I CAIMANI DEL PIAVE di Lucio Mascetti

Miti e misteri dei Caimani del Piave, gli Arditi delle acque e dei monti

Una storia della Prima Guerra Mondiale. E, in particolare, di uno di essi, Giovanni Battista “Titta” Porcelli, eroe del Monte Grappa…

allor si mosse contra ‘l fiume, andando…
(Dante, Purgatorio, XXIX, v. 7)

Prima di giungere a qualche personale ricordo di un Ardito che perse eroicamente la vita sul Monte Grappa, vorrei suscitare la curiosità e l’interesse dei lettori ricordando un particolare gruppo di militari appartenenti in origine alla cosiddetta Fanteria marina i quali vennero poi definiti “I Caimani del Piave”. E ora vedremo il perché…
Durante la prima guerra mondiale, sul fronte del Piave, viene costituito un ristretto gruppo di nuotatori particolarmente addestrati ad attraversare, soprattutto di notte, i fiumi per operazioni di ricognizione o anche per vere e proprie operazioni di sabotaggio.
Essi provengono dalla Brigata “Marina” successivamente rinominata “San Marco”, già operante nel Battaglione “Caorle”.

Nell’immagine sopra, i Caimani del Piave
(https://www.battagliadelsolstizio.it/2021/07/18/i-caimani-del-piave/)

Iniziano le loro segrete, notturne attività mimetizzandosi con grasso intriso di nerofumo e muniti unicamente di un pugnale tenuto in equilibrio… tra i denti!

Nell’immagine a destra, l’Ammiraglio 1882 1969 Vittorio Tur negli anni ’40. Fu al comando del Battaglione “Caorle” partecipò alla battaglia del Solstizio ed alla battaglia di Vittorio Veneto, ricevendo per le sue azioni due Medaglie d’argento al valor militare e un’altra Medaglia di bronzo.


Inizialmente costituito per lo più da nativi delle zone del Piave, il loro primo teatro di impiego, perché ne conoscevano le insidie, successivamente il reparto accolse anche volontari provenienti da altre regioni.
In un secondo momento si aggiunsero volontari provenienti dagli Arditi della Fanteria e dei Bersaglieri che si distinguevano per abilità natatoria.
L’addestramento era molto duro e concentrato, oltre che sul nuoto, soprattutto sulle tecniche di combattimento a mani nude e lama corta.
In acqua avevano adottato una tecnica di nuoto ispirata agli alligatori: per minimizzare la superficie esposta e quindi la possibilità di essere individuati, esponevano dall’acqua solo la testa al di sopra delle narici. Da questo probabilmente deriva la denominazione di caimani, suggerita, sembra, dall’immaginifico “orbo veggente” Gabriele D’Annunzio.

Dapprima si avventurano nella zona del Piave poiché molti di essi provengono proprio da tale area geografica, ma poi il gruppo si estende a militari provenienti da altre regioni del Paese.
Si addestrano duramente su tutte le necessarie tecniche del nuoto in apnea, e su tecniche di combattimento a mani nude o con una lama corta, un pugnale.
Per non farsi notare durante le loro notturne traversate del fiume, si ispirano al modo di agire dei caimani, esperti nel rendere minimo il movimento della superficie dell’acqua, esponendo quindi solo la parte superiore del capo, fino alle narici.

Come già accennato, sono armati di un solo pugnale ma si sono addestrati a fondo anche nelle Arti marziali di matrice orientale.
I soldati, soprattutto quelli provenienti da regioni del Meridione d’Italia o in special modo i sardi, non amavano utilizzare il pugnale in dotazione ai reparti, ritenendo molto difficile aggredire l’avversario alla gola a causa del dell’alto colletto, di tipo ottocentesco caratteristico dell’uniforme austriaca. Preferivano quindi usare modelli regionali, quali “Pattadese”, “Guspinese”, “Arburese”, utilizzati tradizionalmente per i duelli, o per lo scuoio animale, pugnali che per la forma acuminata permettevano un più efficace risultato.

Per permettere la maggiore libertà di movimento usavano spesso semplici calzoncini da bagno e, come accennato, ricoprivano il corpo con una mistura di grasso e nero fumo per proteggersi dal freddo e mimetizzarsi nel buio.
Insomma, eroici, patriottici italiani, quasi “Rambo” molto, molto ante litteram!
A loro sono dedicati i monumenti che si trovano a Sernaglia della Battaglia, che ricorda tutti gli Arditi che si batterono con grande valore sui fronti della Grande Guerra, e a Falzè di Piave. Proprio da Sernaglia gli Arditi della 1ª Divisione d’Assalto varcarono il Piave durante la battaglia di Vittorio Veneto.

