G.I. GURDJIEFF di Artva
Questo pazzo mondo, così frenetico e iperattivo, in cui i ritmi dell’essere umano risultano accelerati e non lasciano quasi più spazio alla riflessione su se stessi, ha forse più che mai bisogno degli insegnamenti di un grande uomo, filosofo e mistico del XX secolo, maestro di armonia ed equilibrio.
Gurdjieff nasce in un giorno e un anno imprecisati a Gyumri, in Armenia, da padre greco e madre armena. È spinto fin da giovane da una curiosità straordinaria verso la vita, dinnanzi alla quale si pone molteplici domande, le cui risposte riecheggeranno poi in tutto il suo pensiero. Questi interrogativi lo conducono sempre allo stesso punto: il desiderio di comprendere meglio l’universo umano e di illuminare l’intricato rapporto tra l’individuo e il suo sé.
Viaggiare, per Gurdjieff, significò valicare i confine del suo paese, attraversare l’Europa e entrare in contatto con popoli stranieri dagli usi e costumi diversi dai suoi. Ma significò anche conoscere le culture, le religioni e i sistemi di pensiero di quella parte di mondo che sentiva essere più fertile da un punto di vista spirituale: l’Oriente. Per questo viaggiò moltissimo in Medio Oriente, in Asia minore, nel Tibet e in Africa. Durante questi viaggi, Gurdjieff studiò scienze sovrannaturali, si accostò al Sufismo e cominciò a tracciare una linea retta che intersecava in un punto strategico le diverse tradizioni culturali con cui veniva in contatto: la Tradizione suprema. Tornato in Russia, colui che oggi è noto come “maestro di danze” diede vita a un gruppo di ricerca, a cui ne seguirono molti altri. Tra i suoi allievi ci fu Ouspensky, giovane studente che in seguito avrebbe riscosso fama per il suo Tertium Organum e che diffuse il pensiero del suo maestro in Occidente. L’Europa divenne così la piattaforma culturale su cui Gurdjieff si mosse organizzando corsi, circondandosi di uomini di cultura legati dal desiderio di sondare il terreno della spiritualità e di rinvenirvi le radici per una trasformazione radicale dell’individuo. Particolarmente cara a Gurdjieff dovette risultare Parigi, dove si stabilì nel 1922 e dove rimase fino al momento della sua dipartita.
Le conoscenze accumulate da quest’uomo durante i suoi viaggi e i suoi studi, e l’innato talento nel riuscire a denudare l’animo umano con le sue debolezze e le sue forze, gli permisero di dare vita a una filosofia di vita complessa, ma coerente nelle sfaccettature che ancor oggi influenzano moltissimi gruppi di ricerca spirituale e di esoteristi. Convinzione di Gurdjieff era che per cambiare il mondo deve cambiare prima l’uomo. E per cambiare, l’uomo, deve prima conoscere se stesso.
Secondo Gurdjieff, la maggior parte degli esseri umani resta legata agli aspetti materiali dell’esistenza. Poi esistono gli individui pronti a giocarsi le comodità e i lussi che questa società consumistica offre pur di illuminare le proprie viscere, affondarvi e comprenderne la luce che vi risiede. Gurdjieff parlava proprio a questo genere di persone, assicurando che chiunque, se animato da un sincero desiderio di conoscere se stesso, può avere l’accesso a un mondo parallelo al nostro, ma altrettanto reale, in cui ritrova le sue origini. La chiave per aprire la porta a questo universo è rintracciabile su molte strade, affermava Gurdjieff: l’uomo ha la libertà di scelta e non importa quale segua; ciò che conta è l’atteggiamento col quale si pone rispetto al cammino che è in procinto di intraprendere. Il risultato sarà sempre lo stesso: l’evoluzione spirituale dell’uomo e il risveglio della sua coscienza.
