RACCONTO: CELESTE di Nirav Mangal

La vedo, mi avvicino e la guardo, poi la mia mano destra si muove e va a poggiarsi sul suo ventre, sulla pancia; resto in quella posizione qualche secondo poi mi stacco, lei non dice nulla, non mi vede ma mi sente.

Esco di casa e mi reco al mio appuntamento con Mimmo, insieme andremo a vedere una giornata di sport in tv; dovremmo essere parecchi, maschi e femmine, tutti appassionati di sport, ma da quando i televisori sono stati aboliti (non ho mai capito perché, non erano così dannosi) ci si deve accontentare (rischiando anche parecchio) di trasmissioni captate piratescamente da chi è riuscito a nascondere qualche monitor nel periodo del rastrellamento e in seguito, grazie alle capacità di certi elementi (li chiamano hacker) lo ha ritrasformato in un mezzo in grado di ricevere suoni ed immagini (si, perché se per legge le tv le possono avere solo persone di un certo livello, le trasmissioni comunque non si sono mai fermate) e far divertire.

Siamo nel nostro solito posto, praticamente è una cantina trasformata in sala tv, con annesso servizio bar (oddio, più che birra e acqua non gira, non hanno neppure il caffè…), la forma è più o meno ovale, le sedie disposte tutto intorno, un paio di divanetti, tutta roba riciclata o recuperata da qualche parte, ma ancora in buono stato e, in fondo alla stanza, in alto, lui, il televisore. Mentre ci gustiamo una buona birra, seguiamo la giornata calcistica tra grida di rabbia per i gol subiti e salti entusiastici per quelli fatti; ad un tratto mi guardo intorno e noto che sono più le donne degli uomini, in effetti sono almeno il triplo, noi siamo solo sei. Strano; strano ma non troppo, il tempo e la società, nonché l’evoluzione (o involuzione?) stanno cambiando le abitudini a tutti, perciò meglio non stupirsi, potrei restarci male ogni volta di più fino a rifiutare tutto quanto e non mi va di crearmi problemi.

Le partite sono terminate, sto prosciugando la seconda bottiglia e nel frattempo discuto dei risultati con Mimmo, in pratica è un piccolo break in attesa del cambio di canale per potersi gustare qualche altro evento sportivo (mi sembra che parlassero di atletica leggera, ma non sono sicuro), serve anche per dare sfogo alle voglie di qualcuno (parlo di sigarette, non di altre cose) visto che durante la visione queste voglie le deve reprimere.
Ci accomodiamo nuovamente, perché ci hanno avvisato che a breve si riparte, stavolta mi sistemo su una poltroncina bella comoda e mi rilasso proprio, c’è davvero l’atletica e a me piace parecchio, me la voglio gustare. Dopo una mezz’ora sento un brusio che cresce sempre più fino a diventare udibile chiaramente, anche se l’unica parola comprensibile è “celeste”. Cosa significa? Intanto qualcuno ha spento la televisione, guardo Mimmo per capire se sa qualcosa più di me ma anche lui è attonito: <Tu cos’hai percepito?> mi chiede.

<Io ho capito solo la parola “celeste”>

<Anch’io> dice <ma cosa vuol dire?>

<Non ne ho la minima idea>

Mi guardo intorno e vedo che le donne, tutte indistintamente, indossano un abito leggero con un disegno a fiori grandi, i colori sono diversi ma il senso è lo stesso. Non l’avevo notato prima, anzi, mi sembrava avessero abiti normali, non che questi siano “anormali”, però è quanto meno strano che siano vestite in modo similare tra loro.
Mi giro nuovamente verso Mimmo e… non c’è più!
Ho un attimo di panico, con lo sguardo scorro la stanza e osservo i presenti: tutti gli altri maschi sono scomparsi, sono l’unico rappresentante del mio sesso in mezzo ad una ventina di donne vestite quasi del tutto uguali che continuano a sussurrare “celeste, celeste”! Non so cosa fare, cosa pensare… cerco di controllarmi, non voglio fare figure d’un certo tipo, devo stare tranquillo.
“Celeste”. Devo stare tranquillo.
“Celeste”. Devo stare tranquillo, stanno abbassando le luci nella stanza…
Non apro bocca, non ci riesco, è come se le mie corde vocali fossero paralizzate, ma in realtà mi sento un blocco unico di granito, incapace di quasi ogni movimento, l’unica parte del corpo ancora libera è la testa che continua a girare intorno con lo sguardo quasi meccanicamente.
“Celeste, celeste, celeste!”

