RACCONTO: LA CONFUTAZIONE DELLA MORTE di Miryam Marino

La Confutazione della Morte

“Non credo in Dio, ma se esistesse noi saremmo i video games con cui si distrae nei momenti di noia. Altrimenti perché costringerci a vivere annaspando nel buio, senza mai sapere se ogni scelta che facciamo ci porterà la felicità o l’inferno? Perché dovremmo metterci una vita solo per acquisire un po’di senso d’orientamento? Perché allora non ci è dato di vivere una vita di prova prima di una vita vera? Perché quando siamo attenti e coscienti arriviamo alla vecchiaia prima di raggiungere una consapevolezza che possiamo solo consegnare alla tomba? La morte è l’ultima e definitiva crudeltà che tronca di netto una vita e spegne nella sofferenza dell’agonia ogni speranza, sottraendo all’uomo ogni cosa come una rapinatrice senza misericordia.” 

Così argomentava nelle sue riflessioni un filosofo.
A un tratto, mentre era immerso nei  suoi pensieri, gli occhi percepirono una luce che lentamente si avvicinava. Prima che potesse realizzare cosa stava accadendo, l’intensa e calda luminosità era ormai di fronte a lui e irradiava tutto intorno, tanto che il giardino  notturno in cui elucubrava il filosofo ne era tutto rischiarato.
Poi da quella luce emerse, prima vaga e poi sempre più definita, una forma umana. Più incuriosito che spaventato, il filosofo vide stagliarsi e poi emergere dalla luce un volto bello e pensoso e gli parve di averlo già visto. Gli ricordava una scultura di Mitorai, “L’Icaro caduto,” come lo aveva ammirato in una piazza di Marina di Pietrasanta. Allora, di fronte a quella statua di proporzioni gigantesche, mentre ne osservava il volto, aveva pensato che sembrava piuttosto un angelo, così come l’umanità si potrebbe figurare gli angeli, se fossero esistiti. L’essere era ormai del tutto uscito dalla luce e ora sembrava un uomo normale. Si sedette accanto al filosofo che avendo ritrovato la parola dopo l’iniziale stupore gli domandò:

“Chi sei?”
“Sono la Morte” rispose lo sconosciuto “e sono qui per confutare ogni concetto che hai appena affermato con tanta incauta convinzione”.
Il filosofo ebbe un moto di spavento, ma subito si rassicurò, la “triste mietitrice” non era lì per portarlo via ma solo per discutere.
“Hai un aspetto insolito per essere la morte” esordì.
“Siete voi che mi avete dipinto con i colori della vostra paura” rispose l’essere senza perdere la sua espressione di intensa pace.
“Il terrore per qualcosa che non conoscete e non siete più in grado di capire ha attraversato i secoli scolpendo un’immagine lugubre e sinistra che in realtà è solo l’immagine del vostro smarrimento.”

Una brezza leggera rinfrescava la notte sprigionando il profumo dei fiori di gelsomino e di lavanda, al filosofo ricordava il profumo della vita e la sua caducità.
“E come si può non avere paura? Tu vieni a radere al suolo la vita e a strapparne le radici. A prescindere da ciò in cui ognuno crede, nessuno sa cosa troverà una volta passata la soglia. Tu getti gli esseri umani nelle braccia dell’ignoto, un territorio che non ha riferimenti, dove la ragione si smarrisce.”
“La ragione è il vostro problema, voi ne siete dominati e le avete delegato a rappresentare l’unica realtà possibile. Avete eliminato dalla vostra mente e dal vostro cuore ogni altra possibilità di esistere e vivete prigionieri dei limiti che voi stessi vi siete imposti. Dimenticando chi siete veramente avete ridotto la vostra esistenza nei confini di una mente che doveva essere un’estensione dello spirito ed è diventata invece serva del vostro ego. Una mente convinta di essere fine a se stessa, separata dalla natura e dall’universo, separata dallo spirito che l’ha generata. Avete mai osservato gli animali? Essi sono immersi nella natura e comprendono la vita meglio di voi. Avete mai visto un animale che abbia paura di morire?”
“Non so” rispose il filosofo, non aveva mai avuto il tempo di mettersi a osservare gli animali. Un breve silenzio seguì le parole di entrambi. Il filosofo rifletteva, la Morte aspettava.

“Se gli animali non hanno paura è perché non pensano” disse infine il filosofo rialzando la testa. “Essi vivono nell’ignoranza e nell’incoscienza e non hanno il bene dell’intelletto, non sanno ragionare né immaginare il futuro.”
L’angelo ascoltava mentre un lieve sorriso ironico e compassionevole si disegnava sul suo volto.
“Tutta la vostra sapienza viene dunque dal ragionare, e a cosa vi ha portato tutto questo ragionare se non alla sofferenza?” ribatté. Il filosofo ebbe un moto di rabbia, era convinto che l’intelligenza fosse il bene più prezioso posseduto dal genere umano e intendeva affermarlo di fronte al suo interlocutore sebbene fosse la morte.

