SPIRITUALITA’ ORIENTALE: IL TAOISMO (PRIMA PARTE) di Gaetano Dini

Che cosa è il Taoismo

Il Taoismo è un movimento religioso sviluppatosi in Cina agli inizi dell’era cristiana.
Il Tao Té Ching, considerato erroneamente da alcuni il testo sacro del Taoismo, non era affatto conosciuto in quei tempi e comunque conteneva concetti che erano troppo esoterici per poter essere intesi dalle masse.
Il Taoismo sarebbe stato fondato da Cheng Tao Ling con un proprio clero, una liturgia e delle conformità religiose ma senza possedere una propria filosofia.
Si rifà a concetti e credenze diffusi probabilmente da tempo immemorabile presso il popolo cinese, frammisti ad elementi di ispirazione buddista.
Nelle sue forme più recenti il Taoismo è una delle espressioni della superstizione popolare.

Lau Tzu (vecchio maestro) o Lao-tze, è il soprannome con cui è conosciuto un pensatore cinese del periodo classico, iniziatore dell’indirizzo taoista e presunto autore del Tao Té Ching (Classico della Via e della sua Virtù).
Secondo la tradizione taoista più antica, Lao Tze o Lao Tan, sarebbe stato di poco anteriore a Confucio e la sua vita andrebbe situata attorno alla metà del VI sec. a.C.
L’analisi testuale dell’opera che gli è attribuita permette invece di situare la vita dell’autore nel IV sec. a.C. Autore del Tao Té Ching potrebbe infatti essere stato Li Erh, una figura storica vissuta appunto nel IV sec. a.C.
Secondo la tradizione taoista, L.T., dopo una vita dedicata alla meditazione ed agli studi storici, si sarebbe avviato verso Occidente per un lungo viaggio. Giunto agli estremi confini della Cina, sarebbe stato pregato dal “guardiano della barriera”, che era un fedele taoista, di lasciare testimonianza scritta delle dottrine fino allora espresse in forma orale. L.T avrebbe così composto il Tao Te Ching prima di scomparire per sempre.
Quando molti secoli dopo il Buddismo proveniente dall’India si diffuse in Estremo Oriente, le molte analogie dottrinali ed il fatto che L.T. e il Buddha fossero descritti come contemporanei, generarono la leggenda per cui il secondo non sarebbe stato che il primo.
Il Tao Té Ching nella sua forma attuale è composto da 81 brevissimi capitoli che, in un linguaggio poetico e immaginoso, parlano del Tao, principio mistico e ineffabile del Tutto.

 

Confucio

Filosofo e letterato cinese (K’uh feu, Shantung – 551 – 479 a.C.), il nome Confucio fu coniato dai primi missionari cristiani per indicare il più illustre personaggio della storia cinese: K’ung Fu Tzu. nato nel piccolo stato di Lu, ai limiti occidentali della odierna penisola dello Shan-tung da una famiglia di nobili origini ma ormai impoverita.
Confucio trascorse un’infanzia modesta, perse il padre in giovane età e fu allevato dalla madre. Sposo a 19 anni, cominciò verso la stessa epoca la carriera pubblica, prima in uffici modesti e quindi in posti di maggiore responsabilità, finchè nel
 501 a.C. sembra ricoprisse la carica di primo ministro del suo Stato. La sua fama era ormai consolidata e i sovrani dei regni vicini ambivano ad averlo al proprio servizio.
Ma in vita il destino del maestro fu quello di essere formalmente ossequiato e mai seguito nel suo insegnamento morale e politico.
Disgustato dai comportamenti della casa regnante e dei cortigiani, abbandonò nel 497 a.C. il suo posto ufficiale e passò il resto della sua vita in viaggi attraverso la Cina e poi nel paese natale, insegnando le proprie dottrine a numerosi allievi e commentando gli antichi classici.
Fin qui la biografia del maestro come ci è giunta attraverso l’opera storica di Ssu-ma Ts’ien.

