LA SINCRONICITA’ di Artva

Sarà capitato a tutti di accorgerci di strane coincidenze che, talvolta, si ripetono nella nostra esistenza con magia e incredibile ciclicità. Può, per esempio, capitare di pensare intensamente ad una persona e incontrarla negli attimi immediatamente successivi; di conoscere all’improvviso qualcuno che si rivelerà sorprendentemente utile ai fini della risoluzione di un problema che ci angustia da tempo; di scoprire che la storia col nostro amore sembrava già scritta sul libro del Destino perfino parecchi anni prima che conoscessimo il nostro partner, ecc.
In un approccio scientifico-matematico, questi eventi vengono chiamati “coincidenze” e descritti come fenomeni che si verificano, nel tempo e nello spazio, secondo modalità fortuite ed assolutamente casuali. Eppure, chiamare un fenomeno come quello della sincronicità col suo nome, oppure col termine “caso” o con “coincidenza”, certo non cambia le cose: esso esiste, è reale e molti di noi ne costituiscono una prova palese e materiale. Perfino il solo fatto che io stia parlando di sincronicità, in questo momento, potrebbe diventare di particolare importanza per qualche lettore di Specchio Magico, oppure sollevargli il velo su determinati scenari (magari mai immaginati prima) o pensieri. È, allo stesso tempo, strano e paradossale che un approccio di tipo scientifico liquidi determinate manifestazioni, apparentemente inspiegabili ed illogiche, come qualcosa di meramente casuale e, quindi, di poca se non nulla importanza.

Carl Gustav Jung, famoso psicologo e discepolo di Freud, fu uno dei primi nel mondo della scienza (o pseudo tale) a interessarsi ai fenomeni di sincronicità. Lo studioso credeva fermamente nell’esistenza di un substrato cognitivo definito inconscio collettivo: un universo totalizzante ed unificante, tramato di simboli e archetipi. Questi vennero definiti da Jung, inizialmente, come contenuti dell’inconscio ereditati di generazione in generazione dal genere umano e costituenti una serie di immagini collettive, frutto di esperienze riverberatesi nel tempo secondo modalità sempre simili, se non identiche. In un secondo tempo, lo studioso pervenne a formulare un’ipotesi diversa, scremando il concetto d’archetipo dall’idea di qualcosa che consta di una forma e di un contenuto e giungendo a definirli modelli di comportamento, destinati ad emergere alla luce della coscienza solo in certi casi e in determinati momenti:

Non si tratta dunque tanto di “rappresentazioni” ereditate quanto di possibilità ereditate di rappresentazioni. Fra l’altro non dobbiamo dimenticare che essendo l`archetipo una manifestazione dell’inconscio (collettivo), la coscienza ne può avere soltanto una conoscenza indiretta.

L’esistenza di Jung per prima fu segnata da evidenti e straordinari episodi di sincronicità; come quando, per esempio, egli entrò per la prima volta in contrasto con le teorie di Freud che gli rimproverava l’affezione eccessiva per il mondo dello spirito e dell’immateriale. In quell’occasione Jung sentì divampare dentro di sé un grande fuoco, seguito da un rumore assordante nella stanza accanto a quella dove si trovavano maestro (Freud) e discepolo (Jung). Carl Gustav Jung ipotizzò che la causa di quello strano fenomeno fosse relazionata al suo magma energetico interiore, ma Freud negò assolutamente tale congettura. Fu allora che Jung predisse che l’episodio si sarebbe verificato nuovamente ed effettivamente così accadde, lasciando Freud di stucco.
Sempre a Jung capitò di avere come paziente una donna che aveva un sogno ricorrente: le veniva regalato uno scarabeo. Proprio durante una delle sedute con la donna, i due sentirono un rumore strano che batteva contro la finestra e, quando Jung l’aprì, si accorsero che si trattava proprio di uno scarabeo (cosa strana per un animale che è attratto dalla luce e non dagli ambienti bui, quale quello di un medico o di uno psicologo).
Col tempo, Jung giunse a formulare una differenziazione tra sincronismo (il ripetersi ed incrociarsi degli eventi secondo modalità del tutto casuali) e sincronicità (il ripetersi e incrociarsi degli eventi secondo modalità acasuali).

Un altro evento importante dell’esistenza di Jung fu il suo incontro col Premio Nobel per la Fisica, Wolfgang Pauli. Lo scienziato attraversava da molto tempo una profonda fase di depressione, caratterizzata da alcolismo e gravissimi disordini mentali. L’incontro con lo psicologo fu per lui di enorme aiuto e servì a farlo rinascere a nuova vita. Dalla collaborazione dei due amici, nacque quindi un libro, intitolato Sincronicità come principio di nessi acausali.
Già da tempo Pauli aveva formulato l’ipotesi secondo cui, sul piano quantistico, la realtà è caratterizzata da una danza astratta senza alcuna causa materiale. Inoltre, secondo la sua teoria, le particelle si suddividono in elettroni, fermioni, neutroni e neutrini e protoni che seguono una danza antisimmetrica, e mesoni e bosoni che seguono una danza simmetrica. Secondo questa teoria, due particelle con la stessa energia non possono danzare sullo stesso orbitale atomico, tranne nel caso che non abbiano spin (rotazione) opposta. Questo non è effetto di un atto causato, bensì del movimento astratto delle particelle che si definisce antisimmetria (principio secondo cui: presi due elementi a e b, in un insieme I, se a è in relazione con b e b è in relazione con a, allora a = b).

