RACCOLTA DI AFORISMI (PARTE TERZA) di Giorgio Gramolini

D’ARTE E BELLEZZA, GIOVENTU’ E VECCHIEZZA

 

I – Il senso di pienezza che solo sa dare il momento della creazione artistica, e l’incanto prodotto dall’incontro con un’opera d’arte: le uniche sensazioni davvero non illusorie, oserei dire concrete che la vita sappia offrire.

II – Non si rimpiange il tempo della felicità (quando mai lo abbiamo vissuto?): si rimpiange il tempo della speranza.

III – Finché non sarò morto, non potrò essere davvero sicuro di non essere immortale.

IV – Se dovessi scoprire di essere immortale, il mio primo istinto sarebbe quello di suicidarmi.

V – La vecchiaia è una gran brutta cosa, soprattutto quando ti coglie nel pieno della giovinezza.

VI – Il vero problema non è invecchiare; è arrivare alla vecchiaia con alle spalle una giovinezza. Il problema non è morire; è arrivare alla morte con alle spalle una vita.

VII – Tra le tante storture che la vita umana presenta, la sua brevità è quella di cui meno ci dovremmo preoccupare.

VIII – Non pensare a vivere a lungo prima di aver pensato a vivere bene.

IX – La paura della vecchiaia spesso non ha niente a che vedere con la paura della morte e viceversa.

X – Ciò che accomuna il poeta al giocatore d’azzardo è la sensazione, quando si siede al tavolo, di essere sul punto di giocarsi tutto.

XI – La vera bellezza – sia essa quella di una donna, di un’opera d’arte o di una teoria filosofica – non si manifesta in modo improvviso, clamoroso; non si offre d’un colpo, nella sua interezza: essa educa gradualmente l’osservatore alla sua conoscenza.

XII – Le esperienze che si fanno da vecchi hanno un difetto: difficilmente si vivrà abbastanza a lungo per ricordarle con nostalgia.

XIII – La nostalgia rievoca le gioie che abbiamo vissuto, il rimpianto quelle che non abbiamo saputo afferrare; per questo la prima può essere fonte di un malinconico piacere, il secondo di angoscia e sensi di colpa.

XIV – La nostalgia deve elaborare, metabolizzare gli oggetti cui si rivolge. Di solito non rimpiangiamo le sensazioni e le esperienze di pochi mesi o anche di pochi anni fa, ma di un passato molto più lontano nel tempo.

XV – E’ segno di incipiente vecchiaia considerare fortunati i giovani semplicemente in quanto tali.

XVI – L’aforisma e la barzelletta sono i due estremi attraverso cui meglio si esprime il pensiero del nostro tempo. Se la nostra povertà filosofica ci impedisce di rappresentare il mondo, cerchiamo almeno di fissarlo per un istante, o di metterlo in ridicolo, il che è probabilmente la stessa cosa.

XVII – Lo specchio continuerà a riflettere l’immagine della mia camera anche quando io sarò uscito? Il mondo continuerà ad esistere anche quando io sarò morto?

XVIII – Il ricordo della felicità passata non basta certamente a renderci felici nel presente, anzi, talora non fa che accentuare la sensazione dell’attuale infelicità (nessun maggior dolore /che ricordarsi del tempo felice /nella miseria…); tuttavia non di rado serve a costruirci un’immagine complessivamente meno inutile e vuota della nostra esistenza, rendendoci così il vivere presente più tollerabile.

XIX – E’ chiaro che si vive per ricordare. Se l’attimo è fuggente, qualsiasi momento di gioia o di piacere può essere fermato, “salvato” – forse veramente vissuto – soltanto in una dimensione: quella, appunto, della memoria.

XX – Se si vive di ricordi e per ricordare, se quella che cerchiamo è un’immagine di noi stessi il più possibile completa e soddisfacente quanto a realizzazioni ed esperienze, che cosa di meglio di quella macchina (prefigurata in un famoso racconto di fantascienza) che – a pagamento – è in grado di instillare nel cervello umano ricordi di viaggi e di imprese straordinarie? L’importante è che siano per noi credibili e incancellabili.

XXI – Un artista che ha a cuore la propria fama dovrebbe lasciare almeno una grande opera incompiuta, onde favorire l’aura di mistero intorno a sé e concedere ai posteri un sentimento in più nei suoi confronti: il rimpianto.

XXII – Morire giovane per un artista potrebbe anche non essere una semplice fatalità, bensì un sagace accorgimento per creare intorno alla propria opera un sentimento di pietà e di interesse: la morte come strategia pubblicitaria.

XXIII – Non confondere l’arte con l’artista (prima regola morale per una buona critica letteraria).

XXIV – Ho un sogno troppo bello. Non sarò così stupido da rovinarlo nel tentativo di trasformarlo in realtà.

XXV – L’artista non ha diritto di distruggere la propria opera. Anche nel momento della massima delusione potrà tenerla per sé, vietarne la diffusione, nasconderla; ma mai distruggerla. Perché nell’atto stesso della sua creazione egli affida al mondo non una parte di sé, ma una parte di mondo, che il mondo un giorno potrà riscoprire, e godere.

XXVI – Un’esperienza indimenticabile è sempre irripetibile; anche quando riuscissimo a ricostruirne tutte le caratteristiche e circostanze non potremmo trarne la stessa soddisfazione, perché in ogni caso non sarebbe più “quella volta là”.

XXVII – Ho composto un sonetto, pensa il poeta; ora so di aver compiuto il mio dovere quotidiano; merito il piatto di minestra che stasera troverò sul mio desco.

 

Autore: Giorgio Gramolini
Messo on line in data: Settembre 2005