DION FORTUNE E I ROMANZI DI ISIDE di Artva

Dion Fortune e i romanzi ispirati a Iside

La produzione letteraria di Dion Fortune (nota scrittrice esoterica e iniziata, vissuta a cavallo tra il XIX e il XX secolo) si distinse in due filoni ben precisi: quello della saggistica, in cui l’autrice disse di aver fatto confluire la sua “prosa seria” (si vedano, per esempio, Magia Applicata e La Cabala mistica, entrambi molto apprezzati dagli studiosi di esoterismo), e quello dei romanzi, a cui la scrittrice si dichiarò più “legata”, poiché, attraverso la forma narrativa, riusciva a parlare di magia e delle relative implicazioni senza doversi attenere a inutili regole di stile e di contenuto, e camuffando le informazioni troppo complesse (e finanche pericolose) con l’abito della narrazione romanzesca.

Il nucleo dei romanzi di Dion Fortune è quasi sempre lo stesso: una o più persone cadute in disgrazia, rovinate da tristi eventi di vita e sull’orlo di un burrone, vengono salvate da uno o più personaggi magici (streghe, sacerdoti e maghi) in grado di riportarli a galla ed evitare la loro rovina definitiva. Tra i romanzi più acclamati e famosi della scrittrice, ci sono La sacerdotessa del mare e La magia della luna. In entrambi il personaggio principale è una donna misteriosa e affascinante di nome Vivian Le Fay, o Lilith Le Fay, sacerdotessa devota al culto di Iside.

La sacerdotessa del mare narra la storia di Wilfred, giovane rampollo dell’aristocrazia inglese, che viene subissato dagli oneri di un’esistenza a completo servizio della famiglia, circondato dalla malattia e risucchiato dall’energia negativa di donne senza pietà e senza scrupoli. Lungo il cammino della sua vita incontra la sacerdotessa del mare, che lo seduce e lo introduce ai piaceri della magia cerimoniale, svelando tecniche e pratiche occulte tenute segrete per secoli e riservate esclusivamente agli iniziati di alcune scuole esoteriche d’Occidente.

La magia della luna, invece, narra la storia di un neurologo antipatico e dal carattere difficile, inasprito da un matrimonio fallito con una donna egoista e capricciosa che, ammalandosi, lo vincola a sé in modo subdolo: pretende la sua presenza quando ne ha bisogno e lo rifiuta con crudeltà quando non le serve più. Amareggiato, Malcolm comincia a rifugiarsi nel mondo dei sogni, in cui incontra una donna la cui identità sembra essergli preclusa, ma la cui presenza allevia i dolori e il peso delle sue ore stanche. La donna in questione è, anche qui, Lilith Le Fay, tornata a ispirare la scrittura di Dion Fortune e ad animare i giorni dell’apatico neurologo di città. Con sommo piacere, Malcolm scoprirà che la donna dei suoi sogni è tanto reale quanto l’amore che, di giorno in giorno, lo lega a lei. I due personaggi, i cui inconsci sono legati da vite passate comuni, si incontreranno sul Tamigi e, sulle rive di questo romantico fiume, al chiarore della luna e in una chiesetta abbandonata, intraprenderanno la loro relazione magica. Officiando rituali di magia cerimoniale in onore di Iside, entrambi muteranno la loro vita; in particolare Malcolm, che ne trarrà giovamento perfino nell’aspetto fisico. La magia della luna racchiude così, sotto forma di romanzo, molteplici chiavi di lettura del sapere esoterico ispirato al culto di Iside e rappresenta un magnifico esempio di magia ispirata ai cicli lunari.

