COLEI CHE DA’ LA VITA, COLEI CHE DA’ LA FORMA di Luciana Percovich

Colei che dà la vita. Colei che dà la forma di LUCIANA PERCOVICH
Edizioni Venexia, Roma, 2009, 220 pagine, Euro 22,00
www.venexia.it

 

Colei che dà la vita di Luciana Percovich, pubblicato dalla Venexia Editrice, è uno splendido saggio sulla vita che non mancherà di affascinare anche coloro che si sentono distanti dall’universo della spiritualità femminile. Protagonista di questo libro è la Dea, Grande Madre del Tutto, che viene narrata nei miti di civiltà e culture disperse nel tempo come scintilla della cosmogonia e dell’esistenza umana. Prima che il patriarcato si imponesse nel mondo dettando una lettura della nascita dell’universo “maschio-centrica”, in cui il dio compare spesso come figura minacciosa e pretenziosa, il globo terrestre era abitato da popoli che avevano in grande considerazione la Dea e consideravano il femminile archetipo di nascita e di morte, di fecondazione e distruzione, in una dialettica di opposti che non cercavano di annullarsi a vicenda ma si integravano.
Dall’Asia al Mediterraneo, l’autrice ha raccolto bellissimi miti di creazione in cui la Dea era colei che dava la vita ma anche la forma, ovvero quell’insieme di norme e di regole per plasmare il mondo, modificarlo e mantenerne l’equilibrio. Sono storie di dee mai trascendenti, ma sempre immanenti nell’universo e nella quotidianità, sagge consigliere e straordinarie maestre amorevoli che seguivano le azioni umane facendo in modo che si orientassero verso l’armonia. Sono storie che, anche se inconsapevolmente, sono ancora inscritte nel nostro DNA e plasmano la nostra ricerca del senso della vita e le eterne domande sulle nostre origini e sul legame con la divinità.

Nell’Età dell’Oro e dei Paradisi terrestri, la Dea generava il mondo attraverso la partenogenesi o altre forme di riproduzione, dando prima vita alle sue figlie e poi ai figli, la cui cooperazione delle energie era volta al mantenimento di una convivenza pacifica ed equilibrata. L’energia femminile, così feconda e creativa, si fondeva con quella maschile intensa e orientata all’esterno per confluire in una dimensione in cui ogni cosa trovava il suo posto, emanando nuova vita e nuova forma. È il caso del mito di Gaia, di Tiamat e Marduk, ma anche di Susstanako: figure femminili dall’incredibile fascino, il cui inequivocabile potere deve aver lasciato sgomenti e in qualche modo aver spaventato, la cui straripante energia andava controllata e arginata, specie quando, come scrive l’autrice, “il mutare delle condizioni ambientali mostrava i volti più duri della Natura e … il suo aspetto terribile e mortifero, le spinte delle energie maschili si sono progressivamente fatte avanti fino a occupare il centro, spodestando la Madre e la Forma dell’equilibrio per imboccare un percorso contrassegnato dal rigetto di ogni senso di freno e di limite”.
Ecco il senso di quest’opera: mostrare un’altra faccia della moneta, la falce spesso in ombra della storia dell’uomo com’era narrata e vissuta nei secoli passati, prima che i miti patriarcali delle religioni monoteiste si imponessero come unico orizzonte e unica verità (Recensione di Titti Fumagalli).

 

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