RACCONTO: LA RIVELAZIONE DELLA DIVINITA’ ONNIPRESENTE di Alessio Salerno
Come ogni giorno sollevai il volto al cielo e sorrisi al sole che spandeva il suo calore sul mondo. Salutai con lo sguardo le rocce, gli alberi, i variopinti uccelli che cantavano rumorosamente. Porsi i miei omaggi alla bianca parete di roccia, imponente nel suo candore, venata qua e là da striature multicolori. Resi grazie al ruscello, nel cui letto l’acqua fluiva limpida producendo una vibrazione cristallina capace di render quieto l’animo.
Oggi è il mio compleanno. Non esattamente: colui che mi raccolse abbandonato ed in fasce poco lontano dalla porta della sua abitazione, fissò il giorno del ritrovamento quale mia data di nascita. Non ho mai conosciuto i miei reali genitori. Non ho mai rivolto loro pensieri d’odio. Forse rappresentavo un peso e le necessità li costrinsero ad abbandonarmi. Forse ero un errore, un illegittimo, il frutto d’un incesto o d’una violenza.
Nalinaksh – questo il nome di colui che chiamo padre e maestro – mi accolse e mi allevò con amore, insegnandomi il rispetto per gli uomini e le bestie e per tutto ciò su cui possa posarsi lo sguardo. Considero amici e compagni di gioco gli animali e i vegetali che mi circondano. Pure le inanimate pietre rappresentano per me complici e sodali su cui contare. Sono cresciuto nel ventre della natura guidato da un uomo pacifico e dignitoso: amo i vicini di tutta la mia esistenza.
Nalinaksh mi trasmise tutto il suo sapere e la sua dottrina. Accolsi la vasta conoscenza di cui era a parte come il più prezioso dei doni, tentando di rendermene meritevole. Ascoltandolo durante le lezioni sembrava quasi che volesse imprimere a fuoco il suo sapere nel mio essere, che ne comprendessi a fondo i principi e non ne perdessi una sillaba. Al padre mio non darò mai tale delusione: assimilerò ogni branca della disciplina rendendola mia, così come mie sono braccia e gambe.
Più volte diede prova della sua forza, che sviluppò in me, unitamente al suo pensiero, quando fui sufficientemente cresciuto per accogliere i precetti dell’arte della Scuola della Via Secca, affinché diventassi forte nel corpo come nello spirito. Ma la sua energia, benché avesse dimostrato in più di una occasione di possederne, era rigorosamente mentale, non fisica, conformemente ai precetti della meditazione che in passato gli erano stati tramandati dagli avi. Il suo nome significava “dagli occhi di loto”, il cui fiore simboleggia variamente benessere, purezza ed illuminazione, quanto indubbiamente il padre suo sperava raggiungesse così chiamandolo e quanto lo stesso Nalinaksh aveva aspirato e forse conseguito. Mio padre fu ed è un uomo saggio. Pure, era ed è ancora un fiero e nobile apostolo della verità.
Fui un bambino modello. Non diedi preoccupazioni a colui che mi allevò, non mi ficcai mai nei guai, protetto dal dorato isolamento entro cui vivevamo, perduto nel grembo della natura e senza alcun contatto con altri esseri umani. Ascoltai con vivo interesse le parole del padre e maestro mio, sopportai coraggiosamente i vari esercizi cui fui sottoposto, poiché ero certo della meta finale, del conseguimento del giusto grado di elevazione cui sarei giunto. E negli occhi di mio padre, quando ne incrociavo lo sguardo, scorgevo una luce che mi indicava che ce l’avrei fatta.
Oggi compio vent’anni. Il mio nome è Kailash, lo stesso della vetta sacra mai scalata da alcun uomo in Tibet, ritenuta residenza di divinità e la cui traduzione suona Dimora del dio Shiva.
1
Oltre che per via del mio compleanno, a detta di mio padre oggi è un giorno molto importante anche per un secondo motivo.
Egli era a parte di segreti esoterici dal potenziale esponenziale, tali da permettere l’ampliamento della coscienza e della cognizione, superiori alle comuni tecniche di meditazione. Il presente giorno, illuminato da un caldo e splendido sole, segna l’insegnamento del più recondito mistero della scuola della Via Secca, un complesso di norme nominato Traslazione Ascensionale Divina. Una tecnica evidentemente difficile da realizzare, ma necessaria al progresso spirituale.
– Vedi Kailash – disse Nalinaksh, socchiudendo gli occhi come per ripararsi dal vapore che saliva in spire dal bicchiere finemente decorato che reggeva in mano, colmo di tè. – Ti ho insegnato la maniera corretta per affrontare le difficoltà, sia nelle questioni giornaliere, sia negli allenamenti. Hai appreso il corretto uso delle energie. Sei stato bravo. Ma non basta. Non ti ho insegnato tutto. Lo sai. Finora ad ogni spiegazione ho fatto seguire una dimostrazione, ma oggi non sarà così, poiché comincia a rendersi necessario che trovi la via per tuo conto. Non sarò sempre presente nella tua vita.
Lo esortai a spiegarmi fissandolo serio. Ci trovavamo in una stanza adibita ai momenti di raccoglimento. Non vi erano finestre, solo una porta che dava all’aperto. Il pavimento era in legno, di un colore chiaro e dai lucidi riflessi. Non vi era mobilio: per meditare era sufficiente una stuoia e tanta concentrazione. Eterni spettatori della quiete di quel luogo erano tre statue, rappresentanti divinità benevole di qualche antica mitologia perduta, che col loro sguardo perennemente sereno si rendevano partecipi della calma quasi sacrale di quel luogo, come auspici di una lieta novella. Chiarii:-Non essere così misterioso. Forse ci sono cose che non devo sapere, o qualcosa che devo temere? Niente può intimorirmi.
– Nulla di tutto questo, Kailash – fece lui. Mi fissò indagatore per vari secondi, poi sorrise. –So e sento che non vedi l’ora ti spieghi. Certamente, quale che fosse il rischio, se ve ne fossero, non ti tireresti indietro. Bravo figliolo- esultò, sinceramente orgoglioso. –Questo è l’atteggiamento giusto. Ricorda sempre: non temere l’insuccesso, ma non gettarti a capofitto in situazioni disperate. Sappi valutare anticipatamente pro e contro, soppesa attentamente ogni tua azione e pensiero e sappine trarre così il massimo profitto. Non temere l’insuccesso e se questo si presenta, ritenta non appena ti senta nuovamente pronto affinché la meta non sia raggiunta, perché un fallimento non è che il segno di una insufficiente preparazione alla questione in un dato momento e non un marchio a fuoco indicante inettitudine. Tutti, alla nascita, non produciamo che suoni privi di significato, ma in capo a qualche mese impariamo ad articolare parole e frasi di senso compiuto.
