POESIE ALCHEMICHE di Giovanni Corbetta

 

DANZANO GLI ELEMENTI

Danzano gli elementi
in equilibrio,
l’acqua la terra
il fuoco e quindi l’aria,
e l’intreccio
del loro canto
forgia il mondo,
l’abbraccio dell’etere
che lievemente
avvolge il tutto,
risvegliati
nel parossismo del calore
dalla fusione
colano i metalli
come solide
vertebre del cosmo,
gemme splendenti
della sua corona,
linfa indurita
in mercurio zolfo
e sale,
la terra srotola
il suo mantello verde,
poi si compatta
nella dura roccia
e con fatica
s’innalza come monte,
è solo polvere
nella macina del tempo
ed il suo peso
grava quale fango,
dentro al suo grembo
semi che germogliano,
l’acqua scorrendo
precipita in cascata
e nuvole di spruzzi
che s’innalzano,
si riposa nella quiete
dentro il lago
ma nella collera
s’inarca come onda,
infine trionfa
nella vastità del mare,
abissi profondi
che sognano l’eterno,
temibile il fuoco
che ruggisce nella fame
ardente e insaziabile
che lo squassa e lo contorce,
indi si placa
in una fiamma di candela
e genera
la meraviglia della luce,
e il suo respiro
al corpo dà calore,
la sua gloria
che si celebra nel sole,
e l’aria infine,
che trema d’infinito,
ed è sospiro
soffio ed uragano,
nella sua pelle
la vibrazione primordiale
ha preso vita
divenendo canto
e nel suo ventre
si cullano le nubi,
il suo sudore
che sfavilla di rugiada,
in equilibrio
gli elementi danzano,
nell’amplesso
dell’ombra con la luce,
del caldo e il gelo
e del secco
assieme all’umido,
e nei colori
dell’arcobaleno
riluce l’intera maestà
del mondo tutto
dentro il cristallo
di una pura goccia,
e poi la PIETRA,
l’universale medicina,
e il cuore batte
con il ritmo delle stelle.

OPERA AL NERO

Nella caverna
scavata dentro l’anima
fantasmi e cenere
coagulati in nera polvere,
ed il silenzio
che grava come piombo
sigilla il tempo morto
dei ricordi,
alla deriva
tra l’alba ed il tramonto,
nel limbo inquieto
dell’eterna fuga
l’angelo stanco
contempla il fallimento,
ogni misura
del mondo ormai svanita,
pare lontana
ogni metamorfosi,
che pure i sogni
languono nel buio,
chi saprà mai
tramutare il piombo in oro
ed annunciare
un’era nuova di bellezza?
la clessidra
che segna solo il vuoto
ed inerti
la regola e il compasso,
l’angelo stanco
vede le sue lacrime
cadere a terra
come cristalli congelati,
poi con fatica
si avvicina alla fornace
e riprende l’opera gravosa,
si schiude il masso
della melanconia
nella scala
che s’inerpica nel cielo,
e lotta la serpe
del cupo disinganno
con la fenice
del cammino illuminato.

OPERA AL ROSSO

Nel crepitio
dell’avvampante fuoco
come faville
i corpi si rincorrono,
le membra poi furiose
che si avvinghiano
ferocemente
in una dolce lotta,
e il corpo è un arco,
un ponte che si slancia
oltre il gorgo
delle parole
e della storia,
morsi baci
carezze graffi
e duri pugni
il suo alfabeto
che cavalca i sensi,
e sono brividi
sulla carne i fulmini,
tremante l’aria
bruciante e rarefatta,
il sole percorre
solennemente il cielo
e poi s’immerge
nella fonte della luna,
ansiti e gemiti
che sprizzano scintille
e tamburi
che rombano nel cuore,
il sangue corre
incitato dalla frusta
di un’estasi
senza ragione e senza dio,
nell’argento e nell’oro
esplode l’anima
e si fonde
nell’arsura della pelle,
l’intero universo
si concentra dentro un bacio,
l’opera al rosso
forma un vortice
al suo culmine.

