CREATIVITA’ DIVINA di Luigi Loreto

L’immensa creatività di una insostenibile idea

Premessa: l’articolo che segue è in realtà un estratto del mio libro inedito La creatività divina (una rivoluzione ideologica), a cui ho attribuito un titolo funzionale alla presente esigenza di esposizione. Il libro sviluppa ragionamenti alla luce di un fondamentale tempo creativo, un concetto di semplice presentazione, ostica assimilazione e dirompente valenza esplicativa, in quanto non solo contribuisce a ridefinire in termini più ragionevoli e vitali il concetto di Dio, ma rivoluziona in senso democratico l’umano-divino rapporto creativo. In gran parte il libro ha una tessitura propositiva, ma ho scelto di presentarne un aspetto critico per la diffusa conoscenza degli argomenti trattati.

 

I ragionamenti che seguono tratteranno molte delle idee già espresse sul Divino, ma stavolta le inseriremo in una considerazione evolutiva. Vorremmo che si tenga sempre ben presente che il Divino vive e comunica in noi attraverso il filtro formativo della nostra consapevolezza mentale, perciò se spesso non Lo mostreremo all’altezza del Suo rango, la sottostima si deve alla povertà razionale delle idee con cui abitualmente Lo definiamo.

Una Eterna e Divina Supercoscienza si accorge, ad un certo momento della Sua enigmatica esistenza, di vivere da sempre senza aver creato niente, così decide di nascere alla creatività. Nel volgere di sei giorni, tuttavia, creativamente muore, perché al settimo definitivamente Si riposa. Nel breve lasso di tempo creativo la Fantasiosa Supercoscienza riesce ad immaginare, e dar vita, non solo all’utile idea di settimana, ma anche a due assurdità, precisamente a quel che assolutamente non può esistere (il “nulla” della “creatio ex nihilo”), e a quel che esiste senza coscienza, e dunque Le è opposto (la materia estratta dal nulla). Nel contempo dà luogo ad un processo di individuazione che avviene su due distinti fronti: il primo all’interno della Sua Supercoscienza, dove genera Individui Divini denominati Angeli; il secondo all’interno della materia, cioè del nulla cosciente di sé, dove vi alita la Sua Vitalità Supercosciente. Vien da sé che risultando quest’Ultima contaminata dalla materia incosciente, può dar luogo soltanto ad Individui “Simildivini”, denominati Umani. Accade, però, che gli Individui Divini generino una conflittuale dissociazione moralista all’interno della Divina Supercoscienza (Bene Vs Male) e poiché da ciò consegue che il Simildivino risulta moralmente migliore del Divino, ecco che l’Accorta Supercoscienza insinua il conflitto fra gli umani (albero della conoscenza del bene e del male), con la segreta speranza che l’accolgano e salvaguardino la Divina Coerenza.

 

Prima di proseguire il racconto evolutivo facciamo una prima pausa di riflessione per accertare se derivi ancora dall’esclusivo ingegno della Divina Supercoscienza la genesi di una altro contenuto immaginativo, resosi operativo dal settimo giorno in poi e finalizzato a governare e tenere in vita il creato senza la Sua assidua attività creativa, ormai completamente dismessa. Esso può essere così espresso: una intelligenza spersonalizzata governa meccanicamente tutto il creato per mezzo di un sistema di invariabili “leggi naturali”. Vien facile verificare che l’ispirazione di questa praticità la Supercoscienza l’abbia tratta dal più fondamentale atto degli Individui Divini. Essi si sono dissociati lungo la linea di demarcazione fra il “Bene e Male” non già come delle Entità liberamente oscillanti fra i due poli moralisti, bensì come delle Entità necessariamente buone o malvagie. In pratica si sono autoeletti “Perfetti Automi”, perché senza più scelta promuovono ed attuano l’unica modalità espressiva di comportarsi invariabilmente bene o male.

Il divino auspicio viene umanamente esaudito, ma il fatto si converte in un più grave attentato alla Divina Coerenza. Non può accadere, infatti, che i Simildivini, divenuti cattivi in virtù della scelta, lo restino per sempre e ciò per due ragioni: 1)la loro cattiveria consegue alla volontà di conoscere “il Bene ed il Male”, non certo soltanto il Male; 2)la Divina Supercoscienza non può fare a meno di convertire alla causa della Bontà quanti più umani possibili, perché obbligata a comportarsi invariabilmente bene. I Simildivini, dunque, oscillano fra “Bene e Male” e ciò concede loro quello status di individui liberi del tutto assente sia negli Individui Divini che nella stessa Supercoscienza. Di nuovo il Simildivino risulta migliore del Divino, ma essendo stavolta il confronto sostanziale, l’incoerenza può sanarsi in un solo possibile modo: considerare il Divino ed il Simildivino parti integranti di un Unico Individuo. La Regale Supercoscienza deve giocoforza riconoscerSi “Divina-Simildivina” e ciò significa che: a)la Sua genesi Simildivina risulta un atto che compie da sempre e per sempre, cioè perennemente attuale; b)la materia della Sua genesi Simildivina si svela coeterna; c)il vivere nella materia diviene un suo naturale e privilegiato stato d’essere.