La coscienza, per Gurdjieff, era qualcosa di estremamente complesso, caratterizzata da un significato molto più ampio di quello che solitamente le diamo. La coscienza di Gurdjieff era consapevolezza di sé, non solo dal punto di vista fisico e/o psichico, ma alla luce di una integrazione e armonizzazione delle energie che caratterizzano l’uomo. Conoscere solo i meccanismi del corpo, o solo quelli della mente, equivaleva per Gurdjieff a non conoscere affatto. L’uomo di Gurjieff era quindi un uomo caratterizzato da quattro stati di coscienza:
– il primo, quello più basso, nel quale solitamente si crogiola l’uomo comune (questo stato equivale a una sorta di letargo, di sonno, condizione di passività in cui l’uomo è solo all’inizio del suo percorso)
– il secondo è lo stato di coscienza in cui versano i grandi scrittori e intellettuali, impegnati a parlare di ciò che Ouspensky definiva “cose sublimi”, senza però agire seriamente sul sé
– il terzo stato è quello in cui l’uomo viene “illuminato”, in cui riesce a vedere le cose per quello che sono e a percepire alcuni frammenti o flash della sua coscienza superiore
– il quarto stato è quello finale, a cui l’uomo giunge dopo un lungo e faticoso percorso di iniziazione ai misteri dell’esistenza e dopo aver tanto agito sulle proprie energie, al fine di reintegrarle
Secondo il pensiero di Gurdjieff l’uomo ha a disposizione principalmente quattro strade per ottenere un risveglio della sua coscienza e trasportarla da uno stato di sonno passivo ad uno di conoscenza obbiettiva delle cose. Solo una, però, è quella che conduce al reale e autentico completamento dell’uomo. Questi quattro sentieri sono i seguenti:
1 – La via del Fachiro, caratterizzata da atroci autolimitazioni e immani sacrifici.
La via del fachiro è quella della lotta con il corpo fisico, è lunga, difficile e incerta. Il fachiro si sforza di sviluppare la volontà fisica, il potere sul corpo. Egli vi riesce attraverso terribili sofferenze, torturando il corpo. Tutta la via del fachiro è fatta di esercizi fisici incredibilmente penosi. Egli sta in piedi, nella medesima posizione, senza un movimento, per ore, giorni, mesi o anni; oppure siede con le braccia tese, su un nudo sasso, al sole, alla pioggia, alla neve; oppure si infligge il supplizio del fuoco o quello del formicaio in cui egli tiene le gambe nude, e così via. Se non cade ammalato o non muore, si sviluppa in lui ciò che può essere chiamato volontà fisica ed egli raggiunge allora la possibilità di formare il quarto corpo. Ma le altre sue funzioni, emozionali e intellettuali, rimangono non sviluppate. Egli ha conquistato la volontà, ma non possiede niente cui applicarla, non può farne uso per acquistare la conoscenza o perfezionare se stesso. In generale, è troppo vecchio per cominciare un lavoro nuovo.
2 – La via del Monaco, che è la via dell’eremitaggio umano, dell’isolamento, del distacco totale dal resto del mondo per perseguire la fede che è destinata, in cambio, a dare il controllo sulle proprie emozioni. Ma anche questa strada era considerata da Gurdjieff ardua e, se non perseguita fino alla fine, incompleta.
È la via della fede, del sentimento religioso e del sacrificio. Un uomo che non abbia fortissime emozioni religiose e una immaginazione religiosa molto intensa non può diventare un monaco nel vero senso della parola. Pure la via del monaco è molto dura e molto lunga. Il monaco passa degli anni, decine di anni a lottare contro se stesso, ma tutto il suo lavoro è concentrato sul secondo corpo, ossia sui sentimenti. Sottomettendo tutte le altre emozioni a una sola emozione, la fede, egli sviluppa in se stesso l’unità, la volontà sulle emozioni. Ma il suo corpo fisico e le sue capacità intellettuali possono restare non sviluppate. Per essere in grado di servirsi di ciò che egli avrà raggiunto, dovrà coltivarsi fisicamente e intellettualmente. Questo non potrà essere condotto a buon fine se non mediante nuovi sacrifici, nuove austerità, nuove rinunce.
3 – La via dello Yogi, che è la via dell’intelletto, della conoscenza totale e totalizzante, dell’incontro con la propria coscienza superiore.
