RACCONTO: ENERGIA ALTERNATIVA di Nirav Mangal

Salve a tutti, provo a presentarmi, nel caso potesse servire a qualcuno, anche se non credo proprio.
Mi chiamo Marco, abito in un paesino dell’entroterra gardesano sconosciuto ai più, ma che sta divenendo famoso per un festival che da alcuni anni vi si tiene; teoricamente o, meglio, come vorrebbero gli organizzatori, si tratta di un festival di musica pop – rock, cui partecipano essenzialmente gruppi locali o comunque di zone non distanti, ma è meglio conosciuto come il festival dell’immondizia.
Questo per due motivi: 1) il luogo in cui si svolge è a pochissima distanza dalla discarica comunale (il mio paese non fa comune, è una frazione, ma la discarica è qui accanto) e 2) durante il primo festival, un gruppo di pazzoidi ha piantato la propria tenda su un cumulo di immondizie e lì è rimasto fino al termine (quattro giorni). Soprattutto questa immagine, girata sulle varie TV locali, ha contribuito al nomignolo e, regolarmente, ogni anno (siamo al quinto) è stato così.

Anche stavolta, infatti, sono arrivati e si sono piazzati al solito posto, pur se con alcuni accorgimenti: infatti hanno messo sul fondo un bel telo isolante dopo aver spianato la cima, poi hanno montato una tenda enorme, tipo militare, per almeno dieci persone, installato un generatore di corrente a gasolio e, infine, hanno piantato dei cartelli dai quali si comprende che questa volta suoneranno anche loro. Nome del gruppo? Beh, “Gli immondezzai”, cos’altro poteva essere?
Bene, auguri anche a loro, magari sono pure bravi, però io non sono un amante di questo genere e, come sempre, mi defilerò, lasciando ad altri il piacere di godere di quella musica e, al contempo, delle prelibatezze culinarie e vinicole di questa terra (dove c’è musica c’è movimento e tutto ciò porta appetito ed arsura, giustamente).

Molti mi definiscono antisociale, perché non mi piace la compagnia; in realtà non mi dispiace, affatto, solo che preferisco la quiete, non amo il caos se non che per pochi istanti, per poi rifluire nella calma, nel silenzio. Quel silenzio che molti aborrono, soprattutto in questi giorni musicali, e che io invece cerco ed ho difficoltà a trovare. Anche e soprattutto dentro di me.
Ho definito il mio un paese, ma in realtà ci sono settemila anime che lo fanno vivere, quindi non è proprio minuscolo e, tra tutte queste, da un po’ di tempo frequento Marina.
Chiariamo bene le cose, il fatto che la frequenti non significa che mi piaccia o ne sia innamorato o, comunque, attratto, anche se, per certi versi, è così. Escludiamo il lato fisico e pure quello sessuale (non ho mai avuto pulsioni nei suoi confronti ed ha venti anni più di me), Marina mi attrae per tutta una serie di altri motivi.

In paese c’è chi la definisce una strega, mentre la maggior parte delle persone dice che si tratta di una donna molto strana. Ne avevo sentito parlare così, in maniera molto distaccata, quasi con paura o, comunque, con sospetto. Poi, un giorno, l’ho vista.
L’ho vista e sono rimasto incantato dai suoi occhi; non sapevo fosse Marina, me l’hanno detto dopo, ma anche lei mi aveva notato e mi fissava. Non si muoveva niente sul suo viso, sembrava imperturbabile, eppure… Eppure quegli occhi neri mi fissavano e sorridevano. Sì, il volto era immobile, ma lo sguardo sorrideva. A me.
Dopo aver saputo di chi si trattava, incurante delle varie maldicenze, l’ho cercata. Non potevo non farlo, mi aveva chiamato e dovevo rispondere, e così ho fatto.
Ricordo bene le sue prime parole, il giorno in cui mi ha aperto la porta di casa:
– Ciao Marco, entra, ti aspettavo.
Sapeva il mio nome (oddio, lo sanno un po’ tutti), ma mi ha anche detto che mi aspettava. Poi mi ha spiegato.
– Tu di me non sai nulla, se non il sentito dire, io di te conosco parecchie cose; e tra queste so che tu sei diverso dalla gente comune, non sei il solo, ma hai un vantaggio sui pochi altri: ti rendi conto di questo fatto, hai un’apertura in più, se vuoi ti insegnerò a sfruttarla. Parecchi hanno bussato alla mia porta, a pochi ho aperto. Vuoi provare?