 

Nonostante la Divina Supercoscienza fosse alle origini una mera Nebulosa Creativa, impegnata a dare genesi al tutto manipolando inesistenza ed incoscienza, la semplice decisione di alitare una similitudine di Sé nell’improbabile creato che ne è sortito, fa divenire la materia del creato non solo un elemento imprescindibile della Sua Autodefinizione, ovvero della Consapevolezza che ha di Sé, ma anche una Sua diretta e cosciente fattura, perché non può darsi che una Divina Supercoscienza coabiti con una estranea e totale incoscienza. Vien da sé che la natura simildivina della Sua consapevolezza umana acquisisce un’origine concettuale differente da quella di “contaminazione”. In tal modo la Divina Supercoscienza può finalmente fregiarSi del legittimo titolo di “Creatore”, il quale compete solo a quella Divinità che manipola creativamente, e senza contraddizione, esclusivamente consapevolezza.

Presto o tardi il Novello Creatore dovrà proclamare al tutto cosciente la Sua composita natura e finalmente Si pronuncia col nome umano “Cristo”. Vien reso noto, anzitutto, che l’umana creatura Cristo è scaturita direttamente da Se Stesso, ovviamente senza cattiveria, ma tale Rivelazione innesca il terzo più grave attentato alla Coerenza. Stavolta umana, soltanto umana! Infatti la buona novella della nascita divina del Cristo equivale ad un semplice ragionamento filosofico, da sempre implicito in, ed accessibile a, ogni mente ragionevole, il quale opportunamente personalizzato suona così:

“L’autoconcepimento umano del Padre mio genera con un unico atto, ed in un immenso “adesso”, non soltanto me stesso, ma ogni essere umano presente, passato e futuro e ciò per l’evidente ragione che essendo il Padre un Creatore equanime e senza tempo, non può concepirSi umanamente con due differenti atti, simultanei o temporali che siano: uno che riguarda il “Sé” ed un altro che riguarda il “Non Sé”. Chi crede in me, crede nella propria diretta discendenza divina.”

Ogni conterraneo del Cristo, che sia contemporaneo o meno, per divenire suo legittimo seguace deve semplicemente riconoscersi un diretto discendente dell’unico Creatore e Suo purissimo primogenito, atto facilmente conseguibile coltivando i significati impliciti ed espliciti della sua nascita divina. Accade, invece, che si riconosca esclusivamente figlio del “Divino Non Sé”; peggio: diretto discendente di colui che Costui generò in alternativa al Cristo, un inetto comunemente denominato Adamo. A rigor di logica, e per renderne più degna la figura e funzione, Adamo dovrebbe essere considerato un simbolico primogenito temporalmente primo, che su mandato di ogni atemporale confratello umano, tra cui il Cristo!, accettò la divina proposta di esplorare esistenzialmente il Bene ed il Male. Sulla fondamentale miscredenza nel “Divino Sé”, che genera equanimemente ogni Sua individuale e atemporale immagine umana, i pronipoti di Adamo pronunciano un atto di fede incentrato sulla figura del Cristo e riguardante una serie di fatti ritenuti reali, ma in larga parte solo mitologici, che hanno la seguente scansione rituale: un conterraneo dichiara di essere, come tutti, figlio dell’unico Padre Creatore, gli altri seguitano ad eleggersi figli di un padre creatore umano e conseguentemente non possono che “sacrificare” in modo violento (crocifissione) una affermazione tanto avversa alla loro più fondamentale convinzione. Salvo ricredersi quando scoprono, dopo il sacrificio, che ascende direttamente verso il Padre Creatore. Il sacrificio garantisce la verità di quanto il Sacrificato ha affermato circa la propria diretta provenienza divina, perciò riconoscono che il nucleo del suo significato risiede nel sacrificio che l’ha disvelato. Lo stesso che dire: credo nel sacrificio della divina verità. Non si riesce ad immaginare niente di più contraddittorio! Ed infatti avviene che per due millenni ogni cristiano si impegna a sacrificarla tentando di conseguire, in Terra ed in Cielo, una astratta comunione spirituale col Cristo.