E’ la via della conoscenza, la via dell’intelletto. Lo yogi riesce a sviluppare il suo intelletto, ma il suo corpo e le sue emozioni restano da sviluppare e, come il fachiro ed il monaco, egli è incapace di trarre profitto da ciò che ha realizzato. Egli sa tutto, ma non può fare nulla. Per diventare capace di fare deve conquistare il dominio sul suo corpo e sulle sue emozioni. Per riuscirvi, deve rimettersi al lavoro ed egli non otterrà alcun risultato se non con degli sforzi prolungati. Però in questo caso ha il vantaggio di comprendere la sua posizione, di conoscere ciò che gli manca, ciò che deve fare e la direzione da seguire. Ma, come sulla via del fachiro e del monaco, rarissimi sono coloro che acquistano una tale conoscenza sulla via dello yogi, ossia raggiungono il livello in cui un uomo può sapere dove va. La maggior parte si arrestano ad un certo grado e non vanno oltre.
4 – La via dell’Uomo astuto, quella considerata da Gurdjieff più accessibile e “facile” per l’uomo moderno, non sempre –anzi, quasi mai – pronto a fare rinunce tanto grandi e importanti come quelle indicate dalle seppur importantissime tre strade precedenti. Questo quarto sentiero è quello che coinvolge ogni parte fisica, emozionale, psichica e spirituale dell’uomo, evitandogli di staccarsi dal mondo per risvegliare la propria coscienza e, anzi, permettendogli di operare su se stesso senza abbandonare famiglia, casa o lavoro.
Il metodo della quarta via è il seguente: mentre si lavora sul corpo fisico, bisogna lavorare simultaneamente sul pensiero e sulle emozioni; lavorando sul pensiero, bisogna lavorare sul corpo fisico e sulle emozioni; mentre si lavora sulle emozioni, occorre lavorare sul pensiero e sul corpo fisico. Ciò che permette di riuscire è la possibilità, nella quarta via, di fare uso di un sapere particolare, inaccessibile nelle vie del fachiro, del monaco e dello yogi. Questo sapere rende possibile un lavoro simultaneo nelle tre direzioni. Tutta una serie di esercizi paralleli sui tre piani: fisico, mentale ed emozionale, servono a questo scopo.
Inoltre, nella quarta via è possibile individualizzare il lavoro di ciascuno; vale a dire, ogni persona deve fare solo ciò che gli è necessario e nulla che sia inutile per lui. Infatti, la quarta via fa a meno di tutto il superfluo che si è mantenuto per tradizione nelle altre vie.
La ormai nota “Quarta via” di Gurdjieff, quindi, consisteva nel servirsi del mondo per risvegliare la coscienza umana. Restando nel mondo, l’uomo di Gurdjieff non poteva non tener conto del proprio corpo come strumento per risvegliare la propria parte più elevata. Per questo Gurdjieff, al ritorno dai suoi tanti viaggi, mise assieme una serie di danze appartenenti alle diverse relgioni e/o culture che aveva studiato (sufi, tribali, tibetane) e ne aggiunse altre di sua creazione, finalizzate al risveglio del corpo, in concomitanza col risveglio della mente e delle emozioni. L’obbiettivo di queste danze, che ancor oggi vengono praticate da specifiche scuole che si rifanno agli insegnamenti di Gurdjieff, è quindi quello di armonizzare e riequilibrare, attraverso l’utilizzo di movimenti semplici e assolutamente naturali, le diverse parti costituenti l’essere umano, e di aprire la sua coscienza alla consapevolezza di un mondo superiore, in cui pulsa l’energia divina e universale.
Autore: Artva
Messo on line in data: Febbraio 2007
Nota
Vi consiglio due libri, entrambi editi da Venexia (www.venexia.it) per aiutarvi a comprendere le tematiche e i concetti cari a Gurdjieff:
G.I. Gurdjieff: danze sacre per il benessere di Giampiero Cara e Sex. Sesso e sviluppo spirituale di J.G. Bennet, uno dei suoi migliori e più cari allievi (di cui potete leggere qui la recensione).