RACCONTO: IL VASCELLO NELLA BOTTIGLIA di Mauro Banfi

A Serafina, la mia fata Cambiacolore
A James Hillman

 

La nostra storia comincia nello studio del Dott. Guccio Iunghi, noto psicoterapeuta di scuola junghiana (poteva essere altrimenti? Nomen Omen). Di fronte a lui, ginocchia contro ginocchia, sta per cominciare a parlare tale Sig. Proteo Forme.
“Così lei mi chiede il motivo per il quale mi trovo in fronte a Lei?”
“Certo, per cominciare, s’intende”, replica il Dott.Iunghi, osservando attentamente gli occhi color pervinca di Proteo.
“Mi dica, innanzi tutto, come sta? Come si sente?”
“Bene, grazie. Deve sapere che non sono qui per farmi prescrivere psicofarmaci. Possono essere utili talvolta, non lo nego, ma non sono a quel punto, Dottore.”
“La prego, lasci stare il Dottore: è troppo pesante e prosegua il racconto.”
“Ah, grazie, che bella frase ha detto! ‘prosegua pure con il racconto’. Questa è già terapia! Per questo io sono qui. Ho vissuto un’intensa quanto sbalorditiva esperienza interiore e vorrei condividerla con qualcuno. Mi trovo in questo momento, in una situazione di forte isolamento. Ho un lavoro con dei colleghi, ma si parla sempre delle stesse stupide cose: il calcio, far soldi, fare sesso, far fesso lo Stato o il tuo prossimo. Fuori, il tempo libero non mi riserva niente di particolarmente eccitante. Stesso bar, stessi amici, stesse cazzate che si dicono al lavoro. Insomma vivo il famoso programma sociale”produci, consuma e crepa.”
“Tutto questo le sembra riduttivo, immagino.”
“Immagina bene, Sig. Iunghi.”
“La prego, lasci stare anche il Signore: ha i suoi problemi da sbrigare in cielo e in terra. Per ora il Lei, le assicuro, va benissimo.”
“Ottimo. Le stavo dicendo, per rompere questa sensazione di solitudine, mi viene in mente d’acquistare, via internet, un Kit di modellismo per costruire un vascello spagnolo in bottiglia.”
“Una nave in bottiglia? Una bellissima rappresentazione per la sua situazione, caro Proteo.”
“Esatto, Iunghi. L’idea di raffigurare il mio senso d’esclusione con quest’operazione di modellismo mi rendeva felice e mi riportava un po’ di serenità nel cuore. E questo sentimento s’accende ancora adesso nel mio cuore, nonostante io non abbia propensione per le applicazioni tecniche.”
“Interessante, andiamo avanti con la narrazione.”
“Il Kit di montaggio arrivò per posta. Pagai il dovuto e cominciai a mettermi all’opera in una cameretta che avevo destinato a laboratorio. Dopo aver attentamente studiato il manuale d’istruzioni, cominciai a sagomare e ad incollare i primi pezzi del vascello. Con l’adeguata pinza, infilai il primo segmento di galeone nella bottiglia, e richiusi l’apposito tappo di sughero. Cenai. Andai a dormire. Quella notte, cominciò quest’avventura intima che le sto narrando.”
“Che cosa avvenne, Proteo? Fece un sogno? Ha visto qualcosa di straordinario o di misterioso?”
“Proprio così, Iunghi, lei sa proprio fare le domande giuste! Mi apparve la Guardiana del Sonno, l’incantevole fata Cambiacolore!”
“Mi riferisca meglio l’accaduto.”
“Sono trasportato in sogno, in cima ad una collina, piantonata da qualche timido albero da frutta. Sulla sommità mi ritrovo seduto su di una panchina adiacente ad una piccola- e a dire il vero, graziosa- chiesetta, sormontata da un’esile croce d’oro. Dal luogo sacro proveniva però, un fragoroso scampanio a festa – o era un segnale di pericolo?-
Un frastuono molesto che non aveva niente d’allegro, anzi, m’assordava letteralmente e mi rintronava la mente. Fu così che per sfuggire a quella tortura acustica, mi gettai a capofitto in un piccolo sentiero.
