STORIA DEL NECRONOMICON DI H.P. LOVECRAFT di Sebastiano Fusco

Storia del Necronomicon di H.P. LOVECRAFT di SEBASTIANO FUSCO
Edizioni Venexia, Roma, 2007, 332 pagine, Euro 26,50
www.venexia.it

 

Libro da sempre molto discusso, il Necronomicon ha ispirato diversi gruppi di tipo iniziatico – soprattutto quelli che praticano rituali di magia nera – ed è stato considerato un vero e proprio “libro maledetto”.
Ufficialmente il libro è frutto del particolare estro creativo di un grande scrittore di fine XIX secolo, H. P. Lovecraft, ma in molti vi hanno voluto rinvenire le origini in un manoscritto antico, opera di un arabo dalla personalità quantomeno eclettica di nome Abdul Alhazred.

In realtà, molti esperti che si sono accostati allo studio di questo libro, la cui trama è densa di simbolismo e rimandi ad arti oscure, sono giunti alla conclusione che si tratti “semplicemente” dell’immensa e fervida immaginazione dello scrittore di Providence. Quel che è certo è che questo libro misterioso continua tutt’oggi a nutrire la fantasia e le credenze di molta gente. Internet stesso è pieno di riferimenti, articoli, recensioni a quest’opera, scritti non solo dai fan di Lovecraft, ma anche da quanti ne fanno un importante punto di riferimento per le loro pratiche magico-religiose.

Sebastiano Fusco, in questo contesto, è un vero e proprio “nome”: giornalista di fama, con un’esperienza lunghissima nel settore delle ricerche sul mistero, sul fantasy e sull’occulto alle spalle, ha dalla sua un approccio scientifico alle cose (non per niente è laureato in ingegneria) e uno sguardo acuto che riesce ad affondare tra le dense e oscure pagine dei libri presi da lui in considerazione, svelando aspetti mai svelati prima. Fusco è anche il forse più grande studioso di Lovecraft di tutta Italia, rispetto al quale ha tenuto diverse conferenze e seminari. Frutto di un lunghissimo e appassionato studio è questo libro che ha pubblicato con la Venexia Editrice e che prende il titolo di Storia del Necronomicon. La sagacia e le capacità analitiche del giornalista spiccano fin dalle prime pagine, per esempio leggendo i “Ringraziamenti” e l’“Introduzione”, in cui bastona scherzosamente coloro che hanno fatto del Necronomicon un mito e anticipa i risultati della sua capillare e approfondita ricerca. Nel primo capitolo non solo, infatti, fornisce una rilettura della vita di Lovecraft davvero originale e insolita – in cui si sofferma non tanto sugli eventi di vita dello scrittore, quanto sul suo spirito e sui suoi umori che ne hanno fatto un “grande nome” della letteratura americana di tutti i tempi –, ma crea una lettura “doppia”: la prima, quella “ufficiale”, in cui scrive la storia e le vicissitudini del Necronomicon, e la seconda che si snoda in note a piè di pagina e in cui fornisce veri e propri strumenti di interpretazione delle parole chiave della storia del libro. Approfondisce, così, il significato e l’etimologia del presunto titolo originario del Necronomicon (Al Azif – azif) spiegando, inizialmente, come questo nome si riferisca al suono prodotto dagli insetti, considerato dagli arabi l’“ululato dei dèmoni”, e allargando la spiegazione del fenomeno scientifico attraverso immagini seducenti ed esotiche; esplora le radici del nome del presunto autore originario, Abdul Alhazred, dando vita a una lettura su più piani di intersecazione linguistica della scrittura del nome; risale ai paesaggi geografici, sociali e storico-politici dell’ambiente in cui sarebbe stato concepito il Necronomicon e a quelli che hanno circondato Lovecraft durante il periodo di stesura del suo libro oscuro.

Attraverso il ricorso a diverse fonti documentarie – la cui storia si intreccia secondo un filo logico, complesso, ma tutto sommato lineare – il giornalista rinviene nella vita di Lovecraft i contesti e le cause che gli hanno permesso di dar vita a un vero e proprio mito. Vengono così riportate lettere, testimonianze delle intenzioni dello scrittore, il racconto di incontri più o meno casuali ed enigmatici, la prova che fin dagli altri suoi precedenti scritti Lovecraft aveva iniziato probabilmente a gettare le radici del suo capolavoro e a far trapelare i suoi interessi tutt’altro che “innocenti” verso le arti magiche ed esoteriche.
Una volta che il suo libro fu pubblicato, infatti, trovò terreno fertile per continuare a diffondere la sua fama a macchia d’olio. Per questo Fusco sonda con sguardo attento e indagatore i principali contenuti del libro, ne traccia il simbolismo più palese e riesce a far emergere quello più occulto, riporta le lettere che Lovecraft scrisse ad amici e parenti nel corso della sua pur breve esistenza e ne delinea una personalità ambigua, fantastica e “disordinata” al tempo stesso, dalla natura fortemente immaginifica e visionaria. Il capitolo sulle lettere di Lovecraft, dal titolo “Lettere dalla Città senza Nome”, è particolarmente intrigante ed esaustivo per riuscire e penetrare, seppur solo in parte, la complessa sovrastruttura psicologia del figlio di Providence, le sue speranze, le sue fragilità, le sue aspettative verso il futuro e il suo pubblico di lettori. Ne viene fuori uno scrittore-filosofo impantanato nelle ataviche domande che l’umanità si va ponendo da sempre e intento a trovarvi le risposte in una dimensione magica, quasi fuori dalle normali coordinate di spazio/tempo, in cui una natura per certi versi “romanticheggiante” ed evocativa e presenze eteree popolavano il mondo a lui circostante.

