LA TRINITA’ CREATIVA di Luigi Loreto
L’umano concetto
Premessa: il saggio che segue è presente nel mio libro La creatività divina (una rivoluzione ideologica), del quale è possibile visionare l’indice e la prefazione presso il sito “ilmiolibro.it”. In questo sito è presente un articolo tratto dal suddetto libro ed intitolato L’immensa creatività di una insostenibile idea. Il libro sviluppa ragionamenti alla luce di un fondamentale tempo creativo, un concetto di semplice presentazione, ostica assimilazione e dirompente valenza esplicativa.
L’idea che Dio esista ed agisca in un eterno o atemporale presente è universalmente condivisa, ma sembra altrettanto condivisa l’idea, estremamente irrazionale, che crei una volta e per sempre, consumando un’eterna attualità a girarsi i pollici. Orbene, la semplice volontà di situare la divina creatività in un ingenerato ed intramontabile presente induce la riflessione ad elaborare concezioni che si traducono spontaneamente in una rivoluzione ideologica, sia teologica che antropologica, e ciò per la ragione che, al confronto, le concezioni vigenti si svelano insopportabilmente rozze, praticamente offensive per la divina ed umana dignità. Il fatto apparentemente strano è che il contenuto più fideistico delle concezioni vigenti – la nascita divina del Cristo – risulta un evento indiscutibilmente ragionevole per una riflessione incardinata sul divino tempo creativo, con implicazioni eversive nei riguardi dell’impianto moralista in cui è inserita la figura del Cristo.
Il libro, tuttavia, non ha l’intento di aprire un conflitto fra ragione e fede e ciò per il fatto che ripone la ragione di ogni fede nella tipica creatività della umana consapevolezza mentale, di natura immaginativa e sostanzialmente divina. Il vero intento è quello di mettere allo scoperto il mito immaginativo che da qualche lustro stiamo universalmente pronunciando, quello della creatività razionale, o conoscenza creativa, il quale sta esprimendo una travolgente produttività tecnologico-materiale all’interno di una produttività ideale prossima allo zero. Detto in crudi termini problematici: cosa dobbiamo attenderci dalla produttività del presente corso esistenziale se si dimostrasse che la nostra massima idealità immaginativo-creativa, il Creatore dell’attuale-antica venerazione, risulta ragionevolmente incapace di creare sia la materia che l’apparenza del mondo?
Una Trinità di Persone è il concetto più suggestivo che si possa dedurre dal tempo della divina creatività. Descriviamone la genesi nel ragionamento. Partiamo da un’affermazione verificata razionalmente: Dio è un atto creativo istantaneo, infinito ed eterno. Gli altri attributi filosofici, cioè universali, del concetto di Dio, quali l’individualità, la totalità, la libertà, l’equanimità… sono sottintesi nell’atto ed orientano la riflessione. Saranno esplicitamente nominati quando lo richiede un’esigenza del ragionamento. Se riflettessimo sulle condizioni essenziali per l’espressione dell’atto, potremmo convenire che ne deve soddisfare tre:
1) concepimento o immaginazione;
2) processo creativo;
3) rappresentazione o manifestazione.
Occorre aggiungere che le tre condizioni accadono assieme, senza intervallo di tempo, perché l’atto è istantaneo. Se ora esaminassimo l’atto dal punto di vista del Titolare, potremmo concordare che Dio agisca in conformità con le tre condizioni dell’atto, cioè come Colui che concepisce o immagina, Colui che crea, Colui che manifesta.
Nel prossimo saggio chiariremo che Dio concepisce, crea e rappresenta Se Stesso. Sembrerebbe che Dio sia già Trino a pochi passi della riflessione, ma in realtà neanche è Duplice. E’ semplicemente un Uno potenzialmente differenziabile in Tre, cioè Colui che concepisce – crea – rappresenta. Per arrivare al Tre occorre prima attraversare il Due e ciò può legittimamente ottenersi operando sul dato di fatto presente nell’Uno, cioè sulla Sua triplice e commista distinzione.
