare dalla rottura. Certo che un epoca storica come quella che stai vivendo, non ti aiuta in questo. Purtroppo oggi ti trovi fondamentalmente a vivere abbandonato a te stesso e se io posso fare in qualche modo da tramite per consentirti un ricongiungimento a dimensioni antiche e profonde, stai tranquillo che lo farò.

E’ tanto tempo che non comunico con un essere umano. Ti dico e non certo per lusingare il tuo orgoglio, che tu sei il primo che mi cerca da parecchi secoli ed al quale io ho permesso di avvicinarmi. Le persone che costituiscono l’umanità attuale sembra infatti che non avvertano più il richiamo dei valori eroici del sacro.  Nessuno di loro mi ha mai cercato! Dentro l’acqua, vicino alla riva ho sentito i tuoi pensieri e ho capito che tu invece eri pronto ad ascoltare le vicende del mio mondo. 

Autore: Gaetano Dini
Messo on line in data: Aprile 2022