Voi cosa avreste fatto?
Io ho detto sì, ma è stata una reazione naturale, istintiva, non dovuta alla voglia di conoscere stregonerie o quant’altro, è stato un <sì> venuto da dentro.
Tutto ciò è avvenuto pochi mesi fa, pertanto non ho ancora imparato molto, anche perché il lavoro mi impegna parecchio e non riesco a passare con lei tutto il tempo che vorrei; oltretutto cerco a tutt’oggi di tenere una vita sociale nella norma, per quanto non ci sia mai riuscito più di tanto, e con maggiore difficoltà ora che frequento una persona <strana>, quindi vado avanti a sprazzi; sia di qua che di là. Non che senta un gran dispiacere per la calata attenzione di qualcuno nei miei confronti, però vedersi additare ogni tanto, beh, dà fastidio. A volte.
Non importa, ciò che conta è che sto assimilando una serie di nozioni di cui non avevo proprio conoscenza, qualche sospetto, o pensiero, forse, ma non di più. L’unica cosa che non mi ha stupito è il fatto che l’energia è al centro di tutto, mentre mi ha lasciato di stucco il sistema per utilizzarla, imbrigliarla e farla fluire nel modo giusto, magari anche nel momento più opportuno. Non sapevo che tutto partisse dal cuore, non l’avevo compreso.

Ho sempre considerato il nostro muscolo cardiaco una pompa di vita, ma dal lato fisico, mai da quello spirituale; è stata una splendida scoperta. Il problema essenziale sorto da tutto questo è che non riesco a parlarne con nessuno, o quasi; ogni qualvolta provo ad accennarne, c’è chi mi taccia, chi mi deride, e chi, più bonariamente, finge di comprendere, salvo poi dire chissà cosa in mia assenza. Sono pochi, molto pochi, quelli che accettano un discorso di tale genere, la maggior parte della gente è presa dal tremendo <vivere> dei nostri tempi, e non si accorge dei mondi sottili che ci circondano, che fanno comunque parte del nostro universo umano. Forse un giorno… Chissà.
In questi giorni, poi, c’è il festival, quindi…
A proposito, comincia stasera, può anche darsi che ci faccia un salto. Mah, vedremo.

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No, niente musica stasera, almeno per me.
Marina mi ha cercato dicendomi che ha bisogno di aiuto, è successo un fatto strano e vuole tentare di risolverlo, ma da sola non può.
Sono contento, da un lato, di tale richiesta, significa che ha davvero fiducia in me; però sono anche preoccupato, non ho mai agito con lei, non so esattamente cosa dovremo fare nè so cosa faccia lei di solito; fino ad ora mi ha solo spiegato l’energia ed insegnato alcune tecniche di respirazione e centratura, non penso di esserle di grande aiuto. E poi, cosa sarà accaduto?

*

È vestita di nero.
– Non è ancora accaduto nulla – mi dice – ma ho un pessimo presentimento, sento che può succedere un brutto guaio durante la festa: da un paio di giorni avverto energia negativa in aumento; ho chiesto il tuo aiuto perché non mi sento molto bene, sono stanca, davvero stanca…
– Marina, che dici? Come posso aiutarti io che non conosco ancora nulla dei tuoi segreti?
– No, Marco, tu ancora non ne sei consapevole, ma tutto ciò che io conosco è dentro di te, c’è sempre stato, lo stai semplicemente riscoprendo a poco a poco, e l’esperienza diretta farà uscire molto altro, vedrai./p>

Bene, se è vero ciò che dice (e non ho motivi per dubitarne), lo vedremo presto, così come vedremo se qualcosa, nel frattempo, ho già assimilato e sono in grado di metterlo in pratica senza grandi difficoltà.
La seguo.

