RACCONTO: I SOGNI DI OSVALDO B. di Mariva

Sulla targa di plastica dorata, quasi un lusso per quel portone dell’estrema periferia, coperto da una vernice vecchia e scrostata, campeggiava la scritta “Osvaldo B.” e sotto, in caratteri un po’ più piccoli, ma sempre in bella evidenza, “Medico Chirurgo. Specialista in Odontoiatria”.
Entrando nell’androne della scala M si vedeva una porta con la scritta “Avanti” e “Studio Dentistico”, su di un cartoncino poco costoso.
La sala d’attesa dello studio era una qualsiasi sala d’attesa, neutra, banale, forse più squallida del solito, con sedie spaiate disposte lungo le pareti, una insulsa musichetta che arrivava da un impianto stereo chiaramente fai-da-te, con le solite riviste vecchie e troppo sfogliate, a parte una che illustrava viaggi di lusso.
Una porta a vetri con la scritta “Toilette” portava a un bagnetto minuscolo, mentre un’altra con la scritta “Ambulatorio” conduceva allo studio vero e proprio; qui, in piedi a fianco della sedia odontoiatrica, Osvaldo B. stava facendo le usuali operazioni di chiusura della giornata, mettendo ordinatamente i ferri usati nello sterilizzatore.

Cicciottello, piccolo, con gambe corte, una enorme pelata sudaticcia, il dottor Osvaldo, immerso nei suoi pensieri, ripassava i clienti della giornata: quella stupida signora del secondo piano, l’Adalgisa, che aveva voluto a tutti i costi la fattura; il salumiere all’angolo che aveva accettato il nero, ma preteso un certo sconto; i due figli della signora del quarto piano, con magnifici denti storti e bisognosi di costosi apparecchi; la vecchietta che aveva convinto alla dentiera… Insomma, tutto sommato una discreta giornata.
Da quando aveva aperto lo studio, anzi lo STUDIO, come lo chiamava tra sé, piano piano aveva cominciato ad avere sempre più clienti: ancora non tanti da permettersi un’assistente a tempo pieno, però ormai sentiva che la sua grande occasione era a un passo dall’essere colta. Magari con l’ultimo cliente di quella sera: non gli era mai capitato prima che qualcuno telefonasse per prenotare una visita urgente.
Ne aveva fatti di sacrifici, la mattina andando a lavorare come medico fiscale e girando mezza città per una paga da fame; al pomeriggio e alla sera come dentista, sempre in agguato dietro la porta in attesa del CLIENTE. Un giorno, tra pochissimo, il CLIENTE sarebbe arrivato. E che diamine, non se lo sarebbe fatto certamente scappare. Gli avrebbe alleviato in un istante il dolore, anche a costo di usare un certo farmaco non proprio ortodosso, l’importante era fare la figura del mago che fa scomparire ogni malessere. Poi gli avrebbe fatto una serie di interventi inutili, ma alla moda, con un importo tale… sì, proprio, tale da toglierli anche il sangue.

