LA STREGA NELL’ARTE RINASCIMENTALE di Andrea Romanazzi

L’iconografia della strega nell’arte rinascimentale

Non è facile dire davvero come e quando sia nata questa ”arte”, quale sia stato l’impulso primordiale a spingere l’uomo a rappresentar qualcosa, unica certezza è che le prime immagini e rappresentazioni raffigurate dall’Antico furono i dipinti parietali presenti in numerose grotte europee che descrivevano, a volte con dovizia di particolari, scene di caccia, cavalli, bisonti, elefanti ed altri animali in procinto di esser uccisi dal cacciatore che sta per scagliare la freccia contro di loro. Pensiamo così alla grotta di Montespan in Catalogna, a quella di Gargas o di Arcy sur Cure, nell’area francese per fare solo alcuni esempi.

In realtà queste scene ben lungi da essere semplici raffigurazioni, sono espressione di una magia primitiva che rientra a pieno titolo nelle credenze feticiste e religiose dell’uomo antico. Ecco così che gli antichi “avevano trovato, grazie alle credenze nella magia della caccia, una giustificazione sociale sviluppare una nuova ed oscura attività: l’Arte.
Essi furono così al contempo, artisti e maghi, dipingevano per amore dell’arte, ma anche perché la selvaggina si moltiplicasse, perché la caccia fosse favorevole, ma anche per illustrare avvenimenti alle future generazioni.

E’ forse questa la vera origine dell’Arte, è nella magia che alberga la sua più antica alcova. Se l’arte scaturisce dalla magia l’aspetto del “demoniaco”, nell’accezione più ampia del termine, ha da sempre permeato le tele di importanti artisti, intrisi di quel tormento e dannazione espressione del fantastico, la vertigine che si genera dalla nostra attrazione verso il vuoto, il pericolo di abbandonare e cadere dal sentiero, ma anche la curiosità che ci spinge, consapevoli del pericolo, a guardare di sotto.
E’ la seduzione del curioso, dell’inconoscibile conosciuto, del “demoniaco”, l’attrazione dell’inconsistente e del mostruoso, di ciò che non ha una sua natura perché appena tenta di acquisire una sua consistenza si trasforma in qualcos’altro di tangibilmente difforme.

Queste raffigurazioni si presentano sotto varie forme e vesti, subendo continue mutazioni nelle iconografie anche a causa dell’evoluzione dei tempi, da creature mostruose e peccaminosi incontri a eleganti cavalieri o filosofi, espressione del dubbio dello scienziato e del teologo. Con il Concilio di Trento si rivede l’arte religiosa e infatti “vieta che si ponga in una chiesa immagine alcuna che ricordi un dogma erroneo e che possa traviare i semplici. Vuole altresì che si eviti ogni impurità e che non si diano alle immagini aspetti provocanti. Per assicurare il rispetto di queste decisioni il Concilio vieta quindi di porre in qualsivoglia luogo, e persino nelle chiese che non siano state poste alla vista dell’ordinario, ogni immagine inconsueta, a meno che il Vescovo non l’abbia preventivamente approvata”.

Siate sobri, e vigilate, digiunate e restate sempre bene in guardia, poiché il Maligno veglia nell’ombra e già si prepara a divorare la sua preda”, dice San Pietro nell’Epistola.

Il dramma del numinoso è nel nascosto nell’invisibile o nell’inconoscibile Ignoti nulla cupido, ben raffigurato in un’antica figura pagana poi demonizzata: la strega. E’ il tema della donna come veicolo del diavolo, del resto gli autori del famigerato Malleus Maleficarum, i frati domenicani Jakob Sprenger ed Heinrich descrivevano le donne come abili tentatrici

sono difettose di tutte le forze, tanto dell’anima quanto del corpo; […] sembrano appartenere a una specie diversa da quella degli uomini … e in effetti come conseguenza del loro primo difetto, quello dell’intelligenza, sono più portate a rinnegare la fede; come conseguenza del secondo, e cioè delle loro inclinazioni e passioni smodate, studiano, escogitano varie vendette, sia attraverso stregonerie sia in qualunque altro modo. Non c’è quindi da stupirsi se in questo sesso c’è tanta abbondanza di streghe”.

