UNA LAPIDE ETRUSCA di Alexandra Celia

Un enigma irrisolto tra i misteri d’Italia:
una lapide, una lingua etrusca, rune germaniche, un elmo misterioso…

 

… Così dice, lacrimando, e allenta
le briglie alla flotta e finalmente
approda alle spiagge Euboiche di Cuma.
Girano le prore verso il mare.
Allora con dente tenace
l’àncora teneva ferme le navi
e le curve poppe coprono i lidi…
Virgilio, Eneide VI, 1-13

… Argentum et aurum propitiine an
irati dii negaverint dubito.
Jam et pecuniam accipere docuimus…
Tacito, De Origine et situ Germanorum

Sunt tecum quae fugit
Seneca

 

Un Pensiero Filosofico
Contemplando il cielo notturno, trapuntato d’infinite scintillanti stelle, mi sono spesso posta un quesito profondo nell’anima: esistono più stelle nel firmamento, o più enigmi tra cielo e terra…? All’interno di antiche civiltà, nelle arcaiche religioni, nelle antichissime discipline filosofiche, in saperi vecchi come il tempo degli umani, in antichi testi mai del tutto decodificati e oltre… In costruzioni imponenti dalle mirabili strutture architettoniche, penso alle piramidi che si estendono per magia, mistero, enigmi irrisolvibili, vere meraviglie dell’umanità, e ancora le moltissime lingue la cui traduzione tutt’ora rimane un quid puramente arcano!
Sono giunta, al fine, a questa soluzione filosofica del quesito: “Tra cielo e terra, gli enigmi sono pari alla moltitudine di stelle nell’universo…“
Allora, qualcuno potrebbe sentenziare, quali sono tutti questi enigmi, e dove si trovano? Pensando, o meglio riflettendo, il mondo che circonda l’uomo è costellato di oggetti che emanano forze oscure e misteriose, d’impalpabile provenienza; una vasta letteratura in merito racconta e descrive luoghi, situazioni, oggetti che hanno dubbia provenienza umana, ma molti legami con l’altra dimensione. Non a caso negli anni ’70 un giornalista di larghe vedute, un certo Karl Brugger, s’interessò raccogliendo molte leggende dell’Amazzonia, che poi successivamente, riunì in un volume per i tipi delle Mediterranee, Cronache di Akakor, 1996, dove si narra di travi legate al cielo, alle costellazioni, e portate sulla terra da divinità celesti, e che servivano da possibili altari litici, da dedicarsi al ‘luogo del sole’. Ma a tempo riprenderemo il discorso delle strane travi.

La curiosità è sinonimo d’intelligenza, dunque si deve rispondere ed esaudire ogni dubbio in proposito! Comincerei con il parlare di Libri, di Autori, e di un particolare luogo, che rievoca la storia medievale, ma retrocedendo nel tempo, fino al misteriosissimo ed affascinante popolo etrusco, nella terra di Toscana (precisamente a Livorno), per fare un breve excursus iniziale. Passando successivamente al cuore della questione, cioè, una ‘lapide’ che si trova a Campiglia Marittima, la misteriosa zona della nostra Cerca, sulla quale campeggia uno strano ‘misterioso personaggio’ in un bassorilievo, sito in una mandorla al centro della pietra marmorea. Contornano l’enigmatica figura scritte in latino, e in una stranissima grafia (che si tratti proprio della lingua degli antichi Etruschi, o forse delle Rune germaniche, che proprio dall’alfabeto etrusco trovarono origine?). I Germani dunque trassero dalla magica lingua etrusca elementi basilari per creare le Rune Nordiche per vaticinare. Le ‘rune magiche’ furono dai sacerdoti utilizzate per prevedere il tempo futuro, tra magia, segni e riti misteriosi. Tra il II-III secolo d.C. Tacito ci ricorda di questo modo particolare di prevedere gli eventi, che egli cita nei suoi scritti. Sopra l’icona, si può notare un monogramma: I.H.S. o Y.H.S, le cui lettere indicano traducendo Jesus Hominum Salvator, nel senso di “Gesù Salvatore dell’Uomo”, che è chiaramente di derivazione cristiana, ma che forse, a mio parere, non ha nulla a che vedere con il Cristo… quale la grafia, molto presumibilmente, vorrebbe indicare e farci credere, ad un primo visibile contatto! Ma ritorneremo a tempo dovuto sulla questione dell’enigmatica scrittura, che si estende tra Etruschi e Rune germaniche?

