SPIRITUALITA’ ORIENTALE: IL BUDDHA STORICO di Gaetano Dini

Il Buddha storico dopo l’Illuminazione

Dopo l’illuminazione il Buddha rimase a sedere sotto l’albero dell’illuminazione per sette giorni, senza alcun pensiero, in uno stato di benessere diffuso.
Alla fine del settimo giorno Buddha rivisse mentalmente tutte le stazioni della saggezza che lo avevano portato a conseguire l’illuminazione; rivide il susseguirsi dei cicli cosmici, vide il mondo presente bruciare in quanto tutti gli esseri viventi bruciano della febbre che sorge
dalla passione, dall’aggressività e dalla confusione interiore.
Gautama, avendo ottenuto l’illuminazione mediante la disciplina, la meditazione, la conoscenza, non era più tenuto a rispettare le pratiche ascetiche al cui rispetto erano tenuti i non illuminati. Sapeva che non c’era nessun maestro spirituale o brahmano che lo superasse in conoscenza e pensava che non fosse il caso di insegnare il Dharma agli altri uomini in quanto era troppo profondo e troppo difficile per essere capito. Gli uomini erano infatti troppo intrappolati nell’attaccamento mondano, troppa polvere avevano davanti agli occhi.
Perciò il Beato giunse alla conclusione di non insegnare: sarebbe rimasto in silenzio riposando nella sua illuminazione, onorando il prezioso e sacro Dharma.

Ma il dio Sahmpati si accorse della decisione del Buddha, scese dal regno celeste degli dei e apparve davanti al Beato. Con un ginocchio a terra e le mani giunte il dio implorò il Buddha di mettere in moto la ruota del Dharma a beneficio di tutti gli esseri.
Molti erano infatti i cercatori della verità che sarebbero stati in grado di percepire il Dharma.
Se il Buddha avesse insegnato, avrebbe liberato innumerevoli esseri dal ciclo della sofferenza. Davanti alle suppliche del dio, il Beato fu mosso a compassione  e acconsentì alle richieste di Sahmpati rimanendo in silenzio.
Quando il dio capì di essere stato ascoltato, ringraziò e si accomiatò da lui.

Buddha rimase 49 giorni in digiuno a meditare presso l’albero della Bodhi.
Passarono da lì due ricchi mercanti, Trapusha e Bhallika, con i loro carri. Alcuni dei carri rimasero bloccati nel fango e, nell’attesa che venissero sbloccati, i due mercanti passeggiando notarono Gautama; colpiti dalla sua radiosa presenza gli si avvicinarono e gli offrirono riso e miele.

Il Beato, su pressione benevola degli dei, accettò l’offerta e rivolse loro qualche parola.
Questi si prostrarono e chiesero di diventare suoi Seguaci prendendo rifugio nel Buddha come Illuminato e nel Dharma come insegnamento. I due mercanti presero il Duplice Rifugio in quanto il Terzo Rifugio, il Sangha, la Comunità dei discepoli, non era ancora stata fondata.
Non potendo trasmettere la sua perfetta conoscenza ai due asceti Arada e Rudraka, con i quali si era confrontato prima di ricevere l’illuminazione, in quanto entrambi nel frattempo erano morti, il Venerabile decise di trasmetterla a quei cinque seguaci che lo avevano abbandonato dopo che il Buddha aveva incominciato a nutrirsi dopo anni di digiuno. Sapeva che erano nel Parco delle Gazzelle, vicino a Varanasi, un luogo frequentato da molti asceti.

Così dal luogo dove ricevette l’illuminazione, Gaya nella regione dell’Uruvilva, il Beato attraversò il Gangee  si spostò a nord, a Varanasi. Entrato nel parco delle Gazzelle, i cinque vecchi seguaci lo videro, ma considerandolo un apostata, decisero di trattarlo con cortesia ma senza alcuna deferenza, chiamandolo semplicemente amico o Gautama.
Il Buddha sedendo con loro insistette più volte di insegnare loro il Dharma. I vecchi seguaci dapprima scettici decisero infine di ascoltarlo.

