ANTROPOLOGIA DELLE REALTA’ SPIRITUALI di Modrax

Le realtà spirituali

Sin dalla sua prima comparsa sulla terra l’uomo si interroga sul mistero dell’origine e dello scopo della vita. Nel mistero più assoluto egli scorge delle luci che provengono dal mondo delle realtà spirituali con le quali instaura dei contatti. Per alcuni le realtà spirituali non hanno vita autonoma ma sono prodotte dalla mente dell’uomo, dal suo inconscio. Per Jung è in questo inconscio che sta Dio, che così comunica con l’uomo. Tutte le tradizioni culturali parlano di tre categorie di esseri:
– Dio o dei;
– Angeli;
– Uomo. 

Dio è qualcosa che ci sovrasta totalmente e che quindi non possiamo nemmeno immaginarci alla lontana. Nella Bibbia ebraica Dio è Qadosh, Santo. La radice semitica sembra collegata con jqd, “bruciare” e ‘es, “fuoco”, quindi Dio sarebbe ciò a cui viene bruciato qualcosa, cioè la vittima sacrificata. In accadico la radice significa “essere puro”, “purificare”: Dio è il puro per eccellenza e rende puri chi si accosta a lui. Nelle iscrizioni semitiche occidentali significa “consacrarsi”: Dio è ciò a cui ci si consacra. Ma l’ipotesi più accreditata è che la radice significhi “separato”: Dio è ciò che è separato dal mondo degli uomini.

Spencer vedeva una unità di fondo nella scienza e nelle religioni. La scienza si basa sui fatti che l’esperienza comune e l’osservazione degli studiosi registrano; le relazioni apparentemente costanti tra i fatti sono le leggi scientifiche; queste leggi sono regole generali la cui validità sussiste perché ricondotte ai principi ultimi; i principi ultimi, non dipendendo che da sé stessi, sono in sé inconoscibili. Ma anche le religioni si approcciano a qualcosa di inconoscibile che però viene ogni volta interpretato: ogni religione cerca di interpretare a modo suo l’inconoscibile, dimostrando suo malgrado che ogni religione si basa su ciò che non si può conoscere. Quindi la scienza contempla in se stessa l’inconoscibile, nel quale si ferma, mentre la religione pone l’inconoscibile come oggetto di adorazione, venerazione, fede e amore.

Dionigi l’Areopagita (Una strada a Dio): “Dio non è nulla di ciò che noi o qualche altra creatura conosce e non è nessuna delle cose che sono e delle cose che non sono; né gli esseri lo conoscono secondo ciò che Egli è”.
Pier Damiani (Dominus Vobiscum): “Mi dica il mio angelo quello che il rozzo volgo dei dialettici non sa. La sapiente ignoranza dica quello che la stolta sapienza non comprende”.
Per il cristianesimo Dio non è una dottrina, la fede della più semplice delle creature vale più di tutti i ragionamenti filosofici e teologici: la fede non è un ragionamento ma un atto di amore. Ambrogio aveva queste bellissime parole: “Vieni anche tu, non importa se è tardi, o se è già notte: in ogni ora troverai Gesù disposto a fissare su di te il suo sguardo”.
All’inizio dei Fioretti di Francesco d’Assisi si ricordava che egli fu sempre conforme a Cristo benedetto. Allora nel cristianesimo stiamo in un altro ambito: nessuno può conoscere Dio con la mente razionale, ma esso va amato e va seguito e imitato nei comportamenti.

La Parola di Dio non va capita intellettualmente, se non superficialmente, ma essa ha la caratteristica di rivelare il senso profondo solo se vissuta durante gli avvenimenti della vita. La Parola di Dio rivela la sua Verità divina non alla mente, dando adito a un discorso razionale, ma all’anima, dando luogo a un incontro d’amore con Dio. La Parola di Dio deve fecondare la nostra esperienza prima di farci incontrare con Dio nel santuario della nostra anima.

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Autore: Modrax
Messo on line in data: Dicembre 2018