Si procede nella insolita Cerca e nel racconto, che vede una ‘misteriosa lapide’ come protagonista… ed una particolare indagine. Stavo poc’anzi accennando a dei libri, e a studiosi che hanno dedicato le rispettive ricerche nel mondo etrusco, che su enigmi, insoluti misteri, introspezioni nell’arcana sfera della lingua etrusca, hanno svolto notevole impegno, per una nuova gestione del sapere e della conoscenza, in area archeologica come linguistica.
Sì, mi riferisco (citando uno tra i maggiori) al noto studioso Massimo Pallottino (1909-1995), che nel suo capolavoro Etruscologia (la cui prima edizione fu nel 1942, la seconda di Hoepli nel 1984), suo primo saggio, ha offerto alla cultura una innovativa conoscenza sull’enigmatico-affascinante, poco conosciuto popolo, effettuando ricerche di fondamentale importanza in cinquant’anni di dedizione al mondo etrusco e dominando il settore archeo-etruscologico, con rivoluzionari progressi che spaziano dall’archeologia, all’arte, alla storiografia, alla religione etrusca.

In ambito linguistico è opportuno citare la raccolta di iscrizioni etrusche Testimonia Linguae Etruscae, Firenze 1954-1968. Ancora la prestigiosa Rivista di Epigrafia Etrusca. E’ incontestabile che la ‘scienza etrusca’ abbia ottenuto progressi e mutamenti a motivo della rigida e progressista scientificità di Massimo Pallottino, e non solo. Così, se si volesse venire a conoscenza di particolari insoliti misteri tra cielo e terra, non si dovrà far altro che leggere alcuni lavori di ricerca in area archeologica, del citato autore, come del grande ricercatore Romolo Staccioli, altro insigne studioso. O ancora leggere in misteriosi quadri, opere d’arte, libri, oggetti di varia provenienza, cose che possono rivelare e svelare molto altro, da quanto occhio umano può leggervi ad un primo superficiale esame. Naturalmente ci sono studiosi e ricercatori che in questa sfera dell’insolito, e del mistero da svelare, hanno realizzato stupefacenti scoperte, che percorrono una via parallela alla ricerca accademica. Per esempio, mi riferisco alle interessanti enigmatiche ricerche, svolte dallo studioso e ingegnere Mario Pincherle, il cui interesse per l’Antico Egitto, e non solo, lo porta ad una geniale intuizione sullo Zed all’interno della piramide di Giza!
Sottolineando il fatto che ci sono molti misteri insoluti in area archeologica, come la occulta ‘lapide’ che a breve andrò ad analizzare, si apre l’enigmatico quesito: siamo soli nell’universo? Sì, perché penso che molti manufatti archeologici potrebbero avere una provenienza di natura aliena: certamente un ragionamento che si colloca su di un orizzonte alternativo, controcorrente, ma che forse non ha tutti i motivi per non sussistere…

E’ giunto il momento di dare il via alla Cerca, il nostro racconto tra gli enigmi, o ‘enigma’ tra cielo e terra, in questo caso sotto il cielo della bella terra di Toscana! Vediamo come prima cosa di fare un breve viaggio nell’immaginario, proprio come un giorno faceva il grande Jules Verne (1828-1905), che descriveva luoghi esotici, personaggi e avventure, senza muoversi dal suo studio di lavoro… ma utilizzando unicamente la fantasia, la genialità ed una penna, in quel caso d’oca. Per i nostri tempi ipertecnologici basta una moderna tastiera e il gioco è fatto. Comincerei con il descrivere Campiglia Marittima in Toscana, un borgo medievale d’altro tempo! Che rievoca antichissimi sogni, storie affascinanti che rivivono in vecchissime stradine e mura candide di fattura quasi fiabesca. Che per natura di cose ti trasportano in un’altra ‘dimensione-tempo’, un arcano divenire, oltre l’orizzonte del vissuto quotidiano. Dove antiche sfilate storiche in costumi medievali, curati nei minimi dettagli, dai vivacissimi colori e pregiate stoffe, esprimono al meglio la storia di un caratteristico popolo, e ti rapiscono in una particolarissima epoca di cavalieri, tornei, contese, dame, armi, eroi (ad ogni modo, espressione di quell’amor cortese, che fu decantato da Dante,1265-1321, come dal Petrarca, 1304-1374) e non solo…

Nell’immagine sopra,
la Rocca di San Silvestro (X secolo), nel Parco Archeo-minerario.
Una veduta suggestiva, evocazioni d’altri arcani tempi.
Un viaggio nel passato dalle forti emozioni storiche.
Per gentile concessione dell’Archivio Foto
Copyright Agenzia per il Turismo, Costa degli Etruschi, Livorno
www.costadeglietruschi.it

 