Il tracciato scendeva a zig zag per il declivio del poggio, e sentivo che m’avrebbe liberato da quel rumore insostenibile. Ecco: da ogni sasso e cespuglio, da buche e anfratti, sbucavano fuori orrendi grovigli di serpenti velenosi- vipere, cobra reali e crotali con i loro tintinnanti sonagli, tra gli altri-. Gli intrichi di serpi cominciavano a scattare verso le mie gambe per mordere e inoculare veleno. Allora, cominciavo a correre e a saltare, e mi sembrava di volare con le ali ai piedi, sopra quei venefici denti cavi. Ad un certo punto, un terribile mamba nero, spiccava un balzo formidabile e mi addentava un polpaccio. Mi sentivo trasformare in una lingua di fuoco. Dentro l’organismo bruciavo e da tutti i miei orifizi fuoriusciva del vapore caldo. Poi, la mia pelle iniziava prima a raffreddarsi, e poi a colorarsi di tutte le gradazioni tonali dell’arcobaleno. Finivo il mio onirico volo e atterravo in un prato di tenera erbetta. Sinceramente, non so se stavo bene o male. Implacabile il mamba nero mi aveva seguito e s’ergeva minaccioso davanti a me. In rapida successione, il nero delle sue squame diventava iridescente e il rettile si mutava in un’onda marina spumeggiante, color verde smeraldo. Poi ancora- come in una fiaba- in una ragazza di una rara bellezza e di proporzioni di forme mai viste. Nel braccio destro teneva delicatamente una flessuosa gatta dai tre colori– una micia femmina- e nella mano sinistra reggeva una verga di nocciolo, a forma di forcella, del tipo di quelle usate per raccogliere i limoni o altri piccoli frutti. Si potrebbe anche raffigurare come la magica canna dei rabdomanti, usata per trovare sorgenti o vene d’acqua sotterranee.
“Mi presento, sono la Guardiana del Sonno, la Fata Cambiacolore. Sono la magia che risiede nel tuo cuore. Sono qui per aprirti gli occhi.”
“E come, se non sono indiscreto?” le chiesi incuriosito.
“Con quest’umile verga di nocciolo, tu potrai scavare e scendere dentro di te, quando lo vorrai. Inoltre, potrai cambiare il colore d’ogni attimo della vita e di una tua giornata terrena.”
“Com’è possibile tale meraviglia?”
“Con un semplice tocco di questo bastoncino, sul metro quadrato di terreno dove vivi, comincerai a penetrare dentro di te. La smetterai, in questo modo, di girovagare in giro inutilmente, scambiando per gioielli e pietre preziose, grezzi ciottoli e futile ciarpame. Vale a dire consapevolezze rimasticate da altri, vissute di seconda mano, per esperienze vive, dirette, di prima mano.
“Fantastico.”
“Esatto. E’ proprio la parola giusta.”
“Ma come funziona esattamente questa magia?”
“Non è una faccenda da spiegare troppo. Posso risponderti solo per enigmi. Sappi che per aprire gli occhi, in realtà bisogna chiuderli. Socchiudi appena le tue palpebre. Sappi che per vedere veramente, bisogna “sentire”. Se non ti rendi conto che stai vivendo una giornata triste e buttata via, come puoi darle intensità e allegria, cambiandola in oro? Se non t’accorgi che sei arrabbiato o stai piangendo, come potrai ritornare a sorridere? Se non t’accorgi che stai procedendo nelle tenebre, come potrai riportare la luce nei tuoi occhi? Ma sopra ogni cosa: prova. La vera fede consiste nello sperimentare direttamente quello in cui si crede, e “sentire” l’effetto che fa. La qualità di un albero si vede dai frutti che produce. Buon collaudo!”
Detto questo svanì in una nuvola colorata.
“Quale sensazione generale ha riportato indietro da questo sogno, Proteo?” disse il Dott. Iunghi, interrompendo un profondo momento di silenzio.
“Allora: ho a mia disposizione il metro quadrato di terreno su cui sto e il mio corpo. Un sorriso e il mio respiro. La corda e la carrucola per discendere nel profondo pozzo dell’anima e del corpo. Se ci credo, in questo metro posso trovare il sentiero che porta al mio cuore e rinunciare all’infelicità derivante dal cercare falsi paradisi fuori di me. Questo è tutto. Ma ascolti, Iunghi, il sogno non è ancora finito.”
“Procediamo senz’altro nel racconto.”
“Toccai con l’asta di nocciolo la terra sotto i miei piedi e venni per magia dislocato su di un meraviglioso Vascello di ghiaccio, che faceva vela verso la mitica montagna Merhu, nel centro del Polo Nord. Seguivamo la rotta, scrutando la posizione di una stella luminosa come un brillante. La Nave aveva gonfie vele azzurre, e io, me ne stavo al calduccio sulla coffa della vedetta. Osservavo felice intorno a me gli iceberg e i branchi di balene, gli enormi ghiacciai e i delfini che saltellavano intorno al mio immaginario Galeone. Non sentivo freddo. Stavo bene, La pace era nel mio cuore. Poi, all’improvviso, mi svegliai.”