Annui vigorosamente. Sentivo l’intensità del momento, percepivo l’importanza di ciò di cui stavo per essere messo a parte, qualunque fosse la sua portata.
– Ebbene Kailash, oggi conoscerai il segreto più importante della Scuola della Via Secca: si chiama Traslazione Ascensionale Divina e secondo la tradizione viene così denominata perché chi ne fa uso si colma di energie provenienti da una fonte differente da quelle che albergano all’interno di chi le esegue.- Sorseggiò il tè, gustandolo ad occhi socchiusi e gioendo della mia impazienza, poi riprese:
– Pare infatti che le energie necessarie per la realizzazione della Traslazione Ascensionale Divina siano di portata così vasta e varia che un uomo non potrebbe riuscirvi, se non venisse aiutato.
– Perdonami padre- lo interruppi disorientato, – su chi potrei o dovrei fare affidamento dunque?
Il maestro proseguì ignorando l’intromissione:
– Dicevo, la Traslazione Ascensionale Divina pare possa essere utilizzata e compiuta solo da coloro che vengono scelti dalle entità superiori. Se colui che ne fa uso viene riconosciuto meritevole, allora gli esseri che risiedono al di fuori della portata umana cedono la loro potenza all’individuo in questione, permettendogli di realizzare l’intento. Viene chiamata Traslazione Ascensionale Divina proprio perché si effettua per tramite della divinità e perché l’uomo riceve forze che gli permettono, seppur per poco, di elevarsi verso una sfera superiore. Inoltre è un insieme di norme che tende invariabilmente a condurre il corpo materiale verso l’alto, liberandolo dai vincoli della gravità e da qualsivoglia altra forza.
– Incredibile – fu tutto ciò che riuscii a dire. Per un istante provai una indefinibile sensazione di timore, sia perché quello che mi veniva rivelato sembrava assurdo, sia perché non era detto che potessi essere riconosciuto meritevole di tanto. Poi scacciai subito quel grasso verme sinuoso dalle pieghe della mia mente: se non fossi stato degno lo sarei divenuto, a costo di qualunque sacrificio, nella misura in cui mi fosse stato possibile, perdurando nei tentativi. Ma prima dovevo scoprire come. –Istruiscimi- dissi, -insegnami il modo giusto di sottopormi a questa prova.
– Comprendo il tuo entusiasmo – disse Nalinaksh sorridendo compiaciuto. – Sento che non per tornaconto, né per sprezzo di fronte alle avversità né per vanagloria desideri sottoporti alla prova, ma semplicemente per il desiderio di conoscere la realtà che ti circonda ed estendere ed ampliare la tua conoscenza e i suoi confini. Sappi che la tradizione della Scuola della Via Secca vuole che ogni discepolo trovi da sé la via che conduce all’esecuzione della Traslazione Ascensionale Divina. Di maestro in maestro, viene tramandato un insegnamento orale sulle pratiche di preparazione da eseguire, ma nessuno di essi può mostrarne il compimento se il discepolo prima non è stato in grado di eseguirlo. Questo fattore è imprescindibile e non separabile dal resto. Perché ognuno si costruisce la propria strada e si adopera per un risultato battendosi con le proprie armi, ecco che l’animo di un uomo non potrà mai essere uguale a quello di un altro uomo. Fino ad oggi sei stato bravo e mi hai dato grandi soddisfazioni, hai assorbito correttamente ogni mio insegnamento. E’ il momento di vederne i frutti.
Per qualche secondo tacqui pensieroso e perplesso. – In breve – dissi –mi mostrerai la preparazione alla Traslazione Ascensionale Divina senza mostrarmene l’esecuzione sperando o attendendo che io trovi la chiave per riuscirvi privo della minima indicazione?
– E’ così.
Nalinaksh sedeva a gambe incrociate sul prato, gli occhi al riparo all’ombra dell’ampia tesa del cappello che portava. Sotto i baffi le sue labbra si piegavano nell’accenno di un sorriso, mentre tra le mani reggeva un fiore colto prima. Poco discosto da lui stavo io, lo sguardo accigliato rivolto alla roccia bianca che sporgeva dal terreno e che coi suoi cinque-sei metri di struttura minerale sovrastava la mia figura.
– Conosci i precetti, così come te li ho insegnati fino ad oggi- ripeté Nalinaksh. – Non devi fare altro che seguirli ed eseguirli. Fai la pace nel tuo cuore. Liberati da tensioni esterne. Fai in modo che non vi sia altro che la Traslazione Ascensionale Divina. Per un istante, il tuo essere deve diventare tutt’uno con ciò che desideri realizzare.
Comprendevo pienamente le parole di mio padre, ma temevo ugualmente di non farcela. Non che ritenessi le sue parole il vaneggiamento di un folle anche se un altro le avrebbe ritenute tali, ma temevo di non avere le qualità adatte o non abbastanza per riuscire. Infine mi decisi. Spianai le rughe che corrugavano la mia fronte, come nuvole spazzate dal vento. Dentro di me dissi: Sono ore che sto dinnanzi a questo pietrone e continuare a farlo non può giovarmi a nulla. Se sono capace posso dimostrarlo solo ora. Devo e posso mettere a frutto tutti gli insegnamenti di mio padre. Glielo devo, per tutto ciò che ha fatto per me. E lo devo anche a me stesso.
Chiusi gli occhi e mi isolai più che potevo. Nalinaksh continuava ad osservarmi, lo sapevo, attento ed interessato ad ogni minima azione o reazione. Ristetti immobile come una statua, reso di pietra come quella che mi sovrastava. Poi, filamenti azzurri presero ad irradiarsi dal mio corpo. Non so se fosse un fenomeno reale o mentale. Per certo l’energia che stavo generando veniva trasportata fino ai più piccoli vasi sanguigni, i capillari, e di qui fuoriusciva traboccando di qualche centimetro. Più precisamente però seguiva un percorso definito, fuoriuscendo dalla sommità del capo, propagandosi attorno a me in numerose strutture guidanti che si ricongiungevano e rientravano in me all’altezza del coccige, seguendo poi un moto ascensionale all’interno del mio corpo su di un asse che mi attraversava dal basso verso l’alto. Nel farlo, sentivo che qualcosa stava accadendo in me, anche se non sapevo precisamente cosa. Vedevo e sentivo cose, provavo stati psicofisici sempre differenti tra loro, pur sempre trovandomi in uno condizione armonica di grande benessere. Sapevo di trovarmi dentro a una sfera di energia. Ero isolato dal mondo, dalla realtà che mi circondava. Mi trovavo all’interno di un natante forse solo immaginario entro cui flottare verso l’Elevazione. Ero a metà dell’opera… forse.