Un luogo adagiato su un colle, dal quale domina a vista estesa il mare e la campagna circostante. Si può dire con certezza che Campiglia Marittima è uno dei borghi storici più belli della Costa degli Etruschi. Proprio così, perché un tempo lontanissimo furono i misteriosissimi Etruschi a far da padroni, in questa terra dalle antiche tradizioni nel cuore della Val di Comia, ove sono presenti suggestive testimonianze sia della civiltà etrusca, come detto, romana poi, e medievale. La presenza di forni fusori di Val Fucinaia, risalenti al X-XII secolo a.C., rendono il tutto un’atmosfera ancora più suggestiva e misteriosa, se il tutto viene contemplato nel meraviglioso Parco Archeo-minerario di San Silvestro, splendido museo a cielo aperto, per tutti coloro che (come chi scrive) sono fortemente appassionati e attratti dai metalli e dalla bellezza sempre viva, e magico-energetica dei minerali… La presenza di miniere di rame e piombo argentifero rende l’atmosfera e il luogo qualcosa di unico, paragonabile ad un sogno! Il piombo argentifero è un particolare minerale denominato galena, che in greco, da cui il nome in origine, indica “mare calmo”, descritto per la prima volta da Plinio il Vecchio (23 d.C. – 79 d.C.) come minerale di piombo. Spesso la galena, contiene quantità d’argento, per questa ragione è noto come piombo argentifero.

 

Nell’immagine sopra, il Parco San Silvestro: suggestiva, affascinante veduta di un frammento di tempo passato,
incastonato in un monumento archeologico. Come fare un viaggio temporale, nell’antica città di Micene…

Per gentile concessione dell’Archivio Foto
Copyright Agenzia per il Turismo, Costa degli Etruschi, Livorno
www.costadeglietruschi.it

 

Dicevo, un museo che racconta l’affascinante evoluzione della lavorazione dei metalli in epoca etrusca e nei secoli successivi, come un mondo nel mondo… La storia e il folklore rivivono nelle sagre e nelle manifestazioni che si svolgono ogni anno per celebrare le principali ricorrenze e il trascorrere delle stagioni e del tempo… e ammirando il suggestivo silenzioso luogo dai tenui chiari colori, e della candida pietra riverberante luce al sole, sembra a tratti di entrare magicamente nell’antica atmosfera della città di Micene, evocandone la potenza storica. Eppure siamo in Italia!

Ma, a questo punto del nostro racconto, in terra di Campiglia, è giunto il momento di introdurre l’arcano mistero-argomento, che segue il racconto della nostra Cerca, degli insoluti elementi celati sotto il cielo, di cui ora andiamo a vedere, leggendone brevemente le caratteristiche del luogo, per viaggiare insieme alla scoperta di una ‘Lapide e del suo irrisolto mistero, che cela un enigma di non facile comprensione. Forse un codice sotto la strana grafia?

 

 

 

Nell’immagine sopra, il Parco San Silvestro: ancora emozioni, suggestioni.
Rapiti nel tempo, tra bianche candide mura. Un drappo rosso vermiglio, e gli Dei sembrano esser evocati
ad un nuovo sacrificio. Il tempo, in realtà, tra passato e futuro, percorre linee parallele, all’odierno nostro vivere.
Tutto sembra arcanamente dormire il magico sonno che fu.

Per gentile concessione dell’Archivio Foto
Copyright Agenzia per il Turismo, Costa degli Etruschi, Livorno
www.costadeglietruschi.it

 

Un’indicazione di un luogo ove magari si cela un tesoro? O forse, come io sostengo, un possibile incontro tra l’alfabeto Etrusco e le Rune Germaniche, di una possibile ‘lapide votiva’, ritrovata casualmente dopo essere rimasta sepolta per lunghi eoni? E di un guerriero con elmo di tipo Negau? Al quale per onore e gloria fu la lapide dedicata… Proseguiamo con ordine, osservando e immergiamoci totalmente nell’ambiente dove questa lapide trova dimora da molto, molto tempo!

… A Campiglia Marittima, all’inizio di una via che percorre tutto il paese vicino all’antico teatro, è visibile una particolarissima ‘Lapide’, raffigurante un ignoto personaggio, apparentemente dotato di tre sole dita, attorniato da scritte in latino, parzialmente leggibili e da altri ‘strani’ simboli…