Nell’immagine sopra, il “Pugnale Arburese”

Nell’immagine sopra, la “Resolza Pattadesa”


Su una parete delle camerate della caserma sull’Isola di S. Andrea di Venezia (oggi una delle sedi dei Reggimento Lagunari Serenissima) è affissa una targa in marmo con su scritto…

“In questi luoghi si addestrarono i marinai ardimentosi che si immolarono sul Piave per la difesa di Venezia e dell’Italia tutta. Essi furono ricordati come i “Caimani Neri del Piave”. Isola di S. Andrea, conflitto 1915/1918″

(https://www.gigarte.com/artedigitale/news/19705/caimani-del-piave-gli-immortali-ritornano.html)

Nelle immagini sopra e sotto, una suggestiva immagine dei Caimani dentro l’acqua
e una foto della prima Battaglia del Piave


Con gli Arditi denominati “Caimani del Piave” c’era anche anche Ettore Muti (nella foto a lato).
Aviatore e politico italiano, partecipò a molte iniziative delle squadre d’azione. Soprannominato “Gim dagli occhi verdi” fu ucciso in strane circostanze circa un mese dopo la caduta del regime fascista, avvenuta il 25 luglio 1943.
Distintosi particolarmente nella Battaglia del Solstizio avvenuta nel Giugno del 1918 quando lo speciale reparto di nuotatori armati di un solo pugnale tenuto tra i denti venne mandato a creare una testa di ponte sulla riva sinistra del Piave.

Lo scontro all’arma bianca fu particolarmente violento e i “Caimani” riuscirono nell’impresa pur con gravissime perdite: partiti in ottocento, se ne salvarono solo ventidue tra i quali lo stesso Ettore Muti, proposto per la Medaglia d’argento al valor militare.

Nell’immagine sopra, un manifesto che esalta la difesa della “Linea del Piave”

Dormono, dormono sulla collina…

Lasciamo le rive del Piave e saliamo sul Monte Grappa…
Le note che seguono – note in cui saremo accompagnati anche da qualche struggente strofa di Fabrizio De Andrè e del suo indimenticabile “Non al Denaro, non all’amore né al cielo – riguardano uno dei tanti “Ragazzi del ‘99” i quali, pervasi da incredibile spirito di abnegazione, ricchi di ideali, durante il Primo Conflitto Mondiale si immolarono per difendere la Patria, l’Italia.
Quel “Ragazzo del ‘99” si chiamava Giovanni Battista Porcelli (nella foto sotto), era un mio prozio, nato a Bassiano (allora provincia di Roma) proprio il 25 Novembre di un anno prima che terminasse il diciannovesimo secolo.
Reclutato nel Giugno del 1917, un anno dopo entra nella Scuola Allievi Ufficiali di Caserta, nella Brigata Calabria ed è poi assegnato su sua richiesta, col grado di Aspirante Ufficiale, al IV Reparto d’Assalto di marcia. Da questi Reparti di marcia si veniva poi destinati ai Reparti d’Assalto divenuti carenti di uomini a causa delle perdite subite in combattimento.

Dove sono i figli della guerra partiti per un ideale, per una truffa, per un amore finito male?


I Reparti d’Assalto italiani, più noti come Arditi, vennero istituiti durante la Prima Guerra Mondiale, e utilizzati per assalire e conquistare rapidamente le trincee nemiche, per poi lasciar continuare alla Fanteria la fase successiva della battaglia.
Giovanni Battista entrò quindi nel XVIII Reparto d’Assalto, Reparto che fu impegnato nella conquista del Monte Pertica (Monte Grappa) nei giorni 25-27 Ottobre 1918 durante la Battaglia di Vittorio Veneto. 
Anche grazie al suo spirito di abnegazione, e al coraggio degli Arditi che lo costituivano, al XVIII Reparto d’Assalto venne conferita Medaglia d’Argento al Valor Militare:

Al XVIII Reparto d’assalto.
Medaglia d’Argento al Valor Militare:
Con ardente valore e fulmineo impeto raggiunse la vetta di M. Pertica spianando alle colonne di attacco la via della vittoria; con fiera tenacia concorse poi a respingere i reiterati sanguinosi contrattacchi del nemico.
Monte Pertica, 25-27 ottobre 1918.