Il pensiero di Confucio, che personalmente non scrisse alcuna opera, ci è noto attraverso il Lun yu (I Dialoghi), uno dei libri raccolti dai suoi discepoli, al quale la critica moderna riconosce una sostanziale autenticità. Gli altri libri, il Giusto Mezzo e il Grande Studio, sono invece opere di compilazione posteriore.
Le dottrine che emergono dai Dialoghi, pur nella loro asistematicità e nel carattere arcaico, contengono alcuni dei fondamentali elementi quali l’impostazione razionalistica, moraleggiante e agnostica, caratteristici della dottrina confuciana. Confucio insegna che l’uomo deve raggiungere
la perfezione attraverso l’introspezione e l’adattamento all’ordine etico che presiede le cose umane e l’ordine cosmico. Tale ordine etico si riassume in alcuni rapporti fondamentali (tra sovrano e suddito, tra padre e figlio, tra marito e moglie…), ordine che l’uomo deve rispettare se vuole essere al contempo se stesso e cooperare a mantenere l’ordine dell’universo.

Alla base di questa concezione, sta la convinzione del maestro nella possibilità per tutti gli uomini di raggiungere la propria personale perfezione nell’esercizio morale, nella disciplina, nella cultura, nello studio e nell’insegnamento.
Uno dei tratti distintivi di Confucio è il fatto che nella storia della Cina è stato il primo insegnante a titolo privato di dottrine elaborate attraverso la meditazione personale e non di ideologie ufficiose formatesi per stratificazione storica nelle cancellerie di stato.
Gli va inoltre ascritto il merito di aver sostenuto la possibilità per ciascuno, indipendentemente dalla nobiltà della nascita, di raggiungere la perfezione morale ed intellettuale, ammettendo di conseguenza che l’amministrazione dello Stato dovrebbe essere affidata ai sudditi in base a criteri di cultura e non
di sangue.
Il primo aspetto ha fatto di Confucio l’iniziatore di una serie mirabile di pensatori cinesi, il secondo aspetto, il diretto precursore dottrinario di quel sistema burocratico basato su esami di merito che sarà la caratteristica fondamentale di tutta la futura storia cinese.

 

Il Confucianesimo

Il confucianesimo indica una tradizione filosofica e culturale che si sviluppa attraverso tutto l’arco della storia della Cina, traducendo in realtà un’espressione cinese che non contiene alcun riferimento specifico alla figura di Confucio.
Il termine cinese Ju significa infatti solamente l’uomo colto, il saggio, il letterato nel senso ampio e completo del termine.
Il termine “confuciano”, infatti, non indica storicamente solo persone dedite alla meditazione; confuciani sono anche i politici, gli amministratori e burocrati che costituirono l’ossatura dello Stato cinese, come lo sono gli eruditi ed i filologi, dediti alla compilazione delle grandi enciclopedie
ed all’esame degli antichi testi poetici e letterari.

Il Confucianesimo indubbiamente inizia con Confucio, anche se la tradizione cinese ha voluto a volte attribuire il titolo di “primo confuciano” al duca di Chou, vissuto circa 6 secoli prima di Confucio. A lui si attribuisce, oltre alla prima elaborazione delle idee confuciane, la raccolta e la sistematizzazione dei classici antichi.
Durante il periodo che va da Confucio alla riunificazione operata dalla dinastia Ch’in (255 – 207 a.C.), la scuola non costituisce che una corrente particolare (sia pure tra le più diffuse e popolari) nella congerie di scuole e di pensatori che pullulavano presso le varie corti feudali.
La sua caratteristica fondamentale e distintiva era già quella dell’importanza attribuita alla cultura e all’insegnamento oltre che a una vita rigidamente inserita nell’ordine sociale e statale.

