RACCONTO: UNA VITA SPECIALE di Dhyana

Una vita speciale

“Rimarrai sempre nei nostri cuori…” le parole riecheggiavano in Kim come una dolce melodia. La sua missione in Africa aveva raggiunto gli effetti desiderati e finalmente si sentiva totalmente appagata. In soli otto mesi aveva contribuito all’edificazione di ben dieci scuole! Si era convinta che quello fosse il modo migliore per aiutarli ad uscire da quelle condizioni precarie. Era riuscita ad instaurare un buon rapporto con i capi-villaggio e aveva scoperto che non ammiravano lo stile di vita dei paesi industrializzati. Sostanzialmente temevano di ottenere un progresso materialistico che andasse a discapito delle loro credenze spirituali. Non erano per nulla ottusi né tanto meno oziosi, era la cultura ad essere divergente. La sfida ambientale era troppo alta per quei popoli, si sentivano sopraffatti. Si era capacitata della loro forza nel fronteggiare a testa alta le enormi ostilità quotidiane: dalla scarsità di cibo alle catastrofi naturali, dalle malattie alla povertà. Nonostante tutto erano animati da un solido spirito di gruppo e dall’idea che insieme avrebbero potuto diventare gli autori di un nuovo avvenire. Erano encomiabili! Kim lavorava assiduamente per creare strutture scolastiche in paesi sottosviluppati, sebbene fosse messa a dura prova, ogni volta si sentiva rivitalizzata. Il suo principale scopo era poter guardare dritto negli occhi quei bambini sorridenti e vederli studiare proiettando i loro sogni nel futuro. Una gioia impagabile le colmava il cuore. L’ideale che aveva custodito da lungo tempo stava finalmente prendendo forma nella realtà!
Alzò lo sguardo verso l’oblò del jet 747, le nuvole bianche creavano un bel contrasto con il cielo terso. Adorava viaggiare in aereo, le conciliava la meditazione. Avviò il suo pc portatile per verificare l’eventuale arrivo di posta elettronica, il lavoro ormai faceva parte della sua vita. Un tocco delicato le sfiorò la spalla, era la hostess che proponeva uno spuntino. Improvvisamente ebbe un deja-vu: la stessa scena che stava osservando nei minimi particolari, sembrava essere la copia esatta di una precedentemente vissuta e memorizzata. Cercò di non far trapelare nulla alla ragazza sorridendole gentilmente e ringraziandola. Il caffè era proprio gustoso, nel sorseggiarlo Kim pensò intensamente a suo marito, un vero intenditore di caffè, non vedeva l’ora di riabbracciarlo, le mancava terribilmente!
Un’immagine le rubò l’attenzione, era il finale dell’episodio deja-vu. Un vuoto d’aria fece sobbalzare il velivolo e la hostess, nel tentativo estremo di trattenere il carrello, scivolò all’indietro. Sentì due mani energiche fermare la sua caduta, sorreggendola per le spalle, ovviamente era Kim. Ormai aveva familiarizzato con quei misteriosi poteri che l’avevano accompagnata fin dalla sua tenera età facendola sentire un po’ “diversa”. Ultimamente capitavano con cadenza regolare, aumentando d’intensità e precisione in maniera strabiliante. Lo sbigottimento iniziale era stato largamente soppiantato dalla certezza di poter presagire alcuni eventi e soprattutto di poter interagire con il loro verificarsi. Questa capacità rientrava appieno nella sua attitudine ad aiutare il prossimo. Non le era mai capitato di provare sforzo nel farlo, anzi lo faceva con spirito di gioco. Percepiva il tempo dilatarsi, dandole la possibilità d’intervenire prontamente in parecchie situazioni.

Nessuno sembrava accorgersene , ma lei non cercava nessun riconoscimento e preferiva mantenere il segreto. Aveva cercato spiegazioni in lungo e in largo a tali fenomeni, conducendo ricerche personali nel campo del paranormale. I veri tesori delle sue scoperte erano in ciò che poteva sperimentare direttamente. L’approccio a tale realtà fu abbastanza graduale. All’età di quattro anni riuscì a vedere il suo corpo da una prospettiva che partiva dall’angolo superiore destro della stanza. All’età di sette anni vide suo nonno in giardino che le sorrideva, quando era morto tre mesi addietro. Dai dieci anni iniziò a sentire delle onde vibrazionali, dei sibili che decifrava come situazioni favorevoli o pericolose imminenti. Le accadeva spesso di pensare a qualcosa di nuovo per vedersela regalare il giorno successivo. Attorno ai vent’anni ebbe le prime esperienze extra-corporee consapevoli. Con i deja-vu pensava di aver raggiunto il culmine, ma neppure lontanamente immaginava che si stava sbagliando.

