LA FIABA DELLA BELLA ADDORMENTATA
Un omaggio ai Fratelli Grimm
Jacob Ludwig (1785-1863) e Wilhelm Karl (1786-1859) Grimm furono due filologi tedeschi, considerati in Germania i padri fondatori della germanistica. Fuori dal loro paese sono noti in tutto il mondo come autori di famosissime fiabe, tra cui Biancaneve, Cenerentola, Hänsel e Gretel, Cappuccetto Rosso, Riccoli d’Oro e La Bella Addormentata nel Bosco, che vi offriamo in lettura in questo numero, illustrata dai dipinti di Arthur Rackham. Oltre a quella dei Fratelli Grimm, è molto celebre la versione della fiaba di Charles Perrault, contenuta nella raccolta I racconti di Mamma Oca, che in parte differisce dall’altra.
La Bella Addormentata nel Bosco
C’era una volta, tanto tempo fa, in un paese lontano, il re Stefano e la sua graziosa regina. Per molti anni essi avevano atteso un figlio, e finalmente il loro desiderio fu esaudito. Nacque una bambina che chiamarono Aurora, come la dea del mattino, perché riempiva di sole la loro vita. Per festeggiare la sua nascita, diedero una grande festa: su invito del re, cavalieri e dame, cittadini e contadini, tutti vestiti con gli abiti migliori e portando doni, andarono a palazzo per vedere la neonata e farle gli auguri.
Re Umberto, che regnava sul Paese vicino, arrivò con il suo giovane figlio, il principe Filippo. I due re sognavano da molto tempo di unire i loro Paesi per mezzo del matrimonio dei figli, e in questa occasione annunciarono il fidanzamento della principessa Aurora con il principe Filippo.
La festa era al culmine quando, scivolando lungo un raggio di sole penetrato nella Sala Grande, comparvero le minuscole figure di tre fate buone. Agitando le bacchette magiche, volteggiarono sopra i regali esposti, poi si avvicinarono alla culla per offrire i loro doni alla principessa Aurora.
“Piccola principessa, il mio dono sarà la bellezza”, disse Flora, mentre la sua bacchetta spruzzava scintille di polvere fatata.
“Piccola principessa, il mio dono sarà una voce dolcissima”, disse Fauna.
Ma proprio mentre la terza fata, Serena, stava per offrire alla bimba il suo dono di felicità, una folata di vento spalancò le porte del castello.
Vi fu un lampo accecante e Malefica, la fata cattiva, comparve in mezzo alla sala, furente per non essere stata invitata ai festeggiamenti.
Nel silenzio generale, alzò le braccia e annunciò:
“Anch’io farò un dono alla bambina. La principessa Aurora crescerà in grazia e bellezza, amata da tutti quelli che la conoscono. Ma prima che cali il sole sul giorno del suo sedicesimo compleanno, si pungerà un dito con il fuso di un arcolaio… e morirà!”
La povera regina prese la sua bimba dalla culla e la strinse forte a sé, come per proteggerla dalle terribili parole della fata cattiva.
Le guardie circondarono Malefica e le puntarono contro le lance, ma con la sua potente magia ella si circondò di fiamme e scomparve in una nuvola di fumo. Serena, che non aveva ancora offerto il suo dono, agitò rapidamente la sua bacchetta sopra la bimba dicendo:
“Re e regina non disperate! Benché non abbia il potere di annullare questa terribile maledizione, posso essere d’aiuto”.
Poi, mentre la bacchetta creava magici disegni nell’aria, disse:
“Dolce principessa, un fuso ti pungerà il dito, ma non morrai; ti addormenterai e dormirai fino a quando non riceverai il primo bacio d’amore!”
Re Stefano, ancora spaventato per la vita della figlia, ordinò che in quello stesso giorno tutti i fusi e gli arcolai del reame venissero bruciati. Venne preparato un grande rogo nel cortile e tutti gli arcolai furono distrutti.
Le tre fate non erano certe che questo fosse sufficiente a proteggere la principessa, così persuasero il re e la regina a permettere loro di nascondere la piccola.
Esse l’avrebbero portata a vivere in mezzo alla foresta e si sarebbero tutte travestite da contadine. E così per sedici lunghi anni, la principessa, chiamata Rosaspina dalle tre buone fate, crebbe nascosta in una capanna di taglialegna, avendo come compagni gli uccelli e le creature del bosco.
In tutto questo tempo, Malefica cercò di trovare la ragazza, ma invano, perché le fate tenevano ben nascosti i suoi movimenti. Vissero come comuni mortali e non usarono mai la magia nel timore che, se lo avessero fatto, Malefica avrebbe potuto scoprirle dal bagliore che essa emanava.
Il giorno del sedicesimo compleanno della principessa, Flora, Fauna e Serena vollero farle la sorpresa di una torta e di un abito nuovo. La mandarono a raccogliere bacche nel bosco, quindi si misero al lavoro per preparare una torta e cucire un vestito. La torta riuscì un disastro e il vestito orribile.