Il Tathagata, che significa il “Perfetto”, iniziò con chiarezza la spiegazione del Dharma e mentre spiegava uno dei cinque, Kaundinya lo comprese acquisendo la conoscenza completa.
Kaundinya allora chiese di accettarlo formalmente come discepolo e il Buddha gli impartì l’ordinazione da Bhikshu, “Monaco dell’Ordine dei Mendicanti”.
Anche gli altri quattro in seguito furono istruiti, ebbero la pura visione del Dharma e furono ammessi nell’ordine come Bhikshu.

I suoi primi cinque discepoli ascoltandolo giorno per giorno raggiunsero il quarto livello di realizzazione, divenendo Arhant, cioè “Distruttori del nemico”.
Altri asceti nel Parco delle Gazzelle iniziarono ad ascoltare l’insegnamento del Buddha.
Un ricco mercante del luogo aveva un figlio di nome Yasha che si era allontanato da casa per seguire le lezioni del Beato. Il mercante, preoccupato, per cercare il figlio e convincerlo a tornare a casa si avvicinò al Buddha che iniziò ad insegnargli il Dharma. Il ricco mercante comprese sempre più chiaramente la dottrina fino a chiedere di diventare Seguace del Tathagata, prendendo il Triplice Rifugio, nel Beato, nel Dharma e nel Sangha ormai costituito.
Dopo i primi due mercanti che avevano preso il Duplice Rifugio, questo mercante fu la prima persona a prendere il Triplice Rifugio.

Prendere Rifugio non significava diventare Bhikshu (monaco) ma Seguace.
Il figlio del mercante, Yasha, chiese invece di essere ammesso nell’ordine come Bhikshu.
Quattro amici di Yasha, figli anch’essi di eminenti mercanti di Varanasi, vennero a sapere che l’amico si era rasato la testa, aveva indossato la tunica color zafferano, la sopravveste sopra una spalla e aveva iniziato la vita dei senza-casa. Chiesero allora a Yasha di farli ricevere dal Buddha, che insegnò loro facendo sorgere nella loro mente la visione incontaminata dal Dharma.
Il Buddha ordinò anche i quattro come Bhikshu.
Poi cinquanta amici di Yasha, tutti appartenenti ad eminenti famiglie, chiesero di essere istruiti dal Tathagata, che fece loro comprendere il perfetto Dharma, ordinandoli poi come Bhikshu.
In tutto i Bhikshu erano sessanta e tre i Seguaci di cui i primi due accolti nel Duplice Rifugio, il terzo accolto nel Triplice Rifugio.
Il Beato poi radunò tutti i monaci divenuti tutti Arhant cioè “Liberi da impedimenti umani e divini” e li esortò ad andare ad insegnare il Dharma tra le genti, a coloro che avevano poca polvere davanti agli occhi. Per quanto riguardava lui, dopo la stagione delle piogge sarebbe andato ad insegnare il Dharma a sud nella regione del Uruvilva nel Magadha.

Durante il viaggio verso Uruvilva, un pomeriggio il Beato meditava in una foresta non lontano dalla strada. Trenta giovani amici in gita con le loro mogli lo notarono e gli si avvicinarono. Il Beato chiese loro se volessero essere istruiti sul Dharma ed essi risposero di sì.
Così il Buddha li guidò gradualmente alle comprensioni più profonde e in essi sorse la pura visione del Dharma. Chiesero allora di iniziare la vita dei senza-casa e di essere ordinati monaci. Il Beato li accolse tutti trenta come Bhikshu nel Sangha.
Ora i monaci erranti accolti nell’ordine, ammontavano a novanta.

Nella regione di Uruvilva vivevano all’epoca tre noti sant’uomini, che si chiamavano Kashyapa di Uruvilva, Kashyapa del Fiume, Kashyapa di Gaya. Si diceva che fossero fratelli.
Avevano rispettivamente cinquecento, trecento e duecento seguaci, tutti asceti dai capelli ingarbugliati e adoratori del fuoco. Il Beato espose la dottrina del Dharma ai tre Kashyapa, menti sofiste abituate al contraddittorio dialettico, e faticosamente riuscì a sviluppare in essi la conoscenza del Dharma.
Così i tre Kashyapa, assieme ai loro mille discepoli, entrarono nella comunità tutti ordinati Bhikshu.