 

Dal diario di lavoro del dott. Iunghi: note al caso del sig. Proteo Forme.
1° marzo del 2000 e qualcosa

Il soggetto soffre di un evidente stato di frustrazione cronica. Un ennesimo artistoide che vaga senza direzione nella società consumista, nell’attesa d’essere masticato per bene dal reclutamento allargato dei falliti. Fantasticando, caro Proteo, aumenti il fatturato dell’industria culturale, acquistando per induzione occulta tutte le sue costose merci. Non ha senso interpretare i tuoi sogni. Scrivi, scaricali sui fogli di carta. Fai contenti i cartolai.
Leggi, studia volumi su volumi. I librai ti sono riconoscenti. Manda in giro, per conoscenza, le tue opere. Gli editori- piccoli e grandi, furbi ed onesti– si fregano le mani. Se poi, per puro miracolo, conseguirai il successo, diventerai solo un boccone succulento per conduttori televisivi e paparazzi di giornali scandalistici.
Desiderare. Produrre. Consumare.
Crepare o ancora avere voglia di comprare altre merci.
Che cosa posso dirti? Finché paghi per essere ascoltato, ti sto a sentire. Se credi che ti faccia bene, sfogati pure.

 

10 marzo del 2000 e qualcosa

Il paziente riferisce che ad ogni sogno notturno, il suo Vascello di Ghiaccio perde pezzi. Ritiene che questo succeda perché ha trascurato la costruzione diurna del modellino di nave in bottiglia. Nei giorni seguenti, quindi, continua l’opera. La notte seguente, però, il Galeone prosegue a squagliarsi nell’onirico mare artico. Ormai, gravi fenditure minacciano l’integrità della chiglia. Per risolvere il problema, il caso umano in questione, decide d’applicarsi nel disbrigo dei minimi gesti del quotidiano. Ad esempio, tutte le mattine fa un giro dell’isolato, intorno a casa sua, chiamando per nome tutti i fiori e le piante che incontra.
Pensa che questa presenza di spirito sia l’insegnamento della Fata Cambiacolore, rivelato e trasmesso dal sogno precedente. Per motivi che sfuggono alla sua comprensione, lui sta contravvenendo a questi doveri etici. La visione onirica successiva conferma, purtroppo, l’inesorabile e progressivo disfacimento del Vascello. Il Sig. Forme appare ansioso e spaventato.

