I LIBRI SIBILLINI di Gaetano Dini

I Libri Sibillini

Sono scritti oracolari composti in esametri greci.
Di queste raccolte vengono distinti due nuclei: quello a matrice giudeo-ellenistica, composto tra il II e I secolo a.C. ad Alessandria d’Egitto, sede importante di diaspora ebrea, e quello a matrice giudeo-cristiana, composto in ambiente cristiano dal I al VI secolo d.C.
Il primo nucleo sviluppa tematiche della religiosità ebraica in chiave di politica antiromana, il secondo porta avanti in chiave apologetica la propaganda cristiana, ponendo i detti oracolari ebraici al servizio dei Padri della Chiesa e facendo figurare la Sibilla profetessa ispirata dal vero Dio.
Con il nome di Sibilla nel mondo pagano, poi cristiano e fino al Medio Evo, si intendeva un tipo di profetessa che annunciava per volere del dio tristi cose sul futuro del mondo. Ella era posseduta dalla “manìa”, la possessione divina, profetando con voce veritiera e senza sorriso.
Autori antichi greci e latini parlavano dell’esistenza di più Sibille. La prima loro esaustiva elencazione è dovuta al latino Varrone Reatino (116 – 27 a.C.), 

che nel suo catalogo elenca dieci Sibille: Persiana, Libica, Delfica, Cimmeria, Eritrea, Samia, Cumana, Ellespontica, Frigia, Tiburtina.

Nell’immagine a lato,
la Sibilla Delfica di Michelangelo Buonarroti, Cappella Sistina, Roma


Racconta il greco Dionigi di Alicarnasso (circa 60 a.C. – circa 7 d.C.) che un giorno si presentò alla reggia di un re etrusco di Roma, si pensa Tarquinio il Superbo, una vecchia che chiedeva in perfetto latino di essere ricevuta dal re. Le guardie le risero in faccia e non la fecero entrare.

La vecchia allora rimase imperterrita davanti alla reggia aspettando di essere ricevuta.
La mattina del terzo giorno le guardie, turbate per la situazione, chiesero al re se la volesse ricevere. Tarquinio incuriosito acconsentì.
La vecchia si offrì di vendere ad un prezzo altissimo rotoli di papiro in numero di nove, rotoli antichi profetici sul destino del mondo e sulla sussistenza del potere romano.
Il re rifiutò la prima offerta e allora la Sibilla bruciò tre papiri dei nove.
La Sibilla rinnovò l’offerta, ma Tarquinio rifiutò di nuovo. La Sibilla bruciò altri tre papiri della collezione.
Allora Tarquinio si rese conto dell’importanza di quei testi e acquistò i tre papiri rimasti al prezzo iniziale dei nove.
Prima che la vecchia se ne andasse Tarquinio le chiese chi fosse. Lei non rispose direttamente ma gli disse:
“Scioglierai il bandolo intricato leggendo libri antichi”.

Tarquinio, rimasto solo, incominciò a leggere il testo dei papiri.
Leggeva e rileggeva i periodi senza capirne il significato. Allora chiamò il miglior indovino della zona e gli fece leggere le frasi contenute nei papiri. L’indovino dopo un po’ capì che il senso della lettura delle parole non doveva essere orizzontale, ma verticale, non per righe ma per colonne.
Il re gli chiese spiegazione della cosa e l’indovino rispose che i testi oracolari erano stati scritti in questo modo in quanto non tutti potevano accedere alla loro lettura, ma solo le persone qualificate. Allora Tarquinio capì anche l’indovinello dalla vecchia e lo lesse nella maniera giusta, in senso verticale:

Scioglierai
Il
Bandolo
Intricato
Leggendo
Libri
Antichi

Le lettere iniziali di ogni parola andavano a formare il nome SIBILLA.
La vecchia altri non era che la Sibilla, certamente quella di suolo italico, la Sibilla Cumana.

Nell’immagine a lato,
la Sibilla Cumana di Michelangelo Buonarroti, Cappella Sistina, Roma

Critici moderni vedono, nella trama mitica di questo racconto, l’introduzione massiccia a Roma dell’arte divinatoria da parte dei sovrani della dinastia etrusca. Tarquinio diede allora disposizione che i preziosi libri oracolari fossero collocati nei sotterranei del tempio di Giove Capitolino sul Campidoglio, sorvegliati da dieci guardie armate.
La loro custodia e interpretazione era affidata a un collegio sacerdotale composto all’inizio da due membri patrizi i “duumviri sacris faciundis”.
In seguito la commissione sacerdotale fu portata a dieci (decemviri) e poi a quindici membri (quindecemviri sacris faciundis), di cui cinque erano rappresentanti del Popolo. Il ruolo della commissione era quello di consultare i sacri testi su indicazione del Senato quando situazioni critiche, calamità o pericoli interessavano Roma al fine di trovare soluzioni.
In occasione di questi eventi infausti, il Senato disponeva la lettura e l’interpretazione dei Libri Sibillini da parte della commissione preposta.
Tra le cerimonie espiatorie al fine di ingraziarsi il volere degli dei erano previste: le Supplicationes, preghiere agli dei stando genuflessi; le Rogatorie, richieste pubbliche agli dei; sacrifici vari alle divinità; i Lettisterni, giornate dedicate all’accoglienza serena degli dei, nelle quali venivano approntate all’aperto tavole imbandite con triclini, panche, sedie dove invisibili dovevano prendere posto gli dei e banchettare in letizia insieme con gli uomini.

Nel 399 a.C. in occasione di una pestilenza, il responso dei Libri Sibillini introdusse a Roma l’usanza del Lettisternio e della Supplicatio agli dei, rituali prima sconosciuti ai romani.
Nel 258 a.C. furono introdotti a Roma, a seguito del responso dei Libri, gli dei asiatici Demetra, Core e Dioniso, figure ctonie e orgiastiche lontane dalle immagini severe dell’arcaico Pantheon romano. Sempre a seguito dei responsi Sibillini, nel 249 a.C. viene introdotto a Roma il culto della dea degli inferi Proserpina, nel 217 a.C. quello della Venere Ericina, dea afroditica, e nel 205 a.C., in piena seconda guerra punica, quello di Cibele, la Grande Madre, dea frigia della natura.
Certa critica vede nell’influsso dei Libri Sibillini l’indebolimento dell’antico austero spirito romano a favore di influssi asiatici moralmente destabilizzanti.

Nell’83 a.C. in occasione di un incendio sviluppatosi sul Campidoglio, i Libri Sibillini andarono bruciati. Allora il Senato inviò dei commissari in quelle città dell’Italia, della Grecia, dell’Asia Minore dove esistevano delle profezie sibilline in forma scritta al fine di raccoglierle e ricostituire una nuova collezione di oracoli.
Nel 12 a.C. Augusto fece collocare i libri oracolari nel tempio di Apollo sul monte Palatino, disponendo il riesame dei testi da parte di una commissione di esperti al fine di liberarli da aggiunte tardive e da falsi inserimenti.
Col tempo i Libri Sibillini persero progressivamente la loro importanza, se si esclude un breve periodo di auge sotto gli imperatori cultori del paganesimo, Aureliano e Giuliano l’Apostata. Intorno al 408 d.C., durante il principato di Onorio, il generale romano Stilicone li fece bruciare.

Bibliografia
Oracoli Sibillini , Ed. Città Nuova, Roma
Ferro Lucia e Monteleone Maria – Miti romani,  Ed. Einaudi, Torino
Evola Julius – La tradizione di Roma, Edizioni di Ar, Padova

Autore: Gaetano Dini
Messo on line in data: Giugno 2019