RACCONTO: IL GIARDINO RITROVATO di Graziella Caropreso

Camminiamo con gli zaini in spalla, finalmente dopo un inverno particolarmente piovoso, pare sia arrivata la primavera; stiamo raccogliendo asparagi selvatici, ne sono sempre stata ghiotta, mi piace andare alla ricerca di questi gustosi germogli nel folto del bosco, nelle belle giornate di sole. Non conosco bene questa zona, però me l’hanno indicata amici che vengono qui da tempo, appunto per questo motivo; è bella questa vallata racchiusa tra due fiumi, molto verde e ricca d’acqua. La strada che sale e si snoda fra le antichissime case in pietra, si restringe sempre più fino a diventare quasi una mulattiera; ai bordi tante fioriture spontanee: tarassaci, borragine, i fiori gialli delle rape (curioso, tutti le mangiano in autunno con le orecchiette, ma nessuno in primavera ne riconosce le fioriture!). La gente è proprio strana, ha un rapporto molto particolare con tutto ciò che la circonda, anche con le cose di uso comune come gli alimenti, nessuno si chiede da dove vengano e come siano arrivati sulle nostre tavole prima di giungere al supermercato. Credo che andrebbe fatta più cultura in questo senso nelle scuole, ai bambini, ai giovani.

Ma ecco il più piccolo dei miei figli, che arriva di corsa con il pugno della manina destra alzato e mi mostra con orgoglio il suo bottino: ben 10 asparagi, ma bravo! Si era intrufolato nella macchia e, a quanto sembra, con buon esito. Ho insegnato ai miei figli a conoscere il mondo intorno a loro, voglio che sappiano distinguere un carpino da un leccio, un caprifoglio da un biancospino; voglio che abbiano un contatto con gli odori e i sapori della natura, quando camminiamo in un campo insegno loro a riconoscere le piante commestibili e li invito ad assaggiare i fiori; pochi sanno che le violette si possono mangiare, così come le margherite, i germogli della vitalba, i gambi del tarassaco (amari, ma depurativi) e tante altre cose ancora.

Mio marito fa fotografie, immortala questi nostri momenti di felicità familiare e raccoglie pezzetti di legni che gli serviranno ad intagliare manici di coltelli; ha questa grande passione, fabbricare da solo coltelli tipici regionali, e nel bosco, trova le essenze più particolari per i suoi lavori. Abbiamo raccolto già diversi asparagi, più che sufficienti per cucinarli stasera, possiamo smettere qui, mai esagerare, mai prendere più del necessario al bosco, alla natura, sarebbe uno spreco. Sono arrivate le rondini, le osservo volare nel cielo, sono eleganti e mi mettono di buon umore, vorrei sapere dove vanno tutte laggiù…. Si dirigono verso il fondovalle tutte in picchiata, ci sarà qualcosa di interessante per loro là….

Camminiamo e i cani ci girellano intorno, ogni tanto la lupa fa un’incursione nel bosco, sparisce per qualche minuto e poi riappare, con l’aria d’aver fatto nuove scoperte. Quante cose percepiscono i cani che noi non immaginiamo neppure, hanno i sensi molto più all’erta dei nostri e talvolta mi chiedo cosa abbia risvegliato il loro interesse, quando improvvisamente mentre dormono, si alzano di scatto ed iniziano ad abbaiare fiutando l’aria. Io guardo e non vedo nulla. Beati loro, chissà che mi sono persa.
Ma ecco che superata una curva vedo una stradina in ripida discesa, mi incuriosisce, così faccio segno al resto della truppa che mi incamminò di là. La stradina è invasa dalle piante selvatiche ma costeggiata da un muro a secco, si capisce che da tempo nessuno la percorre più, certamente non in macchina almeno. Vedo una fioritura di quello che pare un albero da frutto, mi avvicino, sono due meli cresciuti accanto, probabilmente selvatici. Sulla destra invece noto un fico nato fra le rocce e avviluppato dai tralci della vitalba, ed ecco spuntare l’asparagina che mi regala ben quattro preziosi germogli che aggiungo al “raccolto”.

Chiamo a gran voce il resto della mia famiglia che non mi ha raggiunto, perché probabilmente ci saranno altri asparagi qui, quando alzo lo sguardo e vedo svettare dalle cime degli alberi un campanile a vela… Un campanile di una chiesa, la faccenda mi incuriosisce sempre più e aprendomi la strada fra i rovi e le rose canine che invadono tutto, con mia grandissima sorpresa mi trovo davanti una cancellata in ferro battuto, che funge ormai da supporto ai rampicanti selvatici: ipomee, vitalbe, edera.
Arrivano prima i cani, poi i miei figli ed infine mio marito che con un’accetta taglia un varco nella vegetazione e tutti sgraniamo gli occhi davanti a questa suggestiva apparizione: una vecchissima chiesetta tutta di pietra, un porticato col tetto ormai crollato e quella che doveva essere stata un tempo una casa annessa alla chiesa, con l’intonaco ormai sgretolato che dove resiste ancora è di colore rosa.