Feci l’equivalente di sollevarmi dalla mia posizione. Fu una sorpresa. Inizialmente venni trasportato in avanti, poi in alto. Ma senza gambe. Non ero in piedi. Ero sollevato dal suolo. Non avrei saputo precisare quanto, ma le gambe erano ancora raccolte sotto di me. Di questo avevo percezione. Dei miei arti sì, benché non delle distanze e non perfettamente delle dimensioni. Era forse questo che dovevo compiere, come diceva Nalinaksh? Ma non capivo. Era straordinario, sorprendente, eppure capace di farmi battere il cuore e ridurre quasi in mille pezzi tutta la mia concentrazione. Sapevo che i poteri venivano rivelati alla nascita, o attraverso la ripetizione di parole sacre, all’ascesi, ma anche, come stava succedendo ora a me, dall’unione del meditante con l’oggetto della meditazione. Stavo sperimentando qualcosa di assoluto. Vivevo un momento che sapeva di infinito, e che speravo durasse altrettanto. Ero dunque arrivato al tratto d’unione tra la natura inferiore e grossolana di questo mondo e quella superiore delle entità prive di corpo.
Aprii gli occhi. Vidi formarsi una crepa sulla roccia di fronte a me. Alcuni corpuscoli sgretolati rimasero sospesi nell’aria alcuni secondi, poi caddero al suolo traendo bagliori generati dal sole che si rifletteva di pietra in pietra. Vidi le linee guidanti attorno a me perdere coesione ed aprirsi come un fiore prima di spezzarsi e scomparire. Caddi anch’io. Ebbi la prontezza di riflessi di ripararmi dalla caduta, ma del resto non precipitavo da grandi altezze. Forse un metro. Tale e tanta era l’altezza raggiunta quando avevo immaginato di alzarmi. Dunque, mi ero sollevato realmente. Avevo ottenuto lo scopo. Alle mie orecchie giunse il suono di un applauso. Stupito, guardai mio padre e scoprii che batteva le mani. Nel suo volto si vedevano un misto di emozioni. Sembrava vagamente compiaciuto, ma anche teso, preoccupato. E sostanzialmente, tremendamente serio. Non ero in grado di decifrare ciò che pensava o provava e la cosa mi smarriva un po’.
-Complimenti, figliolo- dichiarò, dissipando quel pizzico di tensione. –Sei stato bravo. Hai fatto molto più di quello che credevo tu fossi capace. Io dovetti provare diverse volte prima di ottenere risultati, dal principio inferiori a quelli conseguiti da te oggi. Se ti infastidisce il fatto di non aver ottenuto un esito soddisfacente o di non aver completato quanto stavo cercando di trasmetterti, non temere. Tieni presente che la tappa di oggi costituisce un momento fondamentale del mio insegnamento e della tua evoluzione personale.
Ristetti solo un secondo. – Come?- domandai, forse più a me stesso che a lui. – Avevi detto che questa tecnica di concentrazione rappresentava l’ultima tappa del mio addestramento, essendo la più vera e la più valida. Ho interpretato male?
Nalinaksh stavolta sorrise. –Bravo Kailash. Oramai non c’è quasi più nulla che debba insegnarti. No, ragazzo. Ti ho mentito. L’Elevazione Ascendente Divina non rappresenta l’ultimo gradino della Scuola della Via Secca, ma il penultimo. Più propriamente, è il trampolino di lancio che ti condurrà, questa volta realmente, all’ultimo segreto che mi resta da svelarti. E che conoscerai a partire da domani.
– Un momento- protestai, – ancora non conosco la Traslazione Ascensionale Divina. Così mi hai appena detto. Come speri possa padroneggiare qualcosa di ulteriore?
-Infatti non padroneggerai nulla- mi redarguì Nalinaksh. – Ti sto guidando affinché tu veda Dio e le altre forme del Divino. Alla rivelazione della divinità onnipresente. Ti sembra poco?- Si volse e mosse qualche passo verso casa. – Torniamo pure alla nostra dimora- concluse, – mangiamo e beviamo, rilassiamoci e poi riposiamo: domattina ti spiegherò come rendere possibile il Pensiero dall’Impulso Sicuro.
Sobbalzai nel sentirglielo dire, e fui tentato di fargli un mucchio di domande, ma sapevo che non si sarebbe minimamente sbilanciato in risposte fin quando non fosse sorto un nuovo giorno. Prima di muovere qualche passo al suo seguito però gli chiesi, in un soffio: – Ma tu, quanti ostacoli hai rimosso dal tuo cammino? Quanti vizi nella tua ascesi?- Ma non mi sentì, o finse di non udirmi. Mi dissi di pazientare ancora un po’.
Stava trasmettendomi tutto il suo sapere.
Mi mossi.
II
Le parole di mio padre, ed anche quello che non disse, seppero incuriosirmi oltremodo, ma mi rassegnai ad attendere il giorno che doveva venire. Se il maestro dice domani, così deve essere, evidentemente: eppoi sapevo che nessuna pressione sarebbe stata tale da scucirgli spiegazioni. Probabilmente non voleva eccedere con gli allenamenti. Oggi questo, domani quello. Del resto stava infondendo in me tutto il suo sapere. O forse faceva tutto parte di una sua strategia: dopo avere appiccato alla miccia della mia curiosità, sapeva che avrei rivolto tutti i miei sforzi, sia fisici che psichici, nel conseguimento della nuova pratica. Sicuramente tale era l’intenzione del padre e maestro mio.
Ad ogni modo il sole percorse la sua parabola nel cielo, fiammeggiò rossiccio nella sua discesa e si tuffò oltre la linea dell’orizzonte, lasciando posto a un cielo terso trapunto di stelle e ad una pallida falce di luna. Questi a loro volta cedettero nuovamente il passo al sole, che irradiò nuovamente il suo oro sul verde della vallata. Il tutto avvenne, per me, comprensibilmente, con inesorabile lentezza e numerosi contorcimenti nel mio giaciglio, compiuti in una notte parzialmente insonne.
Seduti all’ombra della veranda, accarezzati dalla frescura del mattino, sedevamo io e Nalinaksh. Ad un qualunque possibile osservatore potevamo sembrare immersi in chiacchiere di scarso conto. Invece le parole del maestro stavano per dischiudermi il suo segreto più riposto, l’ultimo mistero della Via Secca. Quello vero.