“Che cos’hai contro l’intelletto? Esso ci permette di esperire la realtà e di conoscere il nostro destino e nel nostro destino ci sei tu che  senza misericordia stronchi ogni vita.”
“Senza misericordia?” chiese l’angelo con dolcezza, la brezza estiva scompigliava i capelli del filosofo, ma del suo interlocutore non si mosse  nulla, come se niente potesse toccarlo.
“E voi avete forse misericordia?” Continuò. “Mi accusi di essere crudele, ma io non vengo a portare sofferenza, vengo solo ad aiutarvi a passare la soglia perché possiate accedere ad un’altra dimensione della vita, quella di cui non volete sapere e se tu non fossi così ignorante nella tua superbia, così sprovveduto con tutto il tuo intelletto sapresti che io sono parte della vita.“

“E’ vero, non so nulla di dimensioni che non posso verificare, ma so per certo che strappi dal mondo gli esseri umani con la sofferenza dell’agonia e che non ti accontenti di radere al suolo una vita, ma lo fai facendo soffrire.”
“Voglio essere gentile con te e darti informazioni che non hai mai avuto, sempre che tu riesca a mantenere la mente aperta senza arroccarti sulle tue caparbie convinzioni” rispose la Morte senza scomporsi.

 “Hai mai osservato un morente da vicino? Intendo dire qualcuno che muoia di morte naturale, nel proprio letto. Hai notato l’espressione del suo viso,  disteso e quasi sorridente, come se la pace fosse scesa su di lui? E questo sebbene sia giunto alla fine di una lunga malattia? Hai notato il suo atteggiamento ore prima del decesso e a volte giorni prima? Ti sei accorto che costui non mostra paura sebbene forse l’abbia avuta per tutta la sua vita? Quello che io faccio non con crudeltà, ma con compassione è fare in modo che egli prenda contatto con i propri congiunti che l’hanno preceduto nell’aldilà. Egli li vede, comunica con loro, li ascolta e tutto questo lo rassicura. E quando è giunto il momento io spargo sul morente la mia chiara luce affinché egli abbia nozione della dimensione che sta per raggiungere. In questo momento di chiaroveggenza il morente ha la visione di immagini di sconvolgente bellezza e ha consapevolezza che non è finito tutto per lui ma che sta solo vivendo un momento di passaggio da una dimensione fisica e pesante ad un’altra più leggera e spirituale ed egli lascia il corpo fisico senza paura e senza angoscia. Faccio questo per voi perché a differenza degli animali avete dimenticato la vostra vera natura, non sapete più che siete spirito e vi identificate solo con il vostro intelletto e con la vostra dimensione fisica.” 

L’angelo fece una pausa affinché il filosofo potesse assorbire le sue informazioni, leggeva nei suoi occhi altre domande e presto rispose anche a quelle.
“Tu che mi accusi di crudeltà devi sapere che non sempre riesco ad espletare la mia funzione come vorrei e questo accade a causa vostra, quando scatenate guerre in cui muoiono di morte violenta e improvvisa milioni di persone, quando vi dedicate all’assassinio, quando strappate organi dal corpo di un essere umano ancora vivente, quando promuovete con il vostro comportamento e con i vostri esperimenti nuove e letali malattie che uccidono all’istante. Io ho bisogno di tempo, la morte è un processo, e quando questo percorso risulta impossibile per la rapidità della fine non posso fare nulla e l’anima di quelle persone rimane confusa e traumatizzata e arriva nell’aldilà piena di spavento. Allora si, la morte è crudele, ma tutto questo ve lo siete procurato da soli, non a causa mia, ma malgrado me. Il mio compito è di accompagnarvi in questo percorso con compassione permettendovi di familiarizzare con un modo di sentire che è completamente diverso da quello che avete avuto per tutta la vita, ma il genere umano è troppo perverso. Caparbio nella sua ferocia, tenace nella sua arroganza. Inventando torture, massacri, orrori che fanno tremare i sette cieli, distruzione di ambienti e di altre creature, ha reso difficile e spesso vanificato l’amorevole sostegno che ero destinata a darvi. Non è dunque la morte che è crudele, ma il genere umano che è riuscito con la sua superbia, per brama di potere e di denaro, a inventare e a realizzare l’inferno nella vita sulla terra.”

Il filosofo stava ancora riflettendo sulle ultime parole dell’angelo quando il giardino fu di nuovo irradiato dalla luce e mentre rialzava la testa la vide allontanarsi e svanire fino a diventare un puntino luminoso come una stella nello spazio siderale. Poi il giardino tornò ad essere immerso nell’oscurità della notte rischiarato solo dalla lattescente e tenue luminosità della luna. Il filosofo rientrò in casa sospirando, dentro di sé si disse: “Che strani sogni si fanno in notti come questa!”

 

Autore: Miryam Marino
Messo on line in data: Maggio 2021