L’annuncio dell’imminente atterraggio la distolse dai suoi pensieri. Un fremito di passione le strinse il cuore, finalmente poteva rivedere il marito Anthos! Il loro legame d’amore era sincero e indissolubile. Avevano vissuto un’infinità di esperienze emozionanti! Si trattava di uno scienziato, suo collega insegnate nel college di Manchester. Amore a prima vista, come si suol dire!
La loro affinità spaziava in tutte le aree della vita, compresa la metafisica. Lui conduceva studi sulle dimensioni parallele e sul tele-trasporto, facendo sempre le ore piccole. Era un uomo solare, dall’energia vitale inesauribile. Non era il classico tipo palliduccio da laboratorio, ma un vero atleta. Il suo carisma era più unico che raro e il viso era caratterizzato da uno sguardo magnetico. Kim rimaneva esterrefatta in ogni situazione lo cogliesse. Quell’uomo le aveva salvato la vita, facendole appurare l’esistenza della forza motrice degli universi: l’amore. Ogni alba spalancava davanti a loro un nuovo giorno tutto interamente da esplorare e da vivere!

Fu la prima figura che lei notò stagliarsi dietro le porte scorrevoli della sala d’attesa allo sbarco. Corsero l’uno verso l’altra abbracciandosi fortemente! Qualche lacrima liberatoria scivolò sui loro visi bagnando il loro interminabile bacio. Si diressero a tutta birra verso casa, quella sera c’era aria di grandi festeggiamenti. Cenarono all’aperto in riva al laghetto parlando ininterrottamente. Si addormentarono alle tre di notte in mansarda, dopo aver ammirato a lungo le stelle dal grande lucernario. La mattina seguente si presentarono al college per il nuovo anno scolastico felici più che mai. Insegnavano in quella scuola privata, luogo del loro primo incontro, da una decina d’anni… eppure sembrava solo ieri! La situazione che avevano dovuto prendere in mano era un vero disastro. Gli alunni erano “selvaggi”, disturbavano le lezioni ammesso che vi presenziassero, e non studiavano affatto. Il preside esasperato aveva accettato diffidente la poco plausibile proposta della strana coppia di ribaltare la situazione!

Inaspettatamente, nel giro del primo anno le statistiche della buona condotta e delle promozioni si erano risollevate. L’origine dell’iniziale confusione non fondava le radici nella mancata educazione, colpa che veniva imputata ai genitori, ma nel dato di fatto che quegli alunni non conoscevano gli scopi dei loro studi. Kim e Anthos esordirono parlando loro per un giorno intero, dapprima in gruppo, poi singolarmente, del valore della loro vita e della loro istruzione. Regalarono ad ognuno un diario dove poter scrivere le loro esperienze positive e negative, i loro ideali e le loro ambizioni. Prima di avviare i programmi fecero un lavoro di preparazione scrupoloso. Scoprirono che la maggior parte di rifiutava gli insegnamenti perché si sentiva costretto a studiare senza neppure intravederne l’utilità. Le prime lezioni erano finalizzate quindi a cambiare il loro punto di vista al fine di apprezzare la conoscenza. Organizzarono nell’aula della pratica corsi di cucina, dove i ragazzi s’improvvisarono cuochi di dolci squisiti. Nel laboratorio si scatenò un vero putiferio! Giocavano con la farina, le uova e si sporcarono da cima a fondo. Alla fine però fu raggiunta la prima tappa: la dimostrazione dell’importanza del sapere.

