LA MAGIA CELTICA (PARTE SECONDA) di Devon Scott

Druidi, Bardi e Vati

La classe degli intellettuali era costituita dai Druidi, dai Vati e dai Bardi. I Bardi, poeti e cantori, studiavano storia, poesia, canto e musica. Non scrivevano, imparavano tutto a memoria; il loro addestramento durava dodici anni. Il primo grado richiedeva di sapere a memoria solo sette poemi, il grado più alto ben 350. Dobbiamo a loro la conservazione, attraverso i secoli, degli antichi poemi epici, delle leggende e di molte notizie storiche sui Celti. I Vati (che alcuni autori definiscono ovati o eubagi) studiavano divinazione, aruspicio, medicina naturale e anche musica. Diodoro Siculo afferma che analizzavano le viscere degli animali sacrificati per trarne informazioni sugli eventi futuri; e lo stesso facevano ascoltando il canto degli uccelli e interpretando i sogni profetici che essi stessi avevano. Per sollecitare queste visioni, si avvolgevano in pelli di animali sacri, come il toro; oppure masticavano un pezzo della loro carne, poi meditavano e profetizzavano. Gli scrittori classici divisero nettamente le funzioni del bardo da quelle del vate e del druida, ma le fonti celtiche non lo fanno, dal che si deduce che ci fosse almeno un insegnamento di base comune a tutti.
Ad officiare le cerimonie sacre, occuparsi della medicina e della magia, amministrare la giustizia ed insegnare il sapere c’erano i Druidi. Poiché essi non lasciarono alcunché di scritto, è praticamente impossibile avere delle assolute certezze, al di là delle testimonianze dei contemporanei greci e romani, non sempre attendibili; però nessun autore li definì “sacerdoti”, anche se alcuni di loro lo erano. Il primo druida di cui abbiamo tracce nella storia è Diviziaco, menzionato da Cesare nel De bello gallico, che fece da mediatore fra i Romani ed il proprio fratello Dumnorige. Ecco come Cesare parlò dei Druidi:

“In Gallia vi sono due categorie di uomini che sono tenuti in gran conto ed in grande onore (…) una è quella dei Druidi, l’altra quella dei cavalieri. I Druidi si interessano del culto, provvedono ai sacrifici pubblici e privati, interpretano le cose attinenti alla religione: presso di loro si raccoglie per istruirsi un gran numero di giovani ed essi sono tenuti in grande considerazione. Sono chiamati a decidere in quasi tutte le controversie pubbliche e private e se viene commesso qualche delitto, se avviene qualche uccisione, se sorge una lite per una eredità o per la delimitazione dei terreni, sono i Druidi a decidere ed a stabilire risarcimenti e pene. E se qualcuno, sia che si tratti di un cittadino privato o di un intero popolo, non si attiene al loro giudizio, lo bandiscono dalle funzioni del culto, pena che presso i Galli è gravissima, giacché quelli che sono a questo modo banditi sono considerati empi e scellerati; tutti si allontanano da loro, evitano di incontrarli e di parlare con loro, per non essere contaminati dal loro contatto; non ottengono giustizia, anche se la chiedono, né alcun onore”.

Il nome “druidi” deriva dal celtico antico dru-wid-es, uomini sapientissimi. La versione che fa risalire il termine al gallese derw-yd, corpo della quercia, è suggestiva, ma falsa: l’errore è stato indotto dal fatto che uno degli alberi sacri per i Celti era la quercia e si è pensato che da questa derivasse la parola per indicarli.
Diventare un druida non era per niente facile; il percorso durava 19 anni, periodo che equivaleva a un intero ciclo lunare (cioè al ritorno della Luna nella stessa posizione apparente in cielo e con la stessa fase ogni 19 anni solari)…

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Autore: Devon Scott
Messo on line in data: Gennaio 2005
Il testo è stato inserito nel libro Il cerchio di fuoco. Leggende, folklore e magia dei Celti di Devon Scott, Edizioni L’Età dell’Acquario, 2009.