Quella che comunemente viene definita “Battaglia di Vittorio Veneto” inizia all’alba del 24 Ottobre 1918 mediante un pesante bombardamento delle truppe austro-ungariche posizionatesi su alcune cime del massiccio del Grappa, tra cui il Monte Pertica.
La data del 24 Ottobre fu scelta dal Comando italiano ad un anno esatto dall’inizio della Battaglia di Caporetto, quasi a volerne riscattare la disfatta subita un anno prima.
All’alba del 25 Ottobre il XVIII Reparto inizia l’assalto al Monte Pertica   conquistandone la cima, ma perdendo la posizione nei due giorni successivi.
Giovanni Battista Porcelli, prozio di questi lontani, tristi ricordi, cade in combattimento sul Monte Pertica il giorno 26 Ottobre 1918 e viene decorato di Medaglia d’Argento al Valore Militare alla memoria con la seguente motivazione…

“Sempre primo dove più ferveva la mischia, in critici momenti incorava i dipendenti coll’esempio della sua serena e virile fermezza e del suo grande valore. Dopo aver partecipato alle dure vicende di tre giorni di aspra lotta, dando prova di straordinario coraggio, durante un contrattacco nemico con fierezza ed audacia si slanciava contro le soverchianti forze avversarie, validamente concorrendo a trattenerne l’impeto, finché, colpito a morte, cadde gloriosamente sul campo. Monte Pertica (Monte Grappa) 25-27 Ottobre 1918”.


Nell’immagine sopra, Giovanni Battista “Titta” Porcelli è l’ultimo a destra nella penultima fila di fotografie

Nel libro di Salvatore Farina intitolato Le truppe d’assalto italiane si fa riferimento a Giovanni Battista, mentre nel libro Un anno con l’Armata del Grappa di Ermes Aurelio Rosa, Aspirante Ufficiale commilitone di Titta, possiamo leggere:

“…seduti nelle mia buca, offro a Giannini, che ora comanda la Compagnia, ed a Porcelli, una sigaretta che fumiamo in silenzio. Porcelli non si sente bene e Giannini lo invita a scendere alla Galleria Gavotti ove il nostro medico, Zambelletti, ha piantato il suo posto di medicazione. ” Se scendo non ce la faccio più a salire; tanto vale che rimanga” risponde Porcelli. Ci salutiamo con un “ciao”… Le nostre mitraglie e le batterie allungano il tiro e noi riprendiamo l’assalto… Purtroppo Porcelli è rimasto ucciso…”.


Nell’immagine sopra, ieri come oggi, oggi come ieri: “Hanno rimandato a casa/
le loro spoglie nelle barriere/
legate strette perché sembrassero intere…

Il luogo della Sua sepoltura non è conosciuto, ma Giovanni Battista Porcelli, per tutti noi, in particolare per l’autore di queste note solo e soltanto “Titta”, molto probabilmente si trova nel Sacrario militare del Monte Grappa tra i 10.332 Caduti Italiani Ignoti (nell’immagine sotto).

Nell’immagine sopra, targa commemorativa in memoria dei tre fratelli bassianesi Virginio, Antonio e Giovanni Battista Porcelli, eroicamente caduti nella Grande Guerra. In alto le foto dei genitori Venanzio Porcelli e Maria De Angelis.

Dove sono i generali che si fregiarono nelle battaglie con cimiteri di croci sul petto?

Luigi Cadorna (nella foto sotto), generale e politico italiano, divenne Capo di Stato maggiore generale nel 1914 e diresse le operazioni del Regio Esercito durante la prima Guerra Mondiale, dall’entrata dell’Italia nel conflitto, il 24 maggio 1915, alla tragica disfatta di Caporetto. Nell’altra foto il Generale Armando Diaz, capo di stato maggiore durante il primo conflitto mondiale, poi ministro della guerra e maresciallo d’Italia.

Qui termina il nostro viaggio dalle rive del Piave alle battaglie sul Monte Grappa durante la Prima Guerra Mondiale, viaggio iniziato con un argomento che, molto probabilmente, ha suscitato anche la curiosità di chi ama la Storia in tutte le sue inconsuete sfaccettature e desidera porre un piccolo “punto sul mistero” dei cosiddetti “Caimani del Piave”…
Per chi volesse approfondire l’argomento, sono disponibili i libri qui riportati. Ovviamente è disponibile anche altra una nutrita bibliografia.

Farina Salvatore – Le truppe d’assalto italiane, Libreria Militare Editrice, 2005.
Melis Antonio – La via degli eroi. Gli arditi sul Monte Grappa, Editoriale Programma, 2018.
Giudici Paolo/Roseano Roberto- Reparti d’assalto, Edizioni Alpes, 2020.
Palieri Mario – Gli Arditi, Impresa Editoriale Italiana, 1932.
Rochat Giorgio – Gli Arditi della Grande Guerra, Edizioni Feltrinelli, 1981.
Rosa T.C. Ermes Aurelio – Un anno con l’armata del Grappa, stampato in proprio, 1982.

Nell’immagine, la copertina del disco di Fabrizio De Andrè,
ispirato liberamente alla Antologia di Spoon River di Edgar Lee Master.

Autore: Lucio Mascetti
Messo on line in data: Luglio 2022