INCONTRO CON L’AUTORE: Devon Scott

Cinque domande e un questionario per Devon Scott, autrice di saggi di stregoneria, magia verde, magia lunare, magia celtica, storia della magia e divinazione.

 

LE DOMANDE

A – Qualcosa su di te e sui tuoi esordi di scrittrice.
Il mio primo esperimento di scrittura è stato un diario: un genere che non mi piace affatto, ma era un compito dato dall’insegnante. Un esperimento fallimentare, perché si andava dal “niente di interessante” a storie di improbabili atti eroici che nemmeno Superman ci sarebbe riuscito. Io ero tra quelli del primo gruppo: cosa diavolo poteva capitare in un gelido gennaio a una undicenne, da scriverci su pagine e pagine? Ci riprovammo a primavera, ma con un tema libero, e questo fu un successo. Io scrissi un manuale in chiave comica sull’allevamento dei cani, ispirato dal fatto che la mia cagnetta aveva appena avuto i piccoli: non conoscete la disperazione se non avete 11 cuccioli che rotolano per tutta la casa, affondano i denti in qualunque cosa, dai mobili alle vostre caviglie, e inondano pavimenti e tappeti. Mi presi un ottimo voto e mia madre mi regalò una macchina per scrivere portatile, dove le dita si infilavano tra i tasti: avevo sempre le punte tagliuzzate. Cominciai a scrivere brevi racconti rosa, fantastici e gialli, ma solo per mio divertimento; per fortuna ho buttato tutto in occasione di un trasloco e nessuno avrà mai la disgrazia di leggere i miei exploit giovanili.
Al liceo scrissi le mie prime opere esoteriche, una serie di piccole dispense tipo manuale di chiromanzia, astrologia, magia e Tarocchi, che giravano tra gli amici: non erano granché dettagliate, ma comunque molto ambite, perché allora esistevano pochissimi testi su questi argomenti che cominciavano ad avere parecchi estimatori.
All’inizio degli anni Settanta ho partecipato al mio primo e unico concorso di narrativa, che ho vinto con un racconto rosa, e ho cominciato la collaborazione con alcune riviste, perché il rosa vendeva bene e molti settimanali femminili chiedevano novelle sentimentali, in particolare quelle a sfondo storico, soprattutto medievale e vittoriano. Dopo una cinquantina di racconti, arcistufa di donzelle che si cacciavano nei guai in attesa che il cavaliere di turno arrivasse a salvarle o di imbranate combinatrici di pasticci, tutte con immancabile lieto fine, ho cambiato genere: sono passata alla fantascienza, complice una mia amica, fidanzata col caporedattore di una rivista di racconti fantastici.
In quegli anni c’erano editori microscopici, in particolare anglofoni, ma anche italiani, con riviste tascabili praticamente fatte in casa, alcune addirittura ciclostilate e non stampate; si tentavano esperimenti editoriali (le fanzine) con pochissimi mezzi economici e tanto entusiasmo, spaziando dal fantasy alla fantascienza tecnologica, a quella di satira sociale o di impronta spiritualistica ed esoterica. La distribuzione non esisteva, era fatta solo col passaparola e l’aiuto di librai amici. E’ stata un’esperienza affascinante, in qualche modo simile a quella dei siti su Internet. Poi ho interrotto la scrittura per problemi di studio, lavoro e tempo. Alla fine degli anni Ottanta ho tenuto una serie di conferenze: gli appunti fatti per gli incontri hanno formato la base da cui partire. Ho cominciato ad attaccare pezzi ed è nato il mio primo libro, Tradizioni perdute.

 

B – Come ti è venuta l’idea di scrivere questo libro e di che cosa parla.
Le Porte della Luna
per me è stato uno sfizio: volevo dire quello che non ho potuto dire in altri libri precedenti sul tema delle erbe in generale e della magia lunare in particolare, perché limitata dal numero di pagine. Mi mancava qualcosa e questo libro colmava le lacune. Credevo che la faccenda fosse conclusa con la prima edizione, che avrebbe dovuto essere l’unica. Avevo bisogno di una pausa per fare altro e me la sono presa. Però le continue insistenze di chi non aveva potuto avere il libro e della casa editrice mi hanno convinta a fare una seconda edizione, con in aggiunta una appendice sulla Magia gitana.

 

C – Come vivi il tuo rapporto con la scrittura.
Il nostro è un rapporto idilliaco: scrivo quel che voglio, come voglio e quando voglio. Per questo mi ritengo una che scrive libri e non una scrittrice. Moltissimi amici scrittori mi parlano del rapporto turbolento con le loro opere, l’ispirazione che li spinge a scrivere freneticamente di notte, la nevrosi del foglio bianco, quando non si sa cosa dire. A me questo non è mai capitato, perché se il processo dello scrivere un libro fosse così drammatico e stressante, non mi ci metterei nemmeno. Per quel che mi riguarda, scrivere deve essere un piacere, magari anche un divertimento. Quando un libro è pronto, lo propongo all’editore. E se non ho voglia di scrivere, faccio dell’altro, in particolare nella bella stagione, quando ci sono orto e giardino da seguire.