Gli asceti dai capelli ingarbugliati, divenuti Bhikshu, seguendo gli insegnamenti del Tathagata divennero poi tutti Arhant, “Liberi cioè da inquinamenti corporei”.
I Bhikshu ammontavano ora al numero di millenovantatre.
Durante il periodo di conversione dei Kashyapa e dei loro seguaci, Il Beato ricevette una notte la visita dei quattro re celesti che proteggono i quattro quarti della struttura del mondo, i quali erano venuti per ricevere i corretti insegnamenti.
Nelle notti successive l’Illuminato ricevette la visita di Brahma e Indra, i capi degli dei. Anch’essi erano venuti per ricevere i corretti insegnamenti.
Buddha, con il Sangha al seguito, riprese il cammino giungendo vicino la città di Gayashirsha.

Il re Bambisara venne a sapere dell’arrivo del Principe degli Shakya, che da alcuni anni aveva iniziato la vita del senza-casa.
Allora il re uscì dalla città e andò incontro all’Illuminato. Il re era accompagnato da dodici aristocratici a ognuno dei quali facevano riferimento mille capi-famiglia. Il re si prostrò con deferenza al cospetto del Tathagata mentre dei migliaia di capi-famiglia, alcuni si prostrarono e si sedettero, altri salutarono con deferenza il Buddha e poi si sedettero, altri ancora si sedettero semplicemente in attesa.
Il Beato fece allora parlare Kashyapa di Uruvilva, che era stato un asceta conosciuto e stimato in quella regione. Kashyapa spiegò agli astanti come avesse abbandonato l’adorazione del fuoco, che lascia gli asceti nella sofferenza dell’esistenza ciclica, e come avesse deciso di seguire la legge del Dharma, nella quale non c’è predominio né soggezione, non c’è possesso né perdita e con cui si realizza uno stato di pace al di là del mondo dei sensi.

Allora un mormorio percorse la folla ed il Beato vide che l’ammissione di Kashyapa aveva aperto le menti agli astanti. Il Perfetto seguì quindi il suo abituale modello di insegnamento progressivo, partendo dalla generosità e dall’abbandono delle indulgenze sensuali e procedendo gradualmente fino alle Quattro Nobili Verità e alla non esistenza del Sé.
Quando ebbe finito, in quasi tutti gli astanti sorse un chiaro riconoscimento del Dharma.
Anche gli ascoltatori in cui tale riconoscimento non era sorto, convinti della verità delle parole del Buddha, chiesero di divenire suoi Seguaci.
Il re Bambisara, ascoltando il discorso, raggiunse invece la conoscenza indipendente del Dharma, che dà piena fiducia in sé, elimina tutti i dubbi e libera da influenze esterne.
Il re poi invitò a pranzo l’Illuminato e il Sangha nella sua reggia.
Il mattino dopo il Tathagata e i suoi Bhikshu entrarono in città e andarono alla reggia.
All’ora di pranzo il re Bambisara li servì con le proprie mani, assicurandosi che tutti fossero soddisfatti. Al termine del pranzo il re, dopo una pausa di cortesia, disse al Beato che voleva fargli dono di un terreno fuori città chiamato il Boschetto dei Bambù. Il re pensava che fosse il posto adatto per un buon ritiro monastico, sufficientemente lontano dalla città perché i monaci non fossero disturbati dalle attività urbane e dal rumore, ma abbastanza vicino ad essa per la questua. Il Buddha accettò il dono in silenzio e partì per questo nuovo rifugio.

