FUORI DAL CASSETTO di Redazione

Finalmente il nostro libro è finito ed è arrivato il fatidico momento di tirarlo fuori dal computer (il “cassetto” dello scrittore moderno).
Ci è costato tanta fatica, sforzo fisico e mentale, tempo libero sacrificato e innumerevoli ore di lavoro.
Adesso dobbiamo prepararlo per l’editore, che per noi rappresenta il primo impatto con il pubblico. Vediamo cosa fare per presentarlo nella sua forma migliore, sotto ogni aspetto.

 

La stampa e l’impaginazione delle bozze da inviare

Andreste a un colloquio di lavoro con un vestito sporco e stazzonato? Con le unghie listate di nero? La barba lunga? Lo smalto delle unghie scheggiato? Le calze smagliate? Una messa in piega che vi faccia sembrare una strega? Basta, ci siamo capiti. La confezione del libro è il vostro biglietto da visita: fatevi conoscere come professionisti della scrittura che sanno quello che fanno.
In primo luogo, il libro va stampato e rilegato, perché la quasi totalità degli editori chiede le bozze in forma cartacea, raramente via e-mail (molti non aprono neppure gli allegati, per paura dei virus).

La cartella standard, formato ideale per impaginare e stampare il vostro libro, è un foglio dattiloscritto di trenta righe con 60 battute per riga; alcuni concorsi hanno regolamenti che impongono un certo numero di righe e battute, ma di norma 30 per 60 va benone. Scegliete un tipo di carattere che vi piaccia, ma non siate troppo originali o eccentrici; per fare un esempio, non mettete sulla carta caratteri che sembrano grondare sangue solo perché state scrivendo un racconto dell’orrore: pensate agli occhi del poveretto che vi dovrà leggere.
Sono ottimi, poco affaticanti per la vista e non “impastano” le lettere i font Book Antiqua (quelli che state vedendo), Garamond, Times, New York, Palatino, Verdana e Baskerville. Per lo stesso motivo, non scegliete un corpo troppo piccolo e un’interlinea (cioè lo spazio tra le righe) troppo stretta, perché molti amano fare correzioni e note proprio nello spazio dell’interlinea.

Una rilegatura molto semplice impedirà ai vostri fogli di svolazzare e perdersi nell’ufficio di chi vi leggerà. Potete andare in un negozio di fotocopie, far bucare un lato e farvi mettere una spirale di plastica (al prezzo di circa 3 euro); più comoda e bella la termocopertina, con un bordo pre–incollato che si scioglie col calore e attacca i fogli. Più casalinga ed economica quella che si ottiene incollando il bordo, dopo aver ben allineato tutte le pagine e averle fermate con due tavolette di legno fissate da morsetti. Per nascondere la colla potete rifinire il dorso con scotch telato colorato (attenzione: se la colla è data male, appena si apre il libro il dorso si rompe). Se le pagine non sono troppe, si può usare il bordo di plastica a U, che si infila sul lato del dorso e tiene ferme le pagine; oppure una cartelletta di plastica con fermo laterale. Scegliete voi, secondo i vostri gusti e le vostre tasche.

 

Il controllo del contenuto

Rileggete un milione di volte quello che avete scritto. Gli errori non saranno mai l’unico motivo per rifiutare un libro, ma certo molti errori di battitura non fanno buona impressione, per non parlare di quelli di ortografia, punteggiatura, grammatica e sintassi: ricordatevi che, fino a prova contraria, state cercando di proporvi come scrittore, quindi si suppone che conosciate bene la lingua che state usando.
Il controllo del contenuto è una nota davvero dolente; se non avete chi vi può correggere il testo, almeno ricorrete agli strumenti di testo del vostro computer: Word per chi lavora in ambiente Windows, iPages per chi usa il Macintosh, o successivi. Accenti tonici al posto di quelli gravi e viceversa (un classico è perchè invece del corretto perché), spaziature sbagliate, errori nella digitazione di una parola (editoe invece che editore): sono tutti refusi che possono essere eliminati col semplice comando “controlla l’ortografia del documento”, quindi non avete scuse se nelle vostre bozze se ne trovano ancora.