Ogni settimana grazie alla lezione di tecnica, crearono aquiloni, pattini, tavoli da ping-pong, depuratori d’acqua, scope elettriche e persino ricetrasmittenti. Era evidente che l’istruzione serviva per creare qualcosa, così iniziarono ad entusiasmarsi emulando lo “studente modello”. Non studiavano a memoria per un buon voto ma rielaboravano i nuovi dati appresi per migliorare sempre di più. Non solo si divertivano a studiare presentando compiti perfetti, le loro interrogazioni andavano a gonfie e vele! Non c’era nessuna eccezione, qualcuno era meno veloce di altri, ma tutti si erano allineati al nuovo scopo. Progressivamente realizzarono che anche il loro modo di rapportarsi alle cose, persone e situazioni in genere era notevolmente cambiato. Non erano più dei delinquenti come prima, usavano il buon senso, erano più tolleranti, garbati e semplicemente intelligenti. Caspita, si trattava di formazione per la vita! Naturalmente non mancavano momenti di svago : giochi di gruppo, gite e spettacoli teatrali. Kim si era specializzata in lezioni di arte e ginnastica, mentre Anthos in quelle di madrelingua e filosofia. Nell’area del break avevano appeso un lungo striscione giallo con impressa la seguente frase: “Conosci la parola e scopri la magia nella tua vita!”
A fine anno la scena era radicalmente cambiata e il preside ne andava fiero.

L’anno successivo fu colmo di rivelazioni sorprendenti. Su richiesta degli alunni la scuola organizzò giornate di pulizia parchi e con la collaborazione dei negozianti diedero vita ad una raccolta fondi per i bambini dei paesi poveri. Ben presto molte altre scuole private e pubbliche si unirono a queste iniziative volgendo i loro interessi a vari campi umanitari: aiutavano gli orfani, gli anziani, le persone malate, distribuivano opuscoli contro l’inquinamento. Il loro motto era: “Prendiamoci cura della vita intorno a noi!” Il ministro dell’istruzione ne fu informato solo all’inizio del terzo anno, quando la rete delle loro attività si ramificava su quasi tutto il territorio nazionale. Gli balenò l’idea d’istituire alcuni dei loro progetti in programmi ufficiali didattici, non si curò mai di scoprire i creatori originari di tutto ciò che stava accadendo, anzi pensò bene, con una certa arroganza , di prendersene tutti i meriti.

Kim e Anthos erano al settimo cielo! Il loro obiettivo non era neanche lontanamente quello di essere proclamati i leader di una nuova cultura. L’importante era che quelle attività si stessero diffondendo a macchia d’olio ottenendo riscontri favorevoli. Negli ultimi due anni, però, erano accadute cose davvero sorprendenti. Una sera Anthos fu avvicinato da un’alunna di nome Iris. Gli raccontò di un fatto strano che le era capitato personalmente durante la notte. Sua madre, malata da due mesi, era deperita parecchio e i medici avevano gettato la spugna. Alle tre di notte, Iris aveva percepito un calore omogeneo staccarsi sopra al suo corpo e dirigersi al giaciglio della mamma. Si sentiva contemporaneamente in due luoghi diversi, ma le percezioni non erano dissociate dalle situazioni. Nella prima era appoggiata sul morbido cuscino del suo letto, dove percepiva il calore del piumino d’oca e il ticchettìo della sveglia. Nella seconda vicino a sua madre, mentre sentiva suo padre russare e il rumore della pioggia battere sulle imposte della finestra. Alzò le mani e le calò verso il petto della madre. Le sentì gradualmente surriscaldarsi a tal punto da farle male. Irradiavano vibrando uno spettro di colori violacei e blu.

La mattina seguente trovò la mamma in cucina intenta a preparare una splendida colazione e il papà in lacrime di gioia. Iris decise di condividere l’evento con Anthos perché aveva il sospetto che lui si occupasse di fenomeni paranormali. Lui si complimentò ripetutamente regalandole dei libri che facevano una rassegna di esperienze extra-corporali e percezioni extra-sensoriali e l’accompagnò a casa. Fu intrattenuto dai suoi genitori per un aperitivo, così l’aiutò a vuotare il sacco. Sotto gli sguardi increduli dei presenti, la madre mostrò loro una macchia che non riusciva a togliere dalla sua camicia da notte, presentava le impronte di due mani: quelle della figlia! La prova inconfutabile della sua guarigione istantanea era scritta sugli esiti negativi degli esami che aveva fatto nel pomeriggio alla clinica. I genitori accettarono l’accaduto come unica causa plausibile della guarigione inspiegabile e la notizia ben presto era sulla bocca di tutti.