 

Il fatto è che in Cielo incontrano il Cristo con la sua spirituale, o “gloriosa”, immagine corporea, e certamente la prima cosa che chiede ad ogni dotto credente è: “Cosa ne hai fatto della tua fisica immagine? Ben vedi, e ben potevi sapere, che in questa celeste dimensione ogni corpo fisico mostra una evidenza spirituale, perciò, dimmi, come ti sei relazionato ad esso? Come qualcosa che proviene, in prima istanza, direttamente da Dio o dai tuoi genitori? Conosciamo entrambi la risposta, allora ascolta quanto ho da chiarirti e decidi tu cosa è più opportuno per te: io vedo davanti a me un punto di incorporea consapevolezza, che ha consegnato all’insenziente intelligenza naturale del mondo la propria immagine materiale umana ed ora pretende di stare in compagnia di chi l’ha considerata costante fattura divina e perciò conservata integra in Cielo.”
Certamente ogni sincero credente bramerà di rinascere, per divenire effettivo cristiano e vivere con l’autoconsapevolezza di un dio l’avventura terrena, ma sembra che fino all’Anno Domini 2008 non ci sia ancora traccia di simili volenterosi.

Nel “Cielo” della consapevolezza mentale umana il corpo materiale del Cristo vi è asceso fino al punto di essere considerato una entità spirituale che costituisce una parte integrante dell’unico Dio. Ciò dovrebbe indurre ogni sapiente a considerarlo eterno, cosciente di sé e perciò stesso individuale, perché queste sono le minime connotazioni di un’entità spirituale. Impera, invece, un’assordante silenzio! Se a tale misconoscimento aggiungiamo quello ancor più eclatante riguardante le implicazioni della nascita divina del Cristo, possiamo tranquillamente affermare che ogni individuo umano vissuto fino all’anno Domini 2008 sia venuto all’esistenza con la precisa volontà di esplorare la creatività esistenziale di un progetto di vita mentale denominabile “Moralismo”.

 

Viene spontaneo chiedersi: “A che prò la Rivelazione del Cristo, se sul piano della lucida consapevolezza mentale è passata del tutto inosservata?” Sulla sua Persona si è ricamato un mito del Sacrificio Divino che indubbiamente ha reso spirituale il vile corpo materiale umano, ma il lasciarlo ostinatamente muto equivale a non cambiare assolutamente niente, sia sul piano conoscitivo che esistenziale. Ciò che appare realmente nuovo è la manifestazione di un tipo umano altamente contraddittorio, che per un verso alberga dei contenuti divini che hanno sconfessato la loro origine immaginativa, per l’altro ne è ignaro, perché preferisce mantenerli imbalsamati nelle solite contorsioni mentali. Tale dissociazione psichica è stata efficacemente colta da un alunno di quinta elementare, il quale alle soglie del terzo millennio raccontò il seguente sogno: In Cielo Gesù scambia l’anello della sua mano destra con quello della mano sinistra del Principe dei demoni. In Terra solo il piccolo sognatore si accorge del fatto epocale e ciò lo induce a percepire una strana alterazione del tempo (non ricordo se le 24 ore si fossero ridotte a due; oppure se il tempo si fermasse per due ore; o altro). La colpa della generale inconsapevolezza è da imputare ad “un angioletto ed un diavoletto ribelli”, che vivono tra gli umani e vogliono che gli eventi terreni seguano il solito corso.
Le nostre idee sul Divino sono autonomamente evolute oltre il moralismo, precisamente con la nascita del Cristo, ma del fatto può averne cognizione solo qualche bambino che si prende una vacanza onirica dalla diuturna consapevolezza. Gli adulti sapienti si sono concessi, al meglio, una vacanza dal consueto disprezzo del vile corpo materiale, anche se di Uno solo e con l’accortezza di renderlo un Simulacro unicamente da adorare. Eppure, a ben considerare, quel vuoto Simulacro spirituale contiene una precisa volontà evolutiva.