Presso civiltà antiche– quale, per esempio, quella celtica– e moderne, invece, l’approccio conoscitivo si basava principalmente sul desiderio di trovare un perché a tutto, di capire i meccanismi che fanno muovere questa ruota meravigliosa che è quella della vita e di recuperarvi un senso. L’idea era quella– d’altronde, comune a molte filosofie orientali– secondo cui nulla avviene per caso e ogni cosa poggia sul principio di causa ed effetto. A sigillo di questa credenza c’era– e c’è, tutt’oggi presso certe civiltà– l’assoluta convinzione secondo cui tutti gli esseri viventi (uomini, animali, piante, cose) sono legate da un filo invisibile che li unisce. Durante la nostra esistenza potremmo ritrovarci a conoscere persone che hanno, con noi, incredibili affinità intellettive e/o di vita; può capitare, per esempio, di legarci profondamente ad un’amica che, si scopre col tempo, ha vissuto eventi davvero molti simili ai nostri, magari nel nostro stesso, identico lasso di tempo. Il fatto che eventi e persone siano legate da un filo sottile non vuol dire che uno sia causa dell’altro, però potrebbe succedere che siano destinati ad influenzarsi a vicenda e a far riemergere suggestioni, pensieri, sensazioni, perfino azioni e decisioni di vitale importanza. Le azioni che compio ora, in questo esatto momento, sono destinate ad influire sul tutto: il magma di possibilità e realtà che esiste in questo preciso istante.

Nel determinismo occidentale il principio di causa-effetto ha una rilevanza incredibile per la spiegazione degli eventi; questo significa che A causerà B e l’incrocio tra A e B produrrà C. Nella filosofia orientale – ma non solo –, invece, A, B e C fanno ugualmente parte del tutto. È, per esempio, sul concetto di sincronicità che si basano molti strumenti divinatori, in maniera particolare quello de I Ching, che non è finalizzato a emettere sentenze o previsioni sul futuro, ma a dare consigli e suggerimenti al fine di sfruttare il massimo delle potenzialità del presente ed influire positivamente sul futuro.
I Celti chiamavano questa dimensione Wyrd (fato, destino), sottintendendo una trama intessuta dagli eventi che incrociano e separano tra loro gli esseri umani. Secondo loro era perfino possibile riconoscere ed evidenziare i punti cardine di questa trama, dando così un senso non solo alle nostre azioni volontarie, ma anche a quelle altrui e agli eventi “fortuiti” che, spesso, si abbattono su di noi senza darci la possibilità di trovarvi una ragione d’essere. È un concetto, questo, davvero molto simile a quello del karma di tante, conosciute, dottrine mistiche e/o sacre orientali (e non solo), o al famoso principio magico del Tre, secondo il quale ogni cosa che facciamo, nel bene o nel male, è destinato a tornarci indietro tre volte più potente.

Prestare ascolto e attenzione agli eventi che si verificano nella nostra vita – e che noi tendiamo a definire coincidenze – potrebbe risultare molto più importante ed utile, di quanto si pensa, ai fini della nostra evoluzione personale e ai fini dell’evoluzione del tutto di cui facciamo parte. Accettare gli incontri che la vita ci propone, carpire il senso, profondo e sommerso, delle relazioni o dei sentimenti che attraversano, magari anche solo come meteore (ma importanti), la nostra esistenza, mettere in sintonia le nostre “antenne” coi messaggi che il tutto continuamente ci invia, vuol dire accettare di danzare, essere coinvolti in un flusso costante di cui tutti facciamo parte e al quale tutti contribuiamo. Ognuno di noi è destinato ad avere importanza (magari anche solo inconsapevolmente) nella vita di altre persone e viceversa. Questo significa anche che i nostri giorni saranno percorsi e attraversati da persone ed episodi che verranno a noi per insegnarci qualcosa. In alcuni casi, esse andranno via, quando avranno estinto il loro ruolo di insegnante rispetto alla nostra vita, o quando saremo noi a decidere che debbano allontanarsi da noi. Il tutto avviene in totale spontaneità e naturalezza. Fa parte del gioco.

Lì dove non saremo in grado di staccarci da qualcosa o da qualcuno che DEVE andar via– o al contrario, diventiamo riluttanti a legarci a qualcosa o a qualcuno che è portatore di un significato per noi essenziale– rischiamo di opporci al gioco della sincronicità e di pagarne le conseguenze. Per esempio, potremmo finire in un altro nodo sincronico, caratterizzato da prove altrettanto, se non di più, dolorose e difficili. Sprecheremmo così energie, facendo sforzi immani per paura di seguire il flusso, abbandonare cosa c’è dietro alla porta che abbiamo appena chiuso alle nostre spalle e scoprire cosa si cela dietro alla nuova che ci si pone davanti.
La vita è una meravigliosa combinazione di possibilità, chance, incontri. Ed ognuno di questi nasconde un tesoro inestimabile che, se saremo abbastanza sensibili nel rilevarli, potrà schiudere panorami bellissimi ed esperienze indimenticabili.
A noi la scelta: se vivere casualmente, dando ascolto esclusivamente ai bisogni primari, oppure educare l’orecchio del cuore a riconoscere i segni del destino.

 

Autore: Artva
Messo on line in data: Luglio 2006