Se fornissimo una immediata personalità alle tre distinzioni dell’Uno, andremmo decisamente contro il buon senso, in quanto avremmo un Primo che concepisce senza creare, cioè in modo inconsistente; un Secondo che crea senza concepire, cioè alla cieca; un Terzo che viene creato senza motivazione e scopo. Anche concesso il legame di una vinco-lante interazione fra i Tre, è inammissibile pensare che una Personalità divina abbia uno stato d’essere incompleto, deficitario, che debba venire compensato dalle peculiari azioni di un’Altra. Affinché ci sia un decente processo creativo, occorre che il Primo ed il Secondo siano Uno, con la conseguenza che il Terzo risulti l’Altro di Due.
Abbiamo concettualmente estratto il Due dalla triplice potenzialità dell’Uno, cioè un lucido Creatore e la Sua Creatura. Prima di verificare se Entrambi diano una chance logica all’esistenza di un Terzo indugiamo su di Essi. In Dio tutto è attivamente libero, creativo, eterno… quindi Creatore e Creatura sono coeterni Attori del divino, istantaneo processo creativo, ma il dare per completo questo momento della Loro analisi, equivale al certificare l’eterna fregatura della Creatura. Essa altro non risulterebbe che la scelta di un Creatore di immaginarla nel modo e con le finalità che più Gli aggradano; quindi nient’altro che semplice argilla nelle mani di un Vasaio. Oppure, per rimanere in tema, un docile Burattino dell’Altrui Volontà. Una siffatta sceneggiatura ha pesanti conseguenze sulla credibilità della divina creatività. Infatti, essendo la Creatura la finalizzazione del divino processo creativo, cioè il modo in cui l’eterno Dio Si rappresenta, avremmo che Dio crea col principale scopo di rappresentarsi come il cieco esecutore di scelte che non può decidere, ma solo necessariamente condividere.
Conviene approfondire le distinzioni e le relazioni fra le due Figure divine messe allo scoperto. La Creatura non si trova soltanto nel manifesto risultato del Creatore, per così dire alla “fine” della opera, ma anche nel Suo concepimento, cioè allo “inizio”, perché nel tempo istantaneo della divina operosità il concepimento e la manifestazione, lo “inizio” e la “fine”, accadono assieme, cioè sono simultanei (A rigor di logica il concepimento e la rappresentazione interagiscono in modo paritario, senza un primato causale dell’uno sull’altra! Il punto lo svilupperemo in un altro saggio). Orbene, dato che stiamo trattando di Dio, cioè di un Individuo per definizione supercosciente ed attivo in ogni fibra della Sua dinamica sostanza, è assolutamente impensabile che una Sua Figura Si trovi nella condizione del concepire senza essere lucidamente attiva. E che la Creatura ci Si trovi è indubbio, perché non può esistere nella creazione senza esistere, nel contempo, nell’immaginazione!
La riflessione ci ha appena consegnato la situazione di una Creatura che rappresenta sia la fonte ispiratrice, che la finalizzazione del divino processo creativo. Detto in altro modo: la situazione di un Creatore che crea ciò che la Creatura concepisce o immagina di Sé. In tal modo la Creatura scansa del tutto l’eventualità di agire come un Burattino, ma sembrerebbe che il ruolo si trasmetta al Creatore e debba proprio recitarlo. In realtà il Creatore seguita a concepire, ma ciò che concepisce è precisamente la Creatura che liberamente Si concepisce. Riflettiamo: la finalità creativa di un Creatore è dare manifestazione a quanto nel Suo concepimento possa legittimamente darsi, precisamente una volontà individuale, libera, immaginativa, creativa, eterna…Spiegarlo è semplice (perché non facciamo altro che ribadire!): è impensabile che in Dio possa darsi un punto, anche infinitesimale, che sia differente da Sé, cioè che sia men che volontà individuale, libera, immaginativa, creativa…E questo “punto” nel concepimento del Creatore c’è: si chiama Creatura!