 

La scelta dell’editore

Può sembrare strano, con le migliaia di editori che ci sono nel nostro paese, ma non è affatto facile trovare l’editore giusto; anzi, questo è il momento in cui è più facile sbagliare. Scegliamo con la massima cura gli editori che fanno al caso nostro, in base al tipo di opera che stiamo proponendo (narrativa, saggistica, poesia, manualistica), perché è inutile disturbare chi pubblica esclusivamente narrativa se abbiamo scritto un manuale di astrologia araba. Inutile e controproducente. Dalle lamentele che riceviamo dagli editori abbiamo dedotto che la maggior parte degli scrittori esordienti non si informa sulle pubblicazioni di un editore: parte lancia in resta e spedisce allegramente poesie a chi pubblica solo saggistica, narrativa a chi è specializzato in raccolte di poeti defunti, racconti sentimentali a chi pubblica testi scientifici.
Lo scrittore in erba oggi ha un grandissimo aiuto nel web; quasi tutti gli editori hanno il loro sito internet, con l’elenco dei libri pubblicati e talvolta perfino una pagina con le modalità per spedire inediti, riservata agli autori esordienti. Una buona norma sarebbe dare sempre un’occhiata al catalogo della casa editrice prescelta, perché permette anche di orientare la scelta: se, per esempio, l’editore ha pubblicato sei mesi fa un manuale di astrologia araba, è poco razionale aspettarsi che adesso voglia pubblicare anche il nostro. Collezionare rifiuti per aver scelto case editrici sbagliate è davvero deprimente (e ci fa anche sentire un po’ stupidi).

 

Il contatto con l’editore

Come prendere contatto con l’editore? Inviamo il nostro libro a tutti gli editori che pubblicano testi come il nostro? Ne selezioniamo alcuni e inviamo loro le bozze? Telefoniamo in redazione per sentire che aria tira? O è meglio una lettera di presentazione del libro? O, ancora, una mail?
Sconsigliamo l’invio dell’opera completa a tanti editori, perché se la si stampa è una scelta molto costosa e si rischia di finire nel mucchio della roba che, non essendo stata richiesta, non crea l’obbligo morale di leggerla: i cosiddetti “invii spontanei” sono la bestia nera di ogni editore, specialmente per chi ne riceve centinaia ogni settimana e fatica a muoversi in stanze intasate da mucchi di pacchi, che restano a prendere polvere finché qualcuno non decide di buttarli via, magari senza neppure aprirli. Ma se preferite prendere questa via, accettate un consiglio: alcuni dicono di inviare col libro una busta già affrancata per farvi restituire il dattiloscritto dalla casa editrice, nel caso venisse rifiutato. Non fatelo!

Sappiamo che nuove copie costano, ma la stessa copia che gira dopo un po’ assumerà un aspetto squallido e triste, denunciando (coi suoi fogli sporchicci e le sue pagine con le orecchie) un penoso viaggio tra i rifiuti degli editori. E perché mai un editore dovrebbe pubblicare ciò che tanti altri hanno già rifiutato?
La telefonata è la più immediata, ma nelle case editrici spesso c’è poco personale e molto indaffarato, per cui potrebbe capitarvi di sentirvi dire subito di no da uno che è oberato di lavoro e non ha tempo da dedicarvi. Le lettere cartacee potrebbero finire nella spazzatura…
La mail è la soluzione migliore e anche la più economica, perché lascia tempo all’editore per pensarci prima di rispondervi; inoltre potete spedire mail a più editori contemporaneamente per saggiare il terreno.

Quando se ne sa il nome, la mail andrebbe inviata alla cortese attenzione del dott. Caio Sempronio, direttore editoriale. Se non si sa chi è, indirizzarla comunque al “direttore editoriale“, che nelle piccole e medie case editrici si occupa della lettura dei libri che arrivano; le grandi case hanno invece redattori ed editor per ogni collana.
Una parte della mail fornirà qualche dato sull’autore, il titolo dell’opera, eventualmente le motivazioni per cui uno ha scritto il libro, a che target si rivolge, precedenti esperienze, ecc. Un’altra conterrà una sinossi, cioè un breve riassunto del libro, utile per le opere di narrativa, indispensabile per definire lo schema di quelle di saggistica o manualistica.
Se decidete di spedire il libro, per farlo arrivare nelle migliori condizioni possibili è opportuno metterlo in una di quelle buste foderate di plastica a pastiglie morbide. Lo si può mandare per corriere espresso (consigliato solo agli scrittori nababbi), per posta celere, per raccomandata, come pacco ordinario, come “piego di libro” semplice o raccomandato (la soluzione più economica, con un lato apribile per ispezione postale).

 

Le precauzioni antifurto

Nessuno può impedire il furto di un libro, ma c’è da fare la banale considerazione che è molto difficile che qualcuno voglia derubare un esordiente. Se comunque volete proteggervi dai ladri di idee, ci sono due strade: la più economica consiste nel fare un pacco col vostro libro e spedirlo a voi stessi per raccomandata, chiedendo all’impiegato dell’ufficio postale di mettere timbri chiari da ogni lato e sulle parti sigillate. Conservate la ricevuta e il pacco ben chiuso, nell’eventualità di future contestazioni.
La soluzione più sicura dal punto di vista legale è la registrazione alla biblioteca dell’inedito, la OLAF (Opere Letterarie ed Arti Figurative), sezione della SIAE. Potete richiedere il modulo per telefono (06 5990312) o per posta elettronica (E–mail inediti@siae.it o olaf@siae.it, oppure scrivendo direttamente a OLAF, viale della Letteratura 30, 00144 Roma. La registrazione è a pagamento.