Usciti dalla sua dimora, attraversiamo alcune vie del paese, sino ad arrivare nella zona del cosiddetto “centro storico”, tra case risalenti a parecchio tempo fa, alcune ristrutturate, la maggior parte, ma altre rimaste all’incirca come cinquanta, sessanta o forse più anni prima, riconoscibili nonostante una più o meno recente tinteggiatura.
– Dove andiamo? – chiedo. Nessuna risposta, continua a camminare. Ed io dietro di lei. Passiamo sotto ad un portico e, dopo pochi metri, Marina si ferma davanti ad una piccola porta tinta di verde, ma con la vernice ormai rinsecchita che, lentamente, si sta distaccando dal legno. Rimane immobile per alcuni istanti.
– Siamo arrivati – dice – dobbiamo entrare, è qui che possiamo tentare di risolvere il problema.

Perfetto! Penso io, ma ancora non ho la minima idea di cosa dovremo fare. E perché proprio qui? La porta non è un ostacolo, si apre subito e ci lascia penetrare in un basso corridoio che ci conduce ad un locale sotterraneo; per non creare confusione dico subito che si tratta di una semplice cantina, di quelle di una volta, separate dal resto della casa, quindi con un accesso indiretto, ma solo una cantina. Come in ogni luogo simile che si rispetti, dentro c’è un po’ di tutto: qualche mobile in disuso, sedie mezze rotte, tavoli da risistemare e mille altri oggetti. È buio il locale, ma fuori è ancora giorno e un paio di finestre poste al livello della strada lasciano entrare luce a sufficienza per vedere.
– E adesso che facciamo?
– Taci ed ascolta – è la sua risposta.

Va bene. Provo ad ascoltare, ma non sento nulla.Dopo pochi minuti riparto:
– Marina, io non sento niente!
Stavolta non mi risponde, anzi, non la vedo più.
– Marina? Dove sei?
Arriva una voce flebile: – Taci, taci ed ascolta.
Seguendo la voce la vedo, sdraiata su di un vecchio materasso, mi sembra sfinita.
– Marina! – esclamo.
– Non parlare, Marco, ascolta. Respira ed ascolta col cuore, con l’anima, le orecchie non possono sentire certi suoni e movimenti, fai come ti ho insegnato.
Ci provo di nuovo, stavolta davvero, anche perché ho la netta impressione che tanto preoccupata non sia mai stata, e nemmeno così fisicamente spossata.
Ci provo e ci riesco.

Ad occhi chiusi, dopo qualche respiro, avverto delle vibrazioni che vanno in crescendo, sempre più forti e comincio a vibrare anch’io. Marina se n’è accorta: – Marco, non opporre resistenza, lasciati attraversare, semplicemente percepisci ciò che arriva, non combatterlo, non è il momento! È vero, me lo aveva già spiegato, ma la mia è stata una reazione naturale. In ogni caso, seguendo ancora una volta il suo consiglio, lentamente sono in grado di controllarmi e di lasciare andare, lasciare che la cosa accada, semplicemente, senza per forza intervenire.
Però le vibrazioni sono fortissime, che vorrà dire?
Me lo spiega lei, senza che io debba chiedere:
– Energia – dice – solo energia. Tutto è energia, ma quella che stiamo percependo è negativa, qualcuno sta cercando di agire per creare danno in maniera notevole, altrimenti non potremmo avere sensazioni così forti, probabilmente durante il festival qualcosa accadrà. Dobbiamo anticiparli, bloccare tutto in partenza, altrimenti sarà una strage.

Ripeto, io mi fido ciecamente di lei, ma, in casi simili, a me salgono delle domande.
– Marina, scusa, ma come fai ad affermare una cosa del genere? Perché potrebbe essere una strage? Come sei giunta ad una simile conclusione?
È ancora sul materasso. Ed è stanca, lo si nota visibilmente. Sbuffa un paio di volte, poi mi risponde:
– Marco, prova ad essere quello che sei, non ciò che ti dicono tu sia. Hai un’apertura naturale stupenda, cerca di sfruttarla. Ti ho insegnato a percepire l’energia, che già avvertivi ma non sapevi cosa fosse, ora cerca di aprirti del tutto, sii consapevole di ciò che ti raggiunge, libera quel tuo cuore in continuo subbuglio. Quello che sento io devi sentirlo anche tu! Non può non essere così, svegliati!
Cattiva. È la prima parola che mi è sorta, ma in realtà so che non è così, semplicemente sta cercando di togliermi dal torpore che mi avvolge, cosa non facile.
– Ma perché parli di strage? – ripeto.
– Non prendere alla lettera ogni cosa che dico, una strage può essere anche un semplice incidente che poi crea problemi a catena, e quindi caos, come può essere un attentato, una esplosione, o qualsiasi altra cosa disturbi la naturalità delle cose. L’energia che sta girando è altamente negativa, e te ne sei accorto anche tu, vibrando in quel modo quando l’hai recepita. Noi dobbiamo combatterla. Ora vai verso quella finestra ed aprila, vedrai che le cose cambieranno – e con la mano mi indica il luogo.

