I TAROCCHI MOTIVAZIONALI (DODICESIMA PARTE) di Carlo De Rossi

L’Appeso

Ci sono sempre due scelte nella vita: accettare le condizioni in cui viviamo
o assumersi la responsabilità di cambiarle 
(Denis Waitley)

Affronteremo il dodicesimo Arcano osservando la figura e facendoci delle domande, come fossimo investigatori, utilizzando la curiosità come chiave di lettura. Successivamente, prima di analizzare i vari significati, procederemo con il rispecchiamento.


Nell’immagine a lato,
L’Appeso dei Tarocchi di Wirth

Naturalmente, ogni consultante ha la propria visione del mondo e quindi della lama, ecco perché le mie domande sono assolutamente personali. Intanto mi chiedo perché il personaggio sia appeso, perché la corda stringa una sola caviglia (o il tallone. Quindi potrebbe cadere?) e se anche le mani siano legate. Quello che noto è che ha gli occhi aperti e una gamba incrociata. Chi l’ha legato? Può essere che sia stato lui stesso a farlo? E’ stato punito? Giustamente o ingiustamente? Per che cosa? Che cosa sta osservando?

Il primo pensiero osservando la carta è: “Devo liberarmi.” L’impotenza evocata dall’immagine viene mitigata dalla serenità dipinta sul volto dell’Appeso, come se ci fosse una sorta di accettazione della pena, un adattamento spontaneo alla penitenza. Forse ogni tentativo di fuga o di ribellione sarebbe inutile, tanto vale aspettare, riflettere. Forse il prigioniero sta facendo buon viso a cattivo gioco. Mi viene in mente la frase che Calvino fa dire al paladino Orlando – legato a testa in giù – nel suo romanzo Il castello dei destini incrociati, ossia Il mondo si legge all’incontrario. Assumere un diverso punto di vista è una delle chiavi di lettura della carta. Nell’immobilità si è ricettivi, introspettivi, si può liberare la mente da pensieri parassiti. Provo a rispecchiarmi nell’Appeso, Arcano quanto mai rappresentativo del periodo che sto attraversando:
Sono appeso all’incertezza, bloccato dalle responsabilità, dai doveri. Sto fermo perché ho paura di cadere o di essere deluso dal mondo. Oscillo tra pace e rabbia. Mi sacrifico, è inevitabile se si ha una famiglia. Mi sembra di lavorare sempre, eppure ho le mani libere, la mente libera, lo sento. Sto in disparte perché è la mia natura. E osservo. Forse sono rassegnato al fatto che questa vita sia stata un lungo stillicidio economico, tra spese e urgenze, e che all’alba dei cinquant’anni abbia esaurito le energie produttive. Ma devo tenermi lontano dal vittimismo, ho scelto io questo percorso. E non tornerei indietro, in fondo mi sento un po’ pipistrello. Sempre a testa in giù a pensare, nel buio del mio esilio.

Ed ecco cosa fa dire all’Appeso Alejandro Jodorowsky:
Mi trovo in questa posizione perché lo voglio. Sono stato io a recidere i rami. Ho liberato le mie mani dal desiderio di afferrare, di appropriarmi delle cose, di trattenerle. Senza abbandonare il mondo, me ne sono ritratto. Con me potete trovare la volontà di entrare in quella condizione in cui non esiste più la volontà.
Lo stato in cui le parole, le emozioni, le relazioni, i desideri, i bisogni non vi tengono più legati. Per slegarmi ho spezzato tutti i legami, tranne quello che mi lega alla Coscienza. Ho la sensazione di cadere eternamente verso me stesso. Mi cerco attraverso il labirinto delle parole, sono colui che pensa e non ciò che viene pensato. Non sono i sentimenti, li osservo da una sfera intangibile dove regna soltanto la pace. A una distanza infinita dal fiume dei desideri, conosco soltanto indifferenza. Non sono un corpo, ma colui che lo abita. Per arrivare a me stesso, sono un cacciatore che sacrifica la preda. Ritrovo l’azione bruciante nell’infinita non-azione. Attraverso il dolore per trovare la forza del sacrificio.

L’estrazione di questa lamina prevede prudenza e rassegnazione, il rinvio di scelte o progetti. Aver soffocato idee o desideri ha paralizzato gli impulsi vitali oppure il sacrificio si è reso necessario per capire come spezzare le catene. Ogni blocco è rivelatorio; forse gli impedimenti ci suggeriranno nuove strategie. Dall’inversione di prospettiva all’abbandono dei comuni schemi mentali, l’Appeso ci guida verso una trasformazione interiore profonda, uno stato in cui le parole, le emozioni, le relazioni, i desideri, i bisogni non ci tengono più legati.
Ho riscritto questa frase perché la sua importanza è fondamentale. Inoltre il numero dodici riflette appieno il messaggio dell’Appeso:

«Il dodici segna l’ingresso nella pubertà e dunque induce l’idea di una trasformazione radicale; si fonda su un passaggio molto difficile e faticoso che è il solo che davvero porta a crescere. È per questo che il dodici traduce implicitamente gli ostacoli, i passaggi difficili, gli enigmi da risolvere. Nella maggior parte delle società i riti iniziatici, destinati a far accedere allo stato di adulto, si praticano nel dodicesimo anno di età». (Wikipedia)

Al di là del blocco e dell’impotenza percepiti dal consultante, l’Arcano simboleggia un approccio strategico rispetto agli eventi che in psicologia viene definito coping proattivo. Tramite l’anticipazione cerchiamo di ridurre lo stress di un compito che ci attende, immaginando preventivamente quel che potrebbe accadere e preparandoci a gestirlo. Al contempo, il saper tollerare l’incertezza vivendo nel qui e ora è indice di maturità ed è un fattore resiliente determinante, ciò che la mindfulness definisce come il porre attenzione in un modo particolare, intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante. Una vera e propria integrazione di pensieri contrastanti, quindi, un equilibrio ‘oscillante’ tra la stasi e la rigenerazione, un fermarsi per ritrovarsi, un’accettazione attiva a tutti gli effetti.

Autore: Carlo De Rossi
Messo on line in data: Dicembre 2021