Ci affascina molto tutto questo, desideriamo saperne di più ma il cancello è chiuso da una pesante catena ed un grosso lucchetto. Non possiamo entrare, si intravede comunque un cortile lastricato in pietra ed una finestra con le grate al piano terra ed un’altra al piano superiore. La facciata della casa è ricoperta d’edera. Chissà da quanto tempo è disabitata questa costruzione.
Il posto è a dir poco magnifico, c’è qualcosa di magico in questo luogo, si sente nell’aria…
La stradina termina qui, ma un sentiero gira sulla sinistra della chiesetta; sempre facendoci strada in mezzo ai rovi entriamo in un luogo pianeggiante, ci sono delle scalette in pietra e scendiamo. Qui si trovano alti alberi di robinia tutti fioriti e c’è un profumo inebriante che accende i sensi, scopriamo altri alberi da frutto, intravedo un altro melo, un ciliegio ed un altro ancora spoglio, più piccolo, che non saprei dire…

Si mescolano profumi ad altri profumi e mi accorgo che sto camminando su un prato di menta che sprigiona il suo acuto olio essenziale ovunque. Si capisce che qualcuno un tempo deve aver coltivato questo terreno, sarà stato un orto, tipo quelli dei monasteri con le piante officinali che mi sono sempre piaciuti. Sotto la vegetazione spunta una rosa color salmone e poi ne intravedo altre più chiare sotto le vitalbe, però questa non è certamente una rosa spontanea, questa è una rosa di quelle antiche, da collezione, sono sicura di averla vista già in qualche catalogo dei vivaisti. Non ne conosco il nome, ma mi sembra una rampicante, cerco di liberarla dai tralci delle infestanti e direi che sì, si tratta proprio di una rampicante fatta crescere ai piedi di una robinia come supporto, ora è sovrastata dalle erbacce e ci sono pochi fiori, ma si vede che sono belli, sulla stessa pianta alcuni sono arancio salmone ed altri bianchi ed ha un bel fogliame scuro. Voglio provare a cercarla sui libri, potrei farmi una talea, perché no?

Ma ecco che, a guardar bene, si vedono grosse piante di rosmarino, lignificate, di cui emergono solo le punte dai rovi; tolgo sterpi e liane e vedo pure delle lavande, finocchi e poi ancora rose che strisciano ovunque intrecciate a tutto! Credo proprio che qui abbia abitato qualcuno davvero appassionato di queste cose, penso che questo luogo fosse un giardino un tempo, con tante rose e tante piante aromatiche. Però che strano… È sempre stato anche il sogno mio quello di avere un giardino così…
Si sta facendo tardi, sarà meglio rientrare, però in questo posto voglio tornarci, mi sta conquistando un luogo così particolare e con questa atmosfera ferma nel tempo, sembra che voglia parlarmi, dirmi qualcosa questo luogo…

Una settimana dopo, prendo un giorno di ferie al lavoro, vado al mio appuntamento segreto, non so perché ma non l’ho detto a nessuno, sento che è un mio momento magico, solo mio, poi magari racconterò tutto ma ora mi devo immergere in questa avventura. Parcheggio la macchina dove la stradina non è più percorribile e scendo alla chiesetta, ho delle forbici da giardiniere e mi sono equipaggiata con sacchetti e un cestino per raccogliere steli e rametti di alcune piante interessanti.
Credo di avere riconosciuto la rosa antica rampicante, quella che fiorisce in arancio e bianco sulla stessa pianta, credo si tratti della Ghislaine de Feligonde, è davvero stupenda, un capolavoro; devo prenderne dei rametti per farne talee. Poi ce ne sono altre spostate a sinistra, per tagliarle devo accucciarmi sotto le liane delle vitalbe, ce n’è una rosso scurissimo e profumatissima, anzi è stato proprio l’inebriante profumo che mi ha guidata fino a lei, non l’avevo notata, pare sia a cespuglio. Chissà una volta sarà stata vigorosa, ora si vede appena, però ha comunque una sua dignità anche se i fiori spuntano tra i tralci delle vitalbe.

Vitalbe ho detto…?
Ma le vitalbe selvatiche non fanno fiori viola grossi come questi… Guarda, guarda, cosa c’è qui sotto: le foglie sono simili a quelle della comune vitalba ma questa è una clematis! Che fiore meraviglioso, grande e di un colore viola porpora, la pianta si aggrappa con le liane ad un palo di legno che deve essere senz’altro stato piantato apposta, infatti ce ne sono altri a terra; questo doveva essere un grigliato per piante rampicanti costruito da i proprietari del giardino, infatti si trova nel centro dell’appezzamento, forse era il cuore del giardino, dove le persone magari stavano sedute o mangiavano in mezzo a questo paradiso!
Sono felice di trovarmi qui, sento quasi i campanelli delle fate che danzano sulle liane delle piante, le libellule che volano dal vicino corso d’acqua e il vento che mi porta i profumi di questo posto mistico. Mi fermo e ascolto, annuso, rimango assolutamente immobile, mi godo questo momento di cui poi vorrò far partecipe tutta la mia famiglia.
Però, proprio in questo attimo, un pensiero mi coglie d’improvviso: rimarrà comunque un posto segreto, noto solo a noi; che non si sappia in giro che esiste un luogo così, che non venga nessuno a sciuparlo, profanarlo, sradicando tutto e tagliando a iosa.

Questo è stato certamente un luogo di intensa felicità, non so perché ma lo so, qui qualcuno ha vissuto la sua vita appagante e poi ha lasciato che la natura si prendesse ciò che solamente gli aveva prestato per un certo periodo di tempo.
Su questo mondo siamo di passaggio, tutto ciò che abbiamo è un dono che verrà restituito, così l’edera ricopre la vecchia rosa ed il palo che era stato costruito per lei e si riprende il suo spazio.
Alcune di queste piante ritroveranno altra vita nel mio giardino ed in quello di altri forse, ma nulla di più intendo fare. Nel futuro non si sa, no questo non è affatto un giardino abbandonato, bensì un giardino ritrovato.

 

Autore: Graziella Caropreso
Messo on line in data: Settembre 2011