In entrambi i libri sopra citati, quindi, Dion Fortune rivelò un sapere antico, anzi, ancestrale, che si è andato riverberando nei secoli, fino all’istituzionalizzazione della Chiesa cattolica come principio normativo della spiritualità cristiana. Questo antico sapere è quello che ha spinto l’uomo, fin dagli albori dei tempi, a ricercare un senso alla propria esistenza e a recuperare un filo di comunicazione tra il mondo umano e quello sovraumano, tra microcosmo e macrocosmo, tra essere umano e divinità. Agli inizi, come emerge dalla scrittura di Dion Fortune, le cose stavano davvero diversamente rispetto a oggi: l’uomo non credeva in un Dio rappresentativo esclusivamente l’aspetto maschile. Essendo tutto, in Natura, fondante sulla polarità di forze tra loro contrapposte ma complementari, gli antichi credevano nel Dio e nella Dea, nel Bene e nel Male, nella forza oscura e in quella luminosa, nel potere vivificante del Sole e in quello rigenerante della Luna. Queste erano dicotomie che non potevano precludere l’esistenza dell’altro: farlo avrebbe significato spegnere la vita stessa. Ognuno dei due aspetti dell’esistenza aveva bisogno dell’altro, come mezzo di contrasto su cui fondare la propria forza. Una vita senza Male né Bene, per gli antichi, era impensabile. Lo stesso avveniva per quanto riguarda il concetto di divino. Erano molte le divinità femminili a cui si rifacevano le civiltà antiche, da quella egiziana a quella babilonese, finanche a quella romana. Fu in particolare l’avanzatissima civiltà egizia a ricoprire la Dea di un ruolo essenziale nello sviluppo dell’essere umano. E così, nello specifico, assunse rilevanza Iside, divinità venerata nel bacino del Mediterraneo.

 

Il mito di Iside

Nella mitologia egizia Iside era la dea della fertilità. Conosciuta coi suoi diversi nomi – Isis, Iside e Isi – ella era figlia di Nut (la dea del cielo) e Geb (dio della Terra), sorella di Seth e Osiride (dio dell’oltretomba). Secondo il mito, presente nell’Iside e Osiride di Plutarco e nei Testi delle Piramidi (compendio di formule rituali e magiche destinate a favorire l’ascesa dei grandi re egizi verso il cielo in seguito alla loro morte, e rinvenuto nel monumento funebre di Unis), Iside era sorella e al contempo consorte di Osiride. Entrambi governavano felicemente in Egitto, regalando alla terra fertilità e serenità. Questo provocò le ire e l’invidia di Seth, fratello di Iside e di Osiride, il quale ordì una trappola in cui far cadere il fratello: costruì un magnifico scrigno, assicurando che l’avrebbe regalato a chi sarebbe riuscito a entrarvi con tutto il corpo. Osiride riuscì nell’intento ma, una volta dentro allo scrigno, Seth lo fece sigillare e ordinò ai suoi amici di gettarlo nelle acque del Nilo. Lo scrigno viaggiò per molto tempo, fino a giungere nella città di Biblo, dove si incastrò in un cespuglio, che si trasformò magicamente in un acacia racchiudendo, all’interno, lo scrigno. Il sovrano di Biblo fece tagliare l’albero per costruirne una colonna del suo palazzo. Iside, dopo ricerche forsennate, riuscì a giungere a Biblo, dove riuscì a divenire la governante del bimbo del re. Solo così riuscì e rimpadronirsi dello scrigno e a tentare di ridar vita al fratello-consorte.

Malauguratamente, però, non vi riuscì completamente e anzi, durante il tentativo di vivificazione, Iside, trasformata in falco che aleggiava sullo spirito del consorte, rimase da lui fecondata. La dea nascose, così, lo scrigno; ma il cattivo Seth lo ritrovò e, apertolo, smembrò il corpo di Osiride in 14 pezzi, che disperse in diverse zone dell’Egitto. In ognuno dei 14 punti nacque un tempio. Con molta fatica, e con l’aiuto della sorella Nefti, Iside riuscì poi ricomporre il corpo di Osiride, ma non ritrovò il suo sesso. Cercò, così, di far tornare il suo consorte in vita, ma vi riuscì solo per metà: Osiride tornò sì a regnare, ma non più sul mondo dei vivi, bensì su quello dei morti. Da qui, Iside viene identificata come dea della magia e del sovraumano. Il culto ispirato a lei si diffuse nel mondo ellenistico, fino a influenzare la ritualità romana e l’area latina. Furono costruiti diversi templi e le celebrazioni in suo onore consistevano in danze e feste gioiose e goderecce, in cui le sacerdotesse erano tenute a vestirsi di bianco e ad agghindarsi con fiori. Il culto cominciò a essere proibito nell’antica Roma già dal 64 a.C. e finì sotto le ceneri a causa dell’avanzamento dello Zoroastrismo. Il Cristianesimo ne sancì la definitiva decadenza.

