RACCONTO: L’ULTIMO SALTO di Nirav Mangal

Il locale, un bar-pizzeria-balera, è praticamente vuoto, cinque o sei persone, non di più. Giovanni, con sua moglie Rina, è seduto ad uno dei tipici tavoli in legno da pizzeria e sorseggia una birra; un particolare che colpisce è che tutti i tavoli sono contro le pareti, mentre il centro della sala è vuoto: più tardi fungerà da pista da ballo. Non è un grande spazio, ma dopo l’abolizione delle discoteche questo tipo di locale è l’unico luogo rimasto in città dove potersi sfogare scuotendo il corpo, ballando, saltando.
L’unico consentito dalle autorità.
Abolizione delle discoteche! Proibizionisti di m…!
Per arginare il fenomeno droga non hanno trovato niente di meglio che questo. Non sono mai stato amante di quel tipo di musica, ma molti miei amici lo sono o lo erano, e mi spiace vederli ridotti a rinchiudersi in questi luoghi. Nulla di personale contro il posto, ci mancherebbe, io ne sono un frequentatore, anche se per altri motivi, ma erano abituati ad avere più metri a disposizione…

Comincia ad arrivare qualcuno, un attimo fa si è materializzata vicino a me Tiziana, la simpaticissima nana, e con lei altre due ragazze; a breve giungeranno anche altri, ma io devo andare. Dico al barista di tenermi libero il tavolo dove è seduto Giovanni, visto che tra non molto torno con degli amici. Ora devo proprio andarmene, Alex mi sta aspettando, ma soprattutto mi aspetta una sfida, mi aspetta “il salto”.
Saluto Giovanni e Rina poi esco.
La mia moto. Eccola, anche lei sembra in attesa.
Salgo, accendo e parto; in due minuti sono fuori città. Ecco Alex, quando mi vede abbassa la visiera del casco, io rallento un attimo, solo un cenno d’intesa e poi via, insieme verso “il salto”.
La strada comincia a salire e si fa più stretta, ma oramai la conosciamo bene… quante volte noi due l’abbiamo percorsa, quante volte fino in cima al monte e poi…

È arrivata per caso, questa sfida, quasi un anno fa, quando, durante un giro in moto, abbiamo imboccato una delle tante stradine che portano in alto, sui monti. Pur conoscendo bene la zona, non avevamo mai preso questa deviazione, o forse l’avevamo fatto ma era cambiato qualcosa (cambia tutto così in fretta di questi tempi), e ad un certo punto la strada era diventata sterrata anche se molto battuta; più salivamo e più ci sentivamo estraniati dal luogo, quasi avvolti in una sfera, un piccolo mondo parallelo nel quale eravamo solo noi sui nostri mezzi e la terra sotto le ruote; l’ultima parte dell’ascesa era perfettamente retta, come un trampolino di lancio e noi ci sentivamo trascinare, un impulso incredibile ed irresistibile ci costringeva ad accelerare al massimo e la, sulla cima, facemmo il nostro primo “salto”.

L’esperienza fu terribile e meravigliosa al contempo, tanto che da allora è stata ripetuta più volte, anzi, per me è diventata come una droga, non riesco a farne a meno, nonostante i rischi che comporta; Alex invece vuole smettere, quello di oggi sarà il suo ultimo salto. È stata Elena, la sua donna, a chiederglielo, consapevole del pericolo, e lui, pur a malincuore, ha accettato; dovrò trovarmi un nuovo compagno, visto che si può “saltare” solo in coppia. Anche Anna mi ha chiesto di smettere, ma per ora non me la sento, è troppa la voglia che ho dentro. Un giorno mi fermerò, questo gliel’ho promesso, ma non ora. Le nostre donne! Abbiamo provato a proporre loro di venire con noi, ma hanno accettato solo di arrivare lassù a piedi (senza moto non c’era l’impulso di correre), per vedere. Hanno visto ed hanno detto no.