Due giovani brahmani, Shariputra e Maudgalyayana, dopo avere parlato con il Bhikshu Ashvajit, andarono dal Buddha per essere istruiti da lui. Appena il Beato li vide arrivare, disse ai Bhikshu che quei giovani brahmani con i capelli ingarbugliati e il tridente dei brahmani erranti sarebbero diventati due importanti monaci della sua comunità.
Dopo che gli fu rivelato il Dharma i due brahmani divennero Bhikshu e poco tempo dopo raggiunsero il livello spirituale di Arhant.
Un brahmano del clan Kashyapa di nome Pippali aveva cominciato a frequentare le lezioni del Tathagata. Egli aveva rinunciato al patrimonio della sua famiglia per stare in comunità.
Il Beato, riconoscendo in lui le doti, anziché impartirgli un’istruzione graduale, arrivò subito all’essenza dell’insegnamento. La conoscenza passò subito a Pippali che raggiunse immediatamente la realizzazione di Arhant. Per questo motivo fu chiamato Mahakashyapa “Il Grande Kashyapa”.
Anni dopo, quando il Buddha morì, Mahakashyapa gli successe nella guida del Sangha.
Sempre in quel periodo il Beato insegnò il Dharma a Naradatta, nipote del veggente Asita che aveva profetizzato il grande destino del Buddha al momento della sua nascita.

A Kapilavastu, capitale del regno degli Shakya, il re Shuddhodana, padre di Gautama, si teneva sempre informato sulle gesta del figlio. Sapeva che insegnava come un Risvegliato, un Buddha e che aveva già raccolto intorno a se migliaia di discepoli tra Seguaci e Bhikshu dei quali molti
erano diventati Arhant. Ormai vecchio, il re inviò al figlio un suo amico d’infanzia, Kalodayin, con il compito di persuaderlo a fare visita al padre. Questi arrivò in inverno al Venuvana vicino alla città di Rajagriha ed ebbe l’occasione di unirsi alla folla di asceti senza-casa e capi-famiglia che arrivavano ogni giorno per ascoltare l’insegnamento del Perfetto. Kalodayin insieme al suo seguito restò incantato dalla forza penetrante dell’insegnamento del Buddha e presto divennero tutti Bhikshu.
Kalodayin comunicò in ogni caso la richiesta del genitore e l’Illuminato decise che era giunto il tempo di esaudire la richiesta del padre.
Il Beato partì così con il suo seguito per la città natale che aveva abbandonato sette anni prima.
Coprendo solo pochi chilometri al giorno, gli ci vollero due mesi per raggiungere Kapilavastu.
La comunità degli Shakya preparò un posto per il Perfetto e il Sangha nel Parco Nigrodha (Parco degli alberi di fico) vicino la città. Poi quando l’Illuminato si sistemò nel Parco, la comunità Shakya lo andò a visitare. Gli anziani di rango elevato lo trattarono come si tratta un fratello minore.
Mancando per superbia di venerazione verso il Maestro, gli Shakya non erano ricettivi all’insegnamento del Dharma. Così per forzare il loro schermo mentale il Beato fu costretto a ricorrere all’uso dei miracoli, facendo sprizzare dal suo corpo contemporaneamente acqua e fuoco.

Il mattino successivo il Beato con il suo seguito entrò a Kapilavastu per la questua.
Dalle finestre del palazzo il re Shuddhodana, la madre adottiva Mahaprajapati, sposa del re e sorella della madre defunta del Buddha e Yashodhara, la sposa abbandonata dal Buddha, lo videro con portamento reale chiedere l’elemosina nelle case.
Umiliati tutti tre da tale comportamento, il re affrontò il figlio dicendo che nessuno del loro lignaggio si era mai abbassato a chiedere l’elemosina. L’Illuminato rispose al padre dicendo che lui seguiva l’usanza dei Buddha del passato e non l’usanza reale. Nell’ascoltare il Perfetto, il re Shuddhodana iniziò a progredire negli stadi di conoscenza, raggiungendo il primo stadio; col tempo il re raggiunse