– Ricordi Kailash?- chiese Nalinaksh, proseguendo poi senza attendere risposta. – Spiegandoti della Traslazione Ascensionale Divina dissi che è possibile realizzarla solo per intercessione della divinità, venendo riconosciuto meritevole di tanto. Ciò che ti è accaduto vuol dire molto. Lo studio dei testi, la devozione, la sincerità e l’onestà hanno fatto tanto: il controllo del respiro, la meditazione e la concentrazione ti hanno portato lontano. Qualcuno o qualcosa ha scorto in te delle prerogative, ed ha riversato una briciola d’una briciola d’una briciola delle sue qualità dentro di te. Vi sono individui che non hanno sortito alcuna reazione per lungo tempo, dovendo meditare e temprarsi a lungo prima di riuscire. Sii grato di ciò che ti è accaduto.
-Sono sinceramente felice, padre- dichiarai francamente, rispettosamente, il pensiero rivolto al cielo. Ero fortemente compiaciuto, questo sì, ma anche, per contro, decisamente turbato. Mi chiedevo sotto quale ottica avessero potuto vedermi quelle entità sovrannaturali e cosa abbiano pensato giudicandomi valente. Ma era peccare d’orgoglio cercare di immaginare cosa potesse passare per la testa ad un essere tanto a me superiore, così mi distolsi da quel pensiero e l’accantonai, arrossendo mentalmente, concentrando l’attenzione nuovamente su Nalinaksh. Avrei voluto chiedergli in quanto tempo e quando lui avesse sortito successi nella Traslazione Ascensionale Divina, ma me lo avrebbe detto, prima o poi. O forse no.
– Ebbene- riprese – il Pensiero dall’Impulso Sicuro ti permetterà di metterti in contatto col regno delle entità soprasensibili e di là trarne beneficio.
Sgranai gli occhi e ristetti sbalordito per vari secondi. Quando mi furono rese chiarezza ed espressione sbottai:-Non è possibile. Non posso io, uomo, alzarmi fino a tanta altezza e di là ricavare ciò che mi abbisogna. Sarebbe meschino e per nulla nobile.
-Più o meno, ma non esattamente- disse Nalinaksh. –Comprendo il tuo stupore, ma non agitarti. Ti invito ad essere più sereno di spirito e ad aprire ben bene le orecchie, perché quanto sto per dirti rappresenta l’ultimo e più grande segreto della Via Secca. Ci sono cose che puoi aver intuito ed altre che hai compreso, ma ne restano altre che devi sapere.- Tacque, o per dare maggiore enfasi alle sue parole o per solleticare il mio interesse. Ma, presto, mi resi conto che nessuna delle due cose sembravano spiegare la momentanea interruzione, durante la quale i lineamenti di Nalinaksh si distesero gradualmente rilassandosi totalmente, mentre lo sguardo si faceva intenso e carico di riverenza. Anche se era lì con me, stava distaccandosi e guardava lontano.
-Viene detto Pensiero dall’Impulso Sicuro perché ogni pensiero generato nell’ambito della tecnica che mi appresto a descriverti ed insegnarti riceve, per l’appunto, un impulso sicuro. Fino ad oggi, come dicevo prima, puoi averlo sospettato senza averne la certezza, ma devi sapere che benché i tuoi occhi possano cogliere solo l’aspetto fisico di un individuo, questo non si riduce unicamente alla materia: in lui è presente infatti un elemento invisibile ad un normale sguardo, ma che costituisce la parte più importante della sua essenza. Potrei dire che il corpo fisico sta a questo elemento così come i rami stanno al tronco dell’albero. La tua mente non dipende e non è influenzata da altri fenomeni. Non è condizionata. Questo è bene. Presto sto per chiederti di prendere pienamente contatto con questo tuo sé vero, essenzialmente eterno. Per questo definiremo l’oggetto della nostra trattazione Eternum, per la sua virtù di essere immortale.
– Padre, non ti seguo- feci debolmente, sempre più desideroso di apprendere ma anche sempre più frastornato.
Nalinaksh mi mostrò il palmo della mano destra. – Abbi pazienza e capirai. Ricapitolando l’uomo è composto di materia per quanto riguarda il suo corpo fisico, tangibile, visibile e quindi rilevabile ai cinque sensi. Ma le normali percezioni non sono in grado di riscontrare la componente più importante dell’essere umano, non soggetta a decomposizione come è per le membra. Senza Eternum un essere umano sarebbe un sacco pieno d’organi, ossa e muscoli, ma privo di pensieri, sentimenti e desideri. Un vegetale.
“Senza Eternum non sarei in grado di apprendere, comprendere, esporre alcunché. Non avrei carattere, aspirazioni, avversioni, dubbi. Non sarei un individuo, ma un guscio vuoto. Vedi quest’erba? Nasce e cresce e si riproduce e questo sembra tutto, ma non è così, poiché ogni filo possiede un Eternum. Così come tutte le creature viventi. Ma se dall’alto avessero deciso di privarmene, all’apparenza sarei sembrato in tutto e per tutto simile a questa verdura. Comprendi dunque l’importanza dell’Eternum?”
– Appieno, padre. Continua pure.
-Allora sappi che quando nasce un bambino, ciò accade per misericordia divina, affinché l’Eternum possa svolgere determinati incarichi già prefissati nel mondo soprasensibile.
– Vorresti dire- l’interruppi – che l’Eternum decide di diventare uomo perché ha una missione da compiere?
Nalinaksh scosse la testa. – Non esattamente. Dall’alto hanno creato ogni Eternum –e sono innumerevoli- e sono stati fatti ognuno diverso dall’altro, con precise qualità e inclinazioni. Essi non “diventano uomini”, ma per manifestarsi in questo mondo hanno bisogno di un veicolo e perciò si incarnano in un corpo fisico. Questo è il modo che hanno per presentarsi sulla Terra.
-Vai avanti. E’ interessante.
– Non credere che ogni Eternum abbia una missione, come dici tu, per scendere quaggiù. Si potrebbe piuttosto parlare di un movente. Così come all’alba ti rechi al ruscello per far scorte d’acqua, così l’Eternum lascia il suo luogo di provenienza per venire qui. Ognuno di essi ha un motivo diverso per vestire un mantello di ossa, carne e sangue. Quali che possano essere le ragioni, esso utilizza il corpo, anch’esso creato da Dio in virtù delle sue invalicabili leggi. Se fallisce, allora fa ritorno a casa, donde riparte appena lo ritiene opportuno, ripresentandosi nel mondo fisico anche a distanza di secoli dalla scomparsa del suo precedente involucro, per completare la mansione non realizzata in passato.
Ero sbalordito. Espirai rumorosamente, chissà per quanto tempo non avevo respirato. Mi passai una mano tra i capelli neri e dritti dicendo:-Un momento. Credevo di cominciare a capire, ma mi rendo conto di non esserci riuscito. Invece di progredire, arretro.