La politica della dinastia Ch’in fu ferocemente anticonfuciana e culminò nell’incendio dei libri (213 a.C.), teso a colpire l’opposizione all’assolutismo legalista che regnava nel Paese. La caduta dei Ch’in e l’instaurazione della dinastia Han, vide riemergere la tradizione confucianache assunse in breve le vesti di dottrina ufficiale di un nuovo ordine imperiale.
Si trattava tuttavia di un confucianesimo diverso da quello antico. In esso erano confluiti elementi di scuole ormai scomparse (Ying-Yang, legalisti) e la vigoria del pensiero aveva lasciato il posto a interessi di studio eruditi e storico-filologici. Siamo insomma al periodo “alessandrino” della Corrente.
I suoi rappresentati più significativi furono: Tung Chung-shu ( 179 – 140 a.C. ?), elaboratore di una cosmologia complessa e scolastica e di una dottrina della storia; e Yang Hsiung (53 a.C. – 18 d.C.)il quale cerca di condurre il pensiero della scuola ad una maggiore sobrietà di temi ed espressioni.
In questo periodo, tipicamente di ispirazione confuciana sarà quel sistema burocratico in cui i posti dell’ordine statale saranno affidati a individui provenienti da tutti gli stati della società, per esami di merito e non per diritto di nascita.

Il confucianesimo creerà un nesso inscindibile tra speculazione teorica e funzione amministrativa, determinando l’appartenenza ai ranghi della burocrazia imperiale di tutti i pensatori confuciani senza alcuna eccezione.
Tuttavia, prima che compaiono altre figure rappresentative, dovrà trascorrere un lungo periodo di eclissi della scuola, coincidente con il periodo della Disunità (220 – 590 d.C.), che vede il prevalere assoluto delle dottrine taoiste e buddiste.
Con i T’ang (618 – 906 d.C.) si hanno le prime avvisaglie di ripresa con Han Yu (768 – 824 d.C.), tipica figura di erudito.
Sotto i Sung (960 – 1279 d.C.) e sotto i Ming (1280 – 1367 d.C.) la scuola raggiunge il periodo di suo massimo splendore, chiamato neo-confucianesimo.
Il neo-confucianesimo si divide in due scuole che hanno rispettivamente i loro massimi rappresentanti l’una in Chu Hsi (1130 – 1200 d.C.), l’altra in Lu Chiu-yuan (1139 – 1193 d.C.) e in Wang Yang-ming (1472 – 1529 d.C.). Nel periodo Ch’ing (1644 – 1911 d.C.) il neo-confucianesimo perde il proprio vigore creativo
e si isterilisce nella forma di dottrina ufficiale del paese.

 

Tao Té Ching

Al Tao Té Ching va dato un inquadramento interpretativo tale da non considerarlo come opera filosofica o mistica, riconducibile a formulazioni interpretative concettuali, ma considerarlo invece prodotto sapienziale ed esoterico, luogo proprio della dimensione metafisica cinese.
Esso non può e non deve essere interpretato solo linguisticamente in quanto il contenuto essenziale di nessun testo può essere colto solo in quei termini, specialmente la lingua orientale che è ideografica, la più lontana a prestarsi a questa interpretazione.
Possedere una lingua ideografica significa infatti avere un tipo di comunicazione per immagini e simboli.
E’ attestato che nelle scuole taoiste il segno di essere maturo o meno di un discepolo per passare da un grado al superiore, è quello della sua capacità di scoprire significati diversi, sempre più profondi, nello stesso testo sacro.
Le brevi sentenze che compongono il Tao Té Ching servivano a evocare intuizioni multiple e progressive all’adepto, relativamente ai più significati esoterici in esso contenuti. La designazione Ching in Cina è stata infatti riservata a testi tradizionali e non a produzioni profane.
Quando dalla interpretazione spirituale e tradizionale del testo si è passati a interpretazioni pesantemente linguistiche, questo ha condotto a estrapolare contenuti banali, incongruenti e perfino infantili.