Il mese seguente fu la volta di Ketty. Mentre seguiva una lezione di fisica, vide un gatto bianco sul davanzale della finestra. Il suo desiderio di farlo entrare in classe fu talmente forte che vide la maniglia girarsi senza che nessuno la toccasse. Con un balzo il micio saltò sul suo banco, mentre lo accarezzava si guardò attorno furtivamente scrutando le reazioni degli altri, ma sembrava che tutti dessero per scontato che la finestra fosse solo accostata. Ketty uscì dalla classe con la scusa di dover riportare il micio in giardino e fuori ebbe l’opportunità di confidarsi con Kim che, guarda caso, aveva osservato l’intera scena telecinetica. La rincuorò, ma al tempo stesso l’ammonì di parlarne solo con persone di fiducia.

Quella sera Kim andò in palestra per darsi un po’ di verve con l’aerobica e sconfiggere quel senso di stanchezza che l’accompagnava da giorni. In fase di riscaldamento incrociò lo sguardo con un ragazzino di nome Mattew che stava facendo pesi. Le sembrò di captare un’immagine, che sapeva non essere un ricordo, dove vedeva qualcuno che lo picchiava. Il giorno successivo cercò di distogliere l’attenzione da quel pensiero orribile, pensando che fosse solo frutto di fantasia. Alla fine decise di incontrare i suoi genitori per scoprire la verità. Dovette rifissare diversi appuntamenti con loro perché si negavano adducendo scuse sempre meno credibili, tanto da creare imbarazzo anche in Mattew. Dopo una decina di giorni li vide casualmente in un supermercato. Non ebbe coraggio di affrontare l’argomento delle presunte punizioni inflitte al figlio, visto che erano proprio due brave persone. Quando si congedarono invalidò ogni sua percezione. All’incirca due settimane dopo rimase stupefatta nel leggere il tema di Mattew: suo cugino finalmente era in una comunità per disintossicarsi dalla droga e aveva smesso di picchiarlo.

Da quel preciso momento aumentò la fiducia in se stessa e osservò i suoi poteri affinarsi, rendendo più frequenti eventi simili e permettendole di sistemare diverse cosucce. Avrebbe desiderato conoscere e migliorare le sue abilità, ma per ora rimanevano estemporanee, sfuggendo alla sua volontà e al suo controllo. Le voci tra i bambini giravano senza barriere e fu così che anche il preside venne a conoscenza dei fatti inspiegabili che stavano animando l’intera scuola. Thomas, questo era il suo nome, era famoso per il suo scetticismo ma, di fronte a fenomeni ripetuti e all’evento del Capodanno, dovette cambiare idea. Come ogni anno tutti erano indaffarati a preparare una grande festa! Thomas era preoccupato, nei disegni esposti nell’androne per la mostra di Natale, aveva notato un elemento che ricorreva costantemente: il fuoco, rappresentato in svariate forme (stelle, fiammelle, ecc.) accomunava tutte le opere degli scolari.

Decise per una volta di seguire il proprio istinto e di far installare un impianto antincendio temporaneo nella palestra dove si sarebbe svolta la festa di fine anno. Poco dopo la mezzanotte un fuoco d’artificio anomalo prese la direzione sbagliata scoppiando all’interno di un albero artificiale. Appena le fiamme divamparono, tutti i presenti furono docciati! Kim e Anthos avevano avuto dei presagi e munito tutti i partecipanti di cappelli e mantelline impermeabili. Questo fatto li fece finire in prima pagina sui giornali della zona. Nell’anno successivo il preside autorizzò l’inserimento di una nuova materia di studio: lo spirito e le sue potenzialità. Anthos continuava le ricerche sul tele-trasporto ed era approdato ad una grande vittoria! Riusciva a smaterializzare un oggetto e farlo ricomparire ad una distanza di all’incirca cento metri. Poteva addirittura spostarlo in avanti nello spazio e nel tempo! Era arrivato al punto di farlo riapparire nei giorni successivi. Così si divertiva a fare degli scherzi a Kim, con quelli che lui aveva denominato “regali dalla quinta dimensione”.