“Vado a prendere le bacchette magiche”, disse Serena sconfortata.
“Sai, penso tu abbia ragione”, fece eco Fauna.
Con la magia, infatti, avevano sempre fatto tutto; non erano molto brave senza di lei. Le bacchette proiettarono raggi di magia colorata per tutta la stanza e ben presto trasformarono la torta in un capolavoro di pasticceria, mentre il vestito diventava una meraviglia.
Sfortunatamente, le scintille colorate salirono su per il camino, in alto, sopra la capanna. Il corvo di Malefica, che era a caccia della principessa, vide le tracce magiche e volò dalla sua padrona per riferirle che aveva finalmente scoperto il nascondiglio delle fate.
Nel frattempo il principe Filippo, che per puro caso stava cacciando in mezzo al bosco, udì un dolce canto. Cercando colei che cantava, trovò Rosaspina che danzava con le creature del bosco, e si unì a loro.
Cantando insieme, il principe e la fanciulla si innamorarono all’istante l’uno dell’altra. Ma si stava facendo tardi, e Rosaspina doveva andare.
“Quando potrò rivederti?” le chiese il principe.
“Vieni questa sera alla capanna nella foresta” disse la fanciulla. “Sarò là con le mie zie.”
E si affrettò verso casa per raccontare a Flora, Fauna e Serena che aveva incontrato un meraviglioso cacciatore e se n’era innamorata. Ma anche le fate avevano delle notizie per lei.
“Mia cara, tu sei in realtà la principessa Aurora”, cominciò Flora.
“E stanotte ti riporteremo a tuo padre, il re Stefano. Devi dimenticare quel cacciatore. Non fa per te.”
Tristemente, Rosaspina si lasciò condurre via dalla capanna prima che il principe Filippo vi giungesse. Le fate l’accompagnarono alla sua stanza nel castello, dove si gettò singhiozzando sul letto.
“Lasciamola sola per un po’” disse Flora chiudendo la porta dietro di sé. “Povera cara”.
Re Stefano e re Umberto stavano festeggiando il ritorno della principessa, e brindando alla futura unione dei loro figli e dei loro reami. In quel momento l’arrivo del principe Filippo interruppe le loro fantasticherie.
“Padre” annunciò il giovane agitato, “ho appena incontrato la ragazza che sposerò. Non la principessa Aurora, ma una contadinella”.
All’udire ciò, re Umberto s’infuriò col figlio, ma non ottenne nessun risultato; allora supplicò e adulò, ma non ci fu nulla da fare.
Il principe Filippo insistette: voleva sposare la fanciulla che amava. E partì al galoppo per incontrare Rosaspina nella capanna del bosco, lasciando suo padre nello sconforto. In tutto quel tempo la principessa era rimasta sola a piangere nella sua camera.
Là Malefica entrò trasformata in un anello di fumo, fece una magia alla fanciulla e la condusse in una stanza segreta in cui c’era un arcolaio, l’unico rimasto in tutto il Paese. “
“Cosa sarà mai?” disse Aurora. Allora udì una voce che ordinava:
“Tocca il fuso!”
Aurora tese la mano verso il fuso e si punse il dito. Immediatamente cadde al suolo svenuta. Le tre fate la trovarono stesa sul pavimento e la trasportarono nel più bell’appartamento del palazzo. Le tre fatine buone decisero di addormentare tutti nel palazzo e spruzzarono polvere di sonno. Poi volarono via a cercare il principe Filippo. perché solo lui avrebbe potuto svegliare la principessa. Intanto Filippo arrivato nella casetta nel bosco trovò Malefica ad aspettarlo. Lo imprigionò nel suo castello e lo schernì dicendogli che la sua contadinella non era altro che la principessa Aurora, addormentata nel castello del re Stefano! Aurora era condannata a dormire finché il suo bacio non l’avesse destata. Le tre fate riuscirono a trovare il principe e lo liberarono. Dopo averlo armato della possente Spada della Verità e del magico scudo della Virtù lo aiutarono a uscire dal castello di Malefica. Filippo corse al castello e trovò le mura sommerse da una foresta di rovi, mentre Malefica, trasformatasi in un drago che sputava fuoco, stava a guardia del ponte levatoio.
Le fate spruzzarono polvere magica sulla spada del principe: la spada volò diritta nel cuore del drago e lo uccise.
Cadendo, il terribile animale riprese l’aspetto di Malefica. Il principe giunse quindi dove giaceva la principessa Aurora, la baciò delicatamente, la principessa si destò, sorrise a Filippo e tutta la stanza si illuminò.
Tutta la corte si destò e davanti agli occhi compiaciuti di re Stefano, della regina e di re Umberto, Filippo e Aurora cominciarono a danzare e vissero da quel giorno felici e contenti!
Autore: Redazione
Messo on line in data: Settembre 2018