 

21 marzo del 2000 e qualcosa

L’analizzato comunica di una risolutiva apparizione della Fata Cambiacolore. La manifestazione onirica, usando ancora quel pedante e saccente tono didascalico– come non sopporto l’uso smodato degli imperativi e delle ricette facili di questi archetipi del vecchio saggio!-, ha tenuto al paziente un altro tediosissimo sermone.
Registro gli ennesimi comandamenti di vita– che barba!-
Il Sig. Proteo Forme non deve affannarsi a raggiungere la meta. E’ troppo attaccato al suo obiettivo di raggiungere il centro del mondo, il sacro monte Merhu che sovrasta il Polo Nord. Fissandosi su di uno scopo esclusivo, il suo cuore sarà sempre turbato e in pena. Se sta in ansia per avere qualcosa a tutti i costi, starà sempre a domandarsi, senza quiete, se il suo desiderio sarà esaudito oppure no.
Noto che queste puerili fantasie hanno, a modo loro, dei solidi fondamenti psicologici. L’altra, per fortuna ultima, illuminazione della Maga colorata, consiste nella lezione al Proteo sul rilassarsi, sul lasciarsi andare. Il Vascello di Ghiaccio, in realtà, sta navigando verso il disgelo, verso il Risveglio di Primavera. Il problema del suo progressivo scioglimento è inserito naturalmente nel ciclo armonico delle stagioni e nel giro climatico delle acque. Questo è il decreto divino che ogni essere deve accettare. Alla fine di questo discorso enfatico si è messa a cantare una ballata, di cui accludo il testo per mero interesse scientifico.

 

Ama il tuo destino

Ecco qua l’inverno, sai bisogna starnutir
Dal cielo scende lieve leggera tanta neve
Ecco primavera, ecco il vento porta pioggia
E poi viene l’estate che porta un gran calore

Ecco qua l’autunno nebbioso e sonnolento
E stai rinchiuso in casa e non sei mai contento…
E ancor dovrai imparare
Che ci sono guai che non puoi evitare
Ama il tuo destino, l’hai sempre lì vicino
Ama le tue cose
Le spine sai, fan le rose….

Ecco viene l’uomo, la bestia piu’crudele
Superbo come il tuono, il killer più efferato
Ecco qua l’autunno, è nebbioso e sonnolento
E stai ben chiuso in casa e non sei mai contento

E ancor dovrai accettare
Che ci son rovesci che non puoi evitare
E ancor dovrai abitare
Con persone che tu non puoi cambiare

Ama il tuo destino
L’hai sempre nel taschino
Ama le tue cose
Le tue gioie sai, son faticose
Ecco primavera, ecco il vento porta pioggia
E poi viene l’estate che porta un bel sudore
Ecco qua l’inverno, ti devi sai, coprir
Dal cielo scende lieve, leggera tanta neve

 

Dopo l’esecuzione del brano, la Fata ha raccomandato al paziente di cercare di non avere mai la mente ingombra di cose futili ed abiette.
“Futili come quel presuntuoso psicoterapeuta che ti ascolta senza alcun amore o fiducia nella tua persona. Lascialo perdere immediatamente. Ha fatto della sua limitata ragione una Dea sterile e crudele e del suo miserabile ed effimero Ego un idolo cinico e sprezzante d’ogni emozione costruttiva e affettiva. Quella persona sa solo lasciare il deserto dietro di sé. Ovunque vada, non rinasce più l’erba.”
Che caratterino, queste fattucchiere moderne!
Il Sig. Proteo Forme mi ha liquidato le ultime sedute e se n’ è andato con un ebete sorriso, in apparenza sedato e guarito. Tutti questi colpi di scena- a dire il vero, molto retorici e fintamente spettacolari- non hanno minimamente scalfito la mia opinione su questa ridicola seduta d’analisi. Le banconote che stringo nelle dita lo confermano.
Le Fate sono splendide- e chi lo nega?-, ma salveranno Proteo dalla sua cronica mortificazione? Eviteranno al Sig. Forme l’intossicazione del cuore, quando entrerà di nuovo in contatto col reclutamento allargato dei falliti? Ride bene chi ride ultimo, cara Fata Cambiacolore.

 

Autore: Mauro Banfi
Messo on line in data: Dicembre 2008