Il Sabba e la Strega nell’arte del Demoniaco

A parte le rare illustrazioni inserite nei trattati e manuali antistregoni, è tra il 1400 e il 1700 che si diffondono le prime immagini della strega elaborate dagli artisti non per quello che avevano visto ma per ciò che avevano sentito. Nel 1949 4 donne sensuali appaiono in una incisione di Albert Durer, sarebbero meravigliose se ai loro piedi non ci fosse un temibile teschio. E’ il germe della raffigurazione di un altro tema fortemente presente, quello delle rappresentazioni del sabba.

Il fenomeno della “stregoneria” affonda le sue radici in un lontano passato quando l’uomo e la donna vivevano nell’immanenza della Grande Dea dai mille nomi, “Inde primigenii Phryges Pessinuntiam deum matrem, hinc autocthones Attici Cecropiam Minervam, illinc fluctuantes Cyprii Paphiam Venerem, 

Cretes sagittiferi Dictynnam Dianam, Siculi trilingues Stygiam Proserpinam, Eleusinii vetustam deam Cererem, Iunonem alii, Bellonam alii, Hecatam isti, Rhamnusiam illi, et qui nascentis dei Solis inchoantibus inlustrantur radiis Aethiopes utrique priscaque doctrina pollentes Aegyptii caerimoniis me propriis percolentes appellant vero nomine reginam Isidem” [vedi nota 1] e successivamente Diana Paganorum.

Caratteristiche dei rituali a lei dedicati sono le celebrazioni che si svolgevano in luoghi a lei da sempre consacrati come fonti e pietre alle quali si associavano una serie di pratiche apotropaiche per propiziare la fertilità e la procreazione e che sfociavano in veri e propri aiuti al parto da parte di queste, lentamente mutando nel tempo, perdendo la loro antica origine religiosa ma conservando il concetto in essa racchiuso. In questa ottica potremmo distinguere le “streghe” in due tipologia: le donne della “fede primitiva” sopravvissuta attraverso le tradizioni orali e successivamente nel folklore e nelle tradizioni popolari, e la strega come risultato della letteratura e dei processi di un periodo buio.

Al di là di come dunque sarà dipinta successivamente esse sono ciò che resta delle antiche sacerdotesse e vestali della dea, donne legate ad antichi rituali, tramandati dalle madri alle figlie da tempo immemorabile, in una evoluzione che pian piano, da depositaria di una antica religione, di un culto primitivo di fertilità sopravvissuto nell’Europa medievale e fondato sull’adorazione di due divinità, la Grande Madre e il suo compagno il Dio, trasformerà la donna in maga e guaritrice di campagna, dimenticando il substrato religioso di provenienza ma continuando ad agire nel suo interno, nella natura.

Tornando alla raffigurazione “artistica” di codeste donne, ecco che l’iconografia segue quella del diavolo. L’aspetto esterno delle streghe dovev

a essere orribile, in quanto doveva rispecchiare la laidezza delle loro azioni, come le magare raffigurare da Bosch in un suo disegno presente al Louvre intente a mangiare delle salsicce dalla forma volutamente oscena.
Una particolarità che meriterebbe di esser segnalata è che mai nessun artista ha osato raffigurare una strega completamente nuda di fronte, ma sempre di profilo o di spalle, mettendo in bella mostra l’enorme e carnoso deretano come nel caso delle quattro streghe di Durer nella sua incisione del 1491 e stessa cosa dicasi per Grien (vedi a lato).

Gaspar Isac nel suo “Abominazione degli stregoni”, raffigura un gran numero di streghe all’interno di una cucina tra pentacoli, filtri, pentolini, mucchi d’ossa e strani animali. E’ in luoghi come questi che “queste anima maledette van preparando il loro tormento mentre attizzano le fiamme che eternamente ardono”.

Il loro tormento è puramente erotico, ecco così al centro dell’opera esporsi una fanciulla che, spogliandosi, mostra due voluttuose cosce, mentre una vecchia megera le sembra suggerirle il modo migliore per cavalcare l’equivoca priapica scopa. L’intera tavola trasuda erotismo. Ella già pensa ai lascivi piaceri che potrà avere una volta raggiunto il sabba.