 

D – Scrittori preferiti o ai quali ti ispiri.
Non mi ispiro direttamente a nessuno, però, amando leggere, ci sono decine di autori che mi hanno influenzata, perché ogni libro che leggi ti regala qualcosa.

 

E – Progetti per il futuro.
Nell’immediato? Sto scrivendo un libro su un tipo di divinazione un po’ inusuale. In un futuro molto futuro può darsi che pubblichi uno o entrambi i romanzi che ho scritto e lasciato lì. Vedremo…

 

IL QUESTIONARIO

1) Devon in tre aggettivi.
Ottimista, generosa, determinata.

2) Il mio peggior difetto.
L’impazienza, con tutto quel che ne consegue…

3) La mia dote migliore.
Prendo la gente com’è e non come vorrei che fosse, senza tentare di cambiarla.

4) Le qualità che preferisco in un uomo.
L’intelligenza, la sensibilità, il senso dell’umorismo, la disponibilità verso gli altri, la discrezione e la buona educazione.

5) Le qualità che preferisco in una donna.
Le stesse.

6) Quello che apprezzo di più nei miei amici.
La sincerità e la lealtà.

7) Quello che non sopporto nei nemici.
La presunzione di chi ha una vita incasinata, ma sa tutto su come devono vivere gli altri; l’egoismo di chi allunga la mano solo per prendere e mai per dare; poi l’invadenza appiccicosa, la volgarità di parole e sentimenti e l’invidia maligna, che è sottovalutata, ma può degenerare in odio.

8) Cosa sognavo di fare da grande.
L’avvocato.

9) Il dono di natura che vorrei avere.
Saper suonare la chitarra: se ci provo, è come se avessi venti dita, tutte imbranate…

10) La mia decisione sbagliata che correggerei, se potessi.
Rifiutare un lavoro nella redazione di una famosa rivista sull’ambiente. Avrei dovuto farlo, anche solo giusto per provare…

11) La cosa più pazzesca che ho fatto.
Lasciare un lavoro certo per l’incerto.

12) Il capriccio che non mi sono mai tolta.
Fare shopping compulsivo: mi annoia e mi pare un inutile spreco.

13) Cosa sarei capace di fare per sostenere quello in cui credo.
Lottare a oltranza.

14) Che cosa cambierei negli altri se avessi la bacchetta magica.
Eliminerei il fanatismo religioso, ideologico e politico, ma temo che non basterebbero milioni di bacchette.

15) Che cosa cambierei in me se avessi la bacchetta magica.
Escludendo i soliti miglioramenti fisici (noi donne siamo maestre nel trovare qualcosa da cambiare nel nostro aspetto), credo niente, perché non sarei più io, nel bene come nel male.

16) Il paese dove vorrei vivere.
Sto bene dove sono: ogni mattina apro le finestre e vedo il mare, le palme e gli ulivi. Se proprio dovessi scegliere, la Provenza, la Bretagna o la Cornovaglia, purché sulla costa.

17) Il colore che preferisco.
Il giallo.

18) L’animale che preferisco.
Il gatto.

19) L’animale che vorrei essere.
Un gatto, se trovassi chi mi tratta come io tratto i miei gatti; però va bene anche uno qualsiasi, purché non debba vivere in una gabbia.

20) Il mio passatempo preferito.
Leggere, leggere e leggere.

21) Cinque libri da portare su di un’isola deserta.
Le opere complete di Shakespeare, unite in un librone scritto piccolo piccolo; le opere complete di Jane Austen. I Dialoghi di Platone, perché stare da soli su un’isola può trovare qualche mesta consolazione nella filosofia. La filosofia occulta di Cornelio Agrippa, uno dei migliori libri di magia mai scritti. Il giorno dello Sciacallo di Frederick Forsyth.

22) I peccati che mi ispirano maggiore indulgenza.
Le debolezze che abbiamo tutti in quanto umani.

23) I peccati che non riesco a perdonare.
Tutti quelli fatti in malafede o da chi agisce per pura cattiveria, quella del tutto gratuita, per fare del male senza motivo.

24) Il mio motto.
Non ho motti, ma vivi e lascia vivere mi è molto affine.

25) Come vorrei morire.
Nel sonno, serenamente.

 

Per conoscere meglio l’Autrice, leggete la sua scheda biografica.

 

Autore: Redazione
Messo on line in data: Dicembre 2015