GRAAL

Il rivo di sangue
che scorre nei millenni
si coagula
in un cristallo sfolgorante
e la coppa
ricolma di lacrime
e sudore
danza nel cielo
in ebbri arcobaleni,
e le tristi
incrostazioni del dolore
si dissolvono
nella rugiada luminosa
che nutre nello sgomento
l’esultanza,
ogni cuore
trabocca di sospiri
inondato di dolce nostalgia,
l’anima palpita
come fiore nella brezza
e si schiude
all’universale medicina
e pure il tempo
è risucchiato in un imbuto
e sgocciola la sua ruggine
nel vuoto,
nel languido
abbraccio dell’oblio
sfumano
come impallidite cicatrici
le scene lontane
dei ricordi,
il pungolo rovente
della carne
è docile al laccio
dell’immaginazione,
e il lento cigolio della memoria
un’eco che sfuma
nell’orizzonte della quiete,
il macigno delle ore
d’ogni giorno
si solleva nello splendore
dell’istante,
eternità
sulla punta delle dita,
magico nodo
dei fili del destino
della rete che congiunge
i mondi e gli esseri
ed oltre regole necessità e doveri
alto si leva
il canto dei poeti.

IL SOLE E LA LUNA

Il sole e la luna
nella tenzone eterna
si misurano
nell’arena del tramonto,
l’ombra e la luce
imbracciano lo scudo
e nel Walhalla
festeggiano i guerrieri
e brindano con i boccali
verso il cielo,
io levo alta
la bandiera del tuo cuore.
Freia ed i suoi gatti
scorrazzano nell’aria
sulle nubi
dallo spessore di farfalla,
e Atena
liscia le piume alla civetta,
lo sciamano
percuote il suo tamburo,
ma l’anima del mondo
si sottrae,
solo ci inganna
un dio senza fedeli
Odino assieme ai corvi
scruta il tempo,
getta le rune
sul mantello sacro
ed impassibile
ascolta il pianto dei millenni,
cala la scure
sulla gola della vittima
e il sacrificio
scuoterà gli dei,
ma sopra tutto
regna la necessità.
Corre nel buio
il lupo solitario
e sfida le stelle
col suo canto,
sopra sentieri
tracciati dentro l’erica
cerca il viandante
la smarrita libertà,
ma lo scettro
è nelle mani del destino
ed ogni scelta
una fatalità.
Ci mozza il fiato
la bellezza della terra
come un singhiozzo
che disperde le parole,
ed è una freccia
la trama delle cose
che ci infilza
alla legge della vita,
io m’inginocchio
ai tuoi piedi mia signora,
nelle tue mani
pongo la spada ed il mio onore.

REBIS

Io sono l’aquila
dalle bianche ali d’argento,
io sono il sole
che ruggisce tra le nubi,
sfido la morte
nella caverna del silenzio
e langue il tempo
dentro a un cappio di rugiada,
vedo il sospiro
che s’innalza dalla terra,
scruto l’abisso
che geme sotto il mondo,
sono la luna
col suo cocchio di civette,
sono la notte
che assedia l’anima nel gelo,
ecco la bianca
nave dei presagi
su nere onde
di cenere e sgomento,
da questa torre
che presidia la scogliera
scorgo orizzonti
mai neppure immaginati,
io sono il ladro
che trafuga le ricchezze,
sono il terrore
che offusca l’animo ai potenti,
sale la linfa
dentro l’albero del cosmo,
cuoce il ricordo
nell’alambicco della mente,
è rosso il fuoco
della fucina segreta
dove scalpita il sangue
e poi ribolle,
è verde il lago
che rispecchia i monti
e si culla
nel suo mantello di cristallo,
è azzurra l’aria
dalla vetta più scoscesa
e si confonde
nel soffio del respiro,
nel ventre dolce
della terra nera
dormono i semi
un ronzante sonno,
io sono il canto
che travolge i sensi,
scuote la furia
e risveglia la pietà,
io sono il vento
che scompiglia l’ordine,
sono la mano
che getta i dadi del destino,
chiamo gli arcani
nei miraggi dentro il sogno,
chiamo il serpente
a sibilare nel mio grembo,
chiamo il mio gatto
che vegli sul mio cuore,
chiamo il mio amore
a darmi la sua mano,
io sono il fante,
la sibilla e il matto,
il re del mondo
e la polvere del suolo,
sono l’appeso della ruota
e il bardo…
scuoto le chiavi
e rido e insieme piango.

 

Autore: Giovanni Corbetta
Messo on line in data: Agosto 2008