Così appare al visitatore, che curioso giunge nel luogo ove dimora silenziosa e paziente la strana lapide, ma ancor più lo strano personaggio, che è stato inserito in un bassorilievo al centro di una mandorla nel cuore della lapide medesima. Il suo aspetto è molto particolare, rapisce l’attenzione per i suoi occhi grandi che sembrano fissare colui che l’osserva. Mi vengono in mente le raffigurazioni babilonesi, ma con quelle non ha sicuramente nulla a che vedere. Ed allora, chi e perché è stato realizzato un simile lavoro artistico? Cosa vuol suggerire o rappresentare costui? Quale epoca indica, e ancora di più qual’è il suo luogo d’origine? E le scritte poste intorno alla ‘mandorla’, cosa rivelano? Sono forse in parte grafia etrusca, o come si diceva poc’anzi possibili Rune, indicanti un vaticinio o una tipica preghiera votiva? Ma ad osservare bene, in basso a destra, alcune lettere sembrano scritte… sì proprio in cirillico arcaico! Perché? Quindi, in una stessa ‘lapide’ sono presenti vari segni grafici di diverse lingue. senza dubbio è un vero intricato enigma, complesso come la decodificazione di un codice, che attrae molti visitatori e studiosi che si cimentano, ma senza giungere ad una vera conclusione del caso.

Nell’immagine a lato,
il Parco San Silvestro: un arco, bianche pietre, si evocano inni agli antichi Dei. Il tempo è fuggito, in una magica visione, e si rincorrono i fantasmi di antichi Eroi. Ancora una volta è Micene. Il tempo si annulla, ed è tutto magia e arcano pensare.
Per gentile concessione dell’Archivio Foto
Copyright Agenzia per il Turismo, Costa degli Etruschi, Livorno
www.costadeglietruschi.it

 

La mia Cerca vuol tentare una possibile interpretazione e spingersi oltre, ipotizzando una raffigurazione indicativa di una lapide votiva di provenienza nordica, area germanica, o anche padano-venetico, ove furono presenti le Rune, e pensando un possibile periodo intorno al 480-500 a.C., questo a motivo del ‘guerriero’ posto al centro della mandorla, sulla base di raffronti archeologici fatti con statuine votive venute alla luce nelle Marche, e che molto si avvicinano, per caratteristiche, al nostro soggetto-oggetto d’ indagine! Quindi, tenterò un’ipotesi alquanto eretica, partendo da una generale descrizione. Non approfondiremo la questione filologica, che lasciamo ad esperti del settore linguistico etrusco, e ad una futura possibile traduzione, lo si spera vivamente… Dicevo che, all’interno della mandorla in forma di bassorilievo, c’è questo piccolo ‘ominide’. Sulla testa possiamo notare uno strano copricapo, sembrerebbe essere un casco, un elmo, che giunge a coprire la fronte, il volto allungato con due grandi occhi espressivi. La mano destra indicante il cielo, è con tre dita allungate (pronta ad impugnare un’arma), anch’esse verso l’alto, ci appare il dorso della sua mano. Il braccio sinistro ripiegato come se, ad un tratto, dovesse apparivi uno scudo!
Dietro il suo corpo, molto evidente si trova una sbarra, come una trave. Cosa vorrà indicare? Di quale materiale si tratta? Esisterebbero, a detta di alcuni studiosi, ‘strane travi’ che sarebbero cadute dal cielo! Ma è realmente così, o è frutto di eccessiva fantasia, o forse, di nascoste verità, che il tempo furtivo ha carpito malignamente alla conoscenza più pura? Riprenderemo oltre, questo particolare della trave nel quanto arcano segreto della ‘lapide’ medesima. Ma è proprio così, o è indicativo di qualche altra cosa? Dov’è l’enigma? Ora proseguiamo con ordine il nostro racconto e l’indagine in merito per la nostra Cerca.

 

La Lapide del mistero, una corrispondenza con l’Elmo Negau?
Come la raffigurazione ci mostra, la lapide è una lastra marmorea bianca, i cui lati sono erosi dal tempo e non perfettamente regolari. Al centro campeggia come detto una strana figura, che io annovero essere un ‘guerriero’: si presenta nudo, e appunto tale nudità farebbe pensare ad un elemento votivo, con un copricapo, come i caratteristici elmi Negau, e il braccio destro elevato in alto, forse nell’atto d’impugnare una spada, o una lancia.

 

Nell’immagine a lato, la misteriosa lapide di Campiglia Marittima, un vero enigma sotto il cielo della bella Toscana. Mille interrogativi, quante possibili risposte?
Per gentile concessione dell’Editore – Autore

 

Questo deriverebbe dal fatto che noi vediamo la sua mano dal lato del dorso! I suoi pettorali sono ben evidenziati, ancora un elemento che rivelerebbe essere un guerriero. Sono stati ritrovati, infatti, nel 2002 in area marchigiana, sotto la Torre di Colmatrano, vari oggetti, tra cui un guerriero in bronzo nudo con le stesse caratteristiche della raffigurazione della nostra lapide, e in testa il medesimo elmo, appunto Negau, che ripetiamo sono soggetti tipici dell’area padano-venetica, risalenti al 480 a.C.. Quindi la nostra lapide potrebbe essere presumibilmente datata nello stesso periodo, e parte delle enigmatiche iscrizioni sarebbero esempi di lettere da alfabeto forse etrusco, forse possibili rune germaniche: lo si dedurrebbe dal raffronto grafico, tra queste e quelle presenti sul caratteristico Elmo di Nagau, il quale a detta di studiosi, porta incisi i primi segni arcaici delle future rune di derivazione etrusca, cioè dall’alfabeto etrusco di derivazione settentrionale.