 

Lilith Le Fay e la magia di Iside

Iside e le sue sacerdotesse son giunte, quindi nei secoli, a rappresentare la fertilità, la vita e la magia, tutto ciò che si compone sul sottile confine tra mondo palpabile e mondo percettibile. Iside ha finito col rappresentare l’universo delle energie sottili che circondano l’uomo e ne influenzano il cammino. Nello specifico, Lilith Le Fay, personaggio cardine dei romanzi di Dion Fortune, rappresenta un’espressione, una manifestazione, sul piano terreno e materiale, della spiritualità ispirata a Iside. La sua fisionomia psichica è sfuggente e misteriosa. Sul piano terreno ella afferma di avere circa centoventi anni e di essere figlia dell’incrocio di due razze: quella celtica e quella di Atlantide. Ne La sacerdotessa del mare racconta la sua giovinezza, gli albori di una vita votata al Cammino Interiore: figlia di una famiglia di ricchi divenuti poveri, la piccola Lilith vive un’infanzia chiusa in se stessa, nonostante la socievolezza che la contraddistingue. Fin da bambina mostra doti straordinarie; a un certo punto viene perfino data per morta, ma “resuscita” dopo molte ore, mostrando uno sguardo diverso, modificato nel profondo, come se i suoi non siano occhi di bambina. L’attitudine alla solitudine ha di contro che forza la bimba a vivere in un mondo suo, a parte; ma, dall’altro lato, ne forgia il carattere, la invita a percorrere le lande oscure del sé, solcando lidi e strade oscure che gli esseri umani comuni tendono a rifuggire per paura. Questo è felice preludio all’interessamento di Lilith per la magia e alla conoscenza della sua dea: Iside. Inizialmente la giovane esercita le sue facoltà psichiche e apprende i segreti dell’Insegnamento segreto, tramandato dalla tradizione esoterica d’Occidente, mettendosi alla prova e cercando di potenziare le sue doti. È, però, ancora ciò che ella stessa definisce un Adeptus Minor. Leggiamo cosa intende con questo termine:

… c’è una grande differenza tra il sensitivo e l’adepto; perché il sensitivo è un sensitivo e nient’altro, ma l’adepto, per essere degno di questo nome, deve essere anche un mago, vale a dire che deve essere in grado di esercitare i poteri dello spirito sia obiettivamente che soggettivamente.

È grazie all’incontro con Wilfred, ne La sacerdotessa del mare, che Lilith esperisce il passaggio dal ruolo di Adeptus Minor a quello di adepto per eccellenza, di mago. La fiducia che Wilfred le riserva rafforza il suo potere; Lilith riesce così a purificare, attraverso incredibili rituali di magia cerimoniale, il personaggio maschile, a infondergli un nuovo spirito vitale e a fondersi con lui in un magico amplesso di energie per proiettarlo nella dimensione dell’astrale. Attraverso l’utilizzo del pensiero positivo, Lilith crea immagini astrali che acquistano forza e valore nella vita del suo amico, condizionandola e aiutandolo a recuperare il coraggio per staccarsi dalle energie negative dalle quali è circondato. Costruendo e liberando, ponendo la rinascita di Wilfred al centro delle sue operazioni, Lilith crea la sua “personalità magica”.

Ma cosa intende la sacerdotessa per “personalità magica”?

Una personalità magicaaffermaè una cosa strana. Assomiglia a un demone familiare più di qualsiasi altra cosa, ci si trasferisce la propria coscienza come si fa con una proiezione astrale, fino a identificarsi con esso e a diventare ciò che si è creato.

Dopo aver aiutato Wilfred a rinascere a nuova vita, Lilith giunge a Londra, dove trova casa in un’antica chiesetta abbandonata. Qui viene subito risucchiata dalle energie di Malcolm, le quali sono in circolo nell’aere alla ricerca di un magus che sia in grado di incanalarle nella giusta direzione. In realtà, l’incontro con Malcolm ha qualcosa di karmico: è scritto nel destino che entrambi dovranno porre rimedio a un terribile misfatto di cui si è macchiato il neurologo. La relazione magica che Lilith intraprende con Malcolm ha la finalità di officiare un potentissimo rituale in onore di Iside, destinato ad aiutare l’intera umanità, e di depurare Malcolm dalle energie spurie che il medico ha accumulato nel corso della sua vita (e delle sue vite). Lilith accumulerà, così, ulteriore esperienza e la fusione con lo spirito dell’uomo segnerà un ulteriore passaggio nell’evoluzione della sua “personalità magica”.