La spiritualizzazione del corpo del Cristo rende implicitamente spirituale, e perciò degna di conoscenza ed esperienza, la materia del mondo che lo compone. Conoscere spiritualmente la materia del mondo, ovvero il creato, equivale a conoscere dei meccanismi, perché il concetto di “Spirito” che impregna di significati la materia è completamente meccanico. Se non ché conoscere dei meccanismi che passano per spirituali rischia di essere profondamente eversivo per la stessa volontà umana che sostiene il progetto di vita denominato Moralismo, in quanto metterebbe troppo allo scoperto i suoi contenuti e finalità. Tale progetto orbita attorno al concetto di una Divinità meccanicamente spirituale e creativamente incosciente, la quale garantisce che ogni sorta di percezione, comprensione e spiegazione, fisica o metafisica, sia rigidamente meccanica o causale. Infatti essendo dei meccanismi spirituali governati per definizione da leggi intelligenti, ed essendo la loro sistematica conoscenza un sistematico esercizio di intelligenza, presto o tardi si avrà intelligenza anche del reale stato d’essere meccanico del Divino Spirito che li fonda. Resterebbe una conoscenza esercitata nel vuoto di ogni idealità che si situi oltre la mera sopravvivenza meccanica. Occorre assolutamente vincolarli ad un tipo di conoscenza che non solo prescinda dall’idea di Spirito nel suo campo di osservazione, ma che si dichiari costituzionalmente incapace di conoscerlo e spiegarlo.

 

Tale tipo di conoscenza si è storicamente manifestata con il nome di Scienza, la quale affermando che non c’è alcuna Intelligenza all’origine dei meccanismi intelligenti, poiché si sono formati per caso, ha preso tacito atto di quel che filosoficamente c’è: un Creatore così improbabile, da risultare razionalmente inesistente.

In termini molto generali la conoscenza meccanica, o scientifica, del mondo materiale sostiene il progetto umano di esplorare tutte le potenzialità espressive di una consapevolezza mentale totalmente racchiusa in se stessa e che prescinda dall’apporto solidaristico di ogni altro genere di consapevolezza, finanche quella Divina. Quest’Ultima l’ha ridotta ad esercitarSi in una eterna ed univoca attività moralista, al fine di rimuoverNe la intramontabile creatività materiale, l’attività più intrusiva, invadente ed incontrollabile che possa minacciarne la chiusura. Lo scopo l’ha ottenuto col rendere dapprima sbrigativa la divina creazione, quindi porla accortamente all’esterno della Consapevolezza Divina e infine lasciarla regolare da meccanismi che, date le premesse, appaiono logicissimi.

 

Fin quando, e soprattutto fin dove è possibile portare avanti un tale progetto di vita? Il “dove” si sta progressivamente precisando come ”equilibrio esistenziale”, in quanto stiamo scoprendo che risulta assai fragile sotto le esclusive cure di una conoscenza meccanica. Quest’ultima non può risultare che predatoria nei riguardi di ogni vivente risorsa, in quanto al servizio di una consapevolezza mentale che considera il tutto coscientemente morto e solo se stessa viva. Fortunatamente esiste la possibilità di utilizzare una decisiva risorsa mentale.

La conoscenza meccanica è pur sempre esercizio di intelligenza e presto o tardi l’individuo umano dovrà usarla in modo nuovo per far fronte agli evidenti guai esistenziali fatalmente prodotti dalla esclusiva intelligenza di un mondo coscientemente morto. Dovrà necessariamente scegliere quel che poteva trascurare prima del suo storico svolgimento, così si chiederà di quale natura sia la più ampia Intelligenza che fonda la sua vivente intelligenza. Scoprirà che, consistendo in un “Creativo Nulla”, sostanzialmente Esso persegue (mito della fine del mondo) e converrà che il nihilistico obiettivo lo sta conseguendo proprio grazie a se stessa, in virtù del grottesco paradosso di una travolgente creatività tecnologica e materiale. E tuttavia non si cruccerà della storica scelta di rinserrarsi, a dispetto di ogni ragionevole evidenza, nella propria “eletta” chiusura mentale, in quanto considererà che ha dato luogo ad uno stile di vita unico ed originalissimo tra le infinite attualità esistenziali, ed in molti aspetti largamente apprezzabile.

 

La scelta dell’individuo umano di sacrificare il significato della nascita divina del Cristo, un sacrificio, ribadiamo, avvenuto soltanto nella psiche, ha consentito di esplorare creativamente la dimensione fisica, oltre che metafisica, della propria chiusura mentale. Tale esplorazione si è incentrata sulla dinamica del meccanismo, l’unica modalità espressiva possibile per un mondo fisico espiantato da ogni sorta di solidaristica coscienza e per un mondo metafisico impiantato sulla costrizione ad essere buono o cattivo. Poiché è ragionevole ritenere che il Cristo sia un nostro coscientissimo e veggente congenere, non è possibile supporre che sia venuto ignaro del fatto che la proclamazione della sua, e di tutti, divina discendenza innescasse l’elaborazione mitologica del mito del sacrificio divino, la conseguente spiritualizzazione della materia del mondo e la logica traduzione di quest’ultima in una evoluzione meccanica prodigiosamente e materialmente creativa. Diciamo che si è incarnato con la consapevolezza di offrire una duplice opportunità esistenziale, su una delle quali è caduta la scelta che stiamo tuttora sperimentando. L’altra opportunità, incardinata sulla cognizione della purissima generazione atemporale di ogni individuo umano, e dunque sulla sua divina incarnazione temporale, la stiamo egualmente esplorando come individui possibili di un mondo possibile, e ciò per il fatto, già evidenziato, che per la atemporale creatività divina non può rimanere inespressa ogni opportunità esistenziale.

