FRANCIS BACON di Artva
Considerato da sempre uno dei fondatori della rivoluzione scientifica del XVII secolo, Francis Bacon nacque nel 1561 a Londra.
La sua formazione avvenne nell’ambito della giurisprudenza in seguito alla quale, il giovane Bacone ebbe la possibilità di viaggiare in Francia. Qui entrò in contatto con gli intellettuali e le idee germinali della successiva Rivoluzione francese. Fu personaggio amato dalla regina, tanto che leggenda vuole che ne fosse addirittura il figlio naturale.
S’impose sull’ambiente a lui circostante grazie alla personalità eclettica; era un uomo sicuro di sé, con una proverbiale attitudine alla ricerca nel campo della filosofia e della scienza. Pur non essendo uno scienziato propriamente detto, infatti, aveva un approccio scientifico alle cose grazie al quale divenne noto alle memorie della cultura europea. Per uno strano caso del destino, Bacone morì proprio durante uno dei suoi esperimenti scientifici, mentre era intento a osservare e analizzare le rigide temperature invernali che gli giocarono un brutto scherzo.
Visse presso la corte di Giacomo I, ma fu accusato di corruzione e questo lo portò improvvisamente a isolarsi rispetto alla vita sociale e mondana che era solito seguire. Così, finì per ripiegarsi sui suoi studi e in essi trovò conforto e appagamento.
Come detto, per Bacone la scienza veniva al primo posto. L’osservazione dei fenomeni naturali era per lui un fondamento importante per la conoscenza della realtà umana e dei suoi innumerevoli aspetti. Solo questo tipo di approccio, secondo lui, avrebbe permesso all’essere umano di superare i suoi apparenti limiti e di accedere a mondi paralleli.
Le sue opere più rilevanti dal punto di vista filosofico sono Historia naturalis et experimentalis (1622), Novum Organum (1620) e Il progresso della conoscenza (1605). Tutte e tre fanno parte della Instauratio magna e rimandano al ben noto “metodo baconiano”.
Nell’immagine a lato,
ritratto di Francis Bacon
© wikipedia.org
Assunto di questo era che la conoscenza del mondo non può eludere dall’utilizzo dell’intelletto ma nemmeno dal mondo dei sensi. Poggiare la propria conoscenza solo sulla ragione o solo sull’istinto, sull’impulso, era per Bacone ugualmente errato. Ecco perché egli auspicava a una collaborazione e a un’integrazione solidale delle due sfere conoscitive.
Bacone espose le sue teorie nel Novum Organum, nel quale diffuse l’idea secondo cui l’essere umano ha una visione spesso limitata e difettosa della realtà, a causa di quelli che egli chiamava “idola”, dal greco eidolon. Questi sono le sovrastrutture, i pregiudizi, le ombre che ostacolano una panoramica nitida e trasparente della vita. Gli “idola” facevano parte della pars destruens (parte che distrugge) del metodo baconiano e si suddividevano in:
1) idola tribus (idoli della tribù, dell’umanità, della collettività), i pregiudizi attraverso i quali l’essere umano legge la realtà non per quella che è, ma attribuendovi valori aggiunti che spesso derivano dal suo mondo sensoriale o da quello intellettivo. Ne consegue che l’uomo, a causa di questi “idoli” non capta la natura nella sua essenza ma vi rispecchia una parte di sé. Questi errori di valutazione non appartengono al singolo, ma a tutta la collettività, e uno dei principali è proprio quello di credere, per esempio, che il nostro istinto sia infallibile. Niente di più sbagliato!;
2) idola speculus (idoli della spelonca, della caverna), nei quali riecheggia un forte richiamo alla filosofia platonica. Ricordiamo che Platone era solito raffigurare metaforicamente la mente umana con l’immagine di una caverna, di una grotta, simbolo di qualcosa dal fondo della quale è particolarmente difficile riconoscere gli oggetti per quello che sono. Gli idola di questo tipo, quindi, sono specifici e associabili al singolo individuo che, spesso, viene influenzato da essi a causa delle circostanze di vita in cui è cresciuto e dell’educazione che ha ricevuto;
3) idola fori (idoli della piazza, del foro), a causa dei quali spesso le persone mistificano le cose utilizzando un linguaggio erroneo. Questo capita più frequentemente in luoghi pubblici in cui, per esempio, attraverso il passa-parola si rischia di nominare le cose in un modo, attribuendo loro un valore e un significato assolutamente distorti. Causa principale di tali pregiudizi è, quindi, il linguaggio ma, per converso, anche l’approccio mentale alle cose che può modificarne l’uso;
4) idola theatri (idoli del teatro), a cui Bacone conferì questo nome riferendosi alle diverse scuole di pensiero che tendono a imporre la loro interpretazione della realtà come Verità assoluta. Di conseguenza, il discepolo di un dato filosofo finisce col leggere l’ambiente a lui circostante secondo la sua specifica chiave di lettura che, proprio perché soggettiva, è spesso causa di errore.
