RACCONTO: LE CRI DE MERLIN di Mauro Banfi

– A Tiziano Terzani –

 

E’ più facile, probabilmente, dire poco e scrivere da incazzati o da inaciditi: ci si espone di meno, si fa meno fatica. Io però, la mia scelta l’ho fatta e mi va di continuare così. A me interessa che cosa di buono abbiamo su cui lavorare.
Luciano Ligabue, introduzione alla canzone “Almeno credo”.

Nell’antica foresta di Brocelandia, nella piccola Bretagna, sulla cima di una certa montagna, c’è una sorgente, circondata da noccioli e da elevati e frondosi cespugli di biancospino. Vicino alla fontana, campeggia un cartello, recante la scritta, dipinta in caratteri azzurro turchese e verde smeraldo:  “Chi beve questa pura acqua, rientra in se stesso .”
In mezzo al piccolo altipiano svetta l’Alta Torre, dimora di Merlino, l’incantatore, il consigliere di Re, Principi e guerrieri. Intorno alla piccola rocca di pietra, conosciuta come l’Esplumoir, il luogo della mutazione, il Mago aveva appeso a quattro enormi querce, dai rami che s’innalzavano fino al cielo, delle Arpe Eolie, strumenti a corde che, sfiorati dal vento o dai passi d’inopportuni visitatori non animati da buone intenzioni, emettono strane armonie, dette dal Veggente “Melodie d’avvertimento”.

Merlino era seduto nella Stanza Segreta dell’Alta Torre e contemplava dall’alto la massa di vegetazione della Foresta Azzardata, i giochi e le corse fulminee dei cinghiali, delle volpi, dei falchi e d’altre numerose bestie selvatiche. Da quella piccola finestra ascoltava la sua Voce interiore, che gli era stata restituita dall’acqua della fontana e dall’affetto e dalle cure di Viviana, la sua apprendista, dopo che era stato preda, in passato, di un difficile momento di velenosa malinconia.
Ascoltando la sua unica Voce, osservava dalla finestra e nei lucenti riflessi di un pesante cristallo, posto sul suo tavolo di quercia, i segnali del Cosmo divino e del mondo, il nostro microcosmo devastato e insanguinato.

Prese a sfogliare un Vangelo, posto su un leggio, accanto al tavolo.
“A che serve conquistare il mondo intero, se poi perdi la tua anima?”.
Poi rise, rise con tutta l’aria dei polmoni, e la sua lunga barba brizzolata ondeggiava su e giù, qua e là, tra le pareti di roccia della Stanza Segreta. Alla base dell’Alta Torre, Viviana, la giovane donna che Merlino amava, e che voleva ad ogni costo impadronirsi dei segreti della sua magia, stava operando un potente incantesimo.
La sera prima gli aveva chiesto, appena finito di fare all’amore, con ardente passione, a malapena confinata nei piccoli occhi verdi:
“Insegnami come, senza catene né sbarre d’acciaio, io possa imprigionare un uomo, unicamente con la magia e in modo tale che non possa mai fuggirmi, a meno che non decida IO di liberarlo”.

In seguito alle sue istruzioni, Viviana aveva piantato, intorno al perimetro della Torre, una fitta ed elevata siepe di biancospino. Ora si era in Aprile ed era una bellissima giornata assolata, sovrastata da un cielo azzurrissimo. Gli estesi arbusti erano tutti ricoperti di piccoli ombrelli bianchi, i profumati fiori, e trapunti di minuscoli frutti rossi.
Viviana prese un lungo velo bianco, filato da una vergine, e lo avvolse intorno al cespuglio di biancospino. Usando le formule esoteriche che il Mago amato le aveva insegnato,camminò nove volte intorno alla vasta siepe, dentro un cerchio ermetico che lei stessa aveva tracciato; sussurrò altre nove volte le parole magiche necessarie, e, se lui, il celebre e potente incantatore Merlino, non fosse fuoriuscito dall’Alte Torre entro breve tempo, sarebbe rimasto imprigionato lì dentro per l’eternità.

Quella dimora di pietra, la siepe di biancospino ricamata di bacche rosse vermiglio,Viviana e il suo focoso e scalpitante amore, tutto quel sortilegio… sarebbero diventati il suo estremo Sepolcro. Ma per quale motivo, sarebbe dovuto uscire? Per quale senso recondito, avrebbe dovuto sciogliere l’incanto?
Per diventare anche lui come uno di quei boriosi cavalieri, assetati di ricchezze e conquiste, accecati dalla presunzione, sospinti perennemente per il pianeta, per cimentarsi in avventure e soprusi che non hanno mai fine, in una monotonia meschina e delimitante quanto il cerchio ermetico che la dilettante Viviana aveva dipinto intorno alla circonferenza dell’Alta Torre, per ghermirlo?

Merlino allenta la tensione delle spalle e reclina il capo sul petto. Si appoggia sul suo ampio letto e prende a parlare ad alta voce:
“Chi ama il potere fugge se stesso! E’ quando ti credi arrivato che sei già rovinato !”
Si sistema un cuscino, imbottito di piume di falco, dietro la nuca e si corica a riposare. Ma non smette di parlare:
“Nella misura un cui il mondo materiale è conquistato, la sua Anima viene dimenticata… Cavalieri, cosa state facendo alla nostra cara, vecchia e sempre nuova, mamma Terra? Dite di volerla sicura e ordinata e giusta, e invece la saccheggiate, la violentate, la scavate e la incendiate e le succhiate le midolla fino all’esaurimento! Branco di diavoli! Il destino del mondo non è nelle vostre mani, tracotanti scimmie accecate dal potere, ma in Quelle di chi immagina, di chi porta rispetto ad ogni creatura, e, soprattutto, di chi ama.
Io, per esempio, non sono il potente stregone che credete!
Sono il più grande degli sciocchi, perché amo qualcun altro più di me stesso, e ho insegnato alla mia amata come legarmi a lei, e ora nessuno può liberarmi.
Vieni, Foresta Azzardata, accoglimi, inghiottimi dentro i tuoi alberi!
Io mi ritiro dentro di me, nella tua pace, nel silenzio della tua naturale magia…

Io non sono nato per salvare il mondo o per giudicare o comandare i miei simili. Sono nato per capire qual è il mio posto nel gioco della vita, per entrare nella dimensione del Senza Tempo, nell’estasi di questa siepe di biancospino che fiorirà per sempre, di quest’amore di Viviana che mi scalderà il cuore in eterno, di questo esplumoir che mi avvolgerà, come il mio mantello, all’infinito, con la sua ben nota serenità d’ogni giorno, calma ed equilibrata.
Ricordatevi: noi siamo solo immagini, noi siamo tutti un sogno, spezzato in miriadi di incubi.”

E si addormenta.
Viviana, disotto all’Alta Torre, in una nube di bianchi fiori, intonò un canto di gioia e di ringraziamento alla resa del Mago. Ai suoi piedi, un serpente s’attorcigliò, nel suo ultimo sonno, prima di svegliarsi dal letargo.
Dalla Foresta Azzardata si levò un sovrumano, agghiacciante grido: era lo spirito di Merlino.
“Ascoltate solo la vostra Voce, QUELLA INTERIORE!”.

 

Autore: Mauro Banfi
Messo on line in data: Maggio 2006