il terzo stadio e prima di morire anche il quarto stadio di conoscenza divenendo Arhant.
Il Tathagata, quando si trovava nel palazzo reale, andò a visitare la moglie, la principessa Yashodhara, nelle sue stanze. Il padre gli raccontò come sua moglie avesse adottato nella vita quotidiana i comportamenti che il Buddha teneva, come segno di ammirazione e devozione verso lui.
Un giorno mentre il Beato pranzava a Palazzo, il figlio che aveva avuto da Yashodhara, Rahula, di sette anni, gli si avvicinò. Benchè il Beato non mostrasse emozioni verso di lui, il bambino, trovandosi bene vicino al padre, volle seguirlo nel Parco quando il padre vi fece ritorno.
Allora il Perfetto chiese a Shariputra di introdurre il figlio nella vita dei senza-casa e di farne un Novizio.
Mentre il Buddha risiedeva nel Parco Nigrodha, molti nobili Shakya ascoltando i suoi insegnamentivollero rinunciare alla vita laica e iniziare quella dei senza-casa nel Sangha.
Inoltre, come segno di rispetto, la comunità degli Shakya emanò un decreto per il quale ogni famiglia doveva fare in modo che un proprio figlio entrasse nel Sangha del Buddha.
Quando il Beato lasciò la terra degli Shakya per tornare a Rajagriha, molti principi Shakya lo seguirono spontaneamente mentre altri di loro furono obbligati a farlo.
I fratelli Mahanama, Anirudda e il loro cugino Bhadrika abbandonarono i propri averi e lo seguirono spontaneamente. Anche Nanda il fratellastro del Buddha e Devadatta, suo cugino,lo seguirono spontaneamente, portando con sé gli amici Brighu e Kimbila accompagnati dal barbiere Upali. Quando furono lontani dalla terra degli Shakya, Upali tagliò a tutti i capelli e poi decise di non ritornare a casa ma di seguirli.
Arrivati al cospetto dell’Illuminato, che si trovava nel Boschetto di Manghi vicino Anupiya nel territorio della popolazione dei Malla, questi li accolse tutti nel Sangha come Bhikshu.
Upali sarebbe poi diventato la principale autorità riguardo le regole disciplinari del Sangha.
In quel periodo il Buddha passava anche un po’ del suo tempo con Rahula, il figlio, istruendolo nei comportamenti ordinari come quello di non mentire e come sviluppare il discernimento verso le azioni da compiere e quelle da evitare.

Il Buddha passò le prime tre stagioni delle piogge dopo l’illuminazione al Venuvana.
Alla fine della terza stagione un ricco mercante si offrì di costruire delle capanne come alloggi per i monaci che fino ad allora avevano vissuto all’aperto, al riparo di alberi o sotto delle rocce o dentro delle caverne naturali.
Il Beato non si oppose e così furono costruite delle capanne per il Sangha.
Anche il cognato del mercante, pure lui ricco mercante, si offrì di far costruire per la comunità un monastero “vihara” nelle vicinanze di Shravasti. Le celebrazioni di consacrazione del vihara durarono nove mesi. Era la quarta stagione delle piogge.
Questo mercante chiamato Sudatta, chiese poi di essere accolto come Seguace nel Sangha.Un altro grande monastero fu poi fatto costruire dal re Prasenajit nelle vicinanze di Shravasticapitale del Koshala. Anche il re divenne Seguace del Buddha.

Avendo dei monasteri a disposizione per la comunità, il Venerabile diede disposizioni che i monaci durante le stagioni delle piogge dovessero rimanere nei monasteri in meditazione.
La quinta stagione delle piogge l’Illuminato la passò nella regione del Mahavana vicino la città di Vaishali. Poi il Tathagata dovette recarsi dal padre morente a Kapilavastu.
Dopo la morte del padre, la regina Mahaprajapati sorella della defunta madre del Buddha, rimasta ormai vedova chiese al figlio adottivo di entrare nella comunità. L’Illuminato rifiutò in quanto non voleva donne in comunità. Successivamente il monaco Ananda presentò la richiesta in modo diverso, chiedendo al Buddha se le donne rinunciando alla vita laica potessero raggiungere i quattro livelli di realizzazione. Rispondendo il Beato affermativamente, allora Ananda lo convinse a far entrare in comunità Mahaprajapati ed altre donne di Kapilavastu.
Queste donne poterono così entrare nell’Ordine come Bhikshuni.
Il Beato commentò il fatto dicendo che essendo entrate delle donne nell’Ordine, il suo influsso spirituale sarebbe durato solo 500 anni e non più 1000 anni.

