UOMINI E LUPI di Devon Scott
La figura del licantropo nell’immaginario
La parola “licantropia” deriva dal greco lykos (lupo) e anthropos (uomo); indica quindi la trasformazione di un uomo in un animale selvaggio, solitamente (ma non sempre) un lupo.
Si hanno testimonianze scritte di questa credenza già presso i Greci, che erano convinti che nella regione della Tessaglia ci fossero streghe tanto potenti da potersi trasformare in animali.
Erodoto cita una caratteristica degli Sciti, popolazione che proveniva dalle steppe della regione del Caucaso, presso il Mar Caspio: questi nomadi selvaggi, noti per la loro abilità come cavalieri, che vivevano di razzie nei territori confinanti, si potevano trasformare in lupi per 48 ore, una volta all’anno.
Questa loro speciale facoltà era dovuta al fatto che il popolo era frutto di un accoppiamento fra umani e demoni; inoltre essi avevano l’abitudine di collezionare le teste dei nemici, di scotennare le vittime, di bere il sangue del primo nemico ucciso ogni giorno, per mantenere intatta nel tempo la propria bestiale ferocia.
Anche presso i Romani esistevano leggende sui lupi mannari, ma erano soprattutto comunissime nei paesi dell’Est europeo.
Nel Medioevo le leggende si moltiplicarono; il licantropo era censito tra i mostri del Liber Monstruorum, tra chimere, unicorni, basilischi e vampiri.
Si pensava che i licantropi fossero stregoni, condannati dal diavolo a trasformarsi in lupi e a errare di notte in cerca di vittime.
La trasformazione era rapidissima, perché questi esseri avevano il pelo di lupo appena sotto la pelle. A tale proposito il famoso medico Pomponazzi, noto per aver affermato che la stregoneria era tutta un’invenzione, raccontò che gli era stato portato un giorno un contadino, il quale affermava di essere un licantropo e passava le notti di luna piena ululando. Il poveretto era ridotto male perché, non avendo affatto l’aspetto di un uomo-lupo, i suoi vicini lo avevano tagliuzzato con un coltello per vedere se aveva sotto la pelle il pelo del mostro. Pomponazzi lo curò pazientemente, sia dalle ferite, sia dalla sua malattia mentale.
Nel 1600 furono pubblicati in Francia ed in Germania numerosi trattati sulla licantropia, che riportavano le dichiarazioni di “attendibilissimi” testimoni presenti alle trasformazioni. Si ebbero anche casi di mogli denunciate dai mariti, che affermavano che le donne si trasformavano di notte in orribili bestie pelose, uscendo poi a fare strage di pecore, di cani e perfino di bambini: le sventurate finirono sul rogo. Superstizione o un comodo mezzo per liberarsi delle mogli?
Per eliminare i lupi mannari ogni paese aveva i propri metodi, più o meno cruenti: alcuni andavano per le spicce e consigliavano un coltello d’argento piantato nel cuore (sostituito, in tempi più recenti, quando la tecnologia lo consentì, con pallottole d’argento); altri preferivano il fuoco, altri ancora la decapitazione, come per i vampiri. Nel Poitou, regione della Francia Occidentale, i lupi mannari erano talmente comuni che si preferiva dare loro un colpo di tridente in mezzo agli occhi, per costringerli a tornare in forma umana senza far loro del male (a parte un bel mal di testa).
A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, le ipotesi sul fenomeno sono state indirizzate verso la trasfigurazione e verso il trasferimento di sensibilità.
La trasfigurazione è rara, ma è stata descritta da chi ha studiato i fenomeni spiritici. Allan Kardec (pseudonimo di Hippolyte Léon Denizard Rivail, 1804-1869), che per primo codificò i fenomeni spiritici e medianici, ne parlò nel suo Libro dei Medium, come una mutazione del volto o addirittura del corpo del medium, con stravolgimento dei lineamenti, contrazioni anomale della muscolatura e apparizione di baffi, barba, cicatrici ed escrescenze, il tutto di natura ectoplasmatica.
E’ stato coniato il termine di “ideoplastia” per indicare questa specie di maschera che ricopre il viso del medium durante la trance; responsabile della trasformazione sarebbe la mente del medium.
Il trasferimento di sensibilità riguarda sempre individui in stato di trance, che però, in questo caso, trasferirebbero la loro sensibilità in una persona o in un oggetto; per esempio, un medium fu invitato a trasferire la sua sensibilità in un bicchiere d’acqua; questo fu messo al freddo e il medium cominciò a tremare per il freddo.
Quindi, in caso di trasfigurazione, il soggetto cambierebbe i propri connotati fisici, assumendo quelli di un mostro; in caso di trasferimento della sensibilità, il soggetto “entrerebbe” psichicamente in un animale, subendo eventuali ferite infertegli.
Queste sono, ovviamente, solo delle supposizioni, più o meno accettabili, per cercare di dare una spiegazione logica a un fenomeno del tutto inspiegabile. Oggi si preferisce pensare alla licantropia come a una psico-patologia affine alla schizofrenia, per cui il malato affianca, alla sua identità umana, anche una personalità animale.
Autore: Devon Scott
Messo on line in data: Maggio 2003