ERBE MAGICHE: LA VITE di Katia

L’estate da tempo ha rivelato il suo tramonto; l’autunno tinteggia il manto di Madre Natura con schizzi di gradazioni ambrate, che sfumano dal color purpureo dei ciliegi al giallo solare delle betulle.
Le prime nebbie novembrine, sul calar della sera, avvolgono con un abbraccio misterioso il paesaggio che si sta assopendo; godendosi un meritato riposo, i contadini si compiacciono dei frutti del loro duro lavoro; le messi sono state abbondanti ed ora con soddisfazione, davanti ad un camino acceso, essi brindano alla fortuna ed alla salute con il primo vino d’annata, “il novello”.

I ricordi della vendemmia sono ancora vividi, quando nei campi c’era fermento e, tra le lunghe distese dei filari, canti popolari inneggiavano l’euforia della vendemmia; uomini, donne e bambini, presi dall’evento speciale, staccavano con cura i frutti maturi della vite.

La coltivazione della vite si perde nella notte dei tempi. Considerata albero cosmico, questa pianta era particolarmente venerata: nelle mitologie e nelle religioni di molte etnie, infatti, l’uva ed il vino, come il frumento, rappresentavano la ricchezza di un popolo, e nelle metafore divine dei Sacri Libri la vite è rappresentata come punto di riflessione.
Nel Vangelo secondo Giovanni, per esempio, la vite e i tralci sono usati per una similitudine:

Io sono la vera vite e il Padre è il mio vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite e voi i tralci. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano…

 

Un atto simbolico nella sua massima sacralità è l’istituzione della SS. Eucaristia, dove il pane (frumento) ed il vino (vite) raffigurano il concetto del divino; dopo il Battesimo, la Santa Comunione è il sacramento più rappresentativo. Come si legge nel Vangelo secondo Matteo:

Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: Prendetene e mangiate; questo è il mio corpo. Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede a loro, dicendo: Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati. Io vi dico che ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio”.

Nel Corano, alla Sura del Sinai, 23, troviamo scritto: “E si passeranno a vicenda dei calici d’un vino che non farà nascer discorsi sciocchi, o eccitazioni di peccato“.


Nella mitologia romana e greca, la vite era dedicata a Bacco (Dioniso), divinità perseguitata dai Titani, mandati da Giunone (Era), che voleva vendicarsi e uccidere il figlio nato dalla relazione adulterina di Giove e della sua amante, la mortale Semele. Nascosto sotto le sembianze di cervo, toro o ariete, il dio della vite, dopo vari espedienti e grazie all’aiuto di nonna Rea, che lo resuscitò, partì, vagabondò verso i paesi dell’Asia, dove acquistò cognizioni per raffinare i suoi poteri, ma non riuscì ad evitare la maledizione di Era, che lo fece impazzire macchiandolo di parecchi crimini. Dopo molto vagare lo sfortunato dio tornò in Europa, fermandosi a Frigia; qui nonna Rea lo purificò per i molti delitti commessi durante la sua pazzia e lo iniziò ai misteri. Dioniso sostò anche a Faro, isola alle foci del Nilo; probabilmente il culto del vino si diffuse in tutto il mondo proprio da quelle spiagge, specialmente nella rigogliosa terra di Enotria, famosa terra del buon vino.

Tornato nel luogo natale, Bacco fu riconosciuto dal padre Giove e finalmente fece parte dell’Olimpo. Rappresentato con la corona d’edera e di pampini d’uva attorno al capo, Bacco è il dio che raffigura l’istinto della natura umana in tutte le sue forme, la gioia e il delirio mistico; il dio veniva onorato durante le feste chiamate “Baccanali”.

Così scrive Ovidio:

Oh Grecia, celebravi in onore di Bacco corimbifero le feste, che ricorrevano secondo il rito ogni brume. Anche dei seguaci di Bacco giunsero nel medesimo luogo e chiunque non fosse alieno ai piaceri del gioco; Pan ed i giovani Satiri pronti all’amore e tutte le dee che amano i fiumi ed i luoghi solitari. Era giunto pure il vecchi Sileno sull’asinello curvo e spaventa con la sua verga i timidi uccelli. Giunti in una foresta adatta a fastosi banchetti, si adagiano sui letti coperti di erba. Libera offriva il vino, ognuno portava la propria corona mentre un ruscello faceva scorrere le linfe da mescere con parca misura. Alcune Naiadi si avvicinavano con chiome scomposte e sciolte, altre pettinate con mani e con arte; una offriva i cibi tenendo la tunica rialzata fino al di sopra del polpaccio, un’altra a petto nudo mostrando il seno, una con le spalle nude, mentre un’altra invece getta la veste sull’erba; nessun legaccio impediva di tenere piedi“.

 

 

L’introduzione della viticoltura in Italia si ritiene sia avvenuta dapprima in Sicilia, all’incirca 2000 anni a.C., per poi espandersi nel resto d’Europa. Nell’allegoria di Dioniso, la vite ed il vino raffigurano la nascita, la morte e la resurrezione di questa divinità; la vendemmia rappresentava la morte per smembramento del dio, il vino la resurrezione tramite l’aiuto di Rea, i germogli primaverili della pianta erano una nuova nascita: infatti Dioniso non fu solo considerato dio della vite, ma anche della primavera.

La Vitis Vinifera, ovvero la vite rossa, non è solo considerata pianta da vino; nella tradizione erboristica ed in fitoterapia viene usata per le sue molteplici proprietà terapeutiche: antianemico, antisettico, depurativo, diuretico, stimolante e lassativo.
L’uva fresca contiene l’82% di acqua, il 16% di glucidi, proteine, potassio, vitamine A, B1, B2, B5, B6, C, utile per stimolare le strutture enzimatiche che intervengono nella sintesi del collagene; oltre a ciò la vitamina P della vite rossa aumenta la resistenza dei vasi e ne diminuisce la permeabilità; un decotto fatto con 40 grammi di foglie essiccate in un litro d’acqua, da bere tre volte al giorno, è un buon tonico per regolare la circolazione e tonificare i vasi sanguigni, fragilità capillare, couperose, varici, emorroidi; tra le altre azioni terapeutiche, la vite combatte i radicali liberi. Studi condotti in laboratorio dimostrano che questa pianta è indicata per la prevenzione delle malattie croniche e degenerative, quindi un ottimo antiossidante.

Curarsi con la vite

In fitoterapia troviamo la vitis vinifera sotto forma di tintura madre, capsule, macerato glicemico; nella cosmetologia viene usata per fare creme per combattere la cellulite e come olio vettore per massaggi.

Per acne: si consiglia la cura annuale d’uva per tre settimane. Sostituire la classica prima colazione con 250g. d’uva, la cena con 500g.

 

Autore: Katia
Messo on line in data: Maggio 2005