A sottolineare quanto detto, concorre lo studio veramente interessante, nonché il filone di pensiero, della studiosa Francovich Onesti, la quale così scrive a favorire un’origine etrusco-italiana delle rune, per la quale depone, appunto, l’Elmo di Nagau:

… Una tappa intermedia di questa trasmissione (dell’alfabeto etrusco fino ai popoli germanici) può essere documentata da una interessantissima iscrizione quella dell’Elmo di Negau (Austria), del II secolo a.C. circa, è un alfabeto venetico, ma il testo è linguisticamente germanico, non sono quindi ancora Rune, ma qualcosa che porterà nel Nord Europa, qualche secolo dopo, alla nascita dell’epigrafia runica. Il testo di Negau dice: ‘harigasti teiva’. Il primo nome è sicuramente Germanico (harja – gastiz = ospite dell’esercito) … Il secondo probabilmente Germanico, ‘teiva’ = Dio, influenzato forse dal venetico…
N. Francovich Onesti, Filologia Germanica, Edizioni Carocci, Roma, 2002.


Decifrazione dei segni grafici

Dunque, si è considerato fino a questo punto di indagare e risolvere, questo enigmatico mistero sotto le stelle… di questa stranissima lapide che ha al suo centro un particolare bassorilievo con un mitico personaggio! Ho tentato, di dare una spiegazione, confrontando questa immagine con il bronzetto ritrovato nelle Marche e con le caratteristiche dell’Elmo, e molte cose sembrerebbero coincidere. Per cui si potrebbe propendere per una lapide votiva, che forse i guerrieri dedicavano al loro dio prima delle cruenti battaglie. E se fosse anche di derivazione germanica, allora si deve pensare che il mitico dio sia l’Odino del Pantheon germanico. E quella strana trave collocata dietro il guerriero, cosa rappresenta? Che sia un motivo stilizzato del martello di Odino? O un particolare strumento di guerra? Su questo strano elemento non si possono dare con certezza chiarimenti al momento e conviene, come il famoso filosofo Pirrone (360-270 a.C) sospendere il giudizio…
Ma, come avevo accennato all’inizio, molti trattano di un simile argomento. Sì, proprio di strane ‘travi’ di fuoco dal cielo, effetti atmosferici, visioni aliene, interpretazioni soggettive (per ogni curiosità in merito e opportuni chiarimenti, rimando la navigazione nella vasta letteratura in proposito, come quello accennato di Karl Brugger, e altri autori, che si esprimono su ’Clypeus ardens’ et ‘Trabes in coelo’ … ‘ segni divini… UFO? O altro?).

Forse l’autore della nostra lapide ha voluto intenzionalmente inserire uno strano elemento, frutto di una probabile visione di ‘Trabes in coelo’, sempre che di ‘visione’ si tratti, naturalmente… Indizi per una eventuale provenienza stellare? Come ben potrebbe indicare un mezzo atto alla navigazione! Ora, non mi resta che proseguire la ‘navigazione’ investigativa sulla lapide, che dopo la descrizione del bassorilievo, che io identifico con un mitico ‘guerriero di Odino’, non resta che passare alla parte conclusiva. L’interpretazione di quei strani, enigmatici arcani segni grafici: lettere dell’alfabeto Etrusco? O le magiche Rune Germaniche dei Sacerdoti che vaticinavano tra il bene e il male un imminente futuro, di sciagure o altro?