Ecco che Lovecraft e la sua profonda conoscenza dell’arte magica salgono a galla, sotto il flusso di inchiostro della penna di Fusco, come rispolverati e ripuliti dai preconcetti e da certi fraintendimenti della critica precedente. Aspetti sempre sconosciuti (o misconosciuti) dello scrittore di Providence affiorano con chiarezza grazie all’analisi perspicace di Fusco e diventano importante strumento interpretativo per una rilettura del Necronomicon. Atto, questo, tanto più encomiabile visto che riuscire a discernere tra i mille testi citati da Lovecraft quelli realmente esistiti e quelli no è impresa davvero ardua. Questo non solo per il suo ben noto utilizzo di pseudobiblia di sua personale produzione, ma anche di finzioni letterarie inventate da scrittori a lui precedenti, contribuendo a creare quel caos e quella ambiguità che oggi alcuni preferiscono scegliere come realtà pur di non affrontare l’impervia esplorazione dei complessi giochi mentali e letterari dell’autore. Nonostante le difficoltà del caso, l’abilità di Fusco non si smentisce, poiché prende in considerazioni le diverse fonti della “biblioteca fantastica” di Lovecraft, rintracciandovi le origini, il significato dell’utilizzo fatto dall’autore, gli aspetti in ombra in essi racchiusi. Il libro di Fusco si conclude con un capitolo dedicato interamente ai “falsi Necronomicon” sparsi in giro per il mondo. L’autore cura il racconto della nascita e delle caratteristiche peculiari di ognuno.

L’intento dell’autore di questo saggio d’altissimo spessore letterario e storico non è, infatti, quello di cancellare le tracce di veridicità del Necronomicon. Tutt’altro. Egli crede nell’esistenza di questo libro, lo afferma proprio verso la fine del libro, facendolo trapelare in modo “semi-chiaro” tra le righe. Scrive infatti:

(…) secondo me il Necronomicon è tutt’altro che inesistente, ma possiede anzi una sua vita ben precisa, che ha soltanto il difetto di non essere ancora conchiusa. (…) Noi oggi abbiamo la fortuna di assistere al processo di nascita di un testo mitico: fra qualche secolo si guarderà al Al Azif come oggi si analizzano (…) i manuali attribuiti a re Salomone: non conta tanto chi li abbia scritti e quando, ma ciò che vale è il loro portato simbolico, la tradizione che li ha condotti fino a noi, la loro essenza segreta e – per chi ci crede – il loro valore operativo.

Ecco perché Fusco si dice irritato dal proliferare di falsi Necronomicon che “compromettono l’ordinario sviluppo del nostro libro”. Un esempio? Proprio a inizio di libro Fusco spiega come la poesia che oggi vediamo riprodotta ovunque sul web, e che è solitamente associata a Lovecraft, non lo è. Il componimento, che risalirebbe a uno di G. W. Page del 1966, fu riportato proprio da Fusco, nel 1998, come epigrafe al suo Il Vento delle Stelle, dedicato a Lovecraft.
Ecco la poesia “incriminata”, sappiate che non è di Lovecraft (sfatiamo un mito!):

Ascolta ciò che ti dice Abdul Alhazred:
gli Antichi Dèi han posto i Maledetti
in sonno. E chi manipola i sigilli
e i dormienti ridesta, è maledetto anch’egli.
E dico ancora: qui chiuse son le càbale
in cui s’asconde il torbido potere
d’infrangere i sigilli millenari
che serrarono Cthulhu e la sua orda.
Ho perso
tutta la vita per delucidarle.

La notte s’apre sull’orlo dell’abisso.
Le porte dell’inferno sono chiuse:
a tuo rischio le tenti. Al tuo richiamo
si desterà qualcosa per risponderti.
Questo regalo lascio all’umanità:
ecco le chiavi.
Cerca le serrature: sii soddisfatto.
Ma ascolta ciò che dice Abdul Alhazred:
per primo io le ho trovate: e sono matto.

Consigliamo vivamente a tutti, addetti al settore o meno, letterati e appassionati di Lovecraft questo bel libro di Fusco. Ha la dote di essere analitico e misterioso al punto giusto, mescola mistero e realtà, è chiave di lettura originale e forse definitiva del libro del figlio di Providence. È, inoltre, ottimo punto di partenza per ulteriori e interessanti approfondimenti e l’architettura del testo favorisce la lettura su diversi piani concettuali. Il tutto è arricchito da preziosissime immagini, tavole, foto del testo originale di Lovecraft, schizzi e disegni di alto valore artistico e simbolico. Il linguaggio, contraddistinto dal solito ed elegante umorismo, cattura e non lascia spazio a divagazioni (Recensione di Titti Fumagalli).

 

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