GIAMBLICO di Pinuccia Cardullo

Giamblico nacque nel 245 d.C. in Siria e morì nel 325 circa.
Compì i suoi studi ad Alessandria d’Egitto e ritornò poi nella sua patria. Insigne filosofo, rivitalizzò la filosofia pitagorica e platonica in risposta al crescente influsso del cristianesimo sul piano religioso e culturale. Fu soprattutto grande ammiratore di Pitagora, di cui scrisse una biografia, La vita pitagorica, in cui al capitolo VI esplicitò la missione di Pitagora: rivelare la conoscenza e la perfezione divine agli esseri umani.

Negli ultimi capitoli poi, a proposito di rituali magico-propiziatori, Giamblico parlò esplicitamente del rifiuto di Pitagora di sacrifici cruenti:

Si tramanda che Pitagora avesse suscitato grande ammirazione a Delo, quando si era accostato in venerazione all’altare di Apollo Genetore, che era detto incruento” (capitolo V).

Infatti la dottrina pitagorica proibiva lo spargimento di sangue di animali innocenti e anche il nutrirsi di carne.
Nella sua epoca, tuttavia, le pratiche magiche esercitavano ancora una grande influenza, per cui le sue opere principali trattarono soprattutto questi temi.

L’opera più famosa di Giamblico fu certamente I misteri egiziani, in cui riprese e affermò il valore delle pratiche della teurgia – in contrasto con la “falsa magia”, fatta di volgari sortilegi – ispirate dagli dei agli uomini come via di unione con il divino, per arrivare alla vera conoscenza e agire perché quelle stesse divinità si incarnino temporaneamente in simulacri, solitamente statue, che ne acquisiscano i poteri e li trasmettano agli uomini, dando loro la perfezione e la purezza dell’animo.
Altri suoi saggi filosofici e religiosi, come la Teologia caldaica, la Teologia platonica e il Trattato sugli dei, dei quali conosciamo l’esistenza grazie a commentatori contemporanei o di epoche successive, sono purtroppo andati perduti.

Per la parte citata ci siamo avvalsi del testo curato da Angelo Raffaele Sodano, uno dei maggiori esperti mondiali del periodo storico in cui visse Giamblico, autore anche dell’ottima e non facile traduzione (che ha costretto in alcuni punti Sodano a ricostruire il testo greco). Sodano propone di attribuire l’opera non direttamente a Giamblico, ma alla sua scuola.

Le apparizioni vanagloriose

Tu dici, infatti, che menar millanteria e far vedere certe immagini è comune agli dei, ai demoni ed a tutti i generi superiori.
Ma la cosa non è tale quale tu la supponi: perché il dio, l’angelo, il demone buono istruisce l’uomo sulla sua propria essenza, e non si serve punto nei suoi discorsi di aggiunte più grandi della sua reale potenza e dei suoi propri beni, ché la verità coesiste con gli dei, come la luce essenzialmente coesiste con il sole; e al tempo stesso noi diciamo che il dio non è mancante di nessuna bellezza, né di alcuna virtù, che è possibile aggiungergli con le parole.
Inoltre, gli angeli e i demoni ricevono sempre dagli dei la verità, sicché niente dicono mai che sia contrario alla verità ed essendo gli uni e gli altri perfetti secondo la loro essenza, non possono a questa aggiungere niente di più che torni a loro glorificazione.
Quando, dunque, si verifica ciò che tu dici ingannevole nel caso della millanteria?
Quando interviene un errore nell’arte teurgica, e le immagini nell’epoptia non si presentano quali dovrebbero, ma le une in vece delle altre: allora le specie meno perfette, prendendo l’aspetto delle classi più elevate, si danno l’aria di essere ciò di cui hanno preso l’aspetto e qui lasciano andare parole di millanteria e più grandi della potenza che hanno.
Poiché, io penso, il primo inizio nasce falso, da questo errore affluisce menzogna notevole ed i sacerdoti devono venirne a conoscenza sulla base dell’intero ordine di apparizioni (il quale, se essi non l’osservano, risulta falsato) e respingerne la presunzione simulata, in quanto non appartiene per nulla a spiriti veri e buoni.
Non bisogna far intervenire errori nel giudizio vero della realtà: ché neppure nelle altre scienze o arti giudichiamo le loro opere dagli errori che si fanno.

Estratto da I misteri egiziani di Giamblico, a cura di Angelo Raffaele Sodano; editrice Rusconi, 1984, Milano. Pag. 109, Libro II, capitolo 8.

Autore: Pinuccia Cardullo
Messo on line in data: Novembre 2000