POESIE MITOLOGICHE di Giovanni Corbetta

 

MITOLOGIE 1 – ELOGIO DI LUCREZIO

Paolo di Tarso s’è smarrito nel deserto
e vaga in tondo confuso dai miraggi
pregando invano nella stoltezza il proprio dio,
trionfa Lucrezio pur nella nebbia delle lacrime
che altero combatte armato di fermezza
contro l’impervio giogo delle cose,

da un falso Eden precipita qual masso
nuda creatura l’uomo solitario
e senza imprecare senza nemmeno più sgomento
accoglie nell’animo la crudeltà della natura
e assaporando l’acre sapore della morte
abbraccia come vittoria il suo destino,

posseduto dal suo impeto di fiamma
cavalca Alessandro macinando imperi
ma tra il cozzare delle spade delle lance
lo beffa il fato con l’insidia della febbre,
si strugge di pietà l’eccelsa Antigone
che pone il cuore al di sopra di ogni legge,
la sua memoria quale antidoto al potere,

contempla Odino nel precipizio dei millenni
languire dei nella polvere e l’oblio
e il suo sorriso disegna luce ed ombra,
Morrigan l’oscura affila la sua spada
stringendo il nodo della guerra con l’amore,
il seme del caos brilla negl’occhi delle Norne,

amante d’azzardo l’alato Eros tra le nubi
incocca una freccia ma il braccio gli ricade
e sconcertato da un mondo privo di passione
guarda l’inverno che stende la mano su Afrodite,
invano Narciso si specchia nello stagno
ma annichilito non riconosce più il suo volto,

alla luce delle torce delle menadi
rincorre Dioniso ninfe e driadi in folle ebbrezza,
la sua furia che poi si placa in struggimento,
e Atena impassibile scruta nella notte
l’informe palude che forma il regno della storia
e ride tra sé e arruffa le penne alla civetta,

Paolo di Tarsio tremebondo si inginocchia
e affida speranze a quello che non c’è,
si china Lucrezio sul dolore dei viventi
con il rispetto dovuto ad ogni essere,
la veggente Cassandra è lo spettro alle mie spalle
e del suo demone s’imbeve la mia anima,
erompe un singhiozzo mentre parlo con la luna.

 

MITOLOGIE 2 – CONTRO OGNI DEVOTO

Cammina la morte nelle strade della notte
sfiorando pietosa il volto di chi soffre,
tremano lapidi ubriache di stanchezza
e un sole nero precipita nel mare
desiderando l’azzurra culla delle onde,
alto nel cielo il falco del destino
tutti ci spia con malevola attenzione
roteando in attesa dell’attimo fatale,

Atena l’indomita con gli occhi della mente
considera l’eterna bilancia delle cose
e ride tra sé della follia del cuore umano
di slegare la vita dalla sua gemella morte,
nel suo castello il grande Federico
accusa di volgare impostura le tre fedi
e Faust si strugge nell’invocazione del demonio
perché al suo appello risponde solo il vuoto,

nella stagnante putredine divina
sguazzano imbelli che si dicono fedeli
e quale morbo comandamenti vacui
offuscano l’anima e l’anelito del cuore,
ride Villon abbracciato ad una forca
e chiama amico chi ha sputato su ogni legge,
l’ombra nefasta che si allarga dal calvario
avvilisce il fertile seno della terra,

sgorgano lacrime dalla penna di Nerval,
un sospiro ch’è rantolo d’un tempo consumato,
Artemide tende l’arco e incocca un dardo
per annientare l’ipocrisia di tutti i martiri,
Dracula impavido si arrampica sul sangue
nella sete insaziabile dell’immortalità
quindi si abbatte sfinito dal languore,
la luna che sola ne placa la vertigine,

per brughiere e colline passeggia Thomas Hardy
e gustando una birra maledice ogni bigotto,
il divino Marchese morde le sbarre della cella
mentre il teatro dell’imperioso volere prende forma
e l’angelo oscuro maestro del dolore
ci consola con la promessa dell’oblio,
la giostra del cosmo riprende la sua danza
e i vivi e i morti insieme girano cantando.

 

MITOLOGIE 3 – SOLO IL SENSO DELLA TERRA

Il gelo che incombe ha infranto l’aureo specchio
in cui splendeva la coscienza della vita,
un mondo stanco vacilla quasi cieco,
sull’alta torre del silenzio immobile
la torcia del cuore resiste strenuamente,

assedia il tempo il castello dei ricordi
con il suo ariete delle ore e dei minuti,
piovono i secoli come mortiferi macigni
ma Spinoza lavora assorto alle sue lenti,
gli amanti camminano sulla strada delle nuvole,

come reperti di un’antica illustre gloria
muti sepolcri statue ed effigi senza volto
spauriti assistiamo al fascino del caos,
e lo sgomento ci risucchia dentro il vuoto
dove s’incontrano stelle morte e fossili,