Ci siamo soffermati sul Due per poi giungere al Tre e finalmente intravediamo qualche indizio del Terzo. Abbiamo due feconde tracce, precisamente i termini “immaginativo” e “creativo” riferiti ad ogni congetturabile “punto” di Dio. Il Creatore, si sa, è un creativo, ma deve essere creativa anche la Creatura, ovviamente a modo Suo (originalità immaginativa!). La Creatura, si sa, è immaginativa, ma deve essere immaginativo anche il Creatore, ovviamente a modo Suo. Poco sopra abbiamo accertato che il Creatore immagina la Creatura che Si immagina liberamente, ma non possiamo affatto pensare che la Creatura immagini liberamente Se stessa e basta! Questa fase dell’istantanea attività creativa di Dio non può assolutamente accadere da sola; per poi essere seguita dal concreto processo creativo del Creatore. E’ più corretto affermare che la Creatura Si immagina liberamente nell’atto di viversi, e dunque, simultaneamente, anche il Creatore che La genera alla vita che immagina.
A questo punto vogliamo aprire una questione che risolveremo nei prossimi due saggi.
Dato lo scontato nome di “Cristo” alla Divina Creatura, e posto il fatto che nella rappresentazione non vive da sola, chi è il Creatore di ogni altra creatura umana con cui il Cristo si accompagna? E’ lo Stesso o un Altro? Se è lo Stesso, accade egualmente che ogni creatura umana sia coeterna al Creatore ed agisca attivamente nel concepimento umano di quest’Ultimo? Anticipiamo subito che se non accadesse, ne deriverebbe un grave attentato razionale sia alla divina equanimità, che alla divina identità. Ed anticipiamo pure che la soluzione non è dove uno se l’aspetta! Un indizio potrà cogliersi, se non è già stato colto tra le righe, o nel titolo, alla fine del presente saggio.
Il ragionamento ci ha condotto ad una cognizione duplice: l’atto creativo del Creatore è intrinseco all’atto immaginativo della Creatura; l’atto immaginativo della Creatura è intrinseco all’atto creativo del Creatore. Per ciascuna delle due Figure, dunque, è intrinseco il peculiare atto dell’Altra e ciò conduce alla cognizione univoca che l’atto dell’immaginare e quello del creare esistono come un unico atto. Un atto che comprende Entrambe, ma nell’Una accentua il momento “immaginare”, nell’Altra il momento “creare”. Un atto, insomma, che vincola fortissimamente le due Figure e tuttavia non Le confonde, perché non può assolutamente prescindere dalla Loro autonoma e distinta azione.
Giunti a questo punto del ragionamento dobbiamo semplicemente chiamare a raccolta le più essenziali cognizioni elaborate e lasciarci condurre da esse verso la conclusione più logica. Nel concetto dinamico di Dio abbiamo rintracciato due Figure – il Creatore e la Creatura – che sono sostanzialmente due differenti Atti: il Primo quello del creare; il Secondo quello dell’immaginare. Abbiamo inoltre accertato che i due Atti si risolvono in un solo Atto, che tuttavia non Li annulla, perché possiede la peculiarità di esprimersi soltanto in virtù della Loro duplicità, che Gli è connaturata. Orbene, dato che vien logico e spontaneo (anzi: è sempre venuto!) attribuire la qualifica di “Persona” a due Atti di Dio, e ciò per la ragione che agendo in Lui, debbono essere coscienti di Sé; del pari deve avvenire (ed è sempre avvenuto!) con qualsiasi terzo Atto che si riesca a concepire nella Sua intuitiva dinamicità.
La Terza Persona della Trinità tende a permanere intuitiva nella nostra mente e con qualche fatica riusciamo sia a darle un nome, sia a tradurla in ragionamento. Potremmo chiamarla “Il Duplice”, perché rappresenta la Consapevolezza di Due Consapevolezze; tuttavia non può essere considerata un acefalo medium espressivo delle Due, in quanto essendo ciascuna di Esse distinta ed attivamente autonoma, “Il Duplice” agisce come Colui che garantisce l’intrinseca duplicità dei Loro atti. Per tale motivo potremmo anche denominarla “Il Garante”. Salutiamo l’arrivo del “Garante” con un dono che ci sembra appropriato, precisamente un enigma che sintetizza tutto il ragionamento fin qui svolto: Un-Due-Tre vien reso i Due; dai Due si estrae il Terzo come il Duplice, che garantisce l’Unità dei Tre.