 

Analisi grafica
Osservando la pietra, partendo dall’alto a sinistra si intravedono due particolari segni: una specie di croce e una ‘A’ solo accennata (ma sicuramente non è una ‘A’) Secondo la mia opinione si tratterebbe di due lettere alfabeto etrusco settentrionale: la croce è per‘T’, il seguente segno, forse un accenno di runa di derivazione etrusca risalente al II-III sec. d.C.
Seguendo si vede una lettera, come una ‘d’, vi leggerei la lettera etrusca ‘C’; proseguendo si vede ancora leggendo verso destra, una ‘M’ , ‘sh’ etrusca dell’VIII a.C., qualcosa di simile lo troviamo nell’alfabeto volsco, stesso periodo. Ma leggendo la medesima lettera ‘M’ come una Runa ‘e’, ma appartenente al gruppo di segni detti Aett di Tir = Dio della guerra, oppure della giustizia e della lealtà. Avrebbe ancor meglio assonanza con il nostro ‘guerriero’, corrispondente alla lettera etrusca ‘S’, in particolare in alfabeti etruschi di area umbra, che divengono presto latini, sulla base delle Tavole Iguvine, sette tavole di bronzo che costituiscono l’unico accesso alla civiltà degli antichi Umbri. Sono state trovate nel ‘Teatro Romano’ di Iguvium, intorno alla metà del XV secolo. Parte delle tavole è scritta con grafia etrusca e parte in latino, il che indica una stesura più antica e una più moderna, quando l’etrusco (perdendo la sua origine linguistica a causa della dominazione romana) va trasformandosi in latino. Tuttavia inizialmente i due contesti linguistici sussistono parallelamente. Perché sono state create e scritte queste Tavole?

Il discorso è semplice: il popolo umbro, vedendosi i Romani sempre più vicini, anche culturalmente, tenta di conservare la propria tradizione che fino a quel momento era stata tramandata per via orale. Sono per la maggiore preghiere invocative politeistiche, atti economici e giuridici. L’avanzata romana incalzava, si doveva conservare un patrimonio, perché allora non affidare tutto al tempo, scrivendo su un metallo che sfida il tempo: il bronzo? Il periodo delle Tavole è tra il II e il III secolo prima di Cristo e le preghiere sono rivolte, con i sacrifici rituali di poveri animali, ad un dio nominato Fisovio Sancio. Leggendo le Tavole, si apprende come dovevano essere svolti i riti e i sacrifici, tutti gli elementi della natura, animali e piante nonché le modalità con le quali si dovevano svolgere queste pratiche magiche da un punto di vista reale. Proseguo ora con il tentativo di leggere tra le lettere incise, misteri vari!

Cosa interessante della quale ho fatto osservazione prima, sopra l’icona in bassorilievo del ‘guerriero’ vi è il monogramma Y.H.S, che come ho avuto modo di spiegare non entra nella canonicità cristiana. Vi vedrei, piuttosto, ancora delle lettere dell’alfabeto etrusco settentrionale, tipo chiusino: ‘Y’ = ‘U’; ‘H’ = ‘n’; ‘S’ = ‘s’. Proseguendo all’estremo lato destro della lapide, in alto sono inscritte lettere maiuscole, di natura forse latina…, ma anche qui si potrebbe cadere in inganno! Ai due lati dell’icona del guerriero si trovano, a destra come a sinistra, due strani segni. Ora, secondo la mia opinione, sono l’unione di due lettere etrusche, o forse anche rune germaniche fuse in una. Per esempio, il segno verticale con due trattini orizzontali nell’alfabeto etrusco rappresenta una ‘z’; e la specie di ‘grata’ è una runa, ma nel contempo può essere una ‘e’ etrusca.
Osservando le Laminette di Piombo, provenienti da Magliano, Grosseto, del V secolo a.C. (Firenze Museo Archeologico), si trovano incise a spirale settanta parole: le chiare lettere dell’alfabeto etrusco si possono porre a confronto con i segni grafici della nostra lapide. Tali lamine ci indicano che l’etrusco è una lingua costruita da un alfabeto di origine greca e affine all’alfabeto latino. Per lo storico Dionigi di Alicarnasso (60 a.C-7d.C.) l’etrusco era una lingua a sé. Dopo la conquista romana essa fu a poco a poco sostituita dal latino.

Nell’VIII secolo a.C. gli Etruschi possedevano già un alfabeto a lettere per un numero di ventisei. E una Tavoletta d’avorio, ritrovata a Marsiliano d’Albegna (Grosseto), esaudisce la nostra curiosità in merito, evidenziandoci queste caratteristiche: alfabeto introdotto in Italia da un gruppo di una colonia euboica proveniente dall’isola d’Ischia. Ancora la bella e particolare Tabula Cortonensis (Tavola di Cortona, Arezzo), ritrovata nel 1992, è scritta in un elegante e raffinato etrusco risalente al III-II secolo a.C.; ad una attenta e recente lettura e traduzione ha svelato essere non un rituale rivolto a defunti, ma un vero e proprio atto di vendita. O per meglio dire, una disputa ereditaria su vendite di terreni. Questa Tabula è una lamina di bronzo, sottile come un foglio, con 206 parole, e descrive appunto una transazione di terreni.