Forse sta per accadere qualcosa (ho l’impressione di essere in trance), noto che le donne si stanno sdraiando e una volta stese, sia a terra che sulle sedie e le panche, alzano una mano verso l’alto. È la mano destra.
Mi accorgo che finalmente mi posso muovere anch’io, il blocco si è quasi sciolto del tutto, e cerco di fare come loro, mi sdraio per terra ma non alzo il braccio, è come se avessi un divieto interno, c’è qualcosa che mi impedisce di farlo; ha qualcosa a che vedere col sesso? E gli altri maschi dove diavolo sono finiti? Cosa sto facendo? Cosa mi stanno facendo?

Sono tutte domande che mi frullano in testa ma che non escono, la voce ancora non c’è.
Probabilmente ho gli occhi sbarrati, meno male che non ci sono specchi, prenderei di certo paura nel vedermi; intanto “celeste” si fa più forte, ormai non è più un sussurro, è una parola pronunciata regolarmente, con voce normale.
La stanza è ormai in penombra e d’un tratto il silenzio ha la meglio. Con la coda dell’occhio riesco a vedere che tutte sono ancora sdraiate e con il braccio destro alzato, mano aperta, palmo verso l’alto. Io no.
Sento dei movimenti, avverto una presenza forte; d’improvviso davanti a miei occhi appare un volto, è una donna. Mi guarda in silenzio con occhi neri, dolci e profondi e quello sguardo mi entra dentro, mi penetra e mi fa rilassare. Mi sento sciogliere.
Qualcuno prende il mio braccio destro e lo alza fino a che il palmo della mano si poggia sul ventre della donna che mi sta guardando. Sento una voce:
<Toccale la pancia, porta fortuna, lei è Celeste, la cieca che osserva; tocca>

La tocco, ora sono nuovamente padrone del mio corpo e dopo alcuni secondi mi stacco da lei. La guardo, lei mi guarda, so che mi guarda dentro, mi legge. I suoi occhi sono bellissimi, meravigliosi, sono l’infinito e ancora di più, non posso credere che sia cieca.
Una donna la prende per un braccio e l’allontana da me, portandola verso le altre, ancora sdraiate e con la mano verso l’alto in attesa di poterle toccare il ventre. Ora so perché, forse porta fortuna, ma certamente dona serenità, non so chi sia ma è dotata di energia e magnetismo fuori dal comune, credo sia un essere molto positivo.

Ora che si è allontanata cerco di alzarmi, ma la stanza comincia a girare. Mi ritrovo in ginocchio, poggio le mani a terra e mi guardo intorno, il capogiro rallenta la corsa sino a fermarsi; provo ad alzarmi di nuovo ma riparte.
<Celeste, cosa mi hai fatto?> ma le parole restano in gola. Sono di nuovo in ginocchio, osservo le donne, le vedo cambiate, ora sono tutte di colore, corpi abbondanti, visi bruciati dal sole del sud, mi ricordano tutte la Pachamama, la Madre Terra degli Inca.

<Celeste, cosa ci hai fatto?> urlo dentro di me.

Mi alzo ancora una volta e ricomincia il vortice intorno a me; stavolta però l’istinto mi fa muovere in tondo nello stesso senso in cui tutto gira e accade che non m’importa più nulla di dove sia Mimmo, di dove sono io, di cosa sta accadendo… anch’io ora sono vortice, sono un tutt’uno con ciò che mi circonda, mi lascio trascinare dentro, penetro nel cuore, mi dissolvo, sono gioia pura. Sono terra, sono cielo. Sono.

 

Autore: Nirav Mangal
Messo on line in data: Settembre 2005