I MISTERI DIONISIACI di Emanuela Cella Ferrari

Speciale Società Segrete e Iniziatiche: i Misteri Dionisiaci

I misteri dionisiaci erano i più popolari tra i culti misterici greci. Il loro culto derivava da Dioniso, dio della vegetazione, dell’uva e del vino, ed era aperto a tutti, comprese le donne e gli schiavi.
Dioniso era uno degli dei più venerati nell’antichità; egli vantava delle origini presso i Traci. Tale culto acquistò delle caratteristiche di mistero intorno al II secolo avanti Cristo. A causa dei suoi caratteri orgiastici venne inizialmente condannato dai Romani, tanto che nel 186 a. C. il Senato ne proibì la pratica, definendolo pericoloso per lo stato. Solo in epoca imperiale le autorità romane cessarono di perseguitare i fedeli, così i misteri poterono diffondersi per tutto l’impero.
Secondo il mito, Dioniso era figlio di Zeus. Sua madre, Semele era una donna mortale, figlia di Cadmo re di Tebe. Rimasta incinta, Semele chiese al suo amante di apparirle nel suo aspetto divino. Quando Zeus le si mostrò tra tuoni e lampi, Semele rimase folgorata e finì incenerita. Allora Zeus prese il figlio e lo portò sull’Olimpo. Qui Dioniso incorse nella gelosia di Era che lo fece impazzire.

Nell’immagine a lato,
bassorilievo con Bacco che danza preceduto da un Satiro e da una Menade

Da allora il dio, ornato di edera e d’alloro, fu costretto a peregrinare attraverso le regioni dell’Africa e dell’Asia, accompagnato da un seguito di uomini (satiri) e di donne (menadi). Durante questo vagare egli incontrò Arianna. La principessa, figlia del re cretese Minosse, dopo essere fuggita da Creta insieme all’eroe ateniese Teseo, era stata abbandonata da lui sull’isola di Nasso, dove era sopraggiunto Dioniso con il suo corteo di baccanti. Il dio la sposò ed ottenne, per lei, da Zeus l’immortalità. Infine, dopo altre peregrinazioni, Dioniso giunse in Frigia, dove la dea Cibele lo liberò dalla follia, iniziandolo ai suoi misteri.

Nel culto dionisiaco i fedeli rivivevano il destino del dio. Per questo motivo, per simulare la follia di Dioniso, i suoi adepti, ed in particolare le donne, tentavano di raggiungere uno stato di estasi e di mistica esaltazione. Durante queste cerimonie le menadi erano incoronate con una corona di pampini ed indossavano pelli di animale. Inoltre portavano il tirso, una verga intrecciata con foglie di vite o di edera. Gli uomini era abbigliati come satiri; con questi costumi essi si sentivano parte del seguito del dio e, durante la notte, si recavano in peregrinazione attraverso boschi e campagne, che percorrevano con le loro fiaccole, al suono di flauti e di strumenti a percussione. Imitavano il vagare del dio, ballando al ritmo selvaggio del “ditirambo”, il tipico canto del culto dionisiaco, e al grido di “eueu” o “evoè”. Danzavano in maniera vorticosa fino al raggiungimento dell’estasi, favorita dai movimenti provocati dal tirso, la cui estremità superiore, più pesante, sbilanciava la danza e accelerava il rapimento estatico. Questo era assecondato anche dallo stato di ubriachezza degli adepti, tipico di questi riti.

L’estasi era considerata come un preludio alla partecipazione del  fedele allo spirito divino. Infatti, nella loro esaltazione, essi erano convinti che l’ossesso fosse posseduto dal dio. Gli invasati, quando raggiungevano il momento dell’estasi suprema, dilaniavano a mani nude un animale e ne mangiavano le carni crude.

Nell’immagine a lato,
“La baccante” di Adolphe William Bouguereau (1825-1905)

Per essere ammessi al culto era necessario un rito di iniziazione, che consisteva nel banchetto, il battesimo e l’introduzione al tempio. Il rito doveva essere preceduto da un digiuno di dieci giorni. La cerimonia era guidata dai sacerdoti: vi era il sommo sacerdote, il “falloforo” portatore del fallo, il “portatore del latte” e il “portatore della fiaccola”. Le donne avevano un ruolo molto importante; le sacerdotesse erano chiamate “tiadi” dal nome di Thya, la prima sacerdotessa del dio.

Le feste dionisiache erano numerose e si ricollegavano alla nascita e alla morte della vegetazione, viste come manifestazioni della morte e della rinascita di Dioniso. Vi erano le feste della fioritura, chiamate “Antesterie”, le “Lenee”, le “Piccole dionisie” a dicembre, e le “Grandi dionisie” a marzo. Vi erano poi le “Falloforie”, che celebravano Dioniso come dio della fertilità e della procreazione. Durante le feste avveniva il sacrificio di un capro, vi erano dei canti e delle recite. Il culto era praticato ovunque, ma vi erano alcuni luoghi privilegiati: per esempio, uno di essi era il Parnaso e le isole di Nasso e Chio.
Ai giorni nostri Dioniso ha stimolato la fantasia di molti artisti, tra i quali il musicista Richard Strauss (1864-1949), che si ispirò alla sua figura per l’opera “Arianna a Nasso”.

Autore: Emanuela Cella Ferrari
Messo on line in data: Maggio 2006