Studiosi confermano, che la difficoltà non è nel leggere l’alfabeto etrusco (basterebbe vedere anche le iscrizioni sul ‘Cippo’ di Perugia, III-II secolo a.C., dove si trova un intero brano) quanto nel riuscire a tradurre correttamente parole o intere frasi, non avendo a disposizione veri modelli, come accadde con la Stele di Rosetta per la decifrazione dei geroglifici, poi interpretati dal grande Jean François Champollion (1790-1832). La stele fu ritrovata il 29 luglio 1799 e fu tradotta nel 1822. Vorrei riportare le parole del citato studioso del settore etruscologico, Romolo A. Staccioli, il quale sostiene che:

… Le Fonti che ci sono state tramandate dall’antichità per le nostre conoscenze sulla lingua Etrusca, cioè i Documenti sui quali si basano gli studi e le ricerche, possono essere distinti a seconda delle loro caratteristiche, in documenti diretti e in documenti indiretti. I Documenti diretti (di gran lunga i più importanti numerosi, e consistenti) sono di natura strettamente archeologica e sono rappresentati dai testi epigrafici, cioè, dalle iscrizioni riesumate attraverso gli scavi o tornate fortuitamente alla luce, ammontanti ormai a parecchie migliaia. Tali iscrizioni possono essere incise, graffite o dipinte su elementi architettonici, e in particolari su pareti (esterne o interne) di tombe, oppure su vasi, urne, cippi, lamine metalliche, avorio, di terracotta, e ancora su tegole, monete e così via. Provenienti da ritrovamenti effettuati nelle regioni dell’Etruria propria, e nei territori occupati dagli Etruschi (Campania, Emilia), in minima parte, in territori latini (nella stessa Roma), umbri, liguri e persino nell’Africa Settentrionale (Cartagine)…
Da Il ‘Mistero’ della lingua Etrusca, Melita Editore, 1981, 6-9.


Nell’immagine a lato, il Parco San Silvestro:salire, elevarsi verso la Rocca più alta.

Il luogo dove regnano gli Dei, che, evocati, inviano benevoli il loro misericordioso aiuto… Bianche pietre, perfezione del genio umano in un contrasto della natura. Nella potenza della natura, che tiene celati i metalli più rari e preziosi, per le nuove armi, forgiate dai Giganti, che gli Eroi indosseranno, e faranno la grandezza della storia.
Per gentile concessione dell’Archivio Foto
Copyright Agenzia per il Turismo, Costa degli Etruschi, Livorno
www.costadeglietruschi.it

 

Bene, ma andiamo ancora avanti nell’indagine della nostra Cerca, scendendo sul piano in basso della lapide, dove si vedono lettere che richiamano a tratti l’alfabeto etrusco e a tratti quello latino. All’estremo lato destro in basso si possono notare tre lettere chiaramente appartenenti al cirillico arcaico (una scrittura nata nel X secolo d.C., durante il Primo Impero Bulgaro, per mettere per scritto la lingua liturgica usata dalla Chiesa Ortodossa, l’antico slavo ecclesiastico). Perché scrivere queste lettere, tra rune e alfabeto etrusco? Dare a priori una risposta non è facile. Ipotizzabile, forse, una serie di eventi per cui la pietra passando di mano in mano, sia stata aggiunta di segni per indicarne la proprietà, o è possibile pensare che questa facesse parte di un corredo marmoreo più grande, magari con ulteriori elementi votivi! O ad un passaggio nella cristianità che la figura rappresentata, fosse stata interpretata per il Cristo che risorge, vedendo nella trave il ‘patibulum’ della crocifissione di Gesù, e nel soggetto della lapide magari Cristo che risorge. Ma assolutamente, tutto questo non trova corrispondenza ad una simile tesi, per vari motivi. Se studiamo l’iconografia, Cristo è sempre vestito o almeno non completamente nudo. Dovrebbe portare i segni della crocifissione, avere capelli lunghi, e altri elementi comprovanti essere un’icona cristiana, ma così non è. Ribadisco la mia tesi per un ‘guerriero’, e la ‘lapide’ essere un elemento votivo… Forse, quanto detto fin ora è quasi eretico, da un punto di vista archeologico e filologico accettato e riconosciuto, ma ci piacerebbe pensarlo così. Rendendo il tutto più suggestivo, arcano e fantastico… in questa Cerca di natura investigativa, sotto il cielo costellato di enigmi!