Confuso, mi avvicino alla finestra che, per quanto ne so, dà sulla strada e, lentamente, la apro. Entra la musica, quella del festival, rock-immondizia, forte, penetrante.
– No! Non così! – grida Marina – Chiudi subito!
Obbedisco.
– Marco, vieni qui.
Vado al suo fianco, sembra davvero sfinita. Ma perché? Cosa le sta accadendo?
– Ho bisogno di te, del tuo aiuto. Sto assorbendo tutto il negativo che arriva e non ne posso più, sto per cedere. Dobbiamo entrare in una nuova dimensione, solo così potremo sistemare tutto. Ora torna alla finestra, respira e centrati nel cuore, aprila come se stessi aprendo una finestra della tua anima, consapevolmente, vedrai che sarà diverso.
Stordito dalle parole, torno verso la finestra, respiro, come ha detto lei, tocco la maniglia con l’idea di aprire una parte di me al mondo. Apro. Entra ancora musica, ma è soffusa e dolce, leggera. E poi… c’è un prato oltre la finestra, non la strada… c’è un prato.

Sono sul prato, sono sopra il prato e sto volando!
– Marina! Sto volando!
E cado davanti alla finestra.
– Torna, Marco, richiudi e vieni qui, dammi una mano ad alzarmi, proveremo insieme.
Mi rialzo, ancora incredulo per l’accaduto, e mi avvicino a lei e l’aiuto a rimettersi in piedi.
– Hai visto cosa può accadere? Sei tornato perché non sei rimasto consapevole di ciò che stava succedendo, non l’hai accettato, ti sembrava impossibile. Nulla è impossibile, ricordalo, ricordalo sempre. Ora vieni, dammi la mano e fai come prima, apri la finestra del tuo cuore, della tua anima.
Giro di nuovo la maniglia, con consapevolezza, e mi ritrovo a fluttuare sull’erba verde. Con lei poco distante.
– Non dire niente, non pensare, renditi solo conto che sei qui. Accettalo e sii presente al momento.
Sono davvero scioccato, scioccato, ma felice, e glielo dico:
– Come possiamo fare una cosa simile? È bellissimo!
– Non stiamo volando, Marco, stiamo solo viaggiando fuori dal corpo, in un’altra dimensione, dove potremo rigenerarci e provare a sconfiggere poi la negatività che sta coprendo la nostra cittadina.

Faccio come dice, cerco solo di essere presente al momento, di goderlo appieno, e continuo a volare, sopra prati immensi, boschi, foreste, oceani, fiumi e sono sempre più colmo di tutto ciò, ho l’impressione di essere come nuovo, non un altro, semplicemente io, ma nuovo, con qualcosa in più, o forse in meno, in ogni caso diverso. Apro gli occhi e mi ritrovo accanto alla finestra (però io gli occhi li avevo già aperti, altrimenti non avrei potuto vedere quello spettacolo. Mah…).
– Ti sei deciso a tornare? Sembrava volessi rimanere fuori all’infinito – mi dice una voce.
– Marina, era fantastico! – esclamo – Non ho mai vissuto un’esperienza simile! Che luoghi, e che colori, sembravano quasi splendere di luce propria: l’azzurro, il blu, il verde, il rosso…
Mi guarda quasi con sufficienza, poi sorride. È il sorriso che conoscevo prima, è di nuovo lei.
– Sai – parla sempre sorridendo – non siamo stati in alcun luogo surreale, abbiamo solo viaggiato dentro di noi, un posto che esiste da sempre, che pochi conoscono e che ancor meno riescono a visitare. Quando ti ho detto di aprire la finestra del cuore era questo che intendevo, entrare dentro di sé, guardarsi dentro e vedersi, esplorarsi. Il fatto che tu sia gioioso significa che hai portato con te l’energia che vi hai trovato. Ricorda che potrai fare ciò in ogni momento, anche senza il mio aiuto, ora sai come.