Lei ne era estasiata, ma nel contempo avvertiva una certa tristezza che non riusciva più a mascherare. Sapeva che Anthos non avrebbe mai usato un essere vivente per le sue prove, fino ad allora aveva utilizzato esclusivamente oggetti di piccole dimensioni. Un sogno premonitore però l’avvertì che in un futuro poco lontano avrebbe tele-trasportato se stesso! Durante il sonno Kim era in grado di rientrare nei sogni precedenti , come ripescandoli da un enorme archivio datato. Riusciva a rivivere sogni fatti addirittura nell’infanzia e verificare con il senno di poi il loro riscontro nella realtà. Molti di essi erano premonitori di eventi realmente accaduti. Aveva tentato invano di ripercorrere il sogno in cui Anthos veniva tele-trasportato, per riattraversare l’episodio e vederne il finale. Lo vedeva smaterializzarsi colpito da fasci di luce viola, ma poi si svegliava di soprassalto, presa dall’angoscia sobbalzava di mezzo metro nel letto non riuscendo più a riaddormentarsi. Si era fatta un buon concetto della morte del corpo, sapeva che lo spirito era immortale e non seguiva le leggi fisiche della materia, tuttavia non era di certo pronta a dire addio all’essere che amava più di se stessa.

Un giorno l’intera scuola vinse alla lotteria una cifra esorbitante! Anthos aveva giocato la schedina chiedendo ad ogni alunno il primo numero che gli balzava in mente. Si stupì quando si rese conto che i numeri forniti si ripetevano in continuazione: su 328 studenti i numeri erano solo dieci, sempre gli stessi! Si precipitò a giocarli all’ultimo minuto e impegnò buona parte dei risparmi che aveva accantonato negli anni. Quasi l’intera somma fu reinvestita nelle loro attività umanitarie, il rimanente fu la manna dal cielo per creare un laboratorio più appropriato per i suoi esperimenti. Riuscì a costruire un marchingegno per il tele-trasporto umano. Dopo qualche mese Kim si trovò di fronte alla svolta:
“Sono pronto. Vedrai che andrà tutto bene! In ogni caso sappi che ti amo e che ci rivedremo un giorno o l’altro. Non sentirti responsabile se qualcosa dovesse andare storto, troverò il modo di ricontattarti…”

Lei cercava di apparire forte nonostante il viso si rigasse di lacrime copiose che non riusciva a trattenere. Non ebbe la forza di contraddirlo, quella era la sua missione e doveva rispettarla. Si abbracciarono a lungo, alla fine lui le diede una pacca sulla spalla e le spiegò scrupolosamente come eseguire passo dopo passo la procedura. Dopo una mezz’oretta faceva il suo ingresso nella capsula verde, come un gladiatore nell’arena. Le alzò la mano in segno di saluto e richiuse con forza lo sportello. Lei si sentì crollare, eseguì ogni punto al rallentatore, con il terrore di sbagliare qualcosa. Aveva nelle mani la vita di un uomo che era pronto a sfidare le leggi fisiche sacrificando se stesso. I suoi presentimenti erano offuscati dalle forti e incontrollabili emozioni che la travolgevano. Si sentiva schiacciata e sfinita da quell’incarico troppo grande, tremava e si sentiva trasportare verso di lui.

La scritta: “Processo terminato con successo” apparve improvvisamente sul video e la riportò al presente. Anthos aveva chiesto di essere spostato in avanti di ben cento anni. Secondo i suoi calcoli, se Kim l’avesse riportato indietro al tempo attuale dopo un ora, avrebbe avuto la possibilità di vivere un anno nel 2108 e di invecchiare di soli otto mesi. Quell’ora era la più ardua da trascorrere. Kim corse verso la capsula e con immenso coraggio la aprì: era vuota! Si accorse che stava trattenendo il respiro, la richiuse e tornò davanti all’orologio che stava facendo il countdown. Si sentiva più sola che mai, tutto ciò non poteva essere vero, eppure stavolta non stava sognando! Come avevano potuto sfidare il loro amore?