Nalinaksh volse lo sguardo al cielo, una occhiata serena, quasi che Dio, attraverso i suoi occhi, stesse conferendogli maggiori capacità esplicative. –Se tu fossi un combattente- iniziò poi socchiudendo le palpebre, -e dovessi batterti contro un malvagio oppressore, rivestiresti il tuo corpo con una corazza per essere meglio protetto dai magli nemici e ti lanceresti contro l’avversario. Ma se durante la lotta venissi ferito e il tuo usbergo squarciato, che potresti fare? Sarebbe ragionevole ritirarsi temporaneamente, guarire dalle ferite e scegliere un nuovo equipaggiamento in vista di una nuova battaglia. In questo racconto tu sei l’Eternum, la tua armatura il corpo fisico. La battaglia il motivo per cui l’Eternum si manifesta nel mondo fisico. Le ferite la morte fisica. Il periodo di convalescenza il ritorno al mondo soprasensibile. Il rientro alla battaglia la successiva incarnazione. Tutto chiaro?
– Per ora sì. Continua.
III
– Dio crea gli Eternum e Li dota in piccolo di tutte le Sue qualità e prerogative. Dio non è altro da noi. Se Lo adori pensando Esso è uno, io sono altro sbagli. Ognuno di essi è simile ma al contempo differente dall’altro, così come lo sono i membri di una sconfinata famiglia. Essi intraprendono un viaggio dalla realtà sovrasensibile alla nostra realtà fisica sotto il vigile occhio del loro creatore. Quando però l’Eternum veste un corpo fisico, ne viene contaminato e in parte corrotto: la materia si mescola alla sua natura spirituale causandogli una sorta di sdoppiamento della personalità. La parte di te che conosci e che fino ad oggi hai sempre considerato unica non è che una facciata: le reali potenzialità del tuo essere sono imprigionate dietro questa maschera, nell’attesa della liberazione. L’Eternum, stordito dall’immersione nel mondo fisico, è impossibilitato a comunicare con la parte di sé che affiora coscientemente nel nostro mondo, perlomeno non in maniera attiva. E’ possibile ristabilire l’unità, ma occorre tempo, grande volontà e concentrazione.
“Ora però facciamo un piccolo passo indietro. L’Eternum viene come spezzato in due: una minima porzione si identifica con il mondo fisico senza sospettare l’esistenza di un regno celeste; l’altra, più vasta e dotata di facoltà superiori, si rinchiude in sé stessa rendendosi inconsapevole ed assopendosi, pur continuando ad incamerare lo stesso tipo e numero di nozioni assimilate dalla metà conscia. E’ possibile che, per una infinità di motivi, una o l’altra delle frazioni recuperi brandelli di memoria: in quel caso dapprincipio si verificano inspiegabili anomalie comportamentali nell’individuo, successivamente si giunge al risveglio completo e all’unificazione. Ma è necessaria una eccezionale ed inconsueta concomitanza di fattori.
– Tutto questo appare sempre più come un racconto fantastico, padre- dissi scuotendo il capo eppure sorridendo. Dentro di me tremavo, eppure mi sentivo entusiasta. Mi si stava schiudendo un mondo. E il meglio era ancora di là da venire.
– Ma- proseguì Nalinaksh ignorando la mia interruzione, -se le due parti non sono capaci di comprendere i rari e subliminali scambi che avvengono tra loro, possono presentarsi seri e sgradevoli disturbi: sono questi i germi dell’odio, dell’ira, della debolezza, della paura, della violenza, in sostanza di tutti quegli elementi rovinosi per il singolo e per la collettività.
– Ci vorrebbe un criterio per capacitarsi dell’importanza di tali messaggi- azzardai, al contempo realizzando di avere detto probabilmente una grossa sciocchezza.
– Certo, ma per tale impresa occorrerebbe un intelletto sovraumano, quale raramente si presenta in noi mortali. Ciò significherebbe conquistare scientemente una parte della metà passiva e, qualora questo accadesse, ci troveremmo già ben avviati lungo la via dell’illuminazione. La meditazione ci ha consentito di ottenere una sempre maggiore padronanza delle attività della mente, insieme alla capacità di lasciarla riposare nel suo stesso stato. Entrambi ne conosciamo e riconosciamo i benefici. Ma sono certo che una intera esistenza trascorsa in contemplazione sarebbe appena sufficiente a realizzare quanto sto spiegandoti. La Scuola della Via Secca conosce un’altra strada. Bisogna seguirla. Provare e riprovare. E perseverare.
Ci siamo, pensai. –Un’altra strada- ripetei riflettendo ad alta voce. –Mostramene l’accesso, padre.
Senza alcun preambolo, Nalinaksh attaccò:-Il Pensiero dall’Impulso Sicuro permette alla parte contaminata, quella cosciente, di elevarsi fino al Regno Sovrasensibile e di là trarne beneficio, accelerando il processo di riunificazione delle frazioni.
Ci volle un po’ perché mi riprendessi. Quando ci riuscii feci: -Mi prendi in giro. Dici che è assai arduo risvegliarsi come individuo completo e poi affermi che si può contattare il Regno Sovrasensibile con tanta facilità?
-Non ho detto che sia semplice. Hai tutte le cognizioni necessarie per elevare la tua mente ad un gradino superiore, ma operare una accelerazione impetuosa delle tue facoltà e del tuo intelletto più reconditi allineando i tuoi principi alle leggi che governano la natura e l’Universo è tutto un altro affare. Una volta che ti avrò rivelato come avere accesso alla Realtà Sovrasensibile, il seguito dipenderà da te. Non importa quanto tempo ci metterai. E’ tutto ciò che mi rimane da insegnarti. Ma ricorda: dovrai servirti del Pensiero dall’Impulso Sicuro solo per fini nobili, come dicevi, non per tornaconto personale o fini materiali. Se le tue finalità non dovessero distinguersi capirai che vi è un prezzo da pagare per l’azzardo, grande o piccolo che sia.
-Così mi insegnasti. Non compiere azioni cattive, perché tutto si vede per quanto segreto. Persino un volo nell’aria non può liberarti dalla sofferenza di una azione cattiva appena commessa. Qualsiasi azione un uomo possa compiere, costituisce per lui una eredità. Raccoglierò i frutti del tuo insegnamento padre, puoi contarci. Non pagherò conseguenze per eventuali mie stoltezze.
-Ne sono certo, figlio mio. Hai sempre camminato sul solco della virtù. Sono orgoglioso di te.
IV
Non era necessario un orario preciso, né uno stato d’animo particolare. Solo grande calma, molta pazienza, concentrazione ed una mente aperta e ricettiva.