 

L’attesa della risposta

Aspettare, che stress!
I tempi delle case editrici sono lunghi, lunghissimi o mostruosi; l’unica cosa veloce sono i rifiuti secchi e netti, mentre per i “no, grazie” (cioè i no motivati), i “forse…” e i “sì” possono passare mesi o addirittura anni (per fortuna solo in pochi, terrificanti, casi). E alcune case editrici non vi faranno neppure la cortesia di farvi sapere qualcosa: otterrete solo silenzio. Mentre aspettate, sono altamente sconsigliate le telefonate per sapere dove è finito il vostro pargoletto di carta. E non fanno miglior figura i solleciti via lettera, sia quelli in tono polemico (ho scritto il capolavoro del secolo, perché non mi avete ancora risposto?), sia quelli in tono patetico (vi supplico, leggete il mio libro, ci ho messo tutta la mia anima!).

Di solito è una telefonata ad avvertire l’autore che la casa editrice ha accettato di prendere visione del libro, nel caso abbiate mandato una mail di presentazione; verrete informati sul nome della persona che lo leggerà direttamente e alla cui attenzione lo spedirete, e alla forma (digitale o cartacea) preferita. Non considerate il libro già pronto per la pubblicazione: il sì alla vostra proposta non impegna affatto la casa editrice, anche se è comunque un passo positivo per voi, perché almeno l’argomento interessa. Se invece il sì arriva dopo la lettura del libro che avete inviato, congratulazioni! Non vi resta che negoziare le condizioni migliori prima della firma del vostro contratto di edizione.

Di solito non è una telefonata ad avvertire che il libro è stato rifiutato. I no vi arriveranno via mail, perché potreste essere tipi emotivi o collerici e le scenate non piacciono a nessuno.
Le forme dei rifiuti sono molteplici. Le più banali vi informeranno che la vostra proposta esula dai programmi dell’editore, o che la casa editrice è satura di impegni editoriali per diecimila anni. Seguirà talvolta un garbato ringraziamento per aver scelto quella casa editrice e sempre auguri di miglior fortuna con la prossima.

Se avete spedito solo la mail di presentazione, può darsi che le risposte dicano esattamente come stanno le cose nella casa editrice o che non interessi affatto l’argomento proposto. Se invece avete spedito il libro intero, allora il no generico potrebbe essere una risposta diplomatica per non dirvi in faccia che la vostra opera non è piaciuta. Le case editrici non sono tenute a segnalarvi quali sono le carenze del vostro libro; qualcuna, molto scrupolosa, lo fa (anche se molto sinteticamente, per ovvi motivi), ma sono pochissime: in questo caso considerate i consigli un tesoro prezioso, perché vengono da professionisti che vi vogliono aiutare a migliorare. Non prendetevela in nessun caso e non fate diventare un dramma i rifiuti di alcuni editori. Ci sono ancora altre strade da tentare per chi vuole pubblicare.

 

Le strategie alternative

E adesso cosa faccio? Per consolarvi vi ricordiamo che Moravia, Montale, Svevo e Joyce si sentirono dire un bel “No!” dall’editore e poi sappiamo tutti come è andata. Per sconsolarvi vi ricordiamo che Musil morì povero e sconosciuto, anche se la critica oggi lo riconosce come uno dei grandi del Novecento.
Siamo molto sinceri con noi stessi: il nostro libro ci sembra davvero valido? Crediamo profondamente nelle nostre capacità tecniche di scrittori? Se la risposta è sì a entrambe le domande, riconsideriamo alcuni passaggi. Il testo che abbiamo mandato ha un aspetto decente? E’ stato accuratamente (a ogni rilettura, si trova sempre qualche refuso: provate e vedrete!) riveduto nella forma? L’abbiamo inviato a un editore che pubblica proprio libri come il nostro?

Se abbiamo fatto tutto questo, può darsi che nel libro ci siano errori concettuali di cui non ci siamo resi conto, o che il nostro stile sia troppo involuto, noioso o pesante. Potremmo anche aver scritto un libro piacevolissimo da leggere, ma impubblicabile, perché tratta un argomento troppo sfruttato (la centoventisettesima interpretazione delle Centurie di Nostradamus).
A questo punto ci restano tre strade, tutte irte di difficoltà, costose e non necessariamente votate al successo:

– rivolgerci a una agenzia letteraria che faccia valutazione di inediti, lavoro di editing sul testo e anche promozione di autori esordienti;
– portare il libro da un editore a pagamento o comunque con contributo (che troverete tra le case editrici), che revisioni il testo e lo pubblichi parzialmente o totalmente a nostre spese;
– improvvisarci editori fai–da–te e promuovere noi stessi il nostro libro, dopo averlo fatto stampare da un tipografo o da un service letterario.