Beh, queste parole mi lasciano sorpreso, ma solo per un attimo, poiché poi riesplode la mia gioia, mi sento incredibilmente vivo.
– Avrei potuto fare da sola – riprende – ma volevo che comprendessi del tutto ciò che intendevo con i miei insegnamenti, sai bene anche tu che la teoria funziona fino ad un certo punto, oltre ci vuole un po’ di pratica, altrimenti tutto rimane sospeso. Ora però, diamoci da fare, c’è un lavoro che ci aspetta.
Già, nell’euforia del momento l’avevo scordato. Mi prende per mano e mi porta al centro della stanza, dove c’è un piccolo spazio, poi mi fa sedere di fronte a lei.
– Ora – dice – mentre ci teniamo le mani, guardami negli occhi, respirando come ti ho insegnato, io farò lo stesso; potrai vedere cose brutte, in quel caso usa la tua energia e fa che scorrano via; mi raccomando, lasciati andare e, soprattutto, non pensare: la mente può bloccare ogni cosa se non la sai controllare. Dobbiamo creare un semplice cerchio energetico, che però sia in grado di smantellare la negatività che aleggia sulla zona.
Vagamente frastornato, ma estremamente carico, inizio a fare quello che ha detto Marina. Credo siano pochi secondi che la sto fissando e già mi arriva un’immagine, meglio, è il suo viso che si sta deformando, sembra si stia spolpando, diventa quasi un teschio.
– Marco, non pensare! Lascia correre.
Non è semplice, no, ma devo farlo, almeno provarci. Sono sfinito, come lo era lei, prima che aprissimo le nostre finestre. Uno scossone mi risveglia.
– Su, riprenditi, è finita già da un po’ – è la voce di Marina – ormai è ora di tornare a casa, il nostro compito è terminato.
– Scusa, – mi sento dire – sono un po’ in tilt.
– Si vede.
Ride.
– Marina, cosa abbiamo fatto esattamente? Non mi ricordo praticamente nulla da quando ho cominciato a guardarti negli occhi.
– Non è strano che tu non ricordi, ti capiterà ancora, in ogni caso abbiamo creato il cerchio che volevamo, siamo riusciti nell’intento di bloccare l’energia negativa.
Io la guardo perplesso:
– Ma come riesci a fare questa affermazione? Cosa ti dice che è così? Io nemmeno ricordo cosa abbiamo combinato e tu spari queste frasi così cariche di significato, c’è qualcosa che ancora non afferro, Marina, mi manca un aggancio…
– Non prendertela, Marco, non serve, come non serve chiedersi tante cose; col tempo e con l’esperienza arriverai a percepire meglio tutto quanto, sarai più sensibile, più profondo e, per certi versi, anche più vulnerabile, ma se seguirai la via del cuore vivrai intensamente e pienamente ogni attimo.
– Sì, probabilmente hai ragione, anzi, ce l’hai di sicuro, devo solo riprendermi un poco.
Mi alzo e la seguo, usciamo dalla cantina e ci accoglie, in distanza, la musica del festival. Non ho più la percezione del tempo, non so quanto siamo rimasti là dentro: pochi minuti, un’ora, due… Mi sembra di tornare nel mondo normale dopo un viaggio in un cartone animato, ma forse sono solo talmente colmo di novità e scoperte da non rendermi ancora ben conto di tutto ciò. Vedremo presto.

*

Ho passato una notte di sonno profondo e senza sogni, è difficile che mi accada. La giornata di lavoro è trascorsa tranquilla ed ora sono al tavolo di casa col cervello in subbuglio: da quando sono tornato non ho fatto altro che pensare a ieri sera, senza per altro darmi alcuna spiegazione dell’accaduto; eppure ho vissuto momenti incredibili, talmente incredibili che ho ancora difficoltà ad accettarli. No, anche stasera niente musica, vado a letto con me stesso e provo a rileggermi, magari tra le righe trovo qualche parola che di primo acchito m’è sfuggita.