Congetturò un piano per raggiungerlo nel caso non fosse riuscita a tele-trasportarlo indietro. Improvvisamente sentì la presenza di qualcuno dietro di lei. Non ebbe il coraggio di voltarsi, neppure quando sentì un forte calore appoggiarsi sulla sua spalla. Un lieve venticello trapassò i suoi capelli scendendo verso il petto, da quel punto sentiva una fortissima energia irradiarsi diffondendole una sorta di pace mistica. Non aveva mai provato fino ad allora un qualcosa di simile! Come spesso le capitava, percepì una voce sussurrarle: andrà tutto per il meglio, ma ricordati di sollevare la levetta gialla prima di schiacciare il bottone rosso. Istantaneamente scartabellò gli appunti, scorrendo il testo per trovare il punto cruciale della procedura di rientro. Le erano capitati altre volte questi suggerimenti da voci esterne e li aveva sempre assecondati visto che si rivelavano veritieri.

Nove minuti la separavano dall’arrivo, decise di avviare la procedura che ormai aveva imparato a menadito. Gli schermi di controllo mostravano parametri nella norma. Decise, a tre minuti dalla fine di eseguire quel consiglio “astratto” e l’eco della voce che le ronzava in testa sparì nel nulla. Sentì un profumo floreale propagarsi nel laboratorio, ma non ebbe il tempo per scoprirne la giusta fonte. Nell’ultimo minuto d’attesa rivide in rassegna tutti i momenti vissuti con lui. Erano talmente vividi e reali!
La luce blu all’improvviso smise di lampeggiare, alzò lo sguardo verso il display: la scritta OK fu accompagnata da un forte sibilo. Alzò la levetta gialla e con un grande balzo si trovò davanti alla capsula. Senza perdere un attimo la spalancò e trovò Anthos rannicchiato in un angolo nella posizione fetale. Con molto tatto si avvicinò, accarezzandogli delicatamente la testa, sussurrò parole d’amore.

Lui alzò il capo e quel sorriso le aprì il cuore! Era tornato! Dopo i primi minuti di riadattamento fecero le analisi del caso e costatarono la sua ottima forma fisico-mentale. Non solo era perfetta, superava i più alti standard! Si sedettero uno di fronte all’altra, sulle loro poltrone in pelle nera tenendosi le mani.
“Kim, non posso svelarti dove sono stato… ma sto custodendo un tesoro. Vedi questo simbolo sul petto?”
“Quella è la stella che a scuola si stanno tatuando da tre mesi!”
“Sì… non è proprio così… è il simbolo di una nuova civiltà. Nel 2088 un pazzo scatenerà una guerra mondiale nucleare e sarà la fine di questo pianeta. Alcuni esseri, quelli che vedranno apparire questa stella sul loro petto avranno raggiunto la conoscenza per accedere a un mondo parallelo, ovviamente con il tele-trasporto di gruppo”.

Kim per istinto si sbottonò la camicetta e con grande meraviglia scorse un simbolo roseo che stava apparendo anche sulla sua pelle. Che diavoleria stava accadendo?
Nel frattempo Anthos era tornato sui comandi, stava riavviando una procedura di ritorno. Kim ebbe paura di “perderlo” un’ennesima volta. Lui la prese per mano e si diressero alla capsula.
“C’è una persona che vuole riabbracciarti, promettimi che le darai un nuovo nome… ti va bene… Stella?”
“Sì…-disse lei con voce tremula- Chi è? Da dove viene?”
“E’… nostra figlia… te l’ho riportata!”
Kim aprì la capsula incredula. Trovò una bambina che la guardava fissa negli occhi. Non ci poteva credere, era proprio lei! Le corse incontro e l’avvolse in un caloroso abbraccio.

“Come stai… Stella?”
“Bene, mamma! Mi siete mancati moltissimo… mi spiace per quello che ho fatto! George mi aveva sfidato ad attraversare il fiume e poi sono scivolata e ho bevuto tanta acqua…”
“Non preoccuparti bambina mia… adesso va tutto bene!” disse lei piangendo.
“Sapete, ho fatto tanti amici, papà li ha conosciuti sono esseri straordinari… sono tutti nostri cugini! Vuoi venire anche tu, mamma?”
“Adesso non è il momento, carissima; vieni, usciamo in giardino”.
Il tramonto tingeva il cielo di rosso, Kim e Anthos erano seduti sotto ad una grande quercia e volgevano lo sguardo verso il sole che stava scomparendo all’orizzonte. La bimba ammirava incantata il disegno argenteo di una grande stella che solcava le calme acque del laghetto. Un futuro migliore e senza fine era nelle loro mani.

 

Autore: Dhyana
Messo on line in data: Ottobre 2007