INANNA: SIGNORA DAL CUORE IMMENSO di Betty De Shong Meador

Inanna. Signora dal cuore immenso di BETTY DE SHONG MEADOR
Edizioni Venexia, Roma, 2009, 250 pagine, illustrazioni B/N, Euro 23,50
www.venexia.it
 


Tra le voci che hanno contribuito alla rinascita della spiritualità al femminile, c’è quella di Betty De Shong Meador, analista junghiana presso il California Institute of Integral Studies e il New College di San Francisco, e il Pacific Graduate Institute di Santa Barbara. Se studiose alla stregua di Marija Gimbutas hanno portato alla luce le tracce, possenti e manifeste, di un culto che non si limitava a venerare divinità maschili ma ruotava attorno alla figura di una sensuale e multi sfaccettata Dea, raffigurata su oggetti e in edifici di cui la storia oggi ci rimanda intriganti resti, c’è chi, come l’autrice di Inanna, Signora dal cuore immenso ha saputo partire da quel mondo sotterraneo, sepolto sotto secoli di storia a impronta patriarcale, e l’ha sondato con lo sguardo di chi cerca gli archetipi di un mondo per nulla separato dal nostro, se non per limiti di tempo.

L’approccio con cui l’autrice ha analizzato gli inni sumeri risalenti al 2300 a.C., infatti, è quello di un’esploratrice attenta alle dinamiche psicologiche e spirituali che hanno animato la figura della sacerdotessa Enheduanna e il suo rapporto magico con la dea della bellezza, del fascino e dell’amore. Inanna, per l’appunto.
Enheduanna visse circa 2000 anni prima di Cristo, era figlia di Sargon il Grande, fondatore della dinastia Akkad, e operò a Ur. Inanna, suo parallelo vivente nonché musa ispiratrice e madre divina, era invece nel mito figlia di An e sorella del Dio Sole e di Ereshkigal, dea dell’oscurità. Enheduanna fu l’autrice degli inni a Inanna letti e interpretati dalla Meador, poemi di una bellezza straordinaria in cui si alternano momenti di alta liricità ad altri profusamente intimistici e “oscuri”. Oscuri poiché non si limitano a lodare gli aspetti luminosi della dea, la sua magnificenza e la sua immensa generosità che la resero protettrice delle messi e garante della fertilità umana e terrestre; ma ne decantano anche la rabbia, il dolore, l’estrema ferocia con cui Inanna si abbatté contro i suoi stessi figli al momento del tradimento ordito dal parte del padre, che si rifiutò di aiutarla a sconfiggere il suo acerrimo nemico, Ebih. Questi era simbolo di una religiosità nuova, altra rispetto a quella da secoli predominante nella Mesopotamia del tempo, voce sonora di un dio che accenna il preludio al futuro crollo della vecchia religione.

Eppure, perfino le parole dure e le emozioni stridenti che confluiscono nell’inno “Signora dal cuore immenso”, se all’inizio disorientano il lettore poiché presentano una dea ben diversa da quella esaltata dalla sua sacerdotessa, crudele fino all’inverosimile e tempestosa, a una lettura più profonda che tenga conto del tempo in cui nacque il poema e del suo vincolo inconfutabile con la luna e i suoi mille volti, seducono e affascinano. Perché se Ebih giunse per portare un cambiamento delle reali leggi di natura, dando forma al mondo paradisiaco dove tutto è perfetto, gli alberi sono sempre in fiore e la pace regna sovrana – e stabilendo così la robusta e netta linea di confine tra il mondo evanescente degli umani e quello superiore e immateriale del divino – Inanna fu invece divinità immanente, mai distante e sempre connessa agli eventi ciclici di nascita e distruzione.

Il libro della Meador illustra quindi con sapiente saggezza gli anelli che concatenano il nostro mondo a quello delle nostre antenate, i cui corpi “si muovevano in sincronia con la luna” e le cui menti accolsero benevolmente gli aspetti chiari e oscuri del proprio sé, anche attraverso il viaggio iniziatico dei quattro sentieri spirituali che la loro dea rese visibili con le sue vicende. Ed è in quelle donne che oggi noi rivediamo noi stesse, per nulla cambiate negli intenti e nello spirito che ci rende guerriere, sacerdotesse, amanti e meravigliosamente androgine. Sempre alla ricerca e alla conquista di uno spazio che sia integrazione e non separazione, immerse nell’oscurità profonda delle nostre ombre e pronte, al riemergere dall’abisso, a donare luce e vita, alla stregua delle nostre madri celesti: Madre Terra, la Luna, la Dea (Recensione di Titti Fumagalli).

 

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