Per Bacone gli idoli, quindi, costituivano i difetti, gli elementi da eliminare e smussare, nel ragionamento umano, per poter accedere a una conoscenza non parziale e limitata. Questo significava distruggere, buttare giù le barricate mentali per costruire un nuovo metodo di sapere.
Successivamente alla destrutturazione degli idoli, Bacone passava alla pars costruens del suo metodo. Va detto che, pur essendo il metodo di Bacone un metodo di tipo “contemplativo” – e, quindi, in questo apparentemente simile a quello di Aristotele –, in realtà se ne discostava parecchio. Secondo Aristotele, infatti, l’osservazione del generale era importante per poter giungere al particolare, come dire: passare dalla visione d’insieme a quella del dettaglio. Il metodo di Aristotele era, infatti, un metodo di tipo “deduttivo”. Quello di Bacone era, invece, di tipo “induttivo”: egli desumeva il generale dall’osservazione del dettaglio. In aggiunta, per lui aveva valore conoscitivo la sperimentazione della realtà, l’osservazione empirica del fenomeno studiato.
In questo tipo di approccio Bacone si serviva delle famose tavole, anch’esse ampliamente esplicate nel Novum Organum. In pratica, le tavole erano strumenti atti a registrare le esperienze compiute nell’ambito della ricerca e a mettere nero su bianco i risultati e i dati conseguiti. Le tavole si suddividevano in:
1) tabulae presentiae (tavola di presenza), sulle quali venivano registrati i casi nei quali si verificava un determinato fenomeno, foss’anche in circostanze diverse. Bacone faceva osservare come la sensazione di freddo intenso sia simile a quella di forte caldo: i due estremi sembrano toccarsi nello stesso punto;
2) tabulae absentiae (tavola di assenza), sulle quali venivano registrati i casi in cui un dato fenomeno non si verificava, nonostante le circostanze in cui era solito verificarsi fossero simili. Un esempio è la luce della Luna che, pur essendo simile a quella del Sole, non è però in grado di causare calore;
3) tabulae graduum (tavola dei gradi), sulle quali venivano riportati i gradi di intensità con cui si verificava un tal fenomeno;
4) tabulae esclusivae (tavole esclusive), sulle quali venivano raccolte le circostanze e i fattori che impedivano il verificarsi di un tale fenomeno.
Una volta eliminati gli errori di valutazione e raccolti i dati esperienziali, il metodo baconiano passava a mettere insieme un quadro unico dei fenomeni, fornendo una prima ipotesi al suo verificarsi. Questa prima ipotesi si chiamava prima vindemiatio e, pur non essendo l’ipotesi definitiva di spiegazione del fenomeno, era già utile a fornire una base importante dalla quale partire per i successivi esperimenti. Il metodo induttivo procedeva, così, all’incrocio e al confronto tra successive sperimentazioni, chiamate da Bacone “istanze prerogative” e atte a verificare le diverse ipotesi da esse scaturite. L’istanza finale era definita “istanza cruciale”.
Analizzando il metodo baconiano, comprendiamo facilmente come, pur facendo esso continuamente riferimento alla scienza e pur presentando diversi elementi in comune col metodo scientifico moderno, esso peccasse dell’assenza di un fattore importante, che è invece sempre presente nel metodo scientifico: la matematica e il ragionamento logico-matematico. Non è, infatti, un caso che Bacone si sia col tempo dichiarato interessato a conoscere il lato oscuro delle cose, quello non ancora propriamente manifesto ma intuibile e intuito. E non è nemmeno un caso che la stessa vita dell’intellettuale fosse circondata da un alone di mistero e di segreto. Sembra, infatti, che ci siano dei collegamenti tra Bacone e la società esoterica dei Rosacroce. A sostenere questa teoria viene portato il suo racconto Nuova Atlantide, pubblicato nel 1620.
L’opera narra del naufragio di un gruppo di circa 50 uomini che, dopo essere partiti dal Perù e diretti in Asia, si ritrovano sull’isola di Bensalem, che si trova nei mari del Sud. Attraverso uno dei naufraghi il lettore viene a conoscenza degli usi e costumi degli isolani, dediti alla cultura e alla scienza per migliorare la condizione di benessere di ogni abitante. La tecnologia è molto avanzata e la religione è quella cristiana, ricevuta in seguito all’invio, da parte di San Bartolomeo in persona, di un’arca contenente le Sacre Scritture.
Gabriele La Porta, noto scrittore e giornalista della Rai, in un suo articolo presente al link www.mclink.it/ ha osservato le diverse analogie che il racconto di Bacone presenta con la storia delle origini dei Rosacroce: quelli che lo scrittore, infatti, definisce come “vestiti di bianco” rievocano gli adepti della società iniziatica che erano definiti nello stesso modo, oltre che “invisibili”. Inoltre, Bacone ambientò il suo racconto alla fine del 1613, e il il primo documento dei Rosacroce, Fama Fraternitatis, fu pubblicato proprio nel 1614. Non è, inoltre, un mistero che Francesco Bacone abbia partecipato a un ordine massonico e a uno rosicruciano.
Autore: Artva
Messo on line in data: Ottobre 2007