Mentre se ne stava così a sognare, sentì tintinnare il campanello della porta. Con un “Arrivo subito!” segnalò la sua presenza, fece finta di terminare un’importante telefonata al cellulare, poi entrò sorridendo nella sala d’attesa e lanciò il suo abituale grido di battaglia: “Dott. Osvaldo B.! In che cosa posso esserle utile?”, trasecolando giusto un attimo alla vista dell’abbigliamento del cliente.
Il cliente era un signore sulla cinquantina, dai capelli brizzolati e dai baffi curatissimi, con un’aria molto distinta, ma dagli abiti alquanto eccentrici e coloratissimi: il cappotto era stato addirittura sostituito da una specie di cappa rossa, che faceva pensare a un attore di teatro.
Il cliente si scusò per l’arrivo a tarda ora, purtroppo un improvviso dolore lo aveva colto, si era appena seduto a tavola nel ristorante “Da Pinocchio”; il proprietario del ristorante aveva cercato sulle pagine gialle un dentista e il più vicino era risultato essere proprio lui.
Osvaldo B sospettò subito di avere davanti il CLIENTE.
Il ristorante “Da Pinocchio” era un locale carissimo e supersciccoso che faceva cucina francese, famoso per essere il preferito dalla gente della televisione e dalle più note modelle. Ne ebbe la certezza assoluta quando, esaminata la robusta dentatura, ebbe modo di accorgersi che i trentadue denti del cliente erano stati curati molto bene, con i materiali più costosi.
“Un cliente certo assai facoltoso” rimuginò, mentre interveniva su una piccolissima carie, tanto minuscola da poter essere ignorata, spiegando al cliente che aveva una carie spaventosa, da togliere subito prima che gli rovinasse irrimediabilmente il dente. E mentre lavorava, pensò che il dolore era probabilmente dovuto a un colpo di freddo, in quella gelida sera di gennaio la temperatura era di molti gradi sotto lo zero. Per sicurezza gli iniettò un po’ del suo speciale (e poco etico) scacciapensieri.
Sul finire buttò lì uno speranzoso: “Certo che oggi, con i progressi della ortodonzia, molte cose sono possibili”.
Per esempio, lui già in un altro caso era riuscito a rimodellare i denti (proprio i peggiori, quelli davanti) della bocca che compariva nella pubblicità del noto dentifricio Boccasana. Sì, proprio quella che si vedeva sempre in televisione e a ogni angolo di strada, sui manifesti pubblicitari. Prima del suo intervento l’attore aveva dei giganteschi, terribili incisivi, per non parlare poi dei canini; ed ora, che meravigliosa bocca!
Certo, un tipo di intervento molto impegnativo, molto dispendioso, da farsi solo dopo approfonditi esami, da soppesarsi attentamente e che non tutti saprebbero fare. Ma certo che sarebbe tutta un’altra figura potere esibire un sorriso senza quei canini così pronunciati e aguzzi. A un uomo davano una certa aria felina, per non dire addirittura rapace; ottima per una donna, ovvio, ma in un uomo  meglio avere un sorriso più dolce, era anche più utile per gli affari.

Il cliente, non appena poté parlare, si complimentò per il suo tocco delicato, si disse felice del fatto che il dolore gli era del tutto passato, e gli chiese un preventivo.
Osvaldo B. si mise alla scrivania e compilò un preventivo accuratissimo, inserendo tutti i possibili interventi collaterali, e lo allungò al cliente, che passeggiava con aria assorta guardando distrattamente i libri nello scaffale. Il cliente, anzi il CLIENTE, osservò tranquillamente che il prezzo gli pareva onesto e gli confessò francamente che il suo era un difetto comune a tutti i membri della sua famiglia; si diceva perfino che il difetto avesse origini antiche, legate a un tenebroso segreto. Si poteva far qualcosa anche per loro?
Osvaldo B. fu sul punto di svenire per la gioia; nella sua testa passarono in un lampo visioni deliziose: un viaggio da sogno, di quelli che aveva visto nella costosa rivista per VIP che aveva comprato in un momento di follia; uno studio in centro; un appartamento tutto suo, magari nella piazza De Gubernatis, quella che aveva quei giardini così belli e silenziosi, che in primavera si riempivano di fiori profumati, tra un cerchio di lussuosi palazzi.
Mentre il CLIENTE gli si accostava, forse per aggiungere una voce al preventivo, o forse per rivelargli l’imbarazzante segreto familiare, Osvaldo B. vide con gli occhi della fantasia il suo nuovo studio, con una targa di ottone sulla porta, con una elegante scritta in corsivo: “Dott. Osvaldo B…”, ma non riuscì mai terminare quella scritta.
Lo trovarono così, riverso sulla scrivania, senza un goccio di sangue in corpo, ma negli occhi uno sguardo sereno e un sorriso sognante sulle labbra.

 

Autore: Mariva
Messo on line in data: Settembre 2000