POLIFEMO di Vito Foschi

Uno degli episodi più noti dell’Odissea è quello dell’accecamento di Polifemo da parte di Ulisse. Da un lato abbiamo il gigante dotato di un solo occhio e dall’altra Ulisse, un semplice uomo, quindi piccolo rispetto al gigante, ma furbo e dotato di due occhi. Particolari che meritano attenzione.
Perché Polifemo ha un solo occhio? Polifemo è un pastore, vive in una grotta, è dominato dagli istinti, si può dire che è governato più dalla pancia che dal cervello ed è anche un po’ ingenuo, perché si fa ingannare del semplice stratagemma di Ulisse che dice di chiamarsi Nessuno. Ulisse è totalmente il contrario: non dominato dagli istinti, anzi ha il totale controllo di sé.

Innanzitutto una nota antropologica. Polifemo è il pastore, Ulisse il contadino, siamo in presenza di due stadi di civiltà successivi, primitivo il pastore, avanzato l’agricoltore che conosce anche come preparare il vino che serve per ubriacare il gigante e farlo addormentare per accecarlo. Il vino è testimonianza di una civiltà piuttosto avanzata. Il gigante non conosce il vino e si nutre dei prodotti della pastorizia.
Ma torniamo alla nostra analisi simbolica. Il gigante sappiamo rappresentare il dominio degli istinti, della forza bruta e sconfiggere il gigante significa sconfiggere gli istinti che annebbiano la vista ed avere il totale dominio di sé per procedere verso l’elevazione spirituale. Gli istinti annebbiano la vista? Ci fanno perdere il controllo? Siamo come Polifemo ubriaco?

Nell’immagine sopra, Polifemo di Jacob Jordaens (1593-1678)

Non a caso ho usato le parole annebbiare le vista. Nel linguaggio comune si dice così, quando in preda all’ira perdiamo il controllo e “non vediamo più” e non capiamo più nulla. E Polifemo non ha un solo un occhio? Il gigante è un essere primitivo dominato dagli istinti ed è come se non vedesse ed è dotato di un solo occhio a simboleggiare proprio questo, ma non solo. I due occhi hanno la funzione di dare una visione tridimensionale di ciò che ci circonda e di dare il senso della profondità. Polifemo non ha questo. Per lui è tutto piatto, non vede oltre le apparenze non è in grado di vedere l’inganno di Ulisse. Potremmo pensare ad un caso ma non credo sia così. Il piccolo Ulisse ha due occhi e vede in maniera tridimensionale ed in profondità, scruta nel semplice animo del gigante e ne ha facilmente gioco. Il gigante è alto, potrebbe vedere più lontano, ma il fatto di avere un solo occhio ne vanifica questo vantaggio: è condannato ad una visione piatta. Consideriamo che la vista è uno degli organi più importanti, quasi determinante e che avere un occhio solo è quasi come avere dimezzata la possibilità di capire ed infatti Polifemo non capisce l’inganno.

Ritorniamo a parlare di visione tridimensionale, in cui la terza dimensione della profondità potrebbe essere intesa in senso allegorico come dimensione che ci permette di capire le cose in profondità, di penetrare la superficie, di capire l’oltre o in altri termini potrebbe essere considerata come la dimensione della vista che ci permette di penetrare il velo dell’ignoranza e capire la Verità, ovvero di superare il piatto della terra per elevarci alla profondità dei cieli. Polifemo ha un solo occhio non può penetrare il velo dell’ignoranza ed innalzarsi, nonostante la sua mole, al cielo. È costretto alla piattezza della terra, al buio della grotta in cui vive, non vedrà mai la Vera Luce. Citiamo la tradizione indiana del terzo occhio che è aperto simbolicamente sulla fronte quasi a voler collegare la mente con la divinità che mostra ancor più chiaramente la natura di Polifemo. Infine ricordiamo che i Titani, giganti come i ciclopi, sono scacciati dall’Olimpo da Giove e confinati nel Tartaro, regno delle tenebre. Al contrario, Ulisse è si debole, ma ha occhi per vedere ed orecchie per intendere, riecheggiando il Vangelo.

Autore: Vito Foschi
Messo on line in data: Marzo 2008