In quest’epoca, la sesta stagione delle piogge dopo l’illuminazione, nella valle del Gange sorsero gravi dissapori tra il Sangha ed i sei ordini maggiori dei monaci erranti.
L’Illuminato si confrontò spiritualmente con i maestri rivali, sconfiggendoli tutti.
Dopo la settima stagione delle piogge il Venerabile ritornò al Jetavana, vicino Shravasti.
La sua comunità era florida e rispettata da tutti, rifornita di stoffe per le tuniche, cibo, medicinali.
Gli altri ordini mendicanti, più poveri, cercarono allora di infangare il nome del Buddha con vari espedienti senza mai riuscirci.
Il Beato passò l’ottava stagione delle piogge nella regione del popolo dei Bharga, vicino il monte Sumsumara e la nona stagione nel paese dei Vatsa, vicino la città di Kaushambi.
La decima stagione delle piogge la passò invece nella foresta Parileyyaka e l’undicesima nelle vicinanze della città di Rajagriha.
Nel Sangha continuavano ad entrare Bhikshu e continuavano a prendere il Triplice Rifugio vari Seguaci.
Durante un periodo di carestia la gente potè offrire alla Comunità solo la crusca per i cavalli e così il Sangha macinandola finemente, si adattò a cibarsene.
Il ventesimo anno dopo l’illuminazione il Venerabile decise di passare tutti i ritiri delle stagioni delle piogge a Shravasti. In questo periodo il Beato nominò Ananda suo aiutante personale e convertì un pericoloso bandito omicida, Angulimala.
Una volta il Buddha vide un monaco ammalato abbandonato dagli altri monaci che lo avevano dato per spacciato. Curò il monaco e poi stabilì che in caso di malattia i monaci dovessero aiutarsi l’un l’altro. In questo periodo il Buddha decise quindi di formulare il codice monastico di comportamento chiamato Pratimoksha, facendolo periodicamente recitare da Bhikshu e Bhikshunidurante le assemblee plenarie.
Siccome l’arrivo di tanti monaci in una casa per la questua causava difficoltà logistiche e spesso il risentimento da parte dei capi-famiglia, l’Illuminato redisse una regola che limitava a tre il numero di monaci che potevano accettare l’invito in una casa. Istituì anche la regola che i membri del Sangha potevano vivere all’aperto o in ripari per otto mesi all’anno ma durante la stagione delle piogge dovevano avere una dimora fissa. Inoltre stabilì che i monaci potevano accettare in regalo stoffe per le loro tuniche e potevano mangiare carne e pesce solo se c’era la certezza che gli animali non fossero stati uccisi espressamente per cibare loro. Il Codice comprendeva 227 regole per i Bhikshu e 338 per le Bhikshuni.

Nella sua vita quotidiana il Buddha svolgeva dei gesti costanti come quello di dormire sul fianco destro con la mano destra sotto la testa ed un piede leggermente sovrapposto all’altro. Questa posizione del sonno divenne nota come la “posizione del leone”.
Si racconta che il Beato si svegliasse prima dell’alba e contemplasse il panorama dell’esistenza
con l’occhio divino. Poi meditava a gambe incrociate o passeggiando vicino il luogo in cui riposava.
Se non era stato invitato a pranzo da qualche capo-famiglia, alle primi luci del giorno prendeva la ciotola e si dirigeva verso l’insediamento più vicino per la questua. Era accompagnato da diverse centinaia di monaci. Per la questua iniziava dal fondo di una strada e passava casa per casa, permettendo così a tutte le persone di ogni estrazione sociale di offrire cibo al Sangha.
Quando si trovava sulla soglia di una casa restava in silenzio con la ciotola in evidenza.
Se gli veniva dato del cibo, accettava in silenzio qualsiasi cosa gli venisse offerta, se invece dopo alcuni minuti non gli veniva offerto nulla, se ne andava in silenzio. Così facevano anche i monaci.
Tutti poi tornavano al rifugio per consumare l’unico pasto della giornata, terminato prima di mezzogiorno. Se invece c’era un invito a pranzo da parte di qualche capo-famiglia, il Buddha e il Sangha non facevano la questua ma pranzavano dal loro anfitrione concludendo il pranzo
prima di mezzogiorno.