In entrambi i romanzi sopra citati, Lilith Le Fay parla quindi del culto a cui è devota, illustrando le diverse pratiche magiche e occulte dei rituali officiati in onore della dea, svela le connessioni tra i simboli e la forza del pensiero (e della preghiera) nel contesto di certi cerimoniali; smembra, di fase in fase, i meccanismi che sono alla base delle operazioni magiche. Descrive inoltre, nei minimi dettagli, la costruzione del tempio riservato a Iside e l’utilizzo dei colori e delle vesti che servono a favorire il contatto tra umano e divinità. Interviene nella polemica (tutt’oggi in voga) che considera Iside Nera, alla quale è devota, rappresentante del Male, e spiega cosa sia per lei il Male, che connotazioni vi conferisce, quale accezione dà al senso del “Male”:

Ero seguace del culto di Iside Nera, che è molto diverso da quello della Dea della Natura vestita di verde che le donne pregano per avere bambini. Essa viene raffigurata con un volto umano, o con le corna come una mucca, ma Iside Nera e l’Iside Velata, il cui volto nessuno può guardare e continuare a vivere, e poiché io la rappresento, anche io indossavo il velo e il mantello, e non ho mai perso questa abitudine fino a oggi… alcuni ritengono Iside Nera uguale a Kali, e affermano che Lei sia il male: ma io non credo che lo sia, a meno che non si consideri la forza elementare come male, cosa che io non faccio. È davvero “Colei che spezza”, ma poi rende liberi. Essa è anche la “Vita più antica”, e la gente teme ciò che è primordiale come nessun’altra cosa… lei è una riserva di un’enorme forza dinamica, e quando la forza dinamica inizia a sgorgare, è Lei l’artefice. Io ho fatto a pezzi Wilfred, e lui è rinato come una fenice dalle ceneri della sua vita passata, dopo aver conosciuto la Grande Iside. Io l’ho ucciso e gli ho dato la vita. Questo non è male, a meno che non si consideri il dolore un male, e io non lo faccio; poiché il dolore porta il potere e la distruzione è libertà.

Lilith Le Fay è quindi voce di un sistema di pensiero primordiale, istintivo, che fa ricorso alle forze interiori dell’uomo e a quelle sprigionate dalla Natura anche nei suoi aspetti deteriori. Suo motto è che alla distruzione, se vissuta con consapevolezza e guardando in alto, alla Dea, segue la rigenerazione e poi la rinascita. È questa l’idea di “iniziazione” che sta alla base di tutta la filosofia esoterica. Il Male, per Lilith Le Fay, ha senso d’essere, perché senza il Male non sussisterebbe il bene. Per Lilith il Male non è correlato all’idea di peccato – come avviene nel pensiero cristiano-cattolico –, ma consiste esclusivamente in un’energia mal riposta. Il Male non risiede nell’azione, quanto nell’intento dell’azione stessa.

Guardare il mondo attraverso gli occhi di Lilith Le Fay equivale, quindi, a guardarlo attraverso gli occhi dei nostri antichissimi padri, per ritrovare lo spazio di una sacralità non più disgiunta da un ripiegamento verso l’interno del sé, e non più fondante esclusivamente su un elenco di norme da seguire. In questa prospettiva, tutte le cose che ci circondano cambiano colore e aspetto e leggere le avventure della donna misteriosa, dal volto incappucciato e dai lunghi capelli scuri, apre una porta sul mondo occulto delle energie sottili, in cui le coppie dicotomiche di tutti i tempi trovano una loro collocazione e, quel che è più importante, una loro riconciliazione.

La magia della Luna è edito da Venexia Edizioni. Potete leggere qui la recensione.

 

Autore: Artva
Messo on line in data: Aprile 2007