PERSEO E MEDUSA di Gaetano Dini

Mitologia dei Greci: Perseo e Medusa

Questi gli attori sulla ribalta: le tre Gorgoni; sono Steno, simboleggiante la perversione morale, Euriale simboleggiante quella sessuale, e Medusa quella intellettuale.
Medusa era l’unica mortale delle tre Gorgoni e anche la loro regina.
Per volere di Persefone, era custode degli Inferi. Persefone era infatti regina e consorte di Ade, re degli Inferi.
Per sei mesi all’anno (autunno e inverno) viveva con il consorte nel tenebroso Erebo, per gli altri sei mesi (primavera ed estate) raggiungeva la madre Demetra sulla terra dove insieme a lei faceva rifiorire la natura. Persefone è simbolo quindi del ciclo delle stagioni.

Le Gorgoni erano mostri con le ali d’oro, mani con artigli di bronzo, zanne di cinghiale, serpenti vivi al posto dei capelli. Chiunque le guardasse rimaneva pietrificato.
Erano figlie di Forco e Ceto, due divinità primordiali rappresentanti i pericoli nascosti nelle profondità marine.
Le tre Graie, anch’esse figlie di Forco e Ceto e quindi loro sorelle, custodivano l’accesso al luogo dove vivevano le Gorgoni. Le Graie simboleggiavano i vari momenti della vecchiaia: in greco il loro nome significava infatti “le Grigie”.

Perseo era un eroe umano e anche un semidio, se si accetta la paternità di Zeus che sedussesua madre Danae, figlia del re di Argo Acrisio e di Euridice, a sua volta figlia di Lacedemone, leggendario fondatore di Sparta. Una Danae sì umana, ma dagli ascendenti illustri.
Il re Acrisio, spaventato da una profezia che lo voleva vittima del nipote, rinchiuse Danae in una prigione sotterranea; ma Giove fece sua la fanciulla, penetrando nella prigione come pioggia d’oro.
Quando Acrisio scoprì che Danae aveva avuto un figlio da Zeus (o dall’umano Preto, dice una versione minore del mito), mise Danae e Perseo dentro una cassa di legno in una nave lasciata poi alla deriva. La nave si arenò nell’isola di Serifo di cui era re Polidette. 

Perseo crebbe nella sua reggia come giovane robusto e versatile.
Danae divenne sempre più bella e desiderabile, così Polidette se ne invaghì volendola come sposa. Ma a Danae importava solo di suo figlio. Polidette architettò allora un piano per eliminare Perseo.
Fece credere a tutti di volersi sposare con la giovane e bella Ippodamia e chiese agli amici della sua corte, tra cui Perseo, un cavallo come dono di nozze. Perseo non ne possedeva uno, così disse al re che gli avrebbe fatto il regalo che più lui gradiva. Allora il re disse con astuzia che voleva la testa della gorgone Medusa, reputando impossibile e mortale l’impresa.
Perseo si era ormai sbilanciato e non poteva rifiutarsi.

Nell’immagine a lato,
“testa della Medusa” di Arnold Böcklin (1827-1901)


Il giovane, su consiglio divino di Atena, agì con metodo. Per l’impresa necessitava di “sandali alati” per raggiungere volando l’antro della Medusa, “l’elmo di Ade” che rendeva invisibili e “una sacca magica” adatta a riporvi in sicurezza la testa della Gorgone.
L’eroe si procurò a forza questi magici oggetti dalle Graie. Atena gli fornì uno scudo lucido come uno specchio con cui poter guardare Medusa, ma non direttamente. Ermes, altro suo dio protettore, gli regalò per l’impresa un affilatissimo falcetto di diamante con cui decapitare Medusa.
Perseo volò quindi a Nord, nel paese degli Iperborei. Entrò in una foresta composta non da alberi ma da statue di uomini e donne pietrificati dallo sguardo di Medusa. Calcando l’elmo di Ade era reso invisibile e camminava all’indietro guardando nello scudo, evitando così lo sguardo diretto della Gorgone. Medusa in quel momento dormiva con il solo sibilare dei serpenti che formavano la sua capigliatura. Allora la decapitò rapido col falcetto. Dal collo decapitato uscirono subito Pegaso, cavallo alato, e il gigante Crisaore.