Dopo la questua, finito il pranzo, l’Illuminato sedeva fuori dal luogo dove riposava e dava istruzioni sul Dharma a chiunque fosse presente, accogliendo le persone nella vita dei senza-casa come Seguaci o dando l’ordinazione come Monaci.
Durante la calura del giorno si ritirava per riposare nel suo spazio privato.
Al crepuscolo un gran numero di laici si riuniva per ascoltare il suo insegnamento.
Il Beato dedicava loro un discorso sul Dharma e rispondeva alle loro domande.
Poi il Perfetto faceva il bagno e riposava brevemente. Dopo era il momento delle conversazioni con i Bhikshu e le Bhikshuni che spesso si prolungavano fino a tarda notte.
Poi era il momento del sonno che durava poco alzandosi il Venerabile prima dell’alba.
Quando il Buddha era in viaggio, dopo il pranzo passava la giornata passeggiando, riposandosi nel periodo più caldo della stessa.
Il Sangha si comportava seguendo l’esempio del maestro nel modo più fedele possibile.
Come il Tathagata stesso faceva, i monaci potevano ritirarsi per un certo periodo in un luogo solitario per praticare in modo intensivo la meditazione.

Il trentasettesimo anno dopo l’Illuminazione quando il Buddha aveva 72 anni, la sua Comunità andò incontro ad uno scisma causato dal cugino del Beato, Devadatta. Questi propose per il Sangha una regola di comportamento più ferrea di quella in vigore e trovò molti seguaci tra i monaci. Infatti regole di comportamento drastiche e mortificanti erano erroneamente associate dai più
ad un maggior livello di spiritualità.
Il gruppo degli scismatici assoldò anche un sicario per eliminare fisicamente il Tathagata, senza riuscirci. A seguito di questi fatti, Devadatta ed i suoi seguaci ne uscirono completamente screditati come immagine ed i membri del gruppo scismatico col tempo si dileguarono.
Devadatta chiese in seguito perdono al Buddha ma morì prima di averlo ricevuto.
Il Venerabile invecchiav, ma la sua operosità era sempre elevata. Continuava ad esercitare la questua e ad insegnare il Dharma, la conoscenza indipendente che non ha bisogno di conferme da parte degli altri. Ma verso gli 80 anni la salute cominciò a deteriorarsi. Anche nel suo ultimo anno di vita il Buddha continuò a viaggiare e insegnare evidenziando come la Conoscenza dovesse essere sostenuta dalla Disciplina (Sila), dalla Meditazione (Samadhi), e dalla Saggezza (Prajna) che vede le cose come realmente sono.
Raccomandava ai Monaci di fare di se stessi un’isola e di cercare rifugio solo nel Dharma.
Disse inoltre che un Tathagata se avesse voluto, poteva vivere indefinitamente per varie epochema lui per scelta aveva ormai lasciato la presa interna sulla sua vita terrena per cui irrevocabilmente sarebbe morto entro tre mesi. Raccomandò ai monaci di non dare importanza alla venerazione delle spoglie del Tathagata ma di concentrarsi sulla loro realizzazione in maniera diligente e misurata.
Nel momento del trapasso, il Buddha percorse tutti i livelli meditativi raggiungendo la totale estinzione nel Nirvana finale, il Parinirvana.
Ci fu allora un profondo boato all’interno della terra e un fragoroso tuono nel cielo.

Bibliografia
Sherab Chodzin Kohn – Vita del Buddha, Ed. Mondadori, Milano

 

Autore: Gaetano Dini
Messo on line in data: Dicembre 2018