RACCONTO: VERDIANA di Graziella Caropreso

Era sempre stata la sua grande passione, vivere nel verde, sarà stato anche un caso che il nome fosse Verdiana, certo è, che più appropriato non poteva essere. La scelta di vivere in quella casa in collina, lontana dalla città, l’aveva in un certo senso un po’ isolata dalla gente; molti ritenevano infatti fosse un bellissimo luogo per una scampagnata, fare due fotografie e tornare la sera a casa. Lei invece no, l’aveva cercata proprio, quella casa isolata, aveva rastrellato a tappeto la campagna per tanto tempo, non solo per fare una gita, ma col pensiero fisso e preciso in testa, di cercare la sua dimensione di vita, il posto ideale dove vivere il rapporto intenso che da sempre aveva col mondo verde.

C’era da fare parecchia strada non proprio in ottime condizioni per arrivare lassù, la macchina si era lamentata diverse volte, e Verdiana l’aveva accontentata, aveva deciso di lasciarla parcheggiata il più possibile, e fare uso maggiormente delle sue gambe.
In pochi anni, terminata la ristrutturazione, aveva messo su una piccola azienda agricola biologica, che le dava da vivere senza lussi: aveva sottratto ai rovi un piccolo appezzamento e vi aveva impiantato un arometo, le piante aromatiche producevano spezie, Verdiana le raccoglieva, le seccava, confezionava dei graziosi barattolini e andava a venderli direttamente nei mercatini, le cosiddette fierucole, diventate tanto di moda negli ultimi anni; quei luoghi dove la gente di città è ben contenta di spendere cifre assurde per 50 grammi di origano secco, pensando così di fare una cosa “esotica”, senza riflettere che camminando in un bosco e raccogliendoselo da sé, non avrebbe speso nulla, respirando anche un’aria migliore. Del resto, pensava Verdiana, il mondo è bello perché è vario, e così erano contenti tutti.

Al mattino si alzava presto, al primo canto del gallo Astianatte, bellissimo animale davvero, dal piumaggio nero lucido e dal carattere fiero. Il pollaio con tante gallinelle aveva il solo scopo di ottenere sane uova da sanissime galline, ruspanti e libere di svolazzare ovunque e becchettare a loro piacimento dappertutto. Fermiamoci un momento a riflettere su questi uccelli, chi lo farebbe mai? Verdiana era solita farlo per ben più di un momento: le galline sono uccelli bellissimi, con piumaggi sofisticati e hanno ognuna il loro carattere preciso, si affezionano a noi né più né meno di tutti gli altri animali. Verdiana con ognuna di loro parlava ed interagiva, aveva costruito un rapporto di vera amicizia, Fedora senz’altro la più buffa, un po’ imbranata, arrivava sempre per ultima; Gisella quasi una signora elegante un po’ snob… Sì, per ognuna di loro c’era un nome, ognuna di loro esisteva in quanto tale.

Verdiana iniziava la sua giornata andando a far visita a tutti gli animali della fattoria, dopo le galline, c’erano le capre, poi l’asino, quindi le oche; con ognuno di loro scambiava quattro chiacchiere, chi fosse passato di lì l’avrebbe vista ciarlare animatamente con le bestiole tutte attorno. Il vecchio albicocco, carico sotto i suoi frutti, dava ombra proprio alla casa delle galline, da lì partiva un sentiero che tutte le mattine Verdiana percorreva, e la portava diretta alle file di lavanda viola-blu, un profumo intenso si sprigionava nell’aria appena sfiorando le piante.
Quel giorno l’aria era molto tersa e il confine netto tra il verde dei pascoli e l’azzurro del cielo fu per un attimo interrotto dal passaggio di qualcosa di scuro; lì per lì Verdiana pensò a un uccello che avesse spiccato il volo, poi volgendo lo sguardo altrove, rivide la cosa scura sparire nei cespugli di lavanda che muovevano i rami, stranamente tutti dalla stessa parte e in assenza di vento.

Incuriosita si recò sul posto, niente, nessun animale in vista, solo una cosa destò la sua attenzione: i fiori di una pianta, anziché violetti come tutti gli altri erano rossi. Verdiana rimase stupita in contemplazione, non aveva mai notato quella pianta così insolita, coi fiori diversi da tutte le altre. Ne staccò un rametto e continuò a percorrere la strada nell’arometo, che la conduceva alle altre coltivazioni. C’era come sempre da ripulire le file da erbe infestanti, controllare il tempo balsamico delle varie specie, si stava avvicinando il tempo della raccolta e poi dell’essiccazione, si avvicinava il tempo del lavoro più significativo della sua azienda. Verdiana era in piacevole trepidazione, come ogni anno, sarebbe venuta la sua amica Celeste che l’avrebbe aiutata nel lavoro; dal mattino alla sera percorrevano le file riempiendo i panieri , chiacchierando lentamente o più spesso in silenzio. Un silenzio che valeva più di mille parole, avevano un loro modo speciale di comunicare, fatto di sguardi e gesti significativi. Insieme ascoltavano i fagiani, i cavalli, il vento e altre conversazioni di questo tipo, intervenendo solo se necessario… Era stupendo.

Con questi bei pensieri in mente, chiamò a sé l’amico Bellissimo, che normalmente si aggirava da quelle parti, fra poco l’avrebbe aiutata a portare le gerle su e giù dall’arometo alla casa, sì, Bellissimo era un asino scuro, dallo sguardo profondo e molto saggio. Più volte Bellissimo l’aveva avvisata dell’arrivo di un temporale, a lui chiedeva consiglio se erano già pronti il timo o l’origano per essere raccolti, aveva un fiuto particolare lui e sapeva consigliarla al meglio. Gli fece osservare il rametto di lavanda rossa, l’asino arretrò con l’aria spaventata, o forse sarebbe meglio dire sorpresa, almeno quanto lo era stata lei nel notarlo. Comunque si trattava di qualcosa di insolito, una rarità. Il sole intanto cominciava a scaldare, non c’era neppure una nuvola in cielo, neppure un filo di vento.