– Basterà attendere- stava dicendo il maestro. – Il tuo spirito deve diventare come il cielo in un giorno di sole. Come la luce attraversa lo spazio e l’atmosfera per illuminare la Terra, così lo sguardo delle entità sovrasensibili ti attraverserà trapassandoti. Così facendo questa luce, idealmente, si separerà in componenti spettrali e il tuo nucleo più profondo emergerà integro, non più una diade ma una monade, il centro della tua stessa forza. Se i tuoi intenti sono veri e validi, le entità sovrasensibili sapranno recepirlo conducendoti al loro cospetto, aiutandoti a realizzarli. – Si voltò, guardandomi di sopra la spalla. –Ora vado a sbrigare qualche faccenda a casa. Se non riesci a mantenere la dovuta concentrazione lascia perdere e prova in un secondo momento. Se invece accade qualcosa che giudichi un minimo contatto o avvicinamento col Regno Sovrasensibile, annotalo mentalmente e riferiscimelo nei particolari.- Si incamminò lentamente lungo il viottolo che scendeva dall’altura, creatosi dopo innumerevoli passaggi lungo lo stesso percorso, dopo un modesto cenno di saluto.
La possibile realizzazione del Pensiero dall’Impulso Sicuro mi eccitava, al contempo intimoriva. Cosa avrei trovato nella Realtà Sovrasensibile? In quante e quali differenze dal mio ambiente mi sarei imbattuto? La curiosità mi spingeva avanti e pur subendo una leggera ma comprensibile paura dell’ignoto, nondimeno mi sarei impegnato a fondo per scrutare oltre i cinque sensi. Non potevo tornare indietro né l’avrei mai fatto. Mi estraniai da tutto ciò che mi circondava. Né il canto degli uccelli, né il fruscio delle chiome degli alberi o dei fili d’erba giunsero più al mio orecchio. La pietra su cui sedevo non mi procurava più alcuna percezione. Gli occhi chiusi, nessun fremito scuoteva le palpebre.
Immobile come una statua, mi ritirai dal mondo esterno. Benché potesse trattarsi di un compito arduo per un uomo non avvezzo alla meditazione, fu come per me il ritirarsi di una chiocciola nel suo guscio. Più difficile fu il successivo passo, ossia isolarmi dalla mia stessa mente. Così nessun flusso di pensieri poteva recare disturbo alla concentrazione, neppure una sporadica impressione sorgente dalle profondità dell’inconscio. Osservai alcune di queste idee prodotte da associazioni inconsapevoli allo stesso modo che guardassi il guizzare dei pesci sulla superficie del mare, serenamente. Ero in uno stato non dissimile da quello dei sogni, quando è possibile essere al contempo spettatore e protagonista delle rappresentazioni oniriche. Ora la mia psiche era paragonabile ad un’infinitesima scheggia di coscienza conficcata in profondità all’interno della mia entità fisica. Giunto a tale stadio il cervello diveniva un recipiente dalla capienza pressoché infinita. Quale sacra bevanda vi si sarebbe potuta riversare?
Il grado di concentrazione raggiunto non permetteva di formulare pensieri nella maniera consueta. Se nella vita ordinaria ogni riflessione è accompagnata e spesso seguita da serie di associazioni consequenziali o raffigurazioni di vario genere, ora il mio pensiero era divenuto una sorta di nastro di natura eterea, multicolore, che attraversava quanto restava della coscienza venendo poi decodificato in forma di presentimenti. Una cosa oltremodo curiosa. Era come l’istinto per gli animali. Ma un istinto superiore. Sovrarazionale.
Sorrisi fra me. Così forte era il mio desiderio di realizzare il Pensiero dall’Impulso Sicuro. Ma non sapevo se sarei riuscito, cosa avrei visto, e qualora vi fosse stato successo, come avrei concluso la mia straordinaria esperienza. Forse già in quella prima occasione, come ieri per la Traslazione Ascensionale Divina, avrei visto oltre e desideravo impiegare l’occasione senza commettere passi falsi. Sembrava facile, ma era arduo talvolta seguire quei comandamenti morali e sostanzialmente quelle regole di condotta individuale per migliorare se stessi. Crescendo mi era stato sempre più facile e tali regole erano entrate in me in profondità, così come avevo appreso le posture per mantenere il corpo in condizioni ottimali e il controllo del respiro. Mio padre sembrava avere cieca fiducia in me, quasi mi avesse affidato un dovere di tutti i giorni, ma non era esattamente così.
Giunto a questo stadio della disciplina sapevo di aver superato il punto di convergenza: quello di concentrare le energie coscienti su un punto fisso e contemporaneamente in un solo istante rendere il pensiero fluido. Oltre questo grado vi era la congiunzione con l’oggetto meditato e il sorgere di poteri occulti. Questo l’avevo dimostrato il giorno precedente rendendo possibile la levitazione. Sicuramente la Traslazione Ascensionale Divina era necessaria, probabilmente come trampolino di lancio a ciò che stavo per realizzare ora, o che cercavo di realizzare. Ma i miraggi mistici e magici distolgono dal retto percorso. Una volta superati e liberati dall’attaccamento che ne può derivare, si è emancipati dalla prigionia, dall’illusione. L’Adepto raggiunge l’isolamento, e cioè lo stabilirsi dell’energia del vedere della coscienza nella sua vera natura. Sapevo di essere a un passo da tutto questo. E del resto Nalinaksh stava appunto insegnandomi ciò che restava dei precetti della Scuola della Via Secca: la coscienza e conoscenza penetrativa della realtà.
E se avessi fallito? Riproverai, avrebbe detto Nalinaksh. Ma se tutto si fosse rivelato una bolla di sapone? E se la Realtà Sovrasensibile non fosse mai esistita? Eppure il maestro ne aveva parlato con cognizione, probabilmente era capace di eseguire quello a cui stavo tendendo ora o perlomeno aveva conosciuto qualcuno, in passato, capace di riuscirvi. Porsi dei dubbi, asseriva sempre Nalinaksh, poteva risultare utile. Una mentalità aperta li analizza sotto la luce chiarificatrice del buon senso valutandoli nella maniera più idonea. Solo quando i dubbi scaturiscono da timori infondati, paure irragionevoli o da una eccessiva influenzabilità si hanno veri e propri squilibri nelle facoltà dell’individuo. Altrimenti, non sono mostri da combattere, ma energie che nascono dall’anima e che controllate ci permetteranno di evolvere.
Così pensando mi ritirai sempre più nella mia interiorità. La coscienza divenne un lumicino infinitesimale, il concentrato della mia vita e della mia essenza. Quell’esile fiamma, piccola cosa all’apparenza ma iperdensa, ipermassiccia, si spense nel mondo fisico, inavvedutamente ma legittimamente gravata da un’ombra di interrogativi. Per riaccendersi un istante dopo, più sfolgorante che mai, nel reame della Realtà Sovrasensibile.