Eraclito osserva cani che s’azzuffano
e nulla scompone il suo distacco aristocratico,
si scioglie l’anima nell’attrazione per il mito
e beve avida alla fonte dell’eterno,
il sospiro della memoria è solo polvere,

pieno di furia l’angelo guerriero
scuote le armi cavalcando il vento,
Nietzsche sul colle che sovrasta il lago
annega nel sole ed applaude al suo destino,
ai bordi del mondo nell’inviolabile cristallo
gli amanti ridono e s’immergono nel sogno,

misere streghe languono in catene
e invano anelano alle danze in cima al monte,
la grande Dea si strugge nell’oblio,
morso d’angoscia Goya trae dalla sua febbre
tono e colori con cui aspergere la tela,

se a nulla serve invocare chi non c’è
meglio giocare come il gatto col gomitolo
con sacre immagini ed il profilo degli dei,
gli spettri dei Catari che ancora attendono giustizia
non per la fede ma la tolleranza indomita,

e unica legge nell’uragano dei conflitti
il sangue che scorre attirato dalla terra,
l’attrito dei piedi nella gravità del suolo,
solo spiraglio il bacio appassionato
che ci trascina verso il fulgore della luna.

 

MITOLOGIE 4 – IL SIGNORE DEI CORVI

Stridono i corvi nell’arco del tramonto
e ondeggiano i rami delle querce sacre,
i lupi ululano la memoria del passato,
nel vento l’eco di presenze antiche,

la notte cala come un falco sulla terra
e dentro l’immenso sciame delle stelle
si tendono i fili del telaio dell’universo,
le Norne guidano la spola d’ogni vita,

allarga la luna di lievi sogni la sua rete,
il bosco sussurra la voce delle zolle
e brilla nel buio l’acqua della fonte,
i fruscii tacciono ammaliati dal suo canto,

e dietro il pulviscolo delle gocce di rugiada
cos’è mai vero e quale l’illusione?
Odino l’altissimo elargisce le sue rune,
lui che conosce il labirinto delle maschere,

la sorte una freccia nella mano dell’eroe
la sfida è un brivido nel cuore suo di brace,
la spada levata un grido verso il cielo
che ci allontana la speranza del conforto,

le lance scuotono le Walkyrie ebbre di furia
e il loro sguardo cattura il fulmine fatale,
nella saggezza che scarnifica le forme
gli uccisi scelgono sul campo di battaglia,

ma il paradosso è il sentiero degli dei
e fiamme di ghiaccio bruciano nell’anima,
nello sgomento dell’abisso primordiale
solo il volere riduce il caos nell’equilibrio,

e tra le nubi sussulta il grande ordito
in cui vita e morte solamente sono nodi,
s’ammucchiano i secoli come funebre catasta,
svetta oltre il tempo l’albero del mondo,

al sodale dei corvi rivolgo il mio pensiero
Odino l’altissimo signore dei guerrieri,
che forgia l’estasi nell’arsura del dolore
e scruta nel pozzo il fato che ribolle,

lui che ignorato ancora cavalca oltre le stelle,
perenne viandante e signore degli enigmi,
soffia il suo spirito come ala sulla pelle
e assieme al dio mi travesto sogno e rido.

 

ETICA GUERRIERA

Inciampa il corpo negli ostacoli del cielo,
le sue radici che lo stringono alla terra,
e trafitto da spasimi lacerato da ferite
si arena inerte ai bordi del non essere,

fiorisce il sangue da tagli ed incisioni
e imbizzarrito si rovescia sulla pelle,
il cuore una lampada che annaspa pulsa e trema
e gli occhi un calice dove colano le lacrime,

straziato il corpo nell’arsura della febbre,
tuono il respiro che rimbomba dentro il petto,
un mantello il sudore sulle membra maltrattate
giace smarrito nella penombra d’agonia,

sulle labbra solo l’ombra di un sorriso
nella vertigine di un’erta solitudine
il corpo percorre l’intera sua fragilità
lontano dal chiasso di chi s’inginocchia e prega invano,

e come pietra la sua spoglia irrigidita,
pensieri e ricordi dissolti ormai nel vuoto
il corpo s’arrende alla legalità della materia,
refrattario nell’intimo all’immondizia di chi giudica,

e nel naufragio tra le braccia della morte
profonda una quiete accompagna l’abbandono,
asceso alla vetta estrema del silenzio
reclama il corpo il suo orizzonte di pietà.

In memoria di Eluana Englaro e della sua coraggiosa famiglia.
Nel disprezzo simmetrico degli ipocriti che pretendono di condannare una scelta coraggiosa.
Il grande Clint in Million dollar baby ha già detto
ciò che doveva essere detto e l’etica antica (Lucrezio) si rivela sempre superiore
al moralismo atroce delle cosiddette religioni.

 

Autore: Giovanni Corbetta
Messo on line in data: Giugno 2009