Secondo la tradizione, Lao-tzu e Confucio sarebbero stati contemporanei. La dottrina di entrambi non rappresenta qualcosa di nuovo, bensì la riformulazione della tradizione primordiale estremorientale basata sull’Yi-ching e sui suoi commentari, riformulazione resasi necessaria da un parziale oscuramento di quella tradizione, e ripresa dai due maestri su rispettivi piani distinti.
Per la diversità di questi piani, spesso si è voluta vedere un’antitesi che risulta invece essere relativa.
La dottrina di Lao-tze è d’ordine metafisico e iniziatico, quella di Confucio è invece centrata sul piano morale e politico. La prima ha per ideale l’Adepto che agisce al di là di ogni condizionalità, a partire da quella del suo stesso Io.
La seconda si limita a un ideale di cultura umana ed ha, per usare una termine contemporaneo, come target l’uomo nobile d’animo, l’uomo che nella società si dà uno stile e una dirittura con l’esercizio di determinate virtù positive e con l’adeguarsi a tali contenuti.
Confucio predilige quindi una linea di razionalità, di Lao-tze è invece proprio il paradosso, tenendosi questo a linee di vetta anticonformiste e professando una sapienza sottile espressa in termini enigmatici, elusivi, sconcertanti.
Queste due dimensioni di pensiero entrano in contraddizione interna solamente quando vengono assolutizzate. Solo il confucianesimo degenerato in uno sterile formalismo mandarinico ed in una precettistica esteriore entra in contraddizione con il Taoismo.
Da qui le parole che lo storico Sse Ma Ts’ien mise in bocca a Confucio:

Agli animali si possono tendere lacci, si possono prendere pesci con le reti, uccelli con le frecce.
Ma come afferrare il drago che si libra nell’etere al di sopra delle nubi? Oggi ho visto Lao-tze. Rassomiglia al drago.

Negli scritti taoisti, a partire da quelli di Lieh-tze, Confucio non di rado è presentato come il discepolo di Lao-tzu. Questo vuol dire che veniva percepita un’intima relazione fra i due insegnamenti, relazione proveniente dalla medesima fonte in comune della tradizione sapienziale primordiale.
Mentre l’esistenza storica di Confucio è accertata, lo stesso non può dirsi di Lao-tze, per cui è lecito chiedersi se questo nome più che a una persona sia corrisposto a una designazione simbolica.
Lao-tze letteralmente vuol dire “fanciullo vecchio”, il che si associa alla leggenda popolare secondo cui sarebbe nato con l’aspetto da vecchio e i capelli bianchi.
Il concetto di vecchiaia in cinese ha sempre avuto un significato traslato, divenendo sinonimo di perennità e di immortalità. Per il resto si vuole che Lao-tze sia stato uno storiografo addetto agli archivi di Lo, capitale del Chou.
A tale riguardo bisogna avere presente che in Cina come nell’antica Roma, i Funzionari avevano un carattere sacrale e che gli archivi storici contenevano i documenti della tradizione sacra di quel popolo. Così non è nella veste di un burocrate archivista che Lao-tze va immaginato.

In seguito questo personaggio avrebbe lasciato la carica e avrebbe trascorso in solitudine l’ultima parte della sua vita. Sarebbe poi andato a morire nei confini nord-occidentali del regno, non prima di aver fissato l’essenza della sua dottrina in un libro, su invito del “Guardiano del valico” di Han-Ku.
Del maestro non si seppe più nulla.
Lo storico Sse Ma Ts’ien disse di lui che amava l’oscurità e che cancellò debitamente ogni traccia della sua vita.
Altre leggende fiorite su di lui lo vogliono ritirato sul monte K’un Lun, al confine del Tibet, monte che però rivestì un carattere simbolico, di “Centro” e rifugiato nella “Capitale misteriosa”, designazione che successivamente doveva applicarsi alla sede della “Chiesa Gialla” di quel Taoismo divenuto religione.
Si vuole che Lao-tze sia morto ad 81 anni, il che è di nuovo un riferimento simbolico in quanto 81 è numero sacro nel Taoismo, corrispondente al Cielo e al compimento perfetto della qualità Yang. In relazione a ciò lo stesso Tao Té Ching è diviso in 81 capitoli.