V
Ebbi l’impressione di precipitare, un profondo senso di vertigine. Sembrava però che il sopra e il sotto non esistessero. E forse era proprio così. Le direzioni non esistevano.
Un po’ per paura di cadere, un po’ per una sorta di timore reverenziale, piegai il ginocchio e ristetti qualche momento in raccoglimento. Ero nudo, perché le mie vesti erano rimaste nella Realtà Subsensibile ma, pure, sapevo di non vestire più un corpo di carne. Anch’esso me l’ero lasciato indietro in quanto materia grossolana, impossibilitata ad entrare in quel regno celeste. Sulla mia pelle avvertivo decine di pizzichi, per nulla dolorosi o fastidiosi, più simili al tocco di microscopiche mani. Inspirai profondamente, riacquistando lentamente una parvenza di autocontrollo. Subito le mie narici vennero raggiunte da fragranze mai percepite prima, dissimili dal profumo di qualunque fiore su cui prima d’allora avessi posato il naso.
Sollevai il mento. Alle mie orecchie giunse un suono lieve e prolungato. Questo non si convertiva in frasi e parole vere e proprie ma, compresi ben presto, doveva certo trattarsi del murmure della natura a me circostante. Sapevo già interpretare, nella Realtà Subsensibile, il cinguettio di certi uccelli o il gracidio di certi batraci: ma, dovetti ammettere, per interpretare questo mezzo d’espressione sarebbe occorsa molta più volontà e sensibilità di quanta mai ne avessi dimostrata.
Mi rizzai, ristabilendo l’equilibrio. Dalle labbra dischiuse s’insinuò qualcosa dal sapore dolciastro, una sostanza di natura eterea che in breve s’espanse nel mio corpo permeandolo. Mi sentii più forte e più sicuro. Mi chiesi se e quale fosse la fonte di nutrimento di quel luogo, domandandomi se non si trattasse di quello appena ricevuto, sorta di nettare vivificante e rigenerante presente nell’atmosfera.
Trepidante, mi decisi a dischiudere gli occhi. Ebbi un attimo di sgomento, subito vinto dalla meraviglia. Tutto, attorno a me, turbinava in un vortice. Sembrava che milioni, miliardi di costituenti microscopici ruotassero a gran velocità senza posa e senza ordine. Ma fu solo questione di secondi, come quando si osserva una scena dopo essere rimasti abbagliati da una forte luce. Presto distinsi le particelle organizzarsi ed assumere, pur vorticando, forma e colore; e in breve al mio sguardo si ripresentò lo scenario consueto, quale avevo conosciuto dalla mia infanzia, seppur diverso. Come se agli alberi, al suolo e al cielo si fosse sovrapposto, meglio, incorporato qualcosa.
Quasi stessi posando lo sguardo sulla costa di una nuova terra, contemplai ammirato ciò che si parava al mio sguardo. Un mondo vivo fin nelle unità più elementari, dove ognuna di esse recava in sé una grande potenza vitale e vigorosa. Una energia eterea, globalmente neutra, a volte apparentemente senza direzione solcava il firmamento, la cui volta era in quiete perfetta e del colore del cristallo purissimo: era il vento, dietro le cui volute distinsi una precisa benché insondabile volontà. Abbassai lo sguardo e vidi organismi germinati nello strato più esterno della crosta terrestre affiorare e delinearsi e tendere tutto il loro essere, foglie e rami tutti, verso l’alto, in una muta forma di ringraziamento alla deità. Più oltre vidi un’altra potenza, statica e di notevole mole, sostare poco distante, come appunto in attesa d’essere scorta. Compresi fosse la parete di roccia spaccatasi al termine della realizzazione dell’Elevazione Ascendente Divina. Guardai affascinato e sorpreso il brulicare di elementi minerali che scorgevo tra le crepe prodottesi ma anche attraverso il masso. Non fui più tanto sicuro che fosse una aggregazione completamente inorganica quando ammiccai nel fissarlo e qualcosa sembrò farlo di rimando.
Tutto, là dove ero giunto, parlava e pulsava di vita. Ora comprendevo realmente con un solo sguardo, pur avendolo sempre saputo, che gli organismi attualmente viventi sono i discendenti delle stesse forme di vita primordiali. Di conseguenza esse sono unite, indipendentemente dall’estensione temporale e dimensionale che separa le linee evolutive. Tutto qui era vivo: le componenti del più grossolano ed apparentemente oggetto inanimato nella Realtà Subsensibile possedevano in quella Sovrasensibile una controparte animica e in larga parte senziente. Il mondo, il mio mondo, era uno e unico, e io lo amavo e lo rispettavo.
Fui colto dall’improvvisa curiosità di scorgere il mio volto. Potevo osservare le mie membra ma non i miei lineamenti, così mossi i miei passi, i primi là, verso il ruscello il quale, nel suo fluire, componeva una canzone d’indicibile bellezza e purezza. Sporsi timidamente il capo sull’acqua, tremando al pensiero che, sì, stavo vedendomi per la prima volta come non avevo mai fatto, nel mio stato naturale. Di riverbero l’acqua mi rese l’immagine. Vidi una pelle colore dell’oro. Una chioma simile a fiamma bruciante. Occhi di diamante. E uno strano copricapo rotondo che non calcavo alla mia partenza né mai avevo veduto. Fu solo una rapida occhiata, la percezione di un attimo, perché altro, immediatamente dopo, attirò la mia attenzione.
Percepii un’entità potentissima, di notevoli dimensioni, discendere dall’alto e di lontano e dirigersi verso me. Quell’essere possedeva un nucleo pulsante di energia i cui moti convettivi generavano onde che dal suo corpo non fisico, bensì spirituale, s’irradiavano e propagavano per un vasto raggio tutt’attorno, su ogni gamma, in ogni direzione: dalle particelle alla luce alle radiazioni al magnetismo alla pressione all’elettricità al suono… Le forme di vita raggiunte da tale impulso beatifico non s’allarmarono alla sua venuta e neppure dalla sua manifestazione di forza, al contrario magnificarono ognuna a loro modo la venuta di quell’essere celeste. Questi sfrecciò fino a pararsi di fronte a me, fermando il suo moto supersonico senza sforzo o spostamento d’aria alcuno, investendomi della sua fermezza e della sua autorità. Abbacinato dall’apparizione, la udii domandare, in tono placido ma perentorio:-Chi sei? E come sei arrivato qui?
