IL MITO DI DEDALO di Gaetano Dini
Mitologia dei Greci: il mito di Dedalo
Minosse, avanzando pretese sul trono di Creta, volle legittimarsi nei confronti del popolo e dei fratelli dicendo che era caro agli dei e che questi avrebbero esaudito ogni sua preghiera. Eresse così un altare a Poseidone, dio del mare, e lo pregò di mandargli in dono un toro.
E così un bellissimo toro bianco emerse dalle acque e venne a riva.
Il patto col dio era che Minosse sacrificasse in suo onore il toro, ma questi era così bello che il re decise di tenerlo per sé, mandandolo a pascolare nelle proprie mandrie. Al suo posto sacrificò in onore di Poseidone un toro comune.
Poseidone, scoperto l’affronto, per vendicarsi fece innamorare del toro Pasifae, moglie di Minosse. Aiutata da Dedalo, Pasifae si congiunse col toro bianco e dall’unione mostruosa nacque il Minotauro con testa di toro e corpo di uomo. Minosse, per coprire lo scandalo, consultò l’oracolo, che gli disse di far costruire da Dedalo un Labirinto vicino la reggia. Al centro dell’inestricabile Labirinto il re fece rinchiudere il Minotauro. Minosse a questo punto volle disfarsi anche del toro bianco, che fu portato via da Creta da Eracle (Ercole) e Teseo.
Il toro era stato portato in Grecia dove, lasciato libero nella zona di Maratona, aveva ucciso molte persone tra cui il figlio di Minosse, Androgeo. Teseo allora afferrò il toro per le corna e lo trascinò ad Atene sull’Acropoli, dove lo sacrificò in onore di Atena e Apollo. In espiazione della morte del figlio, Minosse volle che gli ateniesi inviassero a Creta, ogni nove anni, al termine cioè di ogni Grande Anno greco, sette fanciulli e sette fanciulle ateniesi per essere rinchiusi nel Labirinto dove il Minotauro li avrebbe divorati.
All’epoca di Teseo c’erano già stati due viaggi precedenti in cui le navi avevano portato le vittime da Atene a Creta. Quindi il tragico rito durava già da diciotto anni. Teseo, l’eroe, imbarcatosi coi fanciulli, giunto a Creta entrò nel Labirinto, affrontò il Minotauro e lo uccise. Liberò i fanciulli con l’aiuto di Arianna (alla quale Dedalo aveva dato un gomitolo di filo magico, con cui Teseo era riuscito a tornare indietro e a uscire dal Labirinto)e con loro lasciò Creta alla volta di Atene.
Minosse, accortosi della fuga dei prigionieri, punì Dedalo per averli aiutati e lo rinchiuse nel Labirinto assieme al figlio Icaro. Ma i due riuscirono a fuggire librandosi in volo con delle ali di cera che si erano costruite.
La figura di Dedalo
Dedalo era di ascendenza reale ateniese: infatti i suoi avi erano stati i mitici re di Atene. Andando a ritroso con essi, si arriva fino ad Atteo, capostipite delle popolazioni attiche, e ad Elleno, capostipite dei popoli greci, figlio quest’ultimo di Deucalione e Pirra, la coppia progenitrice del genere umano nel mito greco del diluvio universale. Una tradizione greca vedeva tra gli antenati di Dedalo anche il dio Efesto che aveva generato con Gea o con Atena il bisnonno di Dedalo, Erittonio.
Efesto, dio misterioso della metallurgia, aveva una sua fucina nel cratere del vulcano dell’isola di Lemno e un’altra dentro l’Etna in Sicilia, qui aiutato nel lavoro dai Ciclopi. Efesto era un fabbro divino, genio della fiamma.
Al culto di Efesto era collegato in Grecia quello di divinità misteriose, i Cabiri, dei ctoni, potenze sotterranee, geni bizzarri del fuoco che sapientemente battevano e fondevano i metalli. I Cabiri appartenevano alla schiatta dei Grandi Dei dell’isola di Samotracia.