Le leggende vogliono anche un Lao-tze supertemporale, nato prima del Cielo e della Terrae che sarebbe apparso sotto vari nomi in 13 esistenze successive dopo Fo-hi e Chen-nong, in veste di iniziatore degli “Uomini Reali” e di ispiratore occulto di sovrani sacrali fondatori di dinastie.
La dottrina di Lao-tze viene quindi vista come un’influenza non umana e come una corrente iniziatica strettamente connessa con la funzione regale. Il ruolo attribuito dalla tradizione a Lao-tze sarebbe quindi stato svolto da più persone, alle quali sarebbe stato di volta in volta conferito il nome di Lao-tze, passando in secondo piano il loro nome al secolo.
Studi autorevoli vogliono far risalire l’inizio del Taoismo al primo imperatore della Cina, Huang-Ti (2697-2598 a.C.), il cosiddetto “Sovrano del Centro” o “Imperatore Giallo”.
Carattere creazionistico più che umano presenta l’opera del secondo padre del Taoismo, Lih-tze, che come Lao-tze non si sa esattamente se sia storicamente vissuto o se invece sia una figura simbolica.

Certa è invece l’esistenza storica del terzo maestro del Taoismo, Chuang-tze, la cui opera presenta un’impronta personale, con un insegnamento però sotto vari aspetti già sfaldato e diluito, con un largo margine dato alla poesia e all’episodica, in opposto allo stile essenziale, nudo e lucente di Lao-tze.
Venendo ora al testo, va notato che la designazione Tao Té Ching non è quella originaria, venendo così chiamato il libro in epoca Han (25 – 220 d.C.).
La traduzione più convincente del titolo è: Il Libro (Ching) della Via (Tao) e della Virtù ().
Quanto alla pura metafisica, il concetto di Tao era noto in epoche precedenti a quelle di Lao-tze. Letteralmente ed ideograficamente Tao vuol dire “Via”. E’ la Via in cui tutto si muove. Tao significa da un lato Grande Principio, Grande Uno, Grande Vertice e dall’ altro il senso di Corso del mondo, Forza produttrice, Legge immanente della Manifestazione.

Per rendere chiari questi significati, bisogna ricordare che la tradizione cinese ha sempre avuto un carattere non religioso, ma metafisico. Ignorò l’antropomorfismo, l’umanizzazione del divino. Anche quando furono usate immagini materiali prese dal mondo della natura, queste le considerò sempre come principi astratti ed impersonali.
Caratteristica della sapienza cinese antica è quella di presentare caratteri metafisici e una purità trans-umana.
Questa metafisica è ripresa, precisata e sviluppata nel Tao Té Ching in cui il significato trascendente del Principio è messo in risalto dall’uso specifico di concetti come “il vuoto, il non essere, il non agire, il senza forma, il senza nome” tutto per indicare la suprema distaccata essenzialità del Grande Uno, del Grande Inizio”, superiore ed anteriore all’ ”Essere” delle teologie teistiche e religiose.

La virtù “Té” è vista come l’aspetto immanente ed agente di questo Principio. E’ il potere che sviluppa la manifestazione eterna della Perfezione, manifestazione che non possiede un carattere creazionistico come nelle religioni occidentali, non si lega cioè ad una specifica volontà, ad una specifica intenzione ma viene a far parte della logica eterna, immutabile e impersonale del Divino.
In Lao-tze infatti, l’uso del termine “Via” si riferisce ad un eterno processo nel quale immanenza e trascendenza coesistono e si intercondizionano in un unico atto. Tale situazione metafisica viene espressa da Lao-tze dicendo che è “vuotandosi” che il Principio si riproduce. L’immagine del mantice viene usata ad indicare l’atto eterno che produce insieme il “vuoto” e la “corrente che dà le forme ai Diecimila Esseri”.
Il Principio si realizza contemporaneamente nella sua essenza sia come “vuoto”, come”assoluto”come “centro”, che manifestando se stesso in un inesauribile dare, promanare, scorrere e vivificare. Da tale veduta deriva il significato di Non-Essere come dimensione interna ed essenziale dell’Essere.
Ragion per cui ogni cosa, ogni manifestazione contingente si trova nella “Via” e mai ha cessato di trovarvisi.

 

Bibliografia
Evola Julius – Introduzione al Tao Té Ching,  Edizioni Mediterranee, Roma
Ciuang Zè – Acque d’Autunno, Introduzione di Mario Novaro, Edizioni Laterza, Bari
Matgioi – La Via Taoista, Basaia Editore, Roma

 

Autore: Gaetano Dini
Messo on line in data: Dicembre 2019