Non si esprimeva a parole, bensì faceva germogliare i concetti e le idee direttamente dentro di me. –Perdonatemi- gemetti, tremando fin nel profondo dell’animo, sentendomi vagamente colpevole. Ero incapace di staccare lo sguardo, affascinato dalla creatura e dal suo aspetto. Era una sfera di luce e fuoco ribollenti, forse gassosa, forse liquida, forse entrambi, attraversata a intervalli regolari da lampi e vibrazioni: ogni pulsazione corrispondeva a un brillamento e ad un irradiamento della sua aura positiva. Trasmetteva grazia e maestosità. – Perdonatemi- ripetei, – sono solo un piccolo uomo che sta cercando di capire. Vengo dalla Terra. Ho sempre vissuto con colui che mi adottò e crebbe come un vero padre e una vera madre, in una verde e accogliente vallata dell’India.
– Figlio di nobile famiglia- iniziò lui, -sei un piccolo e grande uomo. Hai quasi vinto la morte. Ora conosci qualcosa. Ma presto avrai cognizione di realtà singolari, perché ciò che esiste è quanto di più straordinario tu possa immaginare. E come oggi hai potuto constatare ma forse hai sempre sospettato, la verità supera i sensi e le proprietà della materia. La verità supera ogni dubbio. Sei a un passo dalla prospettiva di Dio. Non puoi ancora vederLo distintamente, ma Egli ti ha sempre osservato e guidato. Purtroppo però è già ora che torni da donde venisti.
Le sue parole mi avevano confuso. Mi aveva detto troppe cose, troppo importanti. Non avevo avuto il tempo di assimilarle tutte. E probabilmente non sarei stato capace di farle riemergere alla memoria nella loro completezza e profondità. Balbettai:-Ma come? E perché? Sono appena giunto, qui.
– Tutto io conosco perché il pensiero è vita e posso percepirlo un istante prima che tu lo formuli a parole. Sappi dunque che un pensiero positivo si tramuta in realtà, al pari di uno negativo. Qui e ovunque. Sei entrato qui con tutta la tua saldezza, ma anche con incertezze cui hai dato forma, forza e consistenza. Guarda.- Pur senza muoversi realmente indicò una precisa direzione. Mi volsi e scorsi dense volute fumose in movimento, stagliate contro il cielo, piccole ma definite. Pur non avendo forma precisa, talvolta abbozzavano l’aspetto di qualche bestia, il che seppe procurarmi un brivido intenso e profondo, tale da turbarmi: perché quelle belve erano l’espressione dei miei timori e delle mie paure, che avevo prodotto poco prima dell’ingresso a quel reame e separatisi da me nel varcarne la soglia. Ecco perché mi sentivo inconsciamente colpevole. Quelle bestie erano i mostri nascosti più in profondità dentro di me, che non avevo saputo ancora scacciare. Li riconoscevo. Non pensavo di averli dentro, non più almeno, e di portarli con me. Piccole paure, grandi complicazioni. Forse ero ancora lontano da ciò che volevo essere.
Avevo molta strada da fare. Deglutii per la scarsa consapevolezza di cui avevo dato prova e per la poca fermezza, iniziando a stabilire una linea di condotta per arginare il problema, quale che fosse, ma l’entità mi prevenne venendomi in soccorso:-Ora le tue paure, pur scarse e povere, possono minare l’ordine causando danni qui e, per riflesso, nella realtà Subsensibile. Io sono venuto per neutralizzarle. Non le hai generate con viltà e per viltà. Sei perdonato. Ricorda: hai titubato e questo non potrà giovarti. Ora hai visto cose che non vedevi. Conosci ciò in cui credi, o che credi di conoscere. Affrettati al tuo mondo e alla tua condizione, vivi, và: così come nel mare in tempesta rischi di calare a fondo, così la scarsa cognizione di questo mondo ti destabilizzerebbe rendendoti sempre più difficile il ritorno. Torna più preparato e saldo e nuovamente ti accoglierò.
Balbettai qualcosa per scusarmi. Non volevo andare, ma l’entità mi trasmetteva un senso di urgenza e preoccupazione. Rassegnandomi alla sua premura, benché amareggiato dalla sua decisione, riallacciai istintivamente i ponti col mondo materiale perdendo lentamente coscienza di quel luogo fantastico. Un’ultima volta mi giunse la voce di quell’essere celeste:-Benissimo. Bravissimo. La tua indole è pura. So che tornerai. Presto. Addormentarsi ha come conseguenza risvegliarsi, dunque rinascere. Rinasci sempre in ciò che fai. Rinasci e cerchi di diventare qualcosa. Tutto l’Universo è costituito di Dio, e Dio ne è il costituente. Questa è la vera realtà. Oggi rinascerai e sarai diventato qualcuno. Vedrai.
Aprii gli occhi e mi ritrovai nel mondo ordinario. Ascoltai il vento soffiarmi nelle orecchie. Feci scorrere le dita attraverso l’erba che cresceva sotto ai miei piedi. Fissai il cielo, poi il sole, benché mi ferisse col suo splendore. Provavo un’infinita sensazione di pace. Sapevo che non sarei mai più stato solo.
Sentii d’essere parte di un tutto.
Sentii il dovere di contribuire al perfetto equilibrio di questo tutto.
Sentii che la mia vita stava per cambiare.
Vedrò.
Piansi come non avevo mai fatto prima, di gioia e di dolore.
VI
Nalinaksh si accorse del cambiamento avvenuto nel figlio quando lo vide avanzare lungo il sentiero. Sembrava più sicuro, più energico. Si muoveva diversamente, fluidamente, come scivolasse sul terreno. Pareva essersi accresciuto di dimensioni. E Nalinaksh sapeva che, in un certo senso, Kailash s’era effettivamente sviluppato.
– Quel momento tanto atteso e insieme temuto- mormorò il maestro, parlando tra sé del figlio e adepto – è infine giunto. Lo sapevo dal primo istante che ti vidi. C’è sempre una ragione, un legame, per ogni cosa. Sei il figlio che ogni padre vuole avere, l’allievo prediletto, il mio successo più grande. Sei giunto a me per un motivo, venti anni fa. Per conseguire un traguardo che non tutti tagliano. Per realizzare il Pensiero dall’Impulso Sicuro. Hai superato il maestro, e di svariate lunghezze. Hai visto molto più di me. E lo mostrerai a tutti coloro che ti ascolteranno e ti crederanno, e saranno molti. Sarai tu a non far più parte della mia vita, non io della tua.- Ciò detto, sorrise tristemente al figlio che avanzava pensando alla loro imminente separazione, una sola piccola lacrima che brillava sulla guancia. – Oggi sei rinato.
Autore: Alessio Salerno
Messo on line in data: Marzo 2018