Terminato di ripulire le file dei timi, Verdiana si accorse che il sole era preciso sulla sua testa, mezzogiorno: l’ora di rientrare a casa per il pranzo. Bellissimo la seguì lentamente, mentre una libellula grande e rumorosa prese a farle a zig zag davanti, Verdiana non faceva a tempo a scansarla che subito se la ritrovava di fronte, sembrava quasi avercela con lei, che buffa situazione, poi però le sembrò di vedere come uno sguardo malizioso, negli occhi della libellula, ma gli insetti non hanno espressione, impossibile che la stesse davvero guardando e prendendola di mira; doveva essere il caldo in aumento e la fame che iniziava a farsi sentire. Verdiana allungò il passo e chiamò Bellissimo ma lui non la seguì, anzi imboccò la direzione opposta inoltrandosi nel fitto del bosco.

Tornò a casa, pranzò e poi si distese sull’amaca sotto l’ombra dei lecci e si addormentò profondamente. Le ore passarono ma Verdiana doveva essere ben stanca per risvegliarsi solo al tramonto, qualcosa le stava pizzicando la faccia, trasalì e si trovò di fronte Bellissimo con una buffa ghirlanda di rametti di lavanda intrecciati intorno al collo, chi mai gliel’aveva messa? Ma soprattutto i fiori erano rossi! Ancora quella strana lavanda trovata al mattino mentre andava al lavoro. Tutto aveva un sapore di fiaba a metà tra sogno e realtà. Tutto sommato la giornata era trascorsa pacifica, meglio tirare avanti senza stare a pensare a troppe cose, domani è un altro giorno, un’altra storia.

Il telefono squillava da un po,’ ma il sonno pesante di Verdiana lo scambiò per il canto del gallo, fin quando aprì gli occhi e con un salto afferrò la cornetta: era Celeste che stava quasi per riattaccare, convinta che l’amica fosse già partita per il lavoro. Decisero che Celeste sarebbe arrivata il sabato successivo per iniziare i lavori di raccolta del timo. Verdiana uscì poco dopo di casa e si avviò come sempre verso gli animali; Bellissimo arrivò praticamente al galoppo e cominciò a spintonarla, ad incalzarla come un matto, spingendola verso il sentiero dell’arometo. Verdiana dovette seguirlo per forza, ancora assonnata arrivò con un po’ di affanno alle prime file di lavanda, non poteva credere ai suoi occhi, c’era da darsi pizzicotti per uscire da un sogno, la scena che le si presentò davanti era un sogno, sicuramente non poteva essere altrimenti: una miriade di piccoli esseri svolazzanti, creature alate simili a grandi libellule, si libravano nell’aria tra le file delle piante, e si davano un gran da fare a tingere di rosso i fiori viola delle lavande, uno per uno li coloravano senza tralasciare nulla. Era come una infinita catena di montaggio, si passavano i pennelli intinti nel colore e dipingevano, dipingevano senza fine un fiore dopo l’altro, e il secchio di vernice lo porgeva loro proprio Bellissimo, con al collo la stessa ghirlanda del giorno prima, composta da quei fiori così particolari.

Verdiana con gli occhi sbarrati, la bocca secca, neppure un suono riusciva a tirar fuori, si stropicciava gli occhi e rimaneva lì in piedi a fissare la scena. Un fortissimo profumo di lavanda invadeva l’aria, le piante aromatiche strusciate dalle creaturine lasciavano uscire l’olio essenziale e si stava veramente immersi in nuvole all’essenza di lavanda… Verdiana rimase così assorta a lungo nel profumo, nel brusio leggero di tutto quello sbatter d’ali, in tutto quel viola e rosso a perdita d’occhio.

“Chi siete?” A un tratto le uscirono queste parole.
“Le fate del profumo” risposero in coro alcune di loro, sbattendo le ali.
“Le fate del profumo… E che state facendo?”
“Ma non vedi? Coloriamo di rosso le lavande per la nostra regina Rossana, è così che quest’anno le vuole per il nostro regno!”
“Ah, capisco, sono molto belle anche così…”

Verdiana era entrata dentro al suo sogno e lo viveva in pieno, non era spaventata, non era più sorpresa, sorrise a Bellissimo e lo carezzò sul muso, come in un normale giorno di lavoro, prese una zappetta e iniziò a diserbare le file delle piante, mentre le fate del profumo le svolazzavano intorno, si impigliavano nei suoi capelli e continuavano a dipingere. Verdiana aveva sempre saputo in cuor suo di non essere sola a “lavorare” in quei campi, si ricordò di quando entrava nell’essiccatoio, accorgendosi di aver già confezionato molti più vasetti di spezie di quanti pensasse; non si poneva mai la domanda di come poteva esser successo; ora invece capiva cosa era accaduto in tutti quegli anni. Era da subito entrata in sintonia con quel luogo, tanto da riuscire simpatica alle creature del piccolo popolo, che l’aiutavano nei suoi lavori quotidiani con erbe e spezie, e adesso pure le si mostravano senza più pudori.
Fin da bambina aveva fantasticato su queste cose e adesso viveva a pieno dentro il suo sogno. Era una cosa stupenda, non si sarebbe svegliata mai più.

 

Autore: Graziella Caropreso
Messo on line in data: Novembre 2006