GOEOMETRIA OCCULTA: L’ENIGMA DI MONNA LISA di Gaetano Barbella

Una innovativa geometria composita

Sul web, attraverso il mio sito, Il geometra pensiero in rete, e altri, ho esposto i risultati di studi che riguardano Lo sposalizio della Vergine di Raffaello, La Tempesta di Giorgione, e da poco Il Cenacolo di Leonardo.
Ora mi accingo ad occuparmi della famosa opera di Leonardo, La Gioconda, anche nota come Monna Lisa (nell’immagine a lato), esposta al Museo del Louvre di Parigi. Il metodo da me seguito, per sviluppare questi studi, non è nuovo poiché è lo stesso praticato dai critici d’arte che si avvalgono della geometria composita per entrare “dentro l’opera” di artisti del Rinascimento. Però io fuoriesco dai loro canoni con l’intento di mettere in luce risvolti geometrici che sono difficili da attribuire all’effettiva intenzione degli artisti rinascimentali nell’accingersi ad iniziare l’opera pittorica, non essendoci documentazioni autografe a riguardo.

Quel che si accetta nel mondo accademico delle Belle Arti è che sicuramente gli artisti del Rinascimento utilizzavano schemi geometrici, a volte complessi, per impaginare le loro figure nella composizione generale, ed è altrettanto vero che tali schemi, il più delle volte ricostruibili “a posteriori” (ossia solo sulla base dell’opera e non degli studi autografi), per essere credibili devono intersecarsi con i punti salienti della composizione. Altrimenti, potremmo sovrapporre a questo o quel quadro figure geometriche a iosa o selve di linee il cui percorso finirebbe per essere del tutto arbitrario (2).
Ma la geometria non finisce mai di meravigliare, poiché approfondendo l’indagine conoscitiva correlate alle ricerche geometriche composite, non solo delle suddette opere d’arte rinascimentali da me trattate, ma anche ad altre di diverso genere, portano a supporre cose che forse neanche l’artista ha immaginato di concepire, poiché su di loro converge la tematica in corso. Infatti mi sono occupato di sondare con lo stesso criterio opere d’arte, come l’Arco di Trionfo di Costantino a Roma, e persino l’origine della pianta di Torino disposta dai romani. Dunque, se questo approccio alle opere dell’uomo, non solo artistiche, è sostenibile, nulla vieta di pensare ad un “potenziale” effettivamente disponibile in seno alle stesse opere che al momento opportuno si esplica attraverso un imprevedibile “visitatore” capace, senza che lui se ne renda conto visibilmente, di dinamicizzarlo in toto o in parte per dar luogo a singolari resoconti.

Forse così si può spiegare com’è che io abbia eseguiti i miei accertamenti sulle opere sopra citate, ma con una peculiare differenza per il criterio che ho adottato, rispetto alle interpretazioni canoniche. Parto dal fatto accertato che l’artista, nell’accingersi a sviluppare il tema della geometria composita di un’opera pittorica abbia predisposto un suo personale schema, che poteva essere un rettangolo aureo, un esagramma, un pentagramma o altro che si richiamasse a concetti mistici o esoterici in genere.
A questo punto occorre chiarire in proposito una cosa fondamentale sulla questione che mi sta a cuore, che è innovativa nell’approccio alle opere d’arte in “odore” di esoterismo, poiché nel tempo passato, almeno fino al Rinascimento compreso, pare che non poche opere siano state così impostate dai loro autori. Per casi del genere, per me deve assolutamente sussistere la certezza matematica che gli ipotetici schemi geometrici relativi, congegnati in fase creativa dall’artista, restino comunque in memoria in seno al tema del quadro che poi vi si sovrappone, cancellando ogni cosa. Riferirsi solo alle fattezze del dipinto e alla dimensione della tavola su cui esso è disposto, non consente in modo esatto di far risalire, in via di principio, alla concezione dello schema geometrico suddetto. Per me questo è basilare ed è come il “punto d’appoggio” che chiedeva Archimede col suo detto «Datemi un punto d’appoggio e solleverò il mondo».

Sembrerebbe, a questo punto, che non ci sia verso di concepire un immaginario “algoritmo” adottato da un esperto e geniale pittore, per esempio Leonardo, allo scopo di porre al sicuro un certo suo “real segreto” (poiché l’emblematicità della Gioconda sembra farlo supporre), in modo da lasciarlo ai posteri perché “germogli” come si conviene. E così, al tempo stabilito, un ipotetico “predestinato”, percorrendo a ritroso l’algoritmo disposto da Leonardo, quale “principe” della favola coglie il privilegio di “baciare” la “principessa” dormiente, la Monna Lisa, l’ideale femminino leonardesco, e farla rivivere in lui. Ma questo concetto sarà più chiaro in seguito, allorché accennerò al modo di accettare l’intenzione di Leonardo di considerare un’opera d’arte come una sorta di “narrazione” che si avvale della matematica, che lui suggerisce per l’approccio alle sue opere, e che è questo il vero “Senso delle cose” dell’artista.

Scarica il file in formato .pdf  Gioconda: l’Enigma

Autore: Gaetano Barbella
Messo on line in data: Aprile 2009
Apparato iconografico a cura dell’Autore.