Poiché non è ragionevole supporre che il presente corso evolutivo sia creativamente ottuso fino all’autolesionismo, presto o tardi accadrà che uno stato più o meno acuto di crisi ci metterà nuovamente di fronte alla sempre attuale scelta esistenziale. Tutto si giocherà sulla tenuta volitiva di quegli individui, inizialmente pochi, che convertiti ad una ragione ideale dei fatti umani e divini riusciranno a sostenerne l’affermazione più fondamentale, cioè che il corpo è veicolo e sede di una consapevolezza sommamente creativa. L’affermazione non dovrebbe suonare avversa per un mondo cristiano che, nonostante celebri riti scientifici alla sua incosciente meccanicità terrena, l’ha pur sempre sistemato su altari oltremondani. Comunque, potrebbero accadere due fatti a sostegno dell’antica-nuova rivelazione. Il primo è di natura psichica, ma avrà la forza naturale del bisogno della fame, della sete, del caldo, del freddo, della minzione… perché identica è l’origine della sua manifestazione. Ad esempio, è probabile che a molti scettici accadrà qualcosa di simile a ciò che ha oniricamente subito il sottoscritto, che a suo tempo viaggiava fiducioso verso la Terra Promessa del progresso scientifico:

Sono a bordo di un’astronave e sto viaggiando assieme ad altre persone per un’indefinita esplorazione. Siamo una sorta di fiduciosi Conquistadores. Ad un certo punto la nave spaziale si blocca per un guasto, e mentre il capitano cerca di rimediare, avverto la vaga sensazione che nel mio corpo risuoni una voce che racconta in tempo simultaneo la nostra vicenda. L’astronave riesce a ripartire, un altro intoppo la costringe a fermarsi, e di nuovo il mio corpo capta una voce che descrive in simultanea i nostri comportamenti. Anche gli altri membri dell’equipaggio divengono consapevoli di quello che mi sta accadendo e maturiamo la convinzione di essere come dei personaggi di una favola che una donna sta raccontando ad un bambino in un altro piano di realtà. Decidiamo di far intervenire nella nostra “favola” queste misteriose personalità, ed ecco venire in nostro soccorso un’energia potentissima, che fa muovere ripetute volte la navicella in un campo di forza, come se fosse alla ricerca della giusta posizione di partenza. L’astronave si arresta infine in un punto decentrato del campo di oscillazione, pronta a ripartire, ma noi tutti ormai sappiamo che il vero cen­tro motore della nostra esplorazione è il corpo, nel quale risiede l’energia potentissima di una coscienza creativa.

 

All’epoca della produzione di questo sogno ero alquanto digiuno, e tuttora lo sono, di una conoscenza teologica specialistica, eppure esso ha fatto insorgere in me non solo il “potentissimo” impulso ad interessarmi della Creatività, ma anche ad elaborare, ed il fatto tuttora mi sorprende, una visione teologica alternativa a quella vigente. Pensiamo a ciò che potrebbe accadere se una simile esperienza smuovesse e motivasse persone realmente talentuose!

Il secondo fatto è strettamente razionale ed è legato alla figura del Cristo. Quel che è storicamente accaduto rappresenta la totale negazione di quel che il Cristo ha rivelato di sé, perciò vien logico pensare che un’apprezzabile diffusione delle affermazioni esplicite ed implicite collegate al suo divino concepimento siano soprattutto preparatorie ad un suo secondo avvento. Perdinci, dovrà pur raccogliere quel che ha seminato! Certamente non si chiamerà “Cristo” e verrà non già per rivitalizzare l’insipienza della Religione che si fonda sul suo nome, bensì ad offrire un differente genere di evidenze a chi sia pronto o voglia convincersi. Costoro renderanno semplicemente possibili sia le vecchie evidenze, sia tutti coloro che vogliono coraggiosamente sperimentare la “magnificenza” della distruzione che annunciano.

 

Autore: Luigi Loreto
Messo on line in data: Ottobre 2009