La Terza Persona della Trinità risulta un utile ipotesi di lavoro per la comprensione di quella divina situazione in cui la Creatura concepisce o immagina, in stretta simbiosi creativa col Creatore ed in modo infinitamente istantaneo, una delle incalcolabili vite rappresentative che nel contempo vive. Tradotto in termini più familiari: nell’ipotesi che la Creatura Si viva umanamente e voglia interrogarsi sulla Propria Identità, può certamente pervenire a riconoscersi una Divina Persona, ma nel contempo riconoscendosi anche Trinitaria e capace di agire principalmente come Terza Persona, perché unicamente in quest’Ultima la Sua consapevolezza mentale gode la prerogativa di interagire col Creatore in modo sconfinatamente istantaneo e lucido (nel corso del lavoro tenteremo di fornire due esempi della Sua operosità).
Per la ragione appena addotta, la Terza Persona fornisce la garanzia concettuale che Dio sia effettivamente una Trinità, precisamente il triunitario atto di una sola Volontà Creativa. Sono ormai decine di secoli che la venerazione ha posto un Dio Trinitario all’estremo limite del concepibile, ma una ragionevole considerazione di Esso dimostra che contiene non già Tre Persone, bensì Quattro, l’Ultima delle quali invero molto bizzarra. E questa è la considerazione migliore, perché potrebbe darsi l’eventualità di un secondo Dio! L’arcano possiamo svelarlo se ragioniamo sul fondamento dell’inviolabile atemporalità, o eternità, di un Dio. Il Dio Trinitario della venerazione è composto di un Padre Creatore, di un Figlio Creatura e dello Spirito Santo.
Concentriamo l’attenzione sui primi Due, lasciando impregiudicata l’esistenza del Terzo. Il Figlio Creatura, chiamato Cristo, concepisce una esistenza umana di Sé, a cui il Padre Creatore fornisce immediata vita. Sia l’atto del concepire, che quello di dar vita, sono simultanei ed accadono da sempre e per sempre, nel senso che non può darsi il sopraggiungere di un momento in cui iniziano o in cui terminano. Questo perenne accadimento include il concetto del divenire infinito, in un presente ingenerato ed intramontabile, del concepimento umano del Figlio Creatura. Se così non fosse, avremmo che un Dio sa concepirsi, come Figlio Creatura, in modo terminale o finito, rendendo altrettanto terminale e finita, come Padre Creatore, la Propria creatività rappresentativa o fenomenica.
Chiariamo con un esempio. Sappiamo che attorno all’anno zero c’è stata la prima manifestazione spazio-temporale del perenne accadimento generativo in Dio (incarnazione del Cristo). Si crede, ed è ammissibile (vedi la fine del saggio Il divino potere immaginativo), che ce ne sarà un’altra con un secondo avvento. Orbene, le due manifestazioni stanno accadendo in un presente che si scandisce come un insistente “adesso” in ogni momento di una successione temporale ipoteticamente interminabile. Sempre “adesso”, quindi, stanno accadendo tutte le manifestazioni dell’infinito concepimento umano del Figlio Creatura, molte delle quali, è presumibile, evolute oltre l’umanità e che stanno impegnando la creatività del Padre Creatore oltre gli attuali confini mentali della rappresentazione. Sia ben chiaro: stiamo parlando di un Figlio Creatura che agisce all’interno della consapevolezza della Terza Persona; ovvero che usa una consapevolezza mentale – spirituale sintonizzata con la atemporale creatività del Padre Creatore.
Indirizziamo ora l’attenzione all’enigmatico Quarto ed ascoltiamo il Suo primo vagito: il Padre Creatore crea dal Nulla la materia, sia mondana che corporea, che rende completo il concepimento umano del Figlio Creatura! Il Nulla dovrebbe essere, per definizione, un assoluto zero in fatto di esistenza, ma in questo caso assume lo status di un effettivo Alcunché, in quanto fornisce un indispensabile supporto materiale alla creatività rappresentativa del Padre Creatore. Si obietterà che il Nulla non può essere considerato una Persona coeterna e consustanziale alle altre Tre, bensì un pensiero immaginativo del Padre Creatore, ma in tal caso dovremmo attribuire a quest’Ultimo un comportamento insensato. Infatti, invece di concepire direttamente la materia del creato traendola da Sé, al pari dello spirituale corpo del Figlio Creatura, compie il tortuoso giro di concepire prima il Nulla.