Il sabba, in tutti i suoi particolari, ci è giunto attraverso l’opera di numerosissimi artisti le cui opere vanno dal XV al XVIII secolo. Ecco così che grandi sono le raffigurazioni di Gillot, del XVIII secolo, per citare poi l’Hexensabbat di Frans Fracken del 1607 ancora il Van der Gheyn o Jakob Swanenburgh, il cui quadro è presente nel museo di Leida. Temi principali presenti nelle raffigurazioni sono la partenza per il sabba, l’arrivo, le relazioni amorose con il diavolo e le danze orgiastiche. A. J. Von Prenner nel suo Hexensabbath descrive una delle più belle immagini fine secentesche. La scena evoca i momenti orgiastico compulsavi del sabba. Una moltitudine di donne si accalcano attorno ad un misterioso pentolone vicino al quale una strega dai penduli seni scoperti aggiunge strani ingredienti ad un misterioso liquido mentre un’altra ne mescola il contenuto con la sua scopa.

Il Sabba delle Streghe- Hexensabbat , A. J. Van Prenner.
Maniera Nera e Rotella

E’ su questo fumo che si levan in volo le magare mentre diffondono nembi e tempeste dai loro vasi incantati, mentre sullo sfondo degli uomini fuggono impauriti mentre una casa in lontananza brucia sotto i loro sguardi. Moltissimi sono i particolari presenti nell’incisione. Appare il topos della strega a cavalcioni su Martinello, questa volta tramutato in un lupo, mentre un gatto nero, accovacciato, ghigna vicino lo scheletro di un altro animale. Nella mischi furibonda si sente quasi il fragoroso vociare delle donne che guardano, imprecano, aspettano e armeggiano le loro scope. Non manca il diavolo, ben nascosto nel gruppo, nell’atto di insegnare, indicando cenciosi fogli, i rudimenti della magia ad una donna. Egli è ben camuffato ma, all’osservatore attento, non potrai sfuggire i suoi zoccoli caprini che ben spiccano tra i piedi delle giovani e voluttuose donne (fig.1).

Più tarda ma con le stesse emozioni è Les Sorcieres di Pastelot. Egli ancora una volta raffigura il Sabba, il momento in cui le streghe si riuniscono, all’ombra di un albero o, come in questo caso, nei pressi di un grotta. L’acquaforte raffigura tre giovani donne dai turgidi seni scoperti, con la loro scopa stregone intente a leggere un polveroso libro tra le mani della strega più anziana, mentre, poco dietro, un’altra donna dal volto mascherato, porge una torcia per far luce mentre nell’altra mano stringe un rametto di chissà quale erba magica.

Teschi e un serpente con le fauci aperte tentano di distogliere lo sguardo dalla lussuriosa seduzione che traspare dall’unico volto e dai seni scoperti e dalla veste lussuriosamente e voluttuosamente alzata per scoprir le nudità, mentre uno strano essere suona, un misterioso strumento musicale al chiarore della luna, ululando e cantando ad ella. E’ il momento de Les Sorcieres (fig.2).

Les Sorcieres, A. Pastelot Acquaforte su Fondino

E’ però la partenza e l’arrivo al sabba ad ossessionare le menti degli artisti del ‘400. In realtà prima del XIII non si trova nessuna raffigurazione di questo momento, è solo dopo il XV secolo che la partenza diviene un tema piuttosto comune. Forse una delle più famose raffigurazioni è l’incisione, su un dipinto oramai perduto di Teniers, dell’incisore Aliamet. La scena è ambientata in un lugubre interno: in primo piano ecco una strega seduta attorno ad un tavolo intenta a preparare il mistico unguento per il volo assistita da un essere infernale con le ali di pipistrello. Il suo sguardo, perso nel vuoto, è diretto a destra, in basso, ove sono posti oggetti che probabilmente servono per un rito magico. Ecco così raffigurato un cerchio con strani ed esoterici caratteri nel cui centro è posto un teschio umano, vicino, una clessidra, delle carte e dei dadi.
Sullo sfondo ecco una bella giovane che prende il volo mentre stringe una scopa tra le sue gambe. Ecco così, tra incubi e succubi, una magara unge la sua pupilla, nuda e a cavallo della scopa, con il magico ungento del volo, posto in un’ampolla pronunciando temibili parole “Unguento unguento, mandame ala noce de Benevento, supra acqua et supra vento, et supra omne maltempo”(fig.3)