La strada ora sale bene; ecco il lancio finale, acceleriamo al massimo, siamo quasi alla cima, adesso… le ruote anteriori si staccano: saltiamo!
Sotto di noi c’è il vuoto. Davanti ai nostri occhi uno spettacolo ormai consueto: una enorme massa bianca (sembrano nuvole ma non lo sono, ha la consistenza della neve ma non lo è, dopo un anno non ho ancora la minima idea di cosa sia e come si sia creata) con due fori bui, neri. È li che dobbiamo entrare.
La prima volta abbiamo creduto di morire, ora non più, sappiamo come funziona, anche se non ne conosciamo il motivo.
Siamo in volo, ci guardiamo un istante da dietro la visiera, solo un cenno…

Entro nel tunnel con l’acceleratore al limite, tutto intorno a me lo spazio si deforma e si colora di nero, in contrasto col bianco che ho davanti e che si trasmuta a mano a mano che avanzo, divenendo nero a sua volta e riformandosi dietro di me; è come se fossi protetto da una sfera che crea una dimensione diversa permettendomi di andare avanti e che dopo il suo passaggio riassesta tutto. Forse una deformazione spazio temporale?
Ed Alex?
Cosa passerà nella sua mente durante questo ultimo “salto”?
Cristo! Sto faticando ad avanzare, si sta indebolendo la mia protezione…. non devo pensare ad Alex, devo restare concentrato su di me, è questo che ci ha salvati la prima volta: la paura che mi attanagliava era tale che gridavo a me stesso di non voler morire e così facendo mi rinforzavo, e la stessa cosa è accaduta a lui.
Qualcosa non funziona, non ce la faccio a concentrarmi, mi sento schiacciare, comprimere… manca poco, dai… manca poco…

Anna ed Elena ci stanno aspettando.
Elena è nervosa, di sicuro sta fumando più del solito, e del resto la si può capire: sa che questa è l’ultima volta del suo Alex ed ha ancora più paura che possa accadere qualcosa.
Non le vedo ancora, ma già le percepisco, sto per uscire, in malo modo, ma sto per uscire.
Cado sul prato a pochi metri dalle due donne, scivolo, picchio una spalla. Sono stordito, apro gli occhi e le vedo corrermi incontro, le loro voci si sovrappongono:
– Fausto!, cos’è successo? Ti sei fatto male? E Alex? Dov’è Alex?
Lentamente mi riprendo e realizzo dove sono, il posto è quello stabilito; alla mia destra, a cento metri di distanza c’è un vecchio locale, ora ritrovo di gay, mentre a sinistra si trova la cascina dove un tempo ci incontravamo per scambiarci Reiki a vicenda; tutto bene, anzi no, qualcosa non quadra, tante cose non quadrano… la mia moto non è uscita dal “salto”, la spalla sinistra mi fa un male cane e Alex…
– Dov’è Alex? – continua a gridare Elena. Anna si è stretta a me. A fatica mi alzo e cerco di tranquillizzarle:
– Calmati Elena, ora arriva, sai che ci sono quindici minuti di agio dopo l’uscita del primo, solo due volte siamo giunti insieme.
È vero, ci sono quindici minuti, e almeno cinque sono già andati…
Un improvviso schiamazzo fa sì che mi volti. Poco fuori dal locale, tre uomini stanno discutendo, forse un po’ troppo animatamente; uno di loro è seminudo.
Le voci si alzano, ora stanno davvero litigando; d’un tratto, uno si mette a correre, viene verso di noi e gli altri due lo inseguono.
Mentre osserviamo la scena si sente il rombo: è Alex che sta uscendo con la moto! Il volto di Elena si illumina ed anch’io mi sento meglio. Intanto l’uomo in fuga estrae una pistola e si gira verso gli inseguitori: uno sparo e vedo cadere contorcendosi quello seminudo, poi un altro sparo.

Gocce che cadono, gocce di acqua salata.
Sono le lacrime di Elena, di Anna, sono anche le mie lacrime che ci rigano il volto e bagnano un’atmosfera secca ed irreale.
Alex, hai chiuso gli occhi per sempre, ma io so che ci stai vedendo. Maledizione! Era stato perfetto il tuo salto, davvero perfetto, ma sei uscito sulla traiettoria di una dannata pallottola.
Maledizione!

Stiamo arrivando alla cima, tra poco salteremo; per Mario è la seconda volta, per me ed Alex sarà l’ultima, stavolta l’ho promesso ad Anna. Certo, ci sei anche tu Alex; quando Elena mi ha dato un vasetto di terracotta con un po’ delle tue ceneri ho capito cosa voleva. Devo lasciare il vaso nel tunnel, entrando lo lancerò davanti a me, mi farai strada e saremo insieme nell’ultimo “salto”… ecco… ora.

 

Autore: Nirav Mangal
Messo on line in data: Settembre 2006