*

Oggi è sabato, si riposa, ma è quasi mezzogiorno e sono in piedi dalle sei di stamattina, preda di una smania micidiale: devo vedere Marina, voglio alcune spiegazioni, chiarimenti su ciò che non comprendo e, soprattutto, sapere perché non comprendo. Sono stato a casa sua e mi ha detto di lasciarla in pace, di tornare domani sera e, nel frattempo, riposare e lasciare che tutto accada. Ma io lascio sempre che tutto accada, non posso fare niente per cambiare gli eventi. O forse non è così? Mi sento un po’ confuso, credo abbia ragione, meglio riposarsi.

*

Stamattina sono uscito di casa con l’intenzione precisa di acquistare il giornale locale; non lo faccio mai, ma l’istinto mi ha spinto e l’ho preso. Appena rientrato a casa ho cominciato a scorrere le pagine, fino a quando ho trovato quello che cercavo: un trafiletto, non di più, ma significativo, almeno per me.
<Al Festival l’irruzione dei NAS salva gli spettatori, sequestrato un camion di carne avariata.>
L’articolo dava poi alcuni particolari del fatto, rilanciando all’indomani per le notizie più definite. In tutta sincerità devo dire che, al mio iniziale stupore, è seguita una risata interminabile, tanto da sentirmi quasi male, una risata di pancia.
Possibile che l’energia negativa avvertita da me e da Marina fosse riferita a questo fatto? Possibile che il nostro lavoro energetico e spirituale avesse come scopo tutto ciò? No, sto male a forza di ridere, non può essere…

*

– Sei un cretino, Marco, sei un cretino se non riesci a recepire anche le minime sottigliezze! Ed io lo sono ancora di più per essermi fidata di te! Ma come puoi dire cose simili? Ma cos’hai capito fino ad ora?
È arrabbiata, Marina, è arrabbiata per quello che le ho detto e per come ho affrontato l’argomento; io, però, ancora una volta, sono stupito. L’articolo del giornale mi ha fatto ridere, tutto mi è sembrato così sciocco, se non assurdo… e lei, invece, lei… No, ancora non ci siamo o, forse, non ci sono io. Non so, non capisco.
– Per tutti gli dei dell’universo! Marco! Dove sei? Cosa vuoi fare di te? Sei certo di voler seguire la strada? Sei certo di qualcosa? Ti rendi conto di esistere? Mi sembrava fossi ben avviato, ma devo ricredermi, o mi vuoi smentire?
Mi arriva un fulmine nel cuore. Sono parole dure, durissime, ma vere e sentite, le sue. E le sento anch’io. Finalmente, forse, comprendo il senso della vita. E scoppio in lacrime.
– Scusami, Marina, scusami, ho capito adesso che anche la cosa più minuscola, se è fatta con amore, può disintegrare anche le barriere più potenti. Scusami.
– No, non piangere, sorridi, sorridi alla vita ed al suo essere, sii fiero di esistere essendone consapevole, sfrutta al massimo questo dono e dai amore, tornerà sempre da te, Marco, se tu lo vorrai. Ti è sembrato stupido il nostro lavoro, eppure ha salvato decine di persone da un possibile avvelenamento. Pensi ancora che non siamo stati noi? Eppure le prove le hai in mano, se vuoi; nessuno sapeva, nessuno immaginava e, all’improvviso, i NAS sono arrivati, pur non avendo ricevuto alcuna chiamata preventiva. Casualità? Mah, dovresti aver capito che nulla accade per caso… Ah, Marina, fermati, non farmi piangere oltre, ogni lacrima cancella un po’ di passato, ma lascia che il tempo faccia il suo corso, una cosa per volta, troppi fatti insieme possono annullare tutto.

*

Sto uscendo da casa sua e mi fermo sulla soglia, c’è una domanda che all’improvviso mi sale:
– Scusa, ma perché mi hai portato proprio in quella cantina? È un luogo particolare?
– No, andava bene qualsiasi posto, ho solo voluto aggiungere un po’ di mistero, per farti incuriosire, ed ha funzionato.

*

Ho passato un’altra notte di quiete come non mi accadeva da tempo e, prima di andare al lavoro ho di nuovo acquistato il giornale locale, sono troppo curioso di sapere chi ha vinto il festival. E scoppio di nuovo a ridere: la vittoria è andata al gruppo Energy, interpreti della canzone “L’alternativo”, mentre Gli Immondezzai dice l’articolo, hanno fatto una figura degna del loro nome.

 

Autore: Nirav Mangal
Messo on line in data: Dicembre 2010