Egli raccolse anche il sangue di lei. Quello colato dalla vena sinistra era un veleno mortale, quello dalla vena destra un rimedio capace di resuscitare i morti. Poi Perseo, terminata l’impresa, si levò in volo coi sandali alati per allontanarsi prima possibile dal quel luogo sinistro.
Pegaso, scaturito dal collo reciso di Medusa, divenne cavallo alato degli dei, utilizzato da Zeus per trasportare le sue folgori. Venne successivamente addomesticato da Bellerofonte grazie alle briglie avute in dono da Atena. Bellerofonte era a seconda del mito figlio del mortale Glauco o di Poseidone e di Eurimade principessa della città attica di Megara.  Cavalcando Pegaso uccide la Chimera, mostro che sputa fuoco dalle fauci. Bellerofonte fattosi orgoglioso per il successo, cavalcò Pegaso per raggiungere l’Olimpo sede degli dei. Gli dei infastiditi dalla sua vanità mandarono un tafano a pungere Pegaso che imbizzarritosi disarcionò Bellerofonte il quale sopravvisse alla caduta ma rimase infermo e solo fino alla morte. Pegaso invece tornò volando all’Olimpo a disposizione degli dei.


Nell’immagine a lato,
“Perseo a cavallo di Pegaso” di Sir Frederic Leighton (1830-1896)

Crisaore, uscito fuori anche lui come Pegaso dal collo della Medusa, era un gigante buono armato di una spada d’oro. Uccise numerosi uomini malvagi conducendo una vita ineccepibile. Poseidone, suo protettore, ne andava fiero.
Atena, figlia prediletta di Zeus e protettrice di Perseo, era dea della sapienza, delle arti umane e della guerra. Nacque già adulta dal polpaccio o dalla testa del padre dopo che lui ne aveva mangiato la di lei madre, Teti, oceaninina figlia dei titani Oceano e Teti. Ermes, altro protettore di Perseo, era dio dei commercianti e dei ladri ed era il messaggero alato degli dei.

Perseo, di ritorno dall’incontro con la Medusa, vide una fanciulla, Andromeda, incatenata a uno scoglio, offerta a un mostro marino che devastava le coste. Egli affrontò il mostro, lo uccise, liberò la fanciulla e poi la sposò.
Andromeda era figlia di Cèfeo, re d’Etiopia, e della ninfa Cassiopea, figlia di Eolo, dio dei venti.
Da Andromeda Perseo ebbe cinque figli: alcuni rimasero in Etiopia col nonno, mentre due seguirono il padre in Grecia.
Elettrione ebbe una figlia, Alcmena, che diventò madre di Ercole.

Nell’immagine a lato,
“Perseo libera Andromeda e uccide il mostro” di Sir Frederic Leighton (1830-1896)

Interpretazione allegorica del mito

Terminato il racconto mitologico si passa ora alla sua interpretazione allegorica.
Avere costretto le Graie, simboleggianti la vecchiaia umana, a dargli i propri doni magici, significa che l’uomo rappresentato allegoricamente da Perseo ha superato lo stadio della normale saggezza umana profana, quella data da una buona condotta di vita. Perseo e il tipo d’uomo che rappresenta è chiamato a dare di più, a incamminarsi lungo il percorso iniziatico offerto dalle religione misteriche greche fino al loro percorso finale, alla meta vittoriosa.
A noi piace pensare che il falcetto donato da Ermes a Perseo era dello stesso tipo di quello dato in seguito dal dio a Ulisse per tagliare e poi mangiare l’erba Moly, pianta magica fungente da antidoto, grazie alla quale Ulisse riuscì a vincere gli incantesimi di Circe, non subendo così la metamorfosi in maiale, sorte invece subita dai suoi compagni. Una così ardua impresa non si poteva svolgere che in Iperborea, terra degli Iperborei. 

Gli Iperborei erano un popolo mitico abitante l’estremo settentrione conosciuto. Vivevano in Iperborea, terra spiritualmente privilegiata, protetti e ispirati da Apollo, dio del sole, delle arti musicali e poetiche e della profezia. La nobiltà dell’impresa di Perseo necessitava infatti un ambiente nobile dove svolgersi.
Con il successo della sua impresa, Perseo libera da Medusa forze positive, Pegaso cavallo alato degli dei e Crisaore gigante buono. I due tipi di sangue calati dalle vene della Gorgone, uno un veleno mortale, l’altro un rimedio vitale, simboleggiano i rischi insiti nel cammino iniziatico, che se mal percorso porta alla morte dell’anima, se ben percorso porta invece a conquistare dimensioni interiori super-umane.

La trama del mito di Perseo e Medusa è quindi una sorta di rito iniziatico a carattere salvifico, proprio questo delle religioni misteriche greche. Il percorso che è proprio all’eroe è lo stesso delle religioni misteriche, percorso teso alla liberazione interiore dell’adepto dai vincoli dell’esistenza, pervenendo così alla visione del divino con il superamento dello stato umano e delle sue limitazioni.
Come nel ciclo agricolo delle stagioni si ha il passaggio figurato tra vita/morte/rinascita, così anche nei culti misterici vengono compiuti spiritualmente questi passaggi, raggiungendo l’iniziato al termine glorioso del suo cammino la vera dimensione soteriologica ed escatologica dell’uomo.

Autore: Gaetano Dini
Messo on line in data: Luglio 2020