Dedalo divenuto un grande e famoso artista ateniese, aveva come apprendista il giovane nipote Talos. Geloso per la sua bravura artistica, Dedalo gettò il nipote nel vuoto dall’Acropoli di Atene. L’invidia verso Talos e la sua successiva uccisione a causa della sua bravura (Talos stava infatti diventando un iniziato più addentro ai segreti della natura dello zio stesso) evidenzia un percorso spirituale di Dedalo non compiuto, dal quale non aveva ottenuto un equilibrato “tutto tondo”.
Fuggito da Atene a seguito dell’omicidio, Dedalo riparò a Creta da re Minosse. Il mito racconta che la moglie di Minosse gli chiese di costruire come imbracatura una vacca di legno ricoperta di cuoio, al fine di potercisi calare dentro e accoppiarsi con il toro bianco dono di Poseidone. Da quell’accoppiamento mostruoso nacque il Minotauro con corpo d’uomo e testa di toro: era stata questa la punizione di Poseidone. Il toro era stato infatti donato dal dio del mare a Minosse per essere sacrificato e non sostituito nel sacrificio con un toro comune. Il mito della costruzione dell’imbracatura di legno che porta ad un amplesso mostruoso, adombra che le arti che Dedalo seguiva erano inquinate dell’eredità oscura proveniente dalla natura di Efesto e degli dei Cabiri.
Nell’immagine a lato,
“Dedalo ed Icaro” di Frederic Leighton (1830-1896)
Dedalo, infatuatosi di Arianna, aiutò lei e Teseo a far fuggire dal Labirinto i giovani ateniesi destinati al sacrificio. Teseo uccise poi il Minotauro.
Minosse per punizione fece rinchiudere nel labirinto Dedalo e il figlio Icaro. Dedalo non si perse d’animo e riuscì a preparare grandi ali di penne tenute insieme da della cera. Applicandosi le ali alle spalle, padre e figlio spiccarono il volo lasciando il labirinto.
Dedalo, racconta il mito, aveva raccomandato al figlio di volare ad altezza media, di non elevarsi troppo per evitare che il calore del sole sciogliesse la cera delle ali. Icaro invece volò sempre più in su, ebbro di quell’esperienza, e fu così che la cera si sciolse e lui precipitò nel mar Tirreno.
Dedalo, invece, continuando il suo volo regolare arrivò chi dice in Sicilia ad Agrigento, chi nel Salento, dove si mise al servizio come artista del re locale. Aiutato dalle figlie del re, Dedalo riuscì in seguito a sfuggire alla vendetta di Minoss
Mito e metafisica
La chiusura di Dedalo e Icaro nel labirinto e la loro successiva fuga, adombra una prova iniziatica cui Dedalo era stato sottoposto. Riuscì a superarla in parte, fuggendo col figlio, ma salvandosi solo lui. Nell’analisi del mito io non mi concentro come hanno fatto gli altri su due persone distinte: il padre esperto e misurato compie un volo prudente e si salva; il figlio invece, impulsivo e imprudente, causa la rovina di se stesso. Le due persone sono per me metafisicamente una sola. La fine di Icaro rappresenta infatti la punizione di una parte di Dedalo stesso, quella colpevole di non essersi iniziaticamente compiuta.
I Greci agli uomini che non erano riusciti a elevarsi sopra la vita comune assegnavano come destino post mortem una esistenza residuale e larvale nell’Ade, privi qui di una vera coscienza. Solo gli eroi, uomini che realizzavano conquiste eccezionali in vita, potevano tendere verso l’immortalità, essere rapiti verso le altezze e divenire così invisibili agli uomini comuni. Erano aiutati in questo dai genii aerei, indifferenti alla vita anonima e grigia che conducevano gli uomini normali, i cosiddetti uomini delle pianure.
