SAPTA BINDU di Amadio Bianchi

Sapta Bindu e le sette aree del cervello

La coscienza, secondo un’interpretazione indiana, sarebbe una qualità della manifestazione. Il cervello dell’uomo, invece, sarebbe lo strumento capace di adattare questa qualità alla condizione umana, rispondendo unicamente alle necessità della sua natura. Tale strumento, attraverso le sue sette funzioni dislocate in altrettante aree, permetterebbe all’uomo di sperimentare e beneficiare di sette specie di coscienza.

Potremmo paragonare tale fenomeno a quello della luce solare che, come tutti sanno, scomposta attraverso un prisma, produce uno spettro nel quale si distinguono sette gruppi di colore con una lunghezza d’onda sempre più piccola che va dal rosso al violetto: rosso, arancio, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto. La luce solare rappresenta la coscienza universale, il prisma il cervello ed i sette fasci colorati le tipiche qualità di coscienza fruibili dall’uomo.
Le sette qualità, come già detto, risulterebbero dislocate in altrettante aree e ognuna presenterebbe un apice nel punto detto Bindu, la cui conoscenza, permetterebbe, ad un operatore, di stimolare la funzione relativa all’area.

Ecco cosa sono i Sapta Bindu, conosciuti da alcuni terapeuti indiani. Proviamo a descriverli.
Il primo, posto al centro delle sopracciglia sarebbe il fulcro della zona cosiddetta discriminativa del cervello. Le nostre scelte, le faremmo tramite quest’area, ed un suo buon funzionamento consentirebbe di essere lucidi, sottraendoci alla sofferenza causata dal fumo del dubbio. Saper scegliere bene, imparare a distinguere il bene dal male, è, ad esempio, ritenuto così importante per un indù, da ricordarlo in continuazione a se stesso con un vistoso segno, posto, come tutti sanno, al centro delle sopracciglia. Stimolare tale punto si ritiene possa risvegliare volontà, determinazione e soprattutto chiara visione. Alcuni Maestri indiani affermano, tuttavia, che un iper-funzionamento dell’area cerebrale in oggetto, potrebbe rendere inclini alla prevaricazione, alla sete di potere e, in generale ad una tendenza alla sopraffazione.

Il secondo, situato alla sommità della fronte, più o meno all’attaccatura dei capelli, sarebbe invece il perno della zona cerebrale che consentirebbe l’esperienza di coscienza del presente e del divenire. Qualcuno l’ha paragonata ad un radar che capta le informazioni provenienti dal cosmo. Una sovra–eccitazione di tale area, porterebbe portare a capacità precognitive ma provocherebbe confusione emotiva e di conseguenza decisionale. Tutti coloro che per esercizio o per natura presentano queste facoltà sono difatti assai disturbati sia sul piano fisico, sia mentale e quindi da ritenersi, sempre secondo l’interpretazione indiana, non in equilibrio.

Il terzo bindu posizionato al centro del capo, più o meno dove sta la ghiandola pineale, sarebbe vertice della visione interiore, della coscienza “dell’io sono”. Nel caso di “sovraeccitazione” dell’area di cui è fulcro, avvertono sempre i conoscitori indiani, si paleserebbero talune allucinazioni, in particolare quelle mistiche, come le esperienze di visioni in cui sono incappati alcuni meditanti.

Il quarto bindu si trova nella parte posteriore della testa, dove il capo appoggia quando si è sdraiati sul pavimento senza cuscino, tendendo ad avvicinare il mento allo sterno. Esso potrebbe essere considerato il cardine del subconscio oltre che dell’area destinata al controllo delle funzioni respiratorie. Qui avrebbero sede le immagini legate alla memoria individuale dell’esistenza presente. Parrebbe ovvio dedurre che l’iperfunzionamento di questa zona, porterebbe ad un incontrollata emersione dei famosi samskara o impressioni legate all’esperienza del vissuto attraversi i sensi. Un cortocircuito, invece, annullerebbe completamente la memoria individuale causando anche totale amnesia persino nei confronti del proprio nome.

Il quinto bindu collocato sette, otto centimetri al di sopra del quarto, per intenderci, dove i preti si facevano la chierica o dove talune sette che scelgono di radersi completamente il capo, lasciano un’unica ciocca di capelli, potrebbe essere ritenuto il massimo punto del cervello destinato all’esperienza di coscienza e di memoria collettiva, come, ad esempio, la memoria genetica e di razza. Da qui potrebbe derivare la percezione di ciò che è sempre stato, di ciò che è e di ciò che sarà, a differenza del secondo bindu legato più alle percezioni cosmiche soggettive. In caso di eccessiva sensibilità in alcuni soggetti, si scatenerebbero fobie come la paura dei topi, dei ragni, dei serpenti, oggi apparentemente ingiustificabili date le attuali esigue proporzioni fisiche di questi animali sul nostro pianeta. Ciò risulterebbe dalla memoria di dissomiglianti situazioni vissute e sottilmente trasmesse a noi dai nostri avi. I topi, per fare un esempio, si sono resi responsabili di aver diffuso terribili pestilenze.

Il sesto bindu posto alla sommità del capo è fulcro dell’area cerebrale che ci consente le più alte esperienze intuitive. Esso è, per questa cultura, il Brahma-Randhra “la porta di Brahma” in quanto da qui si potrebbe accedere all’esperienza sovraordinaria. In quest’area viene collocato e rappresentato il settimo Chakra che sovrasta l’attività fisica ordinaria, per alcuni già al di là degli elementi fisico corporei. Questo dunque sarebbe il luogo di partenza per la realizzazione spirituale, la liberazione dal Samsara (ciclo delle esistenze), e l’esperienza di coscienza della non dualità.

Il settimo e ultimo bindu si troverebbe addirittura fuori dal corpo. Dieci, dodici centimetri al di sopra della sommità del capo, nell’involucro energetico (kosa) costituito dal prana. Tale involucro, realtà ancora assolutamente materiale anche se estremamente sottile, viene collocato nell’interpretazione indiana tutt’intorno al corpo. Quando, per un insieme di coincidenze, ci si trova a vivere un’esperienza di coscienza collegata a tale punto la sensazione è di trovarsi fuori dal corpo. Accade qualche volta in meditazione o in stati di coscienza particolari, anche di origine traumatica come un incidente stradale, nella quale una coscienza ordinaria più legata all’attività sensoriale viene meno.

In conclusione: la precisa conoscenza di tali punti permette ad un terapeuta di intervenire manualmente sui cinque trattabili con le mani per sollecitare la regolare funzione delle aree cerebrali, ridonando al soggetto salute, coscienza e corretta conoscenza.

 

Autore: Amadio Bianchi
Messo on line in data: Maggio 2003