IL SIMBOLO DEL TRISKELE di Andrea Romanazzi
La Sacra Unione Divina
Il simbolo del Triskele è forse uno dei più diffusi e conosciuti nel mondo pagano e celtico. Il termine deriverebbe da tri, ovvero “tre” e skelos, cioè “gambe”, descrizione perfetta della sua triplice forma.
Quali sono però le ataviche origini e i misteri che avvolgono tale simbolo? C’è una relazione tra questo segno, associato alla cultura nordica e le antiche religioni legate alla grande madre diffuse nel bacino del Mediterraneo? Esiste davvero una connessione tra i lontani siti dell’Isola di Man in Gran Bretagna e la Sicilia?
Da sempre l’immagine della Grande Dea è associata al culto acquatico, raffigurato, negli antichi e sacri antri, espressione ctonia dello stesso ventre gravido della Dea, con disegni geometrici caratterizzati da “motivi a rete”, di “linee parallele” o “Zig-Zag”. Questi segni, presenti già nel Neolitico su molte raffigurazioni e incisioni rupestri, rappresenterebbero i rivoli d’acqua e la pioggia che rende fertile e gravida la dea secondo l’idea di una magia definita Simpatica o Imitativa, basata sul concetto che simile produce simile. L’antico tende a rappresentare nei luoghi sacri al culto delle acque, l’immagine dello stesso liquido per propiziare la sua presenza: quanto più sarà presente in loco, tanto più la dea sarà “gravida”.
Inoltre l’uomo, nelle vesti di grande osservatore, viene anche colpito dal moto vorticoso del liquido e dall’espressione della forza che esso nasconde, ecco così che la linea diviene prima cerchio e poi spirale, rappresentazione del moto dell’acqua, sia che esso scorra vivido e vitale, sia anche nelle sacre coppelle ove si accumula e nelle quali compie il suo vorticoso moto. Esso è il movimento del mistico serpente, simbolo della dea-ofide che conserva nelle sue spire il potere della vita e della morte.
A sinistra, figura 1
Ecco così che tale simbolo veniva raffigurato su tumuli funerari o comunque in siti di sepolture perché, come molti altri legati all’antico culto della Dea, era espressione della rinascita e della vita. Con questa accezione protettiva, il simbolo lo ritroviamo nella cultura Micenea, sulle monete della Licia, in molte steli del nord Africa ove forti erano state le influenze fenicie, ed in Anatolia da dove, attraverso i Galli che da tali regioni invasero e si stabilirono Galizia, arrivò nel monde celtico.
Si tratta dunque sicuramente di un antico simbolo religioso orientale, per alcuni di origine fenicia, ove era associato a Baal, Tale ipotesi si fonda su un ritrovamento effettuato in Tunisia, a Beja, l’antica Veda, di un cippo ove il triscele è proprio posto sopra il toro sacro di Baal (figure 1-2).
A destra, figura 2
Questa curiosa rappresentazione sembrerebbe, per un attimo, contraddire quanto sin ora detto sul suo legame con la dea. In realtà sarà un’ulteriore conferma del mistico suo significato. Successivamente ritroviamo il Triskele in Sicilia, ovviamente ereditato dalla cultura greca. Per Plinio l’isola venne associata a tale simbologia a causa della sua forma geografica triangolare, per cui detta anche Trinaclia.
Una particolarità del Triskele siciliano, che avvalora il suo legame con la dea è la presenza, al centro dello stesso, del volto di Medusa (fig. 3). Ella è la bellissima e mortale Gorgone, figlia di Forco e di Ceto, che aveva il potere di trasformare in pietra gli uomini che guardavano il suo viso. Appare in questa narrazione mitologica un riferimento al culto del betile, al litico priapo maschile, cui il simbolo verrà successivamente connesso.
A sinistra, figura 3
L’immagine della Medusa, nella simbologia sicula, è un riferimento alla protezione dell’isola da parte di Atena, ma anche qui i significanti sono molto più antichi e oscuri.Infatti l’antico Androgino, unione della Dea e del Dio, era spesso raffigurato sotto forma di serpente, l’animale del mutamento che, con il suo cambiar forma e i suoi letarghi, è simbolo del continuo ciclo di morte e rinascita.
L’animale è anche legato da una parte al simbolismo fallico maschile, e dall’altra al potere mestruale della donna e tracce di questo connubio, che farebbe del rettile ancor più espressione totemica della Dea Bianca, sono presenti nel folklore popolare mediterraneo ed europeo. Così, ad esempio, si credeva che il morso di una serpe fosse responsabile della prima mestruazione, o che le donne “nel ciclo” fossero particolarmente capaci di attrarre i serpenti e dunque non potevano andare nei campi, o ancora che in questi momenti dovessero stare attente a non esser ingravidate dall’animale.
A destra, figura 4
Tra il 6500 e il 5500 a.C. molteplici sono le raffigurazioni di teste di serpi sono riprodotte sulle terracotte di tutta Europa e primigenie raffigurazioni di proto meduse zoomorfe le troviamo ancora ad esempio nella famosa grotta di Porto Badisco (fig. 4). Tra i fenici particolare importanza aveva la dea Gula, ed ancora l’antica incantatrix, la troviamo nel mondo celtico ove la tradizione vuole che il 13 Febbraio, la dea Brighit, sotto le sembianze di ofide, uscisse dal suo antro per controllare il tempo.
Sono gli antichi ricordi di un culto lunare ed ofidico di cui si sono per le tracce. Se però da quanto sin ora detto il Triskele è simbolo femminile, per altre culture esso è spesso associato al potere rigenerante del Dio maschile, e dunque un simbolo solare. Abbiamo fin ora parlato della forma a spirale del simbolo, altrettanto importante è però il numero dei sui bracci: 3.
Infatti il Triskelion è appunto non una semplice spirale, ma l’unione di tre di esse intrecciate, in alcuni casi che divengono tre gambe umane. Infatti il numero 3 rappresenta l’unione prolifica dell’elemento femminile, con quello maschile, è il numero della generazione, l’antico Khem egizio, materializzazione delle trascendenze divine, primo stadio della creazione.
Ecco che il simbolo inizia a dipanare il suo atavico significato. Alla dea dalle gambe divaricate, si unisce il priapico dio, alle acque vorticose provenienti dalle profondità uterine della stessa, si uniscono i bianchi liquidi seminali del dio. Tutto questo fa del triskele non un simbolo di una o dell’altra divinità, ma una espressione di unione, un simbolo di vita e rigenerazione, una commistione di sacri umori, maschili e femminili. Questa sarebbe così la spiegazione del suo accostamento da una parte alla dea, dall’altra al dio. Anche nella stele fenicia sopra indicata, il triskele appare generarsi tra il simbolo lunare e femminile e il dio vegetazionale dal fallo arboreo eretto (fig. 5 qui a lato).
Questa dunque l’intima essenza del triskele, i suoi più segreti significati, un simbolo acquatico ma anche solare, consacrato alla dea e al dio, geograficamente diffuso in ugual misura al Nord e al Sud del mondo, un simbolo di rinascita e di unione, di speranza e procreazione.
Autore: Andrea Romanazzi
Messo on line in data: Febbraio 2011