L’Altezza dai Greci era considerata un punto nel divino, punto che conservava però contatti con le inferiori regioni terrene. Nella semantica greca l’altezza era vista come luogo del risveglio dove gli uomini che vi giungevano acquisivano un entusiasmo più che umano e una forza e trascendenza trionfale. In quella regione del silenzio, dell’inaccessibilità, gli uomini divenuti eroi godevano assieme agli dei della bevanda dell’immortalità. Questo per i Greci era il cammino verso l’alto che doveva intraprendere l’iniziato mediante il percorso offerto dai Piccoli e Grandi Misteri. Percorso iniziatico che Dedalo non riuscì completamente a compiere e che causò la caduta dal cielo di quella parte di sé iniziaticamente non compiuta, rappresentata questa dalla figura del figlio Icaro.
Il Minotauro rappresenta lo scorrere inesorabile del tempo che fagocita ogni cosa. I nove anni, o Grande Anno greco di questo rito cruento, rappresentano simbolicamente la durata di un Kalpa indù, che ammonta a 907.200 anni. I sette fanciulli e le sette fanciulle ateniesi offerti in sacrificio rappresentano i quattordici Manvantara indù nelle loro due serie settenarie. Ogni Manvantara dura infatti 64.800 anni, che moltiplicato per 14 dà 907.200 anni, la durata di un Kalpa.
Il volo di Dedalo simboleggia il volo iniziatico dell’uomo greco dell’epoca, consacrato ai Misteri. E’ con il volo infatti che Dedalo riesce a uscire dal Labirinto e a osservarlo dall’alto. Riconosce il suo tracciato sinuoso che simboleggia la Spirale Cosmica immagine questa comune alle varie metafisiche taoista, indù, buddista, lungo la quale si sviluppano i vari Kalpa della Manifestazione divina. I quattordici Manvantara del Kalpa in svolgimento all’epoca del mito, che è anche la nostra epoca metafisica, sono rappresentati dai quattordici fanciulli ateniesi rinchiusi nel Labirinto.
Dedalo, che simboleggia l’iniziato greco di allora, con l’aiuto dei Piccoli e Grandi Misteri vuole conquistare la vera conoscenza per capire il ritmo, il susseguirsi dei Cicli Cosmici, che sono i Grandi Anni greci, i Kalpa indù. Dall’alto del suo volo Dedalo riconosce infatti il tracciato del Labirinto, simbolo appunto della Spirale Cosmica, si raffigura i quattordici fanciulli ateniesi che ogni nove anni vi vengono rinchiusi, simboleggianti questi i quattordici Manvantara che costituiscono il Kalpa indù paragonabile al Grande Anno.
Il mito greco parla di due viaggi precedenti, per cui il rito cruento si era già compiuto due volte prima di allora, cioè si aveva a quel tempo la consapevolezza metafisica che si erano già succeduti due Grandi Anni greci, due Kalpa indù antecedenti a quello attuale. Di tutto questo concatenarsi di Cicli, l’antico iniziato greco ha chiara visione e vede dall’alto del suo volo mentale lo svolgersi ordinato dei Cicli Cosmici. Ma ormai Dedalo è uomo delle epoche greche ultime, epoche storiche, tarate, corrotte.
Dedalo non è più il fulgido eroe dei tempi passati, gran vate vittorioso, conquistatore di realtà intellegibili, e la sua visione metafisica, simboleggiata dal suo volo, non più nitida e cristallina come dovrebbe essere.
La sua abilità impareggiabile di artista non è sufficiente alla conoscenza del sovrannaturale. Dedalo infatti non ha più la centralità, la stabilità dell’uomo antico, non è più portatore di regole consacrate. La sua conoscenza sacra è quindi parziale o, se completa, viene da lui posseduta per poco tempo.
Questo stato di cose è dimostrato simbolicamente dalla caduta dal cielo del figlio Icaro. Il suo volo incompiuto è infatti espressione di una natura che non è più celeste, ma che è ormai diventata spuria, moderna, umana, troppo umana.
Autore: Gaetano Dini
Messo on line in data: Dicembre 2018