NUOVE POESIE di Giovanni Corbetta

ANGELO RIBELLE

Nel centro della carne
è il mistero del dolore,
come labbra lacerate
che sbavano sui denti
e l’agonia dell’anima
con un rombo come tuono
percuote terra e cielo
e frantuma il mondo.
E l’angelo ribelle
dalle ali di rubino
seduto sopra un masso
manipola la storia,
e la irride di illusioni
e miraggi polverosi,
lui sa che il paradiso
è una trappola fatale
e sfolgora la frusta
tracciando geografie
di sangue e di sudore
sulle membra esauste,
e gemiti imploranti
squassano il silenzio,
la voce si fa rantolo
e infine regna il buio.

  Ma l’angelo ribelle
osserva senza lacrime
l’arsura della pelle
e l’agonia sublime,
e spalanca il cuore suo
alle onde del dolore,
non c’è nessun riscatto
né resurrezione alcuna.

Nell’incontro con la morte
l’angelo ribelle
si sbarazza noncurante
della sua divinità,
e accogliendo il suo destino
con un sorriso triste
contempla senza un tremito
l’immensità del caos.

  nel gorgo dell’origine
l’informe caso regna,
che cieco e indifferente
ride dorme e gioca
e le ossa delle vittime
nella macina dei secoli
sono polvere finissima
dispersa dentro il vuoto
e dunque così sia per l’odiosa eternità.

LABIRINTI

Dentro il labirinto
la luce abbraccia l’ombra,
il tempo si ripiega
in mille piccole spirali,
un gatto annusa l’aria
e si lecca poi una zampa,
dentro il labirinto
niente è ciò che sembra.

Ambigua è la sostanza
evanescente dei ricordi,
la vita nella morte
e la morte nella vita,
chi pensa lineare
ha già perso la strada,
non esiste verità
che dentro un girotondo.

Dentro il labirinto
regna la penombra,
la luna che sorniona
è custode delle chiavi,
i preti sono morti
accecati dalla luce
e la divinità
è il più grande dei veleni.

Giacciono storditi
al suolo anche i guerrieri,
e la spada non può sciogliere
il nodo dei rimpianti,
senza più la loro meta
smarriti i viaggiatori
si aggirano in un moto
perpetuo e circolare.

Dentro il labirinto
festeggiano i poeti,
brindano i veggenti
e innalzano la coppa,
un gatto si riposa
sdraiato su una nube,
dentro il labirinto
il riso incontra il pianto.

Nota: In questa poesia ci sono dei riferimenti al gruppo rock dei CSI, e a chi scrive dispiace
che G. Lindo Ferretti abbia partecipato a un raduno legato alle posizioni di Giuliano Ferrara sull’aborto.
Ma ognuno pensa quel che è divenuto…

DOPO DI NOI EREDITERANNO LA TERRA I GATTI

  Nell’infinita tenebra
di un sole decaduto
la fata delle ombre
si abbraccia ad un suo gatto,
nei giardini spopolati
orfani di voci
solo i rami tremano
per il gelo e il vento
e la storia penzola
appesa alla sua forca,
nessun umano passo
che più scuote la terra.

Dalle statue erose
sgocciolano lacrime
che sono la rugiada
di un eterno inverno
e sparuti spettri
vagano nei vicoli,
nelle strade le macerie
sono cumuli di ghiaccio
né risuonano più urla
a graffiare il cielo
e un sorriso amaro
è compagno del silenzio.

E quanti sacrifici
hanno riempito i secoli
nell’illusione stanca
di un fatuo paradiso,
la radice del potere
s’è nutrita del Calvario
e nel sangue s’è specchiata
la vertigine dell’anima,
nel sepolcro dell’umano
ora regna solo il vuoto
e la fata delle ombre
sta abbracciata ad un suo gatto.

DANZA MACABRA

Cammini su sentieri
fradici di pioggia
tra mille foglie morte
dove voce più non suona,

avvolto nel silenzio,
nella polvere del tempo
cammini con lo sguardo
che trapassa i secoli,

ed io dietro di te
sono la tua ombra,
sono il tuo mantello,
l’eco del tuo passo,

io prendo per mano
la morte universale,
balliamo danze antiche
con un sorriso stanco,

cammini sopra i cocci
di tegole spezzate
di cascine antiche,
rovine senza storia,

cammini sulle orme
di pastori e contadini
tracciate nel dolore,
smarrite nei ricordi,

e io sono il camminante
nell’agonia del mondo
che mendica lacrime
mentre brucia il cielo,

e io sono il solitario
che fronteggia il precipizio,
non c’è più pensiero
mentre regna il nulla.

Nota: Se interessati, leggere il volume appena uscito per Einaudi Il mondo dopo di noi,
che chiarisce riguardo alla fine del mondo degli uomini. Non so se sia auspicabile, probabilmente inevitabile.

RINASCERE

Nera striscia la terra,
verde scivola l’acqua,
nel tramonto di fuoco
azzurro il cielo che danza,
e tu, sacro cantore,
innalza la tua voce
che scuote i lembi arcani
dei veli tra i tre mondi
e schiude vuoti spazi
dove l’anima sospira,
gli orizzonti senza tempo
dove ebbro il cuore cavalca.
Nel cielo bianco cigno
solleva le tue ali
come lucenti remi
nella gloria del mattino,
nel bosco orso massiccio
rotola sul muschio
e prova la tua forza
contro i nodosi tronchi,
e tu, veloce gatto
che scruti tra le ombre
le emozioni più segrete,
salta dunque nel mio grembo.
Già tre volte sono morto
quattro volte poi rinato,
nelle zolle pregne d’acqua,
nei germogli sopra i rami,
nel legno delle querce
e nel fremito dell’aria,
ho nuotato col salmone,
ho strisciato con la serpe,
poi si perdono i miei occhi
nell’oscuro labirinto
dove i morti ci riabbracciano
e il silenzio ovunque regna.
Ho invocato la mia sorte
e il favore della Dea,
nel tuo sguardo, mia signora,
ho indagato il mio destino
e sul tuo letto nuziale
ho deposto lancia e spada,
dentro al nodo del tuo abbraccio
il mio cuore può esultare,
nel mistero dell’anello
celebriamo questa unione
e cercando le tue labbra
ho trovato la mia pace.

 

Autore: Giovanni Corbetta
Messo on line in data: Maggio 2008