Partenza Per il Sabba, J.J. Aliamet, Acquaforte

Particolarità delle incisioni di Aliamet è che hanno un seguito, le strega che prende il volo dal camino arriva al raduno. In un paesaggio notturno illuminato dalla luna sono visibili streghe ed esseri mostruosi riuniti per il sabba. Una strana creatura tiene in mano una scopa con una candela fiammeggiante, mentre un pesce volante vi alita sopra. In primo piano ecco una magara con in mano uno strano sacco ricolmo di erbe ed una torcia. Al suono delle terribili note di un arcaico mandolino ecco un’altra donna intenta a scavare un fosso nei pressi di un enorme palo di legno ai cui piedi è posta una lucerna. Illuminato da questa strana e mistica luce una creatura fatata, forse uno spirito elementare, luminoso e dalla fluente chioma (fig.4).

Aliamet, Jacques. Acquaforte: Arrivo al Sabba

Lo spaventoso fa posto alle streghe di Hans Grien, che sono invece più lascive e voluttuose. Ecco così che “Due matrone adipose che rimescolano il loro unguento in un vaso decorato con lettere ebraiche ed una vecchia dal seno cadente che leva il braccio in alto per scongiurare gli spiriti delle tenebre. L’albero spezzato ai cui piedi esse sono riunite ospita certamente alcuni incubi, degli spiriti malefici e dei geni. Nel cielo passano al volo caproni e alcune femmine nude attraversano nubi piene di rospi, di lampi e di pietre malefiche. Il suolo è coperto da un singolare bagaglio, le forche incrociate stanno accanto a dei crani umani ed un gatto fa riscontro ad una ampolla piena di grasso umano e le abominevoli salsicce, che già eran apparse in un quadro di Bosch, son pronte per esser consumate al banchetto”. Ancora la partenza è ben descritta, in tutta la sua ridda da Frans Fracken, presente al Kunsthistoriches Museum di Vienna.

In tutte le tavole raffiguranti il sabba e la sua partenza, poi, ecco che le condizioni atmosferiche assumono grande importanza. Erano infatti le streghe, nella tradizione popolare, a portare tempeste e fulmini, e del resto questa credenza non era del tutto nuova se nella Bibbia è Samuele ad avere il potere di scatenar tempeste: “potrai sfuggire i suoi zoccoli caprini che ben spiccano tra i piedi delle giovani e voluttuose donne“.

Altro tema onnipresente è quello del banchetto, ad un cenno del diavolo ecco comparire ogni genere di vivande, pane, burro, piselli, formaggi, che dovevano essere mangiati rigorosamente senza esser tagliati e senza sale, elemento che era odiato dal Demonio.
Ecco così che tutti i piatti erano insipidi e disgustosi, tanto che le streghe si portavano spesso le cibarie da loro stesse. Ecco che in molti dipinti e raffigurazioni, così, si vede streghe che maneggiano salsicce o zamponi di maiale, ma si cibavano anche di rospi e carne di carogne, fino al più orribile cannibalismo. E’ il banchetto della nausea, simbolo di una disgregazione dell’essere, è il momento in cui il corpo rifiuta ciò che da lui non può esser assimilato. Ecco così che tra le più famose raffigurazioni del banchetto orgiastico vi è la litografia di Boulanger pubblicata nel 1828 e poi la Ronde du Sabbat di Victor Hugo. Un gran caprone raffigurato seduto su un menhir mentre guarda la ridda stregone è invece il tema presente nelle illustrazioni di Emile Bayard per l’Histoire de la Magie del 1870. Pur conservando il senso del meraviglioso l’arte diveniva mezzo per tramutare le conoscenze, per trasformare le feste di campagna, reminiscenza degli antichi culti pagani, in qualcosa di più orrido ed erotico ma che però è divenuto testimonianza del sopravvivere, nel profondo dell’Io di atavici culti mai dimenticati.

Autore: Andrea Romanazzi
Messo on line in data: Giugno 2017

Nota 1 – Apuleio, Metamorfosi, XI5