In altro saggio stabiliremo quale delle due ipotesi sia più coerente con quanto teologicamente immaginato; al momento ci preme mettere allo scoperto il fine cui mira il concetto del Nulla, il quale è racchiuso nella seguente obiezione: nel concepimento umano del Figlio Creatura il Suo corpo viene generato con un perenne status “glorioso” o spirituale, cioè cosciente, e solo incidentalmente con uno status spazio-temporale, per cui il Nulla è servito al Padre Creatore per creare una materia temporale meccanica ed incosciente che in alcun modo contamina la Sua divina ed eterna generatività. Obiezione indiscutibilmente errata! In una situazione atemporale, infatti, non può accadere che Dio “prima” Si concepisca – generi umanamente in modo spirituale e “dopo” anche materiale; o peggio, nell’ipotesi della atemporalità: per un verso Si concepisca – generi in modo conforme alla integrale spiritualità di Sé, e simultaneamente, per l’altro verso, in modo conforme ad un Qualcuno non integralmente spirituale, che potremmo denominare un “Non Sé”. Cioè ad un altro Dio!
Un Dio composto di Due Persone: la Prima capace di concepire una immagine umana mortale del Figlio Creatura, che poi trapassa in quella eterna e gloriosa, ed una Seconda, chiamata il Nulla, che fornisce la materia incosciente della sua manifestazione mondana. Per ovviare a tali cervellotiche riflessioni, risulta conforme ammettere che da sempre e per sempre il Dio Trinitario sta concependosi – generandosi – manifestandosi umanamente con una materia rap-presentativa, o fenomenica, totalmente spirituale. Il fatto che alla effettiva percezione dei tempi presenti, e passati, risulti totalmente incosciente, cioè priva della principale caratteristica della spiritualità, mantenendo solo all’interno di un corretto concetto la sua globale spiritualità, deriva dalla indubbia e sconfinata libertà che dobbiamo concedere al concepimento umano del Figlio Creatura.
Nel corso del lavoro chiariremo non solo che un Dio Trinitario è libero di scegliere tra gli infiniti temi immaginativi che ispirano il Suo umano concepimento, per esplorare esistenzialmente il genere di creatività mentale – rappresentativa che consente, ma anche la natura del particolare tema immaginativo che orienta le presenti e passate esperienze umane, sia fisiche che metafisiche. Scopriamo l’uovo di Colombo se anticipiamo che quest’ultimo è di natura moralista ed animato da una poverissima concezione della creatività divina. Tuttavia contiene elementi che consentono di affermare ragionevolmente che il corpo mondano del Cristo, e di ogni altro umano congenere, rappresenta la costante manifestazione di un super cosciente, e laboriosissimo, Padre Creatore.
Per concludere, due considerazioni enigmatiche. Sembrerà che finora abbiamo fatto della Teologia, ma il termine è pretenzioso, perché certamente abbiamo riflettuto su dio, ma non ancora su Dio. Diciamo che ci siamo mossi dalla periferia, per poi giungere fino al Centro. Iniziare a riflettere partendo da Dio in Sé per Sé, come si usa dire, per poi giungere alla Trinità, dovrebbe porci su un piano più universale del ragionamento, quindi più comunicativo e condivisibile. La Trinità non possiede quel grado di semplicità ed immediatezza intuitiva indispensabile a collocarla al massimo vertice del pensabile. Dato che la riflessione sulla Trinità non è Teologia in senso stretto, si obietterà che sarà certamente Filosofia! Stavolta il termine è vago ed andrebbe precisato. Diciamo, più prosaicamente, che abbiamo trattato di Psicologia umana; o meglio, ne abbiamo impostato i fondamenti filosofici. Il fatto è che se il Suddetto Terzo non Si decide a destarci dal millenario letargo mentale, la nostra precisazione diviene “garanzia” di sicuro vaneggiamento. Suvvia, liberiamo la riflessione e diamo sfogo ad una interiore comprensione con un coro di tre voci!…E così è svelato perché il sottinteso monosillabo ”noi” è il soggetto ragionante del libro.
Autore: Luigi Loreto
Messo on line in data: Ottobre 2010