 

Le magiche rune germaniche
Le rune germaniche? Sì, avete letto bene, le rune germaniche che potrebbero, il condizionale è d’obbligo, far parte di questa nostra particolare lapide. E che, come sopra descritto, sono unite all’alfabeto etrusco… ma la lettura dei segni non facile, risulta essere molto complessa come l’interpretazione di natura filologica. Ho voluto fare delle ipotesi, che forse, con il tempo e l’aiuto di esperti nel settore, possano portare a vera e piena luce. Ho ancora tentato di invogliare altri a proseguire la mia ricerca tra le righe, poiché sotto la lettera si nasconde spesso un altro spirito, cioè un nuovo enigmatico senso che deve essere svelato…
Vorrei concludere questo viaggio, così arcano e quasi fantastico, parlandovi un po’ delle rune, altro enigmatico mondo tutto da percepire ed intuire, con un breve excursus tra gli antichi segni magici. Le rune sono un’antichissima scrittura germanica che compare in iscrizioni del II-III secolo d.C., presso Islandesi, Norvegesi, Danesi, Svedesi, Inglesi, Goti. Se ne trovano a Venezia, in Bosnia e altrove. Deriverebbero da un alfabeto etrusco settentrionale di tipo ‘chiusino’, come già accennato. Questo venne conosciuto al Nord, attraverso l’alfabeto della scrittura etrusca. La connessione fra rune e alfabeto etrusco pone un problema, quello della trasmissione: le nostre rune più antiche possono risalire al massimo al II secolo d.C., non se ne sono scoperte di anteriori. Le più antiche attestazioni dell’uso delle rune ci è stata data dallo storico romano Publio Cornelio Tacito (55- 117 d.C.). Egli, nella sua De Origine et situ Germanorum, meglio nota come Gemania, scrive che i Germani, per trarre auspici:

… Tagliano un ramo di un albero da frutta, in piccoli pezzi e li intagliano con segni particolari…

ma non sono giunti fino a noi, perché il legno marcisce nel tempo, almeno i legni delicati come quelli degli alberi da frutta. Ai nostri tempi giungono delle iscrizioni: in alfabeto venetico (area della Padania e Veneto archeologico) ma anche fuori dal Veneto, incise su elmi di bronzo o su punte di lance da guerra. Come nel caso del famoso Elmo di Nagau (Austria), che i lettori attenti ormai hanno imparato a riconoscere. E ancora l’Elmo di Vace (odierna ex-Jugoslavia) del V o VI secolo d.C. Tali iscrizioni ci sono pervenute perché inscritte su oggetti di metallo come il bronzo, a confermare in modo indiretto che a questa data si stava già formando l’alfabeto runico! Ma, chi è veramente l’autore di tale alfabeto?

 

Leggendarie mitiche rune
Una leggenda, o meglio la mitologia nordica, vuole che l’autore-creatore delle rune, sia stato Erul il Saggio. Chi era costui? Erul il Saggio era un nordico al seguito delle orde cimbriche e teutoniche che sconfissero i Romani, prima in Pannonia e poi in Gallia! Ma leggenda vuole che Erul (in germanico primitivo Erzvater) non sia altro che il dio Odino, Padre del Pantheon scandinavo-germanico e costruttore dei magici segni, quelli stessi che saranno presenti nel mondo dei Celti!
Oltre il piano-dimensione archeologica e filologica, le rune sono archetipi, potenti raffigurazioni naturalistiche delle forze che regolano l’Universo. Ognuna possiede un profondo significato che può essere usato sia per interpretare le influenze in atto, esterne o interne al soggetto, che per richiamare un potere della natura, o armonizzarsi con essa. Le rune, che vengono chiamate celtiche, sono i caratteri di antichi alfabeti nordici, per cui sarebbe opportuno definirle nordiche.

Siamo ormai giunti alla conclusione del nostro viaggio attraverso l’investigare una lapide alquanto strana, forse magica, ad ogni modo ricca di simbolici segni misteriosi, di una tra le tante, tantissime, insolute, misteriose stelle tra il cielo e la terra …
Ad una prossima Cerca! E forse, un provvido aiuto potrà venirci dalle percezioni extrasensoriali, applicabili alle indagini di natura archeologica, mediante le ‘visioni psichiche’, di cui un grande medium, come Edgar Cayce (1877-1945) sostenne per anni, con ricerche oltre frontiera, direi di natura più spirituale e percettiva- ultraterrena, le straordinarie visioni nel tempo passato in stato di trance… Scoprendo fra non molto tempo, e con stupore, che l’arcana nostra ‘lapide’ ha una mitica provenienza: Atlantide! O Ancor di più, come ‘trave’ indica, di ‘divina celestiale provenienza’!

 

Autore: Alexandra Celia
Messo on line in data: Dicembre 2007
Per le cinque immagini di questo articolo relative al Parco di San Silvestro, si ringrazia l’Agenzia per il Turismo Costa degli Etruschi (www.costadeglietruschi.it) per averci permesso di usare le fotografie. Tutti i diritti riservati.