RACCONTO: LA VALLE RUBATA di Graziella Caropreso

I passi affondavano nella neve alta, la distesa bianca pareva infinita, il percorso sembrava allungarsi man mano che Maddalena camminava, verso quello che era il suo scopo: arrivare alla vallata denominata valle rubata, toponimo derivante da un avvenimento oscuro verificatosi secoli orsono, ma a tutt’oggi rimasto un vero e proprio mistero, la ragazza doveva trovare un vecchissimo faggio intorno al quale pare fosse sparita nel nulla un’intera borgata, e con essa tutta le gente che la abitava. Arrivare fin là, perché? Questa passione per i misteri la conduceva a girare per il mondo e a trascorrere così tutti i giorni di vacanza disponibili.
Il cielo azzurro sopra di lei e l’aria tutto sommato non proprio gelida la rallegrava, però la stanchezza cominciava a farsi sentire, sperava di non esser ancora troppo lontana dalla sua meta, nel frattempo ammirava il paesaggio candido, solo qualche corvo a farle compagnia e tanto silenzio. Maddalena aveva sempre amato la natura e i suoi misteri ancora non rivelati, le piaceva vivere avventure fantastiche e un po’ magiche incontrandosi con i suoi migliori amici: gli alberi, i fiumi, gli animali selvatici.

Finalmente arrivò ad un ponte, strettissimo, tutto di pietra e si fermò a guardarsi intorno, poggiando le mani sulla spalletta si accorse che c’era un’incisione, vecchia e sgretolata, sembrava raffigurare un uccello e si potevano leggere le parole “da qui”; il resto del disegno e della scritta risultavano purtroppo rovinate e non decifrabili. Non si vedeva ancora neppure una casa, o una qualsiasi costruzione che potesse far pensare a quel luogo come un tempo abitato. Il ponte non collegava niente a niente, lì non c’era nulla. Maddalena si rendeva conto della strana atmosfera in cui era entrata, in cielo non si vedevano più nemmeno svolazzare i corvi, che fino ad un attimo prima le avevano fatto compagnia, era immersa in un totale ed assoluto silenzio. Bellissimo quanto inquietante.
Attraversò il ponte e si accorse di una cosa stranissima: gli alberi erano enormi, altissimi, c’erano cirmoli e cedri che sembravano arrivare al cielo, e la prima casa incontrata era così alta… Finché in pochi attimi realizzò di avere i capelli corti e ricci sulla testa, i suoi lunghi capelli rossi si erano accorciati, come le sue mani, diventate piccine piccine e i piedini di bambina; si specchiò ad una finestra: era tornata bambina, una piccola Maddalena di sì e no sette anni. Però il pensiero era rimasto quello di un’adulta: una situazione paradossale, ma che non la preoccupò più del dovuto.

Si incamminò per la stradina che lasciava intravedere altre case, assolutamente invisibili dall’altro lato del ponte. Le vennero incontro dei bambini e una capretta bianca saltellante, tutti sorridevano e l’accompagnarono nella piazza del paesino, molto piccolo ma grazioso: una fontana rotonda al centro, un edificio che poteva essere una scuola, tutte case in pietra e intorno pascoli fioriti ovunque. Perché lì, in quello strano posto non era neppure inverno, infatti alcuni bambini erano scalzi, mentre lei con gli scarponcini e i vestiti pesanti era tutta sudata. Si alleggerì e chiese ad una bambina dove si trovava, che paese era quello “Fonteluce” fu la risposta e la bimba corse via canterellando qualcosa. Maddalena si ritrovò in mano una bella mela rossa matura, offerta da una signora che andava distribuendo mele a tutti i bambini; cercò di attirare la sua attenzione, la chiamò, le strattonò il vestito ma quella continuava a sorridere e donare i frutti finché entrò in una casa e Maddalena rimase col viso davanti alla porta chiusa.
Nell’aria si sparse un odore di vaniglia, lo seguì a naso fino a giungere ad un banco che vendeva dolciumi, era apparsa all’improvviso tanta gente, tutti che camminavano come fossero a passeggio, chi cantava, chi le sorrideva ma nessuno che le dicesse niente e quando poi lei tentava di fare domande, tutti sparivano in un modo o nell’altro.

L’atmosfera era gradevole ed accogliente ma non riusciva ad interagire più di tanto con gli abitanti di quel festoso paese, che pur sorridendole non rispondevano ai suoi richiami e nessuno si fermava mai, tutti continuavano a camminare ad andare chissà dove. Più lontano sulla via dei pascoli, c’era un grosso mulino davanti al torrente, Maddalena si avvicinò, guardava le grandi pale girare, una bella costruzione antica, avrebbe fatto un figurone ristrutturato ad abitazione, come quelli che si vedono nelle riviste specializzate. Invece qui era perfettamente funzionante ad opera di chissà quale misterioso mugnaio. Bussò alla porta ma nessuno venne ad aprire, dalle finestre aperte si capiva che era abitato ma non c’era nessuno. Un po’ delusa, continuò sempre più accaldata per la strada diventata ormai sentiero, sui pascoli mucche brune coi loro campanacci parevano salutarla per la sua dipartita dal paese. Si voltò un istante ad ammirare ancora quell’immagine idilliaca di serenità tutta particolare e poi via incontro all’ignoto.

Il bosco di conifere piuttosto scuro in cui era entrata le regalò un po’ di frescura, ma dopo una curva un’ampia vallata le se presentò davanti con altri pascoli ma nessuna casa stavolta, solo un lago, perfettamente tondo, da sembrar quasi uno di quei laghi disegnati dai bambini, acque azzurre e calme, Maddalena si avvicinò desiderando rinfrescarsi con quelle acque sicuramente fresche come sono quelle di montagna. Alcune ranocchie le saltellavano sui piedi nudi, Maddalena ne fece salire una su una mano era molto graziosa, verde prato, stava per spiccare un salto e tornarsene giù quando una vocetta rauca le disse “da lì”.
Da lì dove? Da lì cosa? Forse doveva continuare a camminare da lì, cioè percorrere il sentiero che costeggiava il lago: così fece. Proseguì scendendo una scarpata e si trovò in una faggeta, i bellissimi tronchi screziati le ricordarono che doveva cercare proprio un vecchio faggio, il suo entusiasmo salì alle stelle, cominciò la ricerca. Di alberi ce n’erano molti alcuni anche molto grossi e vecchi, ne trovò uno particolarmente imponente con i rami frondosi che parevano braccia protese verso di lei, si sedette ai suoi piedi a riposare e riflettere un po’ sugli strani fatti che le erano accaduti in quella strana giornata tutto sommato piacevole, quando i lunghi capelli si sciolsero dal nastro che li legava, i capelli, era tornati lunghi come li portava ormai da anni e così le mani, il corpo tutto era nuovamente quello di un’adulta, la luce del sole filtrava dai rami del grosso faggio, le formiche seguivano un loro percorso indaffarate, gli uccelli cantavano, le api ronzavano, tutto era perfetto, lei era in pace con tutto ciò che la circondava e soprattutto con se stessa. Capì che quel posto delizioso bisognava gustarlo ed assaporarlo piano, senza fare troppe domande, apprezzarne i doni ricevuti e partecipare alla serenità generale.
Maddalena rimase così ancora del tempo, poi piano si alzò, accarezzò la corteccia del grande saggio albero e riprese la strada di casa. Aveva trovato e capito che la valle non era mai stata rubata, bisognava solo saperla cercare, per questo non la trovava nessuno e decise che sarebbe stato assai meglio che tutto rimanesse proprio così.

 